Più facile trovare l’accordo coi
Khomeinisti non ravveduti di Teheran che coi Komunisti corretti di Tsipras, la
Germania più ayatollah dell’Iran, Usa e resto del mondo che disinnescano il
pericolo nucleare mentre in Europa non riusciamo a far saltare per aria le
puttanate atomiche della Merkel e degli altri rigoristi-opportunisti sul debito
greco. Tollerenza che — guarda caso — fa rima
con intelligenza, di là; austerità che — mica per
caso — fa rima con stupidità e avidità, di qua. Le palle
quadrate di Obama per provare a tendere la mano al nemico contro i cavoletti e
i cazzi amari di Bruxelles, che a tendere la mano a un paese amico nemmeno ci
prova: al massimo tendergli una corda per impiccarsi in amicizia. Il mondo
cerca la pace sulle testate atomiche, l’Europa va a cercarsi la guerra fra
poveri per quattro testate di minchia termonucleari…
Insomma, avete capito quale
sarebbe l’antifona: l’antitesi del nostro tradizionale repertorio papalutesco.
Quale sarebbe stata, meglio. Dite la verità, era o non era bello, un pezzo
così? Un Papaluto cazzuto e internescional, che praticamente si scrive da solo
e si commenta da sé. Un blog che per una volta non è il solito blob d’inquisiti
coi requisiti per Palazzo Chigi da premier ma pure per Palazzo di Giustizia da
cliente premium. Una cosa diversa dal solito, dai soliti. Un articolo di ampio
respiro internazionale, anziché la
solita agenzia Asma sull’Italia col fiato troppo corto e le mani sempre troppo
lunghe…
E invece. Noi avremmo voluto, ma invece…
Niente asma, c’è un’altra emergenza sanitaria che toglie il respiro. Roba
urgente, cogente: ma soprattutto indecente. C’è un signore che, partito come
simbolo dell’antimafia, adesso gli è partito l’embolo che l’antimafia è solo
lui. Un sindaco coraggioso da tremarella (e non solo perché era lì a Gela…)
diventato un governatore antimafioso da ridarella. Un tipo passato dall’opera
buffa all’operetta tragica all’operato tragicomico. Che non merita nemmeno
disprezzo: merita il prezzo del biglietto dello spettacolo che ha messo su. Che
meriterebbe di andare sotto i ferri della sanità e del sistema di mafiosità che
ha finito di spolpare la Sicilia coi suoi compari, dando in pasto alla stampa
nomi buoni da sgranocchiare con un Campari. Nominativi-aperitivi al disastro,
apericenni di fuffa eppoi di truffa a ogni cambio di giunta demenziale e
semestrale. Vip, ex viceprocuratori, magistrati, scienziati, imparentati famosi
e disgraziati famosissimi. Battiato, poi Zichichi, poi Borsellino, e domani
magari Zorro, Bono degli U2, Batman, Briga di Amici per acchiappare i
gggiovani, Gonzalo de Il Segreto per
rastrellare il consenso fra le vecchie… Trentanove assessori cambiati in
trentanove mesi, la lotta alla mafia per spot, la Caccia al Nome per sport, la
cacciata della vecchia Nomenklatura politico-mafiosa manco per sogno, l’accordo
con essa per professione e per passione — Rosario,
basta, dopo tre anni e tremila giunte mettiamoci una Crocetta sopra e
diciamolo: metterla sul tuo nome, alle elezioni, è stata una cazzata.
Volenteroso, speranzoso,
apparentemente ansioso di cambiare, all’inizio. Fumoso ozioso e persino odioso
nella sua presunzione d’aver cambiato tutto nonostante tutti che lo minaccino,
alla fine. Fine che purtroppo non si vede. Perché il peggio non ne ha mai.
Perché Crocetta, tragicamente, non molla. Perché Crocetta, comicamente, è una
specie di Tiramolla degli scandali, dei fallimenti, degli scandali fallimentari
e degli scandalosi fallimenti del suo governo. Anzi: governi. Perché lui così
reagisce a ogni nuova botta in testa o in capo alla sua giunta: ne fa un’altra,
ne fa un altro. Un’altra testa che cade, un altro capo nominato al suo posto
evvia che si ricomincia. Si posa il polverone, ma resta il fumo. Meglio, il
fumetto Crocetta che se la tira e non molla. Se la tira tipo Cavour, per non
mollare la poltrona che per certi pezzi di fetenti è garanzia di caviar. Un sistema che ha collaudato lui
personalmente, e che personalmente ha disgustato noi: figuriamoci i i
siciliani. Una legalità di facciata, una faccia nascosta e legata alle peggiori
carnizzerie del potere. Ultima — ma non ultima, temiamo — la
vicenda dell’Assessore alla Salute Lucia Borsellino. Scelta per il curriculum,
sì, ma solo per le prime due righe: dove dice Borsellino e figlia di Paolo.
Messa lì a lottare con un sistema più grande di lei, mentre Crocetta trafficava
e le sparlava alle spalle con merde anche più grandi di lui. Squallido, triste
quasi come il finale. La Borsellino che lascia l’Assessorato alla Salute perché
a un certo punto ha dovuto scegliere — o
l’assessorato o la salute — e Crocetta che magari si prepara
a scegliere qualche altro nome che lascia contenti i Visagisti dell’antimafia.
Sì, avete capito. Quella della legalità come trucco, cosmesi, imbiancatura dei
sepolcri delle vittime colla cipria da culo del potere. Il miglior commento a
riguardo è stato del fratello di Lucia, Manfredi Borsellino: Mia sorella ha portato la croce. E pure
portato acqua a Crocetta, purtroppo. E che — purtroppo
bis — è pronto a fare il casting bis o tris con qualcun
altro. Certo, dopo aver bruciato o sputtanato quasi tutti i cognomi
antimafiosamente in, potrebbe anche
chiamarsi out da questo giochino al massacro dei parenti di massacrati
illustri. Ma non è da lui. Piuttosto che chiamarsi fuori, starà già chiamando
dentro e fuori Sicilia per sapere se il cugino, il nipotino, l’imbianchino di
uno qualsiasi degli Impastato, dei Falcone, dei Chinnici possa essere
interessato a un posto al tavolo verde, possa essere chiamato all-in in questo
indecente strip-poker da potere in mutande.
Perché Crocetta non può e non
vuole fermarsi. ‘Sto Rosario dobbiamo sgranarcelo e beccarcelo tutto. Troppe
cambiali firmate in bianco, per cambiare ‘sta pagina nera. Avrà finito i
parenti famosi, ma i serpenti merdosi che si è messo in casa (tipo Tutino, il
medico del bel personale di Crocetta che augurava alla figlia di Borsellino la
fine del padre…) non hanno finito con lui. E allora si andrà avanti con
ulteriori riscossioni e indecenze. Ma non senza ripercussioni e conseguenze.
Quest’anno alla commemorazione delle Agende Rosse per Paolo Borsellino c’era
più gente sul palco che sotto; più autorità, giornalisti e turisti
dell’antimafia venuti da fuori che palermitani. La lotta alla criminalità è
abulica, burocratica, opportunistica, prammatica, anemica, senza carne e
sangue: un paradosso, visto tutto quello che è costata. Una vergogna senza
scuse, secondo noi. Siamo adulti, la giustificazione per le nostre assenze non
ce la firmano più né i genitori né gli impostori. Secondo noi l’incapacità di
qualcuno non può essere l’alibi di nessuno. A tenerci a casa sono la nostra
indolenza, la nostra indifferenza, la nostra convenienza —
non certo l’indecenza o l’insipienza di un politico. Chiarito questo,
per noi Crocetta è davvero il peggio senza fine. Fine che almeno giustifichi il
mezzo disastro della Sicilia, che lui ha trasformato in disastro intero… Le Asl che ne ammazzano più dell’Isis,
il disagio che cresce più veloce del deficit, le strade che crollano, i
clientelismi che s’impennano, i cantieri che non chiudono ma in compenso
chiudono in galera i responsabili dei cantieri. Abbiamo trasmesso le Giunte
Crocetta, con tanto di riassunto delle porcate precedenti. Peggiori di quelle
dei Cuffaro e dei Lombardo. Perché un mafioso vero è meglio di un antimafioso
finto; perché uno alimenta la delinquenza — sì — ma
l’altro soffoca la speranza. A vederlo mentre cerca attenuanti nel nulla e
poteri forti tramanti nