giovedì 8 ottobre 2015

POMPE FUNEBRI

La Riforma Istituzionale fatta con mostri d’intelligenza alla puttanesca tali, che si fa prima a chiamarla Deforma Prostituzionale. Un taglio delle tasse che forse ti viene un infarto dalla gioia: peccato che i tagli agli esami medici per pagarlo non consentiranno di accertarsene. Inquisiti e miracolati che dettano ed edittano la linea bulgara persino al Renzianissimo Tg3 (la Linea Notte di Mannoni oramai è talmente al servizietto del governo che manca solo una gomma che brucia in studio, per diventare ufficialmente Linea Mignotte…). Il bavaglio alle intercettazioni sulla stampa, però piccolo: un bavaglino, nel senso che chi vorrà informare sulle inchieste e gli scandali dovrà prendersi la pappetta pronta dal Governo di Sua Rencellenza, oppure cazzi amari tipo olio di ricino. La star politico-giudiziaria toscollywoodiana Verdini che fa Bob DeLiro in Taxi Buyer: Sono solo un tassista che porta da Berlusconi a Renzi. Sì, l’unico tassista al mondo che però i clienti se li compra, con cui sgancia anziché incassare. E facendo finta di far incazzare Silvio, oltretutto. No perché alla stronzata che il Nazareno è morto ci si può credere giusto il venerdì santo: ma per loro fortuna l’Italia non è più solo il paese del Carnevale tutto l’anno, adesso è anche quello della Pasqua destagionalizzata e perenne. Nonché delle simpaticissime pasquinate alla Lucione Barani, eroico Verdinian-Craxiano che per aver chiesto un pompino in aula si becca solo 5 giornate di squalifica pronto e schierabile da mister Renzi per il prossimo turno di Inciucions League, insomma…

Piccolo riepilogo di una democrazia piccola piccola e all’epilogo. Una democrazia da una botta e via, la nostra; un fotti in fretta e furia, un trasformismo da McDonald, un Crispi McBacon cucinato dal Renzi Trasformer. Una (poco) democrazia cristiana ed eterna, da sembrare indù: perché si reincarna sempre collo stesso spirito, anche se in corpi diversi. Per l’esattezza corpi sciolti (come cantava il Benigni che aveva qualcosa da dire a parte i canti di Dante, oltretutto decantati come fossero di suo pugno e non una sua pugnetta interpretativa da occhiaie...). Merde umane. Una metempsicosi che sta diventando una minchia di psicosi, per noi del Papaluto. Una democrazia da buttare e da buttane, le cui esequie non sono certo state celebrate colla pompa funebre del già leggendario Barani from Aulla in aula, però. Magari. Anche coll’aiuto delle opposizioni troppo arroganti divise e inconsistenti, la tumulazione è avvenuta da mo’. Ed è partita da molto. Crispi, De Pretis, Giolitti, Fanfani, Andreotti… (Quasi) non penali, ma i precedenti ci sono. Questa finta sinistra renziana che va davvero a destra per restare sempiternamente al centro dell’intrigo come dello spettro politico e trasfromistico, viene da lontano e lo sappiamo; se l’Italia può andarci ancora molto lontano, questo no.

Le certezze che abbiamo sono altre, cioè le carezze che Silvio, Sergio e altre belle personcine stanno avendo da ‘sto Little Tony Blair senza ciuffo elvisiano ma colle frange verdiniane da tutte le parti. Renzi sta facendo cose che Berlusconi poteva solo sognare: per se stesso, sotto il suo stesso governo! E non parliamo dei milioni regalati alla Fiat cogli sgravi per schiavizzare gli operai a Melfi, dove si fanno turni che in confronto a raccogliere pomodori per i caporali ti riposi all’aria aperta. Non parliamo neanche dell’entusiamo popolare suscitato dal fatto che si toglie la tassa al ricco sul villone tagliando la tac al vecchio colla pensione. E neppure di un governo che va avanti (a destra) a botta di mance, mancette e manchettes di marketing da ottanta euro o da quattro soldi. Basta, con ‘sta roba. Dalla farsa del Jobs Act alla falsa abolizione delle province dei clamorosi bidoni hanno ottenuto ancor più clamorosi applausoni la maggioranza vince, anche se la minoranza evince e dice che sono tutte cazzate. Noi vogliamo parlare delle cose veramente fondamentali, cioè di quanto in apparenza è più superfluo del pelo di Luxuria coll’estetista in ferie. Di libri, parole, letteratura, carta imbrattata. Della sistematica distruzione della cultura, quindi dell’etica; quindi della politica; quindi della società, del paese, del futuro. Del perché tutto ciò stia accadendo nel più assoluto silenzio, a parte i cinguettii e i latrati della solita cagnara propagandista su Twitter.

Per fare chiarezza sul Ducismo culturale in corso, ma senza fare amarezza da reducismo stronzo, dobbiamo premettere che noi del Papaluto siamo gente orrenda. Personacce terrificanti e filoterroriste (c’hanno detto pure questo, al tempo…), capaci di spararsi la doppietta Palavobis-Circo Massimo in due mesi, di scendere in piazza ogni due per tre e  per certi principi, di non scenderci a patti sopra per nessun bel faccino o assegnino. Insomma per noi, e per tanti come noi, la Questione Morale su tutto. E noi, e forse tanti come noi, oggi si chiedono: ma alla questione morale sotto i tacchi come siamo arrivati? Sì perché parliamo di tredic’anni fa, mica di trecento. Eppure. Siamo passati da un paese che contro certe cose ha gli anticorpi, a un paese che ce l’ha con gli anticorpi contro certe cose. Sì, direte, ma certe cose che? Quelle che non servono a nessuno, forse perché non servono nessuno. I libri, la cultura, l’arte, la bellezza, la libertà, la bellezza della libertà. Quella vera, quella difficile, quella faticosa. Quella nel pensiero e nei fatti, non nelle citazioni da discorso per fare salotto, flanella e figuroni da filotto al bar. La bellezza che diceva Camus di certo non fa la rivoluzione: ma verrà il giorno che la rivoluzione avrà bisogno della bellezza. Sarà per questo che noi abbiamo solo la Grande Bellezza come perfetto film kitsch (cioè finto) della nostra (autentica, purtroppo) controrivoluzione culturale, politica, sociale. Un impeccabile manifesto anti-ideologico, postmoderno, psicologico. Sarà per questo che la nostra arte è ridotta ad artefatto, che le nostre parole si traducono in fatti orrendi, che il nostro pensiero stupendo e stupidissimo non trova niente da dire neanche sulla roba più immonda. O Immondazzoli.

E questo era?! Tutto ‘sto casino, ‘sta parata di nomi e paragrafi per arrivare a Silvione che si mangia Rcs Libri (e praticamente tutta l’industria culturale italiana su carta che canta e che conta, tranne Adelphi) per fare un clistere di contanti a quella merde secche di Gazza e Corsera?! Sì, ragazzi. Il superfluo ma fondamentale pelo di Luxuria nell’uovo dei polli di Renzi che siamo è questo, per noi. L’operazione in se stessa non ci sconvolge, figurarsi. La reazione del governo e dell’antitrust che non diranno nemmeno un se o un ma? Seee, ma figurati! Ci sconvolge l’intera operazione di non-reazione, in sostanza, della cultura italiana o di una parte di essa. Di una parte di noi, in buona o cattiva sostanza. Nelle mani di uno solo tutte le principali case editrici e non uno qualsiasi, quello dei maxicasini e delle mini-meretrici. Tredici, dieci, cinque anni fa ci saremmo scandalizzati, legati, incatenati a qualcosa o incazzati a girotondo con qualcuno. E adesso, niente. Nessuna sollevazione popolare, intendiamoci: stiamo parlando comunque di una minoranza. Ma la democrazia si misura, sulle minoranze. Specie quelle rumorose. Sono le dittature, a contare sulle maggioranze schiaccianti, accondiscendenti, silenziose. Oggi siamo tutti maggioranza, siamo tutti silenziosi. Non tutti, quasi nessuno, pochi sono avviliti e pensierosi. Noi del Papaluto sì, avviliti e pensierosi. Nonché disperati al punto da commettere l’insano gesto dare ragione a Sgarbi. Che ha sostenuto che in Italia un buon libro vale meno di un pessimo giornale. Vero. Anche grazie a lui, però. Anche e soprattutto grazie a quelli meglio di lui, che come lui o peggio si sono comportati.

Parliamo per gl’intelligentissimi scemi o degli scemi fin troppo intelligenti che si sono esaltati e ancora si esaltano per la fine delle ideologie. Evvai, figata! Spezziamo le catene dello spezzare le catene dell’oppressione! Basta colle prigioni del pensiero organico, organizzato, ortodosso! Da allora tutti più liberi di testa ma chissà come mai tutti con meno libri in casa. Dio, Marx, Io: tutti morti, o che non si sentono tanto bene. Ma cogli effetti che invece si sentono benissimo, oggi. Il basta al pensiero forte è diventato un forte basta al pensiero, stop. Coi bei risultati che ammiriamo. Una società e quindi una politica ridotta a puro mercanteggiamento, a perseguimento dell’utile, all’aggiramento delle regole minime di decenza e moralità. E come mai? Perché, parafrasando Chesterton, quando gli uomini non credono più in un’idea non è che non credano più a nulla: credono a tutto. E oggi solo a tutto quello che si può comprare, consumare, cosificare, classificare, banalizzare, taggare all’istante. All’ideologia si è sostituita la merceologia, e nel cambio merce-idee c’hanno guadagnato solo i Berlusconi in giro per il mondo, i simil-Silvio in world tour. Quelli che non hanno nessuna idea, tranne il guadagno. Che però pubblicano tutto e di tutti gli orientamenti politici, filosofici, letterari: quindi, che problema c’è? Proprio questo, che non c’è nessun problema basta che faccia soldi. Il problema sta tutto nella quantità, mai nella qualità di ciò che si pubblica o che si vende. O che si è. Il Folle Volo di Dante come i romanzi di Fabio Volo o le romanze degli ex tenorini del Volo tutto dentro, fuori tutto, tutto scontato di prezzo e di pensiero, facciamoci un cofanetto con doppio libro, Blu Ray e prefazione di Benigni-Jovanotti-Gramellini per Natale…

L’era del sapere post-moderno fintamente democratico e progressista: tutti uguali, niente distinzioni. La merda vale la meraviglia, l’arte vale il kitsch, chi nelle sue opere la cerca vale quanto l’altro che nelle sue lo propina, lo propone, lo propugna. Lo sperimentale è male e dio ce ne guardi, lo sperimentato un mare di soldi. Perché cercare davvero qualcosa di nuovo e magari con poco seguito, quando puoi riverniciare e incassare con qualcosa di vecchio o addirittura decrepito? Se nella spazzatura il riciclaggio fosse avanti come nella cultura, la puzza la sentiremmo solo in libreria anziché per strada. O, a proposito di fintamente democratico e progressista, nella faccialibreria tuittarola del nostro ggiovane premier socialmediopatico. E siamo al punto dolente, al punto che volente o nolente la discussione deve toccare. Col cittadino consumatore e mai dubitatore, col pensiero che dev’essere o populista o menefreghista o tutt’e due, il discorso da largamente culturale si fa strettamente politico, carissimo Pinocchio Matteo Renzi. Farla facile non significa che poi lo sia: significa che facile è solo una bugia. Un mercificare, un mentire, un raccontare che è un raccontarsela. Azzerare il senso critico è a costo zero come le tue riforme cioè per niente.

Nessuna nostalgia/apologia di Stalin e simili delinquenti/pensatori di ‘sta minchia, sia chiaro. Come dev’essere chiaro che certe ideologie erano una prigione: come dovrebbe essere, ma non è, che libertà di pensiero non vuole dire pensieri in libertà. Tantomeno pensiero unico colla sola libertà di nascere, consumare, twittare, crepare o possibilmente crepare twittando. E postando il video su Periscope, magari. Abbiamo il diritto di essere meglio di così, di non essere solo dei cosi consumanti: ma per riuscirci abbiamo il dovere di difendere e di difenderci colla cultura; di crederci credendo nella bellezza, quella vera. Quella difficile, faticosa. Diversamente, l’aforisma di Chesterton non perdona: e l’uomo diventa una bestia che si bastona. Coi suoi simili, causa il cellulare per cui fa una fila da stadio: allo stadio, da dove poi lo portano via sul cellulare. Studi alla mano, anche senza il Muro di Berlino, senza studio si viene alle mani comunque. Anche se non ci sono idee forti, si passa lo stesso alle maniere forti. Perché il cretino crede, crede sempre, crede comunque e a chiunque. Tanto vale provare a fargli credere o leggere qualcosa di buono. E non necessariamente di Benedetta Parodi benedetta da Berlusconi… Usiamo la nostra, di testa. Altrimenti, le altre e alte menti dei capintesta che c’abbiamo. E che ci meritiamo. Come Alberto Sordi per un famoso regista (foto) ex girotondino ed ex chiacchierino oggi attonito, stufo, sfinito dalla situazione.


Che stando, alle indagini demoscopiche, è bella (o brutta) sconfortante di suo. Guardacaso 6 italiani su 10 non leggono neanche un libro, e proprio 6 italiani su 10 si professano supertifosi in neanche un secondo. Cioè appassionati dello sport che non è più sport, ma scommesse, risse anziché rivalità, distruzione dei suoi valori in campo e creazione di valore in banca per chi lo commercializza. E non a caso il Renzi ha fatto dello sport il suo spot al volo e alla lettera: a settembre piazzando il suo culetto a forma di faccia sul jet e in tribuna agli Us Open (pagando col nostro, di culo: faccia lui, col conto…); o appena l’altroieri incontrando lo Sceicco Bianco Bin Zayed facendo lo Sciocco Viola del coro Salutate la Capolista. In attesa di un bel Chi non salta Gufo è alla finale regionale di freccette o mazzette con Verdini, il livello della narrazione è questo. Basso, ma mai quanto la linea di galleggiamento (o affondamento) politico-culturale, culturale quindi etica e politica. Ma va bene così, in fondo. Per andare a fondo, va benissimo così. Che sarà sarà, e che sarà mai. Mica finisce il mondo, se inizia Mondazzoli! Alla fine è solo la normale logica di mercato, l’ovvia trasformazione della società che cambia non per forza in peggio, alla fine  la merda che si vede è tutta nutella: e alla fin fine, che Mondazzoli sarebbe senza Nutella? E se va bene a voi, buona merdenda a tutti! Anche a te, alla tua salute e in tua memoria qui sotto, Nanni…

         


Nessun commento:

Posta un commento