La tragedia d’un paese rabbioso e idrofobico più che arrabbiato, ilatrotragico più che ridicolo, sempre in mano e ai piedi
dell’ultimissimo modello di grand’omuncolo. Da Berlusconi a Renzi a Salvini
appoggiato dai grillini — senza arrivare e contare il capoccione-stipite
Mussolini — la nostra storia è sempre quella: fai merenda con — eppoi mai
ammenda per — aver creduto e/o ceduto a chi parla a manovella e al primo che
gli dice pirla lo manganella.
In Italia la donna è mobile è —
per la madonna — la crisi è retrattile; da noi — che come animale e pirito-guida
c’abbiamo il retto gassoso e il rettile… — non si rispettano le promesse,
figuriamoci le premesse elettorali: tutto questo per dire che mentre scriviamo
alla fatidica data del 20 agosto manca ancora un pezzo, quindi non di capisce
come finirà lo sfiduciamento con incartamento più pazzo. Rimpasto, elezioni,
governo per salvare le istituzioni ma
più che altro il posto: poco cambia, per le nostre riflessioni: la situazione è
talmente buona e profumata che comunque vada, sarà sul cesso. E allora avanti,
se non le conclusioni almeno tiriamo l’acqua.
Dal patto di ferro, per il
Governo del Tradimento, si è passati a ‘sto piatto di Ferragosto che piange
indigesto fra l’anguria lo spaghettino e l’insalata di farro. Anche se c’è
gggrossa crisi pure per riuscire a farne una di governo che di recente non ne
ha imbroccata mezza, pare che ci siamo. Non si sa quando né come o perché ma si
scende, siamo al Capoccia-linea. Salvini stacca la spina, anche se sorprende
che a farlo sia proprio uno che deve tutto alla propaganda a tutta e a rutta
birra… A parte questa schiumosa perplessità, dal suo punto di vista la mossa
calcolata da mesi (ma mascherata da schiumante e improvvisata impetuosità…) ci
sta; innanzitutto perché due braccia rubate all’agricoltura come le sue non
possono stare lontane dalla campagna — elettorale — eppoi perché finita la luna
di fiele avrebbe dovuto misurarsi colla realtà. Meglio far scattare la crisi,
mettersi in salvo e stare in guardia, che stare al governo e farsi schiattare
da una finanziaria tutta tagli anti-clausole di salvaguardia. 24 miliardi di
buoni motivi, per questa scelta che può sembrare ingiustificata o impulsiva
giusto a Toninelli, Dimaisti/Dibattisti/Beppigrillisti terminali e simili buoni
a nulla fra i più emotivi. Salvini non aveva scelta, l’aria sta già cambiando,
arriva il momento che le balle a mille stanno a zero e lui sapendolo aveva già
la sciolta: ma meglio fabbricarne di nuove, che governare — però davvero —
quando la fifa da fuffa morta è molta. O vai sempre su, o vai giù per sempre. O
capitalizzare o capitombolare, col consenso — giustificato o gonfiato, con o
senza senso — funziona così. Se vuoi restare in plancia di comando del paese,
la pancia del paese deve restare al comando. Parli bene e forte e facile,
populista, ma quando inizi a non mantenere per il tuo poppolo sei il primo della lista. Da abbattere, abbandonare,
mazzolare: e allora l’unica è scappare, sfasciare, spacciare nuove balle di
zecca (rossa…) e ricominciare. Certo, poi bisogna saperlo fare. Tutto è azzeccare
il momento, non sbagliare una mossa o una megarissa, tenersi in movimento
perché è un attimo che da status di eroe con statua passi a cacca di piccione
sul predetto monumento. E l’uomo forte di turno — nonché di panza e di
chiacchiera — lo sa.
Come sa che questa estate è la
sua, ma senza crisi e voto o governissimo/governicchio da cui avere una rendita
di (op)posizione potrebbe essere già la sua ultima estate. Fra ballare e
sballare (in) una sola stagione passano tanti piccoli dettagli, che non possono
passare inosservati. Si apre una crepa, uno non se ne accorge e da che spaccava
è un attimo che crepa. Allora rivediamoli un attimo al Var, ‘sti mesi di fuoco
al barcone passati poco al Viminale e parecchio al bar, eppoi andati
miseramente e miserabilmente a sbattere e a sbattersi davanti al Tar.
Ogni giorno una sparata, molti
sorrisi, qualche cazzata poca sostanza e selfie a tutto spiano — ecco che cosa
è stata la stagione più hot e più spot della Panza del Capitano. Rabbia e paura
vendute sdraio a sdraio, battutacce di caccia al negro alla zingaraccia e al
consenso, a voi l’Italia a Noi del manuale di selfie-help
con cui il ministro dell’Interno In Tour Eterno aiuta il paese a ribollire come
un odioso e odiante merdaio… Un beach
tour da vucumprà vendi balle ultrà talmente molesto scazzofonico e
disperante da far sembrare quasi musica quello di Jovanotti, per dire. Da
Salvini tanto fango, fumo e poco arrosto: a parte quello di trippe delle truppe
cammellate e cocktail-uncinate che lo acclamano da Milano Marittima a Soverato,
da Giugno ad Agosto. Ma non è tutto loro — di Salvini e della sua Bestia
acchiappa zeloti e grugniti, belati e bagnanti — quello che luccica. Ci sono
stati osanna e ovazioni ma (fra alcoliche invocazioni alla madonna per coprire
puttanate della medesima) pure orchiti grattacapetti e colossali pestamenti di
merdoni. Mentre giocava a Rambo e a racchettoni, ad esempio, la zecca Carola Rackete odiata e denunciata
da Sua Eccedenza in mojiti e rotoloni, nel mondo diventava ‘na specie di eroina
da overdose di smascheramento e smerdamento del suo sbarramento sui barconi;
oppure — tanto per dire — si scopriva che non le Ong straniere, ma la polizia
di stato italiana era il vero taxi del mare: per scarrozzare in moto d’acqua il
suo trota d’acqua salata dove gli pare; o ancora: mentre il ministro
dell’Interno formato export e scuse ex post via post passava il ridicolo e il
Rublicone cercando di far passare per leggende Hotel Metropol(itane) le accuse
su Savoini, certi simpatici piccoli boss-scout di mafia passavano per le vie di
Vittoria e alla faccia della Sicurezza coi Suv a falciare bambini. Potremmo
andare avanti, con questo indietro tutta, ma ci siamo capiti.
Inezie infamie e minuzie, per
carità. Moto d’acqua porta-figlio evidentemente non porta moto di sdegno, e
certi colpi giornalistici più o meno a fuoco o a segno non si sono poi rivelati
brucianti colpi all’immagine cui pagare pegno. Cose poco commendevoli poco
commestibili e poco chiare, ma anche poco care. Che non sono costate nei sondaggi,
ché non possono né intaccare né infangare l’eterna effigie del Nostro Nuovo Dux
a ore, ma che — almeno da parte sua, tralasciando analisti e anal-editorialisti
che badano solo che il loro culo non si faccia la bua — ignorare sarebbe da
somari più che da saggi. Un po’ come sentirsi intoccabili, unici, senza
precedenti e paragoni. Quand’invece il precedente c’è, col paragone che calza e
incalza. Vince le elezioni, perde i governi, rivince le elezioni ritenendo che
gl’italiani non ne abbiano mai abbastanza della sua simpatica condotta senza
ritegno senza risultati e non senza abiezioni: chi vi ricorda? Estate 2009-Estate
2019, dal Papi al Papeete: il Salvini di ieri si chiama Berlusconi. Colle
olgettine e il bunga bunga al posto delle cubiste del sovranismo al cubo al
quarto Moscopoli Mule in tanga, ma siamo lì. L’apice del potere, ma con un
pedice nella fossa, pronto a cadere nel dimenticacatoio e nella vasta e infetta
appendice degli ex del potere. Non appena ti credi al climax, ti gettano via
come un Kleenex: ti cancellano dalla faccia di culo della Terra che ti girava
intorno come (un) niente, con uno Scottex. Avevi fatto credere tutto a tutti,
avevi promesso mari e monti, e ti ritrovi compromesso e rimpiazzato da un Mario
Monti.
