La
Riforma Istituzionale fatta con mostri d’intelligenza alla puttanesca tali, che
si fa prima a chiamarla Deforma
Prostituzionale. Un taglio delle tasse che forse ti viene un infarto dalla
gioia: peccato che i tagli agli esami medici per pagarlo non consentiranno di
accertarsene. Inquisiti e miracolati che dettano ed edittano la linea bulgara
persino al Renzianissimo Tg3 (la Linea
Notte di Mannoni oramai è talmente al servizietto del governo che manca
solo una gomma che brucia in studio, per diventare ufficialmente Linea Mignotte…). Il bavaglio alle
intercettazioni sulla stampa, però piccolo: un bavaglino, nel senso che chi
vorrà informare sulle inchieste e gli scandali dovrà prendersi la pappetta
pronta dal Governo di Sua Rencellenza, oppure cazzi amari tipo olio di ricino.
La star politico-giudiziaria toscollywoodiana Verdini che fa Bob DeLiro in Taxi Buyer: Sono solo un tassista che porta da Berlusconi a Renzi. Sì, l’unico
tassista al mondo che però i clienti se li compra, con cui sgancia anziché
incassare. E facendo finta di far incazzare Silvio, oltretutto. No perché alla
stronzata che il Nazareno è morto ci si può credere giusto il venerdì santo: ma
per loro fortuna l’Italia non è più solo il paese del Carnevale tutto l’anno,
adesso è anche quello della Pasqua destagionalizzata e perenne. Nonché delle
simpaticissime pasquinate alla Lucione Barani, eroico Verdinian-Craxiano che
per aver chiesto un pompino in aula si becca solo 5 giornate di squalifica —
pronto e schierabile da mister Renzi per il prossimo turno di Inciucions
League, insomma…
Piccolo
riepilogo di una democrazia piccola piccola e all’epilogo. Una democrazia da
una botta e via, la nostra; un fotti in fretta e furia, un trasformismo da
McDonald, un Crispi McBacon cucinato dal Renzi Trasformer. Una (poco)
democrazia cristiana ed eterna, da sembrare indù: perché si reincarna sempre
collo stesso spirito, anche se in corpi diversi. Per l’esattezza corpi sciolti
(come cantava il Benigni che aveva qualcosa da dire a parte i canti di Dante,
oltretutto decantati come fossero di suo pugno e non una sua pugnetta
interpretativa da occhiaie...). Merde umane. Una metempsicosi che sta
diventando una minchia di psicosi, per noi del Papaluto. Una democrazia da
buttare e da buttane, le cui esequie non sono certo state celebrate colla pompa
funebre del già leggendario Barani from Aulla in aula, però. Magari. Anche
coll’aiuto delle opposizioni troppo arroganti divise e inconsistenti, la
tumulazione è avvenuta da mo’. Ed è partita da molto. Crispi, De Pretis, Giolitti,
Fanfani, Andreotti… (Quasi) non penali, ma i precedenti ci sono. Questa finta
sinistra renziana che va davvero a destra per restare sempiternamente al centro
dell’intrigo come dello spettro politico e trasfromistico, viene da lontano —
e lo sappiamo; se l’Italia può andarci ancora molto lontano, questo no.
Le
certezze che abbiamo sono altre, cioè le carezze che Silvio, Sergio e altre
belle personcine stanno avendo da ‘sto Little Tony Blair senza ciuffo elvisiano
ma colle frange verdiniane da tutte le parti. Renzi sta facendo cose che
Berlusconi poteva solo sognare: per se stesso, sotto il suo stesso governo! E
non parliamo dei milioni regalati alla Fiat cogli sgravi per schiavizzare gli
operai a Melfi, dove si fanno turni che in confronto a raccogliere pomodori per
i caporali ti riposi all’aria aperta. Non parliamo neanche dell’entusiamo
popolare suscitato dal fatto che si toglie la tassa al ricco sul villone
tagliando la tac al vecchio colla pensione. E neppure di un governo che va
avanti (a destra) a botta di mance, mancette e manchettes di marketing da ottanta euro o da quattro soldi. Basta,
con ‘sta roba. Dalla farsa del Jobs Act alla falsa abolizione delle province dei
clamorosi bidoni hanno ottenuto ancor più clamorosi applausoni —
la maggioranza vince, anche se la minoranza evince e dice che sono tutte
cazzate. Noi vogliamo parlare delle cose veramente fondamentali, cioè di quanto
in apparenza è più superfluo del pelo di Luxuria coll’estetista in ferie. Di
libri, parole, letteratura, carta imbrattata. Della sistematica distruzione
della cultura, quindi dell’etica; quindi della politica; quindi della società,
del paese, del futuro. Del perché tutto ciò stia accadendo nel più assoluto
silenzio, a parte i cinguettii e i latrati della solita cagnara propagandista
su Twitter.
