Poche
idee, zero ideali, ma in compenso tutti confusi: con bassi e crassi intenti
politico-elettorali. Un treno da prendere al volo —
possibilmente in faccia. Un’occasione che passa una volta sola —
ma cogli scarponi chiodati —
sul cadavere dell’Italia nata dalla Liberazione e dalla Resistenza. Cambiare è
bene, cambiare in meglio è meglio, cambiare tanto per cambiare è puro tanto
peggio tanto meglio. E per noi del Papaluto potrebbe anche finire qua.
Ma siccome
una mezza idea sul disastro e mezzo che ci propongono ce la siamo già fatta,
per il 4 dicembre abbiamo il nostro personale quesito: fa più ridere per non
piangere il sistema che usano (le regole di tutti scritte da uno, però eletto
da nessuno) oppure fanno più piangere dal ridere le balle che impiegano per
darcela a bere, ad approvare, ad abboccare? L’elenco è lungo, la risata è
grassa, il trucco è vecchio che manco quello di una vecchia vaiassa. Gente da
mandare a cacare, mandando più gente possibile a votare. Ovviamente,
convintamente, semplicemente No. Però però però. Di questi tempi escrementizi
il buonumore non è mai abbastanza, e allora vediamo lo stesso di ricapitolare:
rivediamo i motivi per cui dovremmo lo stesso capitolare.
Innanzitutto,
le minacce. Bisogna dire Sì: altrimenti arriva Al Baghdadi con Al Sisi,
l’Italia esce dall’Euro, magari entra nell’Isis… Eppoi, si sa, con il No i
mercati impazziscono, i risparmiatori impoveriscono, le banche falliscono.
Insomma, va tutto a monte —
ma non dei Paschi, ché tra Siena e Arezzo anche senza il No con questi abbiamo
già dato. Anzi preso: in culo e ai risparmiatori, ma guai a chiedere conto
(corrente) alla riformatrice Boschi o a uno dei suoi genitori. Ma che c’entra,
che c’entra? Questa Riforma è l’ultima spiaggia, altrimenti arriva la pioggia —
di sangue, di cavallette, di Grillo. La Boschi-Verdini è una porcheria per
certo — ma per certi (non tanto)
piccoli porcellini una porcheria assicurata è una porcata rassicurante… L’incertezza,
ecco, il dramma è soprattutto l’incertezza: in nome della quale dovremmo
vidimare senza vomitare questa tragicommedia di riforma: anche, soprattutto se
è una schifezza.
Roba
ambiziosa nelle intenzioni, pasticciata pretestuosa e pericolosa negl’intenti
di certi zozzoni. Velocizzare velocizzare! Vuoi mettere che bello andare di
male in peggio, ma andarci velocissimo?! Vuoi mettere che male ma che bello,
farselo mettere proprio lì l’ombrello? Modernizzare modernizzare! Negli Usa la
Costituzione è lì da 250 anni e non la getta nessuno, ma gli americani che
capiscono: gli piace più il Colosseo o le quattro pietre del Bernini, anziché
un bel quartiere nuovo di villini o magari i 47 articoli della Costituzione
demoliti da Verdini! Basta titubare, bisogna cambiare: bisogna tubare come
colombi con chi vuole spennarci come polli, depennarci da urne ed exit poll, dematitarci del lapis del seggio con cui
mettergli sopra una lapide. Un cambio di passo? Piuttosto una cambiale a
qualche ladro di passo. Cambiare marcia —
anche se è solo cambiare di marcio. Da un’inefficienza all’altra. Scopa nuova
non scopa meglio, ma fin quando non ti accorgi dell’imbroglio… Hai già detto
sì, lo voglio! Proprio necessario, imprescindibile, irrinunciabile. Come il
Matteo con relativo Vangelo. Anzi, Bibbia. O diluvio di consensi, di consen-sì
senza manco una protesta, o il Diluvio e basta. O forse no. Dipende dal giorno.
Se è quello in cui personalizza tutto attizzato il referendum, oppure quello in
cui spersonalizza e si calma perché i suoi Carrai e burattinai gli danno il
valium. Se perdo vado, anzi resto, anzi c’è il governo tecnico o forse le
trombe di Gerico. Prego Italia, vuol ballare con me? Grazie, preferisco di no,
non scambio il fango per paté… Grazie, prego, prego grazie scusi tornerò! Si
sente l’Imperatore Adriano, ma nell’aria più che altro sembra di sentire
Celentano. Sarà per i suoi 24mila baci di
Giuda con Verdini, ma il Montato si sente in cuffia il Molleggiato. Figo, rock,
chiarissimo caso di Sopravvalutescion.
Marx è morto, ma se io non mi sento tanto bene al referendum la sinistra
europea e mondiale è morta pure. Perchè da
rottamare per finta a delirare sul serio è un attimo. Referendum perduto,
progressismo uguale. Le grandi conquiste della sinistra italiana —
dalla Bolognina alla pecorina, da riformista a renzista a catastrofista.
E queste
sono solo le minacce. La parte divertente. Coi renziani in stile Adam Kadmon
che — in concorrenza colle scie
chimiche e lisergiche nel cielo pentastellato —
ti mettono in guardia e nell’urna i rettiliani. Roba da oggi le comiche, domani
le isteriche; cosette poco serie, da cabarettista al governo ma tra poco si
spera in ferie. Poi però ci sono le promesse —
che meno sono serie e più sono gravi; che più sono ragguardevoli e più sono
spregevoli; che più sono senzazionali più sono irreali, irriguardose, illusorie,
quasi criminali. Vota sì e a Catanzaro Taranto o Marano ti curano bene come
all’estero o anche solo a Milano: un sì, e il miglior medico al sud non è più
il dottor Ryanair o Trenitalia, con un biglietto di treno e da visita per
Milano Centrale o Parigi Bercy. Un voto che non è neppure sulla pelle dei
malati — è farsi direttamente le
borse di voti in pelle di malato. Anzi in palle, sul malato. Bugie, chiacchiere
— chiamatele come volete,
sempre dolci cazzate di questo atroce Carnevale sono. Palle in canna, secondo i
meglio costituzioRenzisti da mettere sparate pure in Carta. C’è tutto. Più
soldi, più salute, più scuole: forse persino un po’ più di figa, che quella
sempre ci vuole; basta ingiustizie, basta burocrazia, e soprattutto basta
cellulite e calvizie; no alla casta, sì alla tua asta più lunga e più tosta. Il
regalino al pensionato settantenne, la mancetta al neodiplomato diciottenne,
dopo tre anni persino l’aumento al metalmeccanico-nemico Fiom: e con tanto di
accordo solenne! Mancano solo i 3 semplici trucchi per dimagrire colla dieta
della Sacher che i medici non vogliono dirti, e i 3 segreti dei pornodivi per
indurirti. Ma solo perché i conservatori, gli antistorici, i sindacati e la
vecchia sinistra nostalgica vendicativa e poltronara non gli hanno lasciato
tempo. Venghino signori venghino al circolo politico Barnum, votino Sì-signori
votino al circo del Referendum!
Guarigioni
dal cancro e persino dal diabete, guarnigioni d’infermieri funzionari e
senatori che lasciano il segno anziché lasciare segnato da pagare a noi e manco
a rate, il tutto con guarnizioni di sorrisoni top e no stop: un po’ marca
Durbans un po’ col marchio dell’ebete in chiodo e jeans. Promesse elettorali,
buone giusto per chi ha buone premesse di minorazioni neurocerebrali. Lo
sappiamo tutti, anche se fingiamo d’accalorarci tutti mentre ci pregano di
accalcarci tutti alle urne domenica prossima. Basta un Sì, no? No, invece, così
basta con Matteo lo stalker del Sì… Livello bassissimo. Troppo, persino per
l’Italia dove il peggio non ha mai fine: anzi è un fine, e comunque non è mai
un intoppo. Una fattoria di fattori meno umani che animali. Bulletti
Vallespluga o Valdarno di là, Grillo sparlanti di scrofe urlanti con maiali
alla si (o No) Salvini chi può, di qua. Eppoi tutti appesi all’ultimo
sondaggio, ai reporter da riporto, al giornalismo d’accatto se non da
accattonaggio. Avanti il Sì, avanti il No? Ma tutti indietro, e indietro tutta!
Vada come vada è sempre roba da Vade Retro. Ma c’è di buono che fra una
settimana sarà tutto materiale per la letterina a Babbo Natale anziché per la
schedina referendaria o la tabellina da calcolo elettorale a babbo morto. Molto
rancore per nulla, comunque. Troppo spendersi a destra e a mancia senza
risultato — qualunque
esso sia. Cambiando in peggio la Costituzione non cambia in meglio l’Italia; se
non si cambia la Costituzione non è che non si possa cambiare in meglio
l’Italia. I problemi sono altri, il problema siamo noi per primi, noi come
cittadini, non sempre gli altri.
Non è
scassando i termometri che passa la febbre, non è rompendo gli specchi che
risolvi, che eviti di guardarti in faccia, che possiamo evitare di guardare
alla nostra feccia. L’Italia ha le febbre alta, la fede nelle istituzioni bassa
— ma il problema non è la
Costituzione, la cura non è cambiare la Costituzione formale o materiale: il
guaio è non riuscire a cambiare la nostra costituzione innata, di una comunità
che sembra una San Patrignano allargata, solo formale e intossicata, fatta come
una pigna di cattivo materiale. Umano, politico, culturale, alla fine sempre
clientelare. Opportunismo, clientelismo, leguleismo più che legalità, paralisi
familismo e paraculismo in tutta omertà, impunità, disparità. Non è che li puoi
cambiare per legge, né la legge fondamentale può cambiare per far finta d’aver
cambiato le nostre cattive abitudini, le nostre male attitudini, le nostre
pessime fondamenta. La riforma migliore non può nulla contro un degrado umano e
istituzionale nella sua forma peggiore. Figuriamoci questa, che vuole riscrivere
qualcosa scritto dalla parte migliore del Paese: perché glielo ha prescritto la
parte peggiore dello Strapaese. Vecchi arnesi, nuovi parvenu valdarnesi, poco
liberi docenti pure poco decenti, vip, nip, il regista sovvenzionato e battuto
alla cineasta degli assegnoni ministeriali; massoni, magliari, ministri tedeschi e gran maestri loschi,
finanzieri, fanfaniani e ballerine, verdiniani colle ballerine, ex macellari
rifatti a banchiere, rassicuranti ex ras craxiani che vogliono piazzare azioni
culoni e mogliere. Signori e signori, il comitato d’affari per il Sì!
L’inquisita di cozze, l’impepata canaglia, quelli che chiamano gli altri
accozzaglia… Il presepe col bue che dà del cornuto all’asinello.
No perché,
No: perché alla fine conta anche chi
le fa e le giudica, le cose. Ad Armani fai fare i calzoni, ma mica al forno; a
Giovanni Rana e Farinetti gli gnocchi, vista l’età e viva il viagra forse
qualche gnocca, ma mica di fare i giovinetti; a Dolce e Gabbana non chiedergli
di fare né gli gnocchi né gli etero, ché a loro piace il calzone con dentro il
raviolo, e farsi bei giovinetti… Beati loro, ma non è che se mi parlano di
neurochirurgia io mi scolo quelle parole come oro.
Un fatto
di competenze, di preferenze per il filone la costituzione o il cazzo, che da
noi inevitabilmente diventano competenze da culo e giudizi a cazzo.
La
Costituzione è fuori moda —
l’ha deciso questo bel comitato di saggi, espertissimo in tacco 12 per
sfilatone da gran serata o in anni 6 di reclusione per associazione segreta. La
Costituzione è vecchia e brutta —
e te la rifà quel bell’uomo giovane di Denis, te lo dice Sergio, che da 20 anni
fa la sempre nuovissima e bellissima Punto. Basterebbe questo, bastano questi,
per dire che un Sì non basta. Che con ‘sto Sì, ‘ste Punto, st’imbroglioni Tipo,
a ‘sto Punto con ‘ste pippe mentali e industriali a motore anche basta. Da
Briatore a Sorrentino alla neolaureata a quarant’anni Lorenzin, tutta gente che
di Costituzione ne mastica. Peccato che poi la sputa assieme ai loro giudizi.
Testimonial credibili mai importuni e simpatici, che ti si attaccano al
citofono al pretesto e al televisore a tutte le ore —
Testimonial di Geova, ecco. Marchionne dice che questa riforma deve vincere
perché fa vincere l’Italia. E se lo dice lui che sia di vincere (chiedete alla
Ferrari, diventata leggermente meno famosa e più sgasata dello spumante…) sia
di Italia (vive in Svizzera e ha portato l’ex Fiat in Olanda per le tasse e in
America per i trans di Lapo..) se ne intende, bisogna credergli. Come del resto
a tutto il piccolo coro del Renzino d’oro, dell’oro Zecchino di questi che
intonano e intascano oro. Non avendo argomenti, tirano fuori nomi belli
luccicanti. E allora mettiamola su questo piano —
anche se sembra il piano di Rinascita Democratica di Gelli...
Parliamo
di persone. Fra De Gasperi e De Luca? Fra Terracini e Verdini? Fra La Pira e un
Marcello Pera?
Parliamo
di associazioni. Fra l’ANPI e l’ANP2? E fra Libera e la Schiva Schiava d’Amor
Paterno per le banche Maria €lena Boschi? Parliamo, parliamone: parliamo
parliamo, ma di che cazzo stiamo parlando?!
Di uno
Zagrebelsky che vale come uno Zagor dei tipi più loschi, come Alfieri il
sindaco di Agropoli che parla come lo zio della cresima con addosso troppo
whisky?!
Di Prodi,
che la riforma gli fa sì schifo ma per dispetto vota sì solo perché D’Alema —
l’eterno nemico del Faid Club — non può fargli più schifo di così?
Parliamo,
parliamo: ma perfavore non parliamo di Riforma
Utile al Paese.
Tipo
l’Italicum, la legge elettorale più bella del mondo, che in un attimo è stato messo
da parte e dichiarato immondo, una questioncella da affrontare dopo il
referendum? Tipo il Senato abolito, magari come le province: in cui solo il
voto democratico diretto, è abolito, e il fotti fotti che prima vinceva adesso
stravince? O i 47 articoli della Costituzione cambiata come ha cambiato
l’Italia l’abrogazione dell’articolo 18, che stranamente non ha significato
l’abrogazione del precariato né il licenziamento in tronco della
disoccupazione?
Ma per
carità, anche di patria, lasciamo stare: ci sarebbe da lasciare anche solo la
nostra, che fa pietà. La discussione è solo un depistaggio politico, un pestaggio
istituzionale e mediatico. Corruzione, ingiustizia sociale, inefficienza,
evasione a mille e zero istruzione. In Italia ci sono problemi urgenti,
scottanti, addirittura brucianti. Ma la casa, non la Carta, brucia. E mentre la
casa brucia tu spegni l’incendio o accendi l’incenso? Pensi a spostare i
pilastri, a rifare le fondamenta, a legislare impiastri? Vedi il fuoco e chiami
i pompieri, rispondi agli allarmi sociali, o
aspetti gl’ingegneri istituzionali? Attegiamento pazzesco, patteggiamento col
farsesco. Tutta una farsa, una falsa partenza, una farsa di discussione in
partenza.
La verità
è che in Italia parliamo, ma come si parla in Italia, per come lo diceva
Sciascia — senza
verità. Fingendo di parlare del merito, quando il merito è solo un pretesto:
per non parlare delle cose importanti, dell’eventuale demerito nelle cose sovra
e sottostanti, anche disturbanti —
insomma, del Contesto. Proprio quello di Sciascia, quello sepolto ma sempre
vivo e non morto come lui, di quello che adesso si tralascia. Invece noi
vogliamo tralasciare tutto il resto, non il resto di tutto il chiacchiericcio.
Per chiederci non se votare Sì o No (ché questo se non siete svelti di testa
come Di Maio in storia e geografia, dovreste averlo capito…) e neppure perché
votare No (per le ragioni Di Maio e di prima). Ma per chi, votare no. Che non è
quello che — se ancora
lo fate — state
pensando.
Vogliamo
essere giusti, ci piacerebbe essere veri, o almeno vorremmo provare a essere
sinceri. Quindi lasciamo stare l’Ipernominato sin qui, l’infoiato e infognato
sull’Arno e sin qui in una Riforma non sua. Perchè sul Renzerendum l’accusa di personalizzazione c’è, ci sta, ed è giusta.
E’ solo la persona, che è sbagliata. Trattasi infatti di ReGiorgerendum. Il
mandante del Matteo infestante ma non più tanto giulivo e festante è lui.