Il rischio è dietro l’angolo,
annidato negli umori del popolo che da dolci ci mettono un attimo a farsi
amari, acquattato dietro un colpo di testa-coda dei sondaggi come in uno scazzo
d’odio/ex amore improvviso che pare un embolo. Ma il dottor Stranumore Salvini
lo sa, che la gente stramba e cambia cavallo e luna facile, che il rischio è
calcolato ma concreto: e se volete sapere perché per noi ‘sto rischio è anche
qualcosa di più, anzi è proprio assicurato, andatevi a leggere lo scorso
Papaluto. In questo non c’interessa ribadire perché Salvini ha già iniziato a
finire (magari per lasciare il posto a uno peggiore…) ma dire il perché al
momento è molto più fortunato che finito. E cioè contarvi di come per lui non
si contino i suoi avversari ex alleati e teorici nemici per cui uno — avendo
loro — non ha bisogno di migliori amici. Più furbo e rapace e feroce che
capace, ma la concorrenza è svelta e arrapante come una Tartaruga Minchia incapace
e in carapace di tutto... E qui i punti di convergenza (per non dire di nuova,
anche se non eterna, alleanza…) Silvione-Salvini aumentano. Matteo Silvioni c’ha
il culo nel sangue, un congenito lato positivo, in ultima analisi (del sangue)
diciamo un gruppo lato B positivo. Non sarà il migliore, né il più preparato,
ma ‘sti altri genî lavorano perché lui e i suoi geni sembrino un patrimonio d’interesse
nazionale, un capolavoro di genoma da Moma, un matrimonio d’interesse
micidiale: il meglio del meglio sputato e sparato.
Tant’è vero che — buffone o
bluffone — in questa specie di Strippo
Poker da pazzi, è lui che dà le carte e i tarocchi in un paese a pezzi: e
magari nella partita si sarà pure già ricreduto pentito e incartato, ma i
comportamenti dei suoi peggiori nemici e migliori soci è ‘na specie di regalo
di Natale già scartato. Tutti a subire le sue mosse, le sue presunte plaudenti
e bisunte masse, le sue paci seguite e precedute dalle risse: la confederazione
lavoratori per Matteo è un sindacato che la Cgil in confronto è ‘na bocciofila.
Prendete (non per il culo, per
quanto difficile…) Di Maio ad esempio. Giggino è talmente un nessuno che Conte
come (ri)candidato premier oggi sembra addirittura papabile, palpabile, insomma
qualcuno. Lui a Salvini gli ha votato tutto, Matteo lo ha svuotato di voti e
tutto, sul Tav e non solo gli è passato sopra e in parlamento con un treno: e
adesso lo molla lo rosola e lo ammolla a piacere, lo prende e lo lascia di
brutto. Poi c’è il paraguru Grillo, che è finalmente tornato a far ridere dicendo
che serve subito un governo istituzionale
per fermare la barbarie — quella che, fra applausi da bene bravo decreto
sicurezza bis, un certo movimento politico-intestinale ha sostenuto per circa
un anno in ognuna della sue merdate. E non parliamo delle brillanti strategie
degli altri, dei diversamente Salviniani aka Renziani: Matteo S(S) sarà (ed è)
pure pericoloso per il paese, ma davvero le istituzioni e l’Italia le vogliamo
far salvare a Matteo R colle sue estrazioni del Lotti di piani per il Csm stile
Poveri Ma Gelli attuati aumma aumma ma copiati in modo palese?! Siccome il capo
del clan dei Rignanesi non ha per niente la coda di paglia e la faccia di
merda, con un’excusatio non petita ai
giornali da risata saporita ha fatto sapere che no, non c’è nessun filo rosso fra me e le politiche di Salvini — ma solo
perché il rosso fa schifo a tutti e due. Invece la porta aperta ai porti
chiusi con annessi e connessi di abusi la si deve proprio a lui (Aiutiamoli a casa loro, copyright di
Matteo R e assist per Matteo S) e all’ex compare Minnito Mussolini, un altro
che oggi è per l’accordo coi 5stelle quando fino a una settimana fa li
paragonava ai migranti che in Italia (secondo lui e la sua intelligence sempre
sul pezzo e sull’alticcio) erano un pericolo
per la democrazia. Per battere Salvini, o per togliergli almeno di mano il
boccino della situazione, bisogna essere un pochino meglio, non un pelo meno
peggio di lui: più credibili, più coerenti, altrimenti sarà ancora e sempre lui
a menare i negri e le danze finché non avremo più i denti e ci pisceremo col
pannolone.
Posto che una crisi ancora non c’è
mentre un governo ancora sì, che se e quando ci sarà la palla perfortuna dal
pallonaro passerà a Mattarella, la via maestra (né bella e nemmanco bidella…)
non può essere un’ammucchiata di poltrone stile Casini&casini che è un
incrocio fra Scilipoti e Mastella. Non ci siamo. Anche se secondo i bene
informati istruiti e illuminati la soluzione per uscire da questa crisi sarebbe
una crasi fra scoppiati grillini scappati renziani e scippati zingarettiani così
di sicuro Salvini non va al 40%: perché non appena si arriva alle elezioni va
al 50. Un governissimo che fa benissimo, un esecutivo di legislatura o del
presidente, il modo migliore perché Salvini resti esecutivo e vincente: e
magari possa diventare benissimo presidente. Ma è l’unico modo per fermarlo! Hai voglia a dirlo, conviene ‘na
rinfrescata alla memoria e ‘na sveglia prima di sognarsi di farlo. Anche se
adesso grillini renziani e dalemiani riesumano e riesultano in coro per le
meraviglie del governo Dini, vale la pena ricordare che dopo il tradimento a
Prodi (chissà di chi, vero Massimo&Matteo?) ci furono altri 10 anni di
Berlusconi. Chissà com’è, arginare o aggirare il voto popolare poi, al voto,
non si rivela molto popolare...