Per
fare chiarezza sul Ducismo culturale in corso, ma senza fare amarezza da
reducismo stronzo, dobbiamo premettere che noi del Papaluto siamo gente
orrenda. Personacce terrificanti e filoterroriste (c’hanno detto pure questo,
al tempo…), capaci di spararsi la doppietta Palavobis-Circo Massimo in due
mesi, di scendere in piazza ogni due per tre e per certi principi, di non scenderci a patti sopra per
nessun bel faccino o assegnino. Insomma per noi, e per tanti come noi, la
Questione Morale su tutto. E noi, e forse tanti come noi, oggi si chiedono: ma
alla questione morale sotto i tacchi come siamo arrivati? Sì perché parliamo di
tredic’anni fa, mica di trecento. Eppure. Siamo passati da un paese che contro
certe cose ha gli anticorpi, a un paese che ce l’ha con gli anticorpi contro
certe cose. Sì, direte, ma certe cose che? Quelle che non servono a nessuno,
forse perché non servono nessuno. I libri, la cultura, l’arte, la bellezza, la
libertà, la bellezza della libertà. Quella vera, quella difficile, quella
faticosa. Quella nel pensiero e nei fatti, non nelle citazioni da discorso per
fare salotto, flanella e figuroni da filotto al bar. La bellezza che —
diceva Camus — di certo non fa la rivoluzione: ma verrà il giorno
che la rivoluzione avrà bisogno della bellezza. Sarà per questo che noi abbiamo
solo la Grande Bellezza come perfetto
film kitsch (cioè finto) della nostra (autentica, purtroppo) controrivoluzione
culturale, politica, sociale. Un impeccabile manifesto anti-ideologico, postmoderno,
psicologico. Sarà per questo che la nostra arte è ridotta ad artefatto, che le
nostre parole si traducono in fatti orrendi, che il nostro pensiero stupendo e
stupidissimo non trova niente da dire neanche sulla roba più immonda. O
Immondazzoli.
E
questo era?! Tutto ‘sto casino, ‘sta parata di nomi e paragrafi per arrivare a
Silvione che si mangia Rcs Libri (e praticamente tutta l’industria culturale
italiana su carta che canta e che conta, tranne Adelphi) per fare un clistere
di contanti a quella merde secche di Gazza e Corsera?! Sì, ragazzi. Il superfluo
ma fondamentale pelo di Luxuria nell’uovo dei polli di Renzi che siamo è
questo, per noi. L’operazione in se stessa non ci sconvolge, figurarsi. La
reazione del governo e dell’antitrust che non diranno nemmeno un se o un ma? Seee,
ma figurati! Ci sconvolge l’intera operazione di non-reazione, in sostanza,
della cultura italiana o di una parte di essa. Di una parte di noi, in buona o
cattiva sostanza. Nelle mani di uno solo tutte le principali case editrici —
e non uno qualsiasi, quello dei maxicasini e delle mini-meretrici. Tredici,
dieci, cinque anni fa ci saremmo scandalizzati, legati, incatenati a qualcosa o
incazzati a girotondo con qualcuno. E adesso, niente. Nessuna sollevazione
popolare, intendiamoci: stiamo parlando comunque di una minoranza. Ma la
democrazia si misura, sulle minoranze. Specie quelle rumorose. Sono le
dittature, a contare sulle maggioranze schiaccianti, accondiscendenti,
silenziose. Oggi siamo tutti maggioranza, siamo tutti silenziosi. Non tutti,
quasi nessuno, pochi sono avviliti e pensierosi. Noi del Papaluto sì, avviliti
e pensierosi. Nonché disperati al punto da commettere l’insano gesto —
dare ragione a Sgarbi. Che ha sostenuto che in Italia un buon libro vale meno
di un pessimo giornale. Vero. Anche grazie a lui, però. Anche e soprattutto
grazie a quelli meglio di lui, che come lui o peggio si sono comportati.
Parliamo
per gl’intelligentissimi scemi o degli scemi fin troppo intelligenti che si
sono esaltati e ancora si esaltano per la
fine delle ideologie. Evvai, figata! Spezziamo le catene dello spezzare le
catene dell’oppressione! Basta colle prigioni del pensiero organico,
organizzato, ortodosso! Da allora tutti più liberi di testa ma —
chissà come mai — tutti con meno libri in casa. Dio, Marx, Io: tutti
morti, o che non si sentono tanto bene. Ma cogli effetti che invece si sentono
benissimo, oggi. Il basta al pensiero forte è diventato un forte basta al
pensiero, stop. Coi bei risultati che ammiriamo. Una società e quindi una
politica ridotta a puro mercanteggiamento, a perseguimento dell’utile,
all’aggiramento delle regole minime di decenza e moralità. E come mai? Perché,
parafrasando Chesterton, quando gli uomini non credono più in un’idea non è che
non credano più a nulla: credono a tutto. E oggi solo a tutto quello che si può
comprare, consumare, cosificare, classificare, banalizzare, taggare all’istante.