Questa lagna della Riforma è tutta di Lacrime Napolitano. Il Presidente e
Fottipiangente Emerito. A tirare i fili, a tirarci il pacco. Sempre lui. Il
capintesta con in capo abbastanza cervello —
più di Matteo, Mattarella o qualunque altra testa di legno massello. Che ha
deciso di decidere che le sorti della Repubblica sono decise; che l’Italia
delle Resistenza è nata e deve morire con lui; che ha perso le speranze per la
democrazia rappresentativa, anche questo è un fatto che è meglio non far sapere
all’Italia; che forse ha nostalgia dell’amato e ammirato patto di Varsavia. E
allora ecco che i cammellati di Stallio Renzi sono per lui i cingolati di
Stalin a Budapest. L’atto di forza —
di non coraggio — che
serve. Per pettinare il paese in direzione del pelo, del Pil, del cchiù pilu pé
tutti. Basta con tutta questa democrazia parlamentare, facciamone una piu’
agile, con una sola camera: però di commercio locale, di mercato delle vacche,
vaccomerciale. L’Italia è oramai una democrazia matura, che in quanto tale ha
bisogno di un’oligarchia che la guidi più che matura —
proprio marcia, una cosa putiniana, da democratura.
La Riforma
è tutta merito di Giorgione; la Deforma, nel demerito, è tutta di Napolitano di
Borbone. Scritta di suo pugno —
chiuso — di vecchio Stalinista
anti-Berlinguer diventato neo-Renzista. Che da ragazzo aveva come idolo Josif,
e che da vecchio sarebbe l’idolo di The Donald. Perché non vede, non crede che
la democrazia abbia troppi problemi —
anzi —
il problema è solo uno: troppa democrazia. Accorpiamo, snelliamo per finta,
sventriamo per sempre. Togliamo il potere al popolo, diamolo ai populisti, non
ascoltiamo quanti chiedono un repulisti mentre tutt’attorno già sentiamo il
fascio sul collo di xenofobi, idrofobi e cani rabbiosi lepenisti. E la ricetta —
in attesa dell’odio di ricino —
è la dolce Elenina. La cagatina di riforma Bosco-Verdina. Non affrontiamo i problemi
reali, incartiamoli costituzionali, facciamo un pacchetto legge in carta
costituzionale da regali. E qui siamo al punto. Dolente, ma forse anche
dirimente. Pertini diceva A Brigante,
brigante e mezzo. Questi Verdini, questi sbertini, questi che hanno pure il
coraggio di tirare per la bara i partigiani e Pertini, dicono: siamo una
brigata intrigante, in tutto e su tutto brigante, pur di non levarci di mezzo.
Anche ad appaltare l’Italia ai più bassi figuri, ai meglio sfacciati, ai più
acuti appetiti. E la famosa camera delle autonomie piena di amministratori inquisiti
ma immuni, eletti solo dalle camere penali che cos’è, se non l’esemplificazione
del concetto, la pianificazione della Qualunque nelle Istituzioni, la
puttanificazione dell’Italia appaltata ai Cetto?! La Riforma in sostanza è
questa. Non più l’uomo forte, ma l’elettorato più debole, in balia e in fila
dall’ometto più forte a chiacchiere. Ma pure a fatti, misfatti, cene e
banchetti. A offrire in cambio di un Sì fritture di paranza, per un bacino alla
francese o all’agropolese grosso così di voti forniture e appalti alle paranze
degli uomini di panza e sparanza. Cazzu
cazzu…
Solo che Albanese sul set fa finta, De Luca e Alfieri in voti percentuali fanno sul settanta-ottanta. E facendo ridere fanno sul serio: fanno anni di governo, fanno danni sul serio che manco la grandine d’inverno. Come dappertutto, come il terremoto nel centro Italia, l’ennesima prova del centro incosciente e immoto di potere in Italia. Scuole appena ristrutturate che crollano, palazzi che di antisismico certificato hanno solo le mazzette, fondi destinati alla prevenzione stornati per feste sagre stornelli e canzonette. Dal Belice all’Irpinia alla scuole di San Giuliano di Puglia, al prossimo lucroso sisma su cui far scattare le mandibole e la quadriglia delle malversazioni: a tutte le prossime date di questo fantastico tour nazionale dell’incoscienza, della delinquenza, delle spartizioni. Amministratori — ammazzatori? — locali sparsi, plurieletti, mai scarsi di voti in tutta Italia. Nell’Italia tutta in mano a Vice-Re minori ma in do ut des maggiore del consenso clientelare, affarista, votoscambista. Non tutti sono così, chiaro; ma ci basta pensare a certi Napoleone napoletani calabresi o anche valtellinesi del consenso, da farci dire tutti tutti no, ma Bonaparte…
La peggior
classe dirigente locale di tutti i tempi che deve diventare digerente nazionale, di tutti noi. Con
tanto d’indennità, immunità, indegnità parlamentare. Ecco per dire, noi Sergio
Pirozzi — il
sindaco di Amatrice che denuncia Charlie Hebdo per le vignette anziché
denunciare le complicità e le atrocità in cambio di mazzette —
abbiamo il sentore che senatore anti o a-democraticamente eletto non lo
vogliamo. Roba da matti, da mattoni, pensata da massoni e promossa da chi è
facile s’imBoschi milioni. Niente Foratini all’Amatriciana o Fritturoni Mesti
alla Salernitana per noi: che colla nostra penna all’Arrabbiata non contiamo né
cantiamo, ma portiamo la croce. Sul No. Sul Nostro avvenire, convinti e
fiduciosi che il peggio debba ancora venire. In ogni caso, con ogni genere di
casino, che il futuro sia renzista salviniano o grillino. Comunque —
sebbene non ovunque, né per chiunque —
oscuro, nebuloso, massofasciomafioso. Verrà, ma non senza Resistenza. Verrà, ma
senza la nostra acquiescienza. Verrà: magari per qualche Cosa Nostra eventuale
e varia, ma mai per qualche colpa nostra consapevole e volontaria. E non ci
faremo sviare, distrarre, svilire, disgustare da chi oggi le fa da scudo anche
se non da oggi la Costituzione gli fa schifo. Da chi la difende per calcolo
senza nemmeno saper fare di conto, solo qualche orecchiato e interessato
racconto, da chi l’incensa ma poi l’ignora. Meglio votare giusto con Forza
Nuova, che votare giusto per interesse o rassegnazione la nuova forza di (sotto)governo.
Ben sapendo chi siamo, sapendo bene dove siamo. Italia, Land of Quattro:
Cantoni. Gente che gioca a nascondino, a buttarla in vacca, a non restare con
in mano il cerino. Chi oggi si sputa addosso veleno, domani firmerà un nuovo
Nazareno. E se il sol dell’avvenire grillino è quello che fa vedere i suoi primi Raggi a Roma, nella notte pentastellata di
vittoria e della Repubblica le stelle saranno molte meno di 5: e anche più
false delle firme di Palermo. Ma non importa, se noi avremo ancora la Carta (anziché
la Casta) costituzionale. A maggior ragione: avremo fatto bene a non accettare
il minimo torto, alla Costituzione. Quello che hanno scritto i padri andrà
benissimo per i figli — specie in confronto a quello che hanno scritto certi
nostri figli o nonni di… Matteo, Silvione, Re Giorgio da Borbone. Spendetevi,
scannatevi, sbattetevi su fronti diversi — eppoi, oppure,
eppure alleatevi, ché siete gli stessi. Ma noi pure siamo sempre gli stessi — diversi da voi, Berlusconi o berluschini sempre pronti all’attacco dei
Berluscloni. Tipo questa riforma, gemella diversa, versione light bio lefty da
mercato delle vacche iniquo e speculare a di quella di Silvio del 2005. A cui
noi infatti abbiamo già detto no una volta — a cui noi
diremmo e diremo no mille volte. Preparate altri colpi di mano o addirittura
seminuovi colpi di Nano, per domani. Ma per oggi e per sempre, a un tentativo
come il vostro, noi avremo da rispondere coll’esclamativo che sentiamo forte
chiaro e nostro — No! Eccola, la nostra dichiarazione di vuoto. Dopo cui forse non verrà
niente di buono, ma questo no è già qualcosa — di buono, e
comunque meglio di niente. Del vostro, niente: da dire, da offrire, da non
potersi soffrire.
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