No, non è questa la soluzione. E
il peggio è che tutte le altre sul tavolo — e sul tragicomico — fanno tutte il
gioco e hanno tutte il giogo di Salvini.
Fai un governo che fa tutto
quello che non ha voluto e saputo fare lui, e fra due anni Salvini è presidente
del consiglio coi conti a posto e dopo una campagna elettorale sul velluto sul
benvoluto e in orbace per uscire dall’euro, entrare nel rublo e alla neuro e
contro il golpe di Palazzo: una manovra dei poteri forti che nel frattempo
magari ha fatto le manovre e le finanziarie lacrime e sangue che lui manco per
il cazzo...
Allora scarti il governicchissimo
degl’incoerenti e dei perdenti, e vai dritto alle elezioni: e avanti con un’altra
campagna di qua tutta grullini contro pidioti, sciatori chimici vs scippatori
incalliti, con Salvini che magari di là e da solo fa il pieno di di voti.
Tertium non datur: a meno che Salvini non faccia dietrofront,
Giggino O’ Pollo accetti la poltrona di presidente fantoccio, e il Capitano
continui a comandare mentre il suo unico avversario Conte va verso Bruxelles
con una piccola deviazione/defenestrazione ovverosia detour… Il che non è da escludere, anche se al momento sarebbe
difficile immaginare: se sia più da piangere o da ridere.
Insomma tutto è possibile, tutto
è passibile di cambiamenti, tranne che la situazione non resti fluida come la
merda: e che, laddove non vinca, che pur fra mille cazzate e casini e
contorcimenti Salvini perda. A meno che…
Sin dai tempi di Bersani (che
infatti su un possibile accordo/disarmo bilaterale ha detto le parole più
lucide e sensate nonché meno da zozzo sensale...) qui al Papaluto siamo per un
accordo Pd-M5S. Ma alla luce del sole, non al ribasso; colla vidimazione di un
voto popolare, non aumma aumma e in emergenza, fra trombati e traditi che
devono fare tutto di nascosto e alla luce di calcoli tristi da Sole 24 ore. Se
non proprio statisti, non servono stitici statistici e logodiarroici inciucisti.
Fare i conti col paese, magari fare anche qualcosa che serva, non solo i conti
alla strapaesana e della serva. Salvini si deve fermare, sì, ma prima ci si
deve fermare a pensare. O meglio ancora, a ripensare. Tutti e tutto.
Atteggiamenti e schieramenti, opportunismi e isterismi, inopportuni furbismi
farisaismi e trasformismi. Non avere paura di andare alle elezioni, non avere
il terrore di parlare chiaro — e difficile — ai rispettivi e irrispettosi
elettorati. Meglio sollevare il dibattito, alzare il livello e il culo per
andare dagli elettori, che alzarsi le mani fra maneschi manichei dei gruppi
parlamentari. Insomma, porre le basi per un accordo di governo dopo le elezioni,
non sulla testa la pelle e le palle degli elettori. Cercare di parlarsi per
avere dei punti di contatto se non proprio di contratto, per cercare dei punti
di forza e non solo di contrasto in un’intesa futura, perché parlarsi non vuol
dire avere per forza solo (s)punti di sutura…
Insomma. Cercare un accordo su
quello che si può fare, non un accordo di potere. Ovvio poi, solo perché lo
pensiamo noi, del Papaluto, il progetto è automaticamente utopico, lisergico,
irrealizzabile e irrimediabilmente fottuto: da quello che si legge adesso,
infatti, il governo giallorosso che darà luce verde-lega a Salvini premier è
già apparecchiato. Buon appetito a lui, buona fortuna a voi, buonanotte al
secchio e all’Italia che non vuole sentirsi al capolinea né sentirsi la linea
di questo o del prossimo capoccia. Che magari riuscirà anche a essere peggio, e più sotto alla grande, di com'è qua sotto in grande:

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