All’ideologia si è sostituita la merceologia, e nel cambio merce-idee c’hanno
guadagnato solo i Berlusconi in giro per il mondo, i simil-Silvio in world
tour. Quelli che non hanno nessuna idea, tranne il guadagno. Che però
pubblicano tutto e di tutti gli orientamenti politici, filosofici, letterari:
quindi, che problema c’è? Proprio questo, che non c’è nessun problema —
basta che faccia soldi. Il problema sta tutto nella quantità, mai nella qualità
di ciò che si pubblica o che si vende. O che si è. Il Folle Volo di Dante come
i romanzi di Fabio Volo o le romanze degli ex tenorini del Volo —
tutto dentro, fuori tutto, tutto scontato di prezzo e di pensiero, facciamoci
un cofanetto con doppio libro, Blu Ray e prefazione di
Benigni-Jovanotti-Gramellini per Natale…
L’era
del sapere post-moderno fintamente democratico e progressista: tutti uguali,
niente distinzioni. La merda vale la meraviglia, l’arte vale il kitsch, chi
nelle sue opere la cerca vale quanto l’altro che nelle sue lo propina, lo
propone, lo propugna. Lo sperimentale è male e dio ce ne guardi, lo
sperimentato un mare di soldi. Perché cercare davvero qualcosa di nuovo e
magari con poco seguito, quando puoi riverniciare e incassare con qualcosa di
vecchio o addirittura decrepito? Se nella spazzatura il riciclaggio fosse
avanti come nella cultura, la puzza la sentiremmo solo in libreria anziché per
strada. O, a proposito di fintamente democratico e progressista, nella
faccialibreria tuittarola del nostro ggiovane premier socialmediopatico. E
siamo al punto dolente, al punto che volente o nolente la discussione deve
toccare. Col cittadino consumatore e mai dubitatore, col pensiero che
dev’essere o populista o menefreghista o tutt’e due, il discorso da largamente
culturale si fa strettamente politico, carissimo Pinocchio Matteo Renzi. Farla
facile non significa che poi lo sia: significa che facile è solo una bugia. Un mercificare, un mentire, un raccontare
che è un raccontarsela. Azzerare il senso critico è a costo zero come le tue
riforme — cioè per niente.
Nessuna
nostalgia/apologia di Stalin e simili delinquenti/pensatori di ‘sta minchia,
sia chiaro. Come dev’essere chiaro che certe ideologie erano una prigione: come
dovrebbe essere, ma non è, che libertà di pensiero non vuole dire pensieri in
libertà. Tantomeno pensiero unico colla sola libertà di nascere, consumare,
twittare, crepare o possibilmente crepare twittando. E postando il video su
Periscope, magari. Abbiamo il diritto di essere meglio di così, di non essere
solo dei cosi consumanti: ma per riuscirci abbiamo il dovere di difendere e di
difenderci colla cultura; di crederci credendo nella bellezza, quella vera.
Quella difficile, faticosa. Diversamente, l’aforisma di Chesterton non perdona:
e l’uomo diventa una bestia che si bastona. Coi suoi simili, causa il cellulare
per cui fa una fila da stadio: allo stadio, da dove poi lo portano via sul
cellulare. Studi alla mano, anche senza il Muro di Berlino, senza studio si
viene alle mani comunque. Anche se non ci sono idee forti, si passa lo stesso alle
maniere forti. Perché il cretino crede, crede sempre, crede comunque e a
chiunque. Tanto vale provare a fargli credere o leggere qualcosa di buono. E
non necessariamente di Benedetta Parodi benedetta da Berlusconi… Usiamo la
nostra, di testa. Altrimenti, le altre e alte menti dei capintesta che
c’abbiamo. E che ci meritiamo. Come Alberto Sordi per un famoso regista (foto)
ex girotondino ed ex chiacchierino oggi attonito, stufo, sfinito dalla
situazione.
Che stando, alle indagini demoscopiche, è bella (o brutta) sconfortante di suo. Guardacaso 6 italiani su 10 non leggono
neanche un libro, e proprio 6 italiani su 10 si professano supertifosi in neanche un secondo. Cioè appassionati dello sport che non è più sport, ma scommesse,
risse anziché rivalità, distruzione dei suoi valori in campo e creazione di
valore in banca per chi lo commercializza. E non a caso il Renzi ha fatto dello
sport il suo spot al volo e alla lettera: a settembre piazzando il suo culetto
a forma di faccia sul jet e in tribuna agli Us Open (pagando col nostro, di
culo: faccia lui, col conto…); o appena l’altroieri incontrando lo Sceicco Bianco
Bin Zayed facendo lo Sciocco Viola del coro Salutate
la Capolista. In attesa di un bel Chi
non salta Gufo è alla finale regionale di freccette o mazzette con Verdini, il livello della narrazione è questo.
Basso, ma mai quanto la linea di galleggiamento (o affondamento)
politico-culturale, culturale quindi etica e politica. Ma va bene così, in
fondo. Per andare a fondo, va benissimo così. Che sarà sarà, e che sarà mai.
Mica finisce il mondo, se inizia Mondazzoli! Alla fine è solo la normale logica
di mercato, l’ovvia trasformazione della società che cambia non per forza in
peggio, alla fine la merda che si
vede è tutta nutella: e alla fin fine, che Mondazzoli sarebbe senza Nutella? E
se va bene a voi, buona merdenda a
tutti! Anche a te, alla tua salute e in tua memoria qui sotto, Nanni…
Nessun commento:
Posta un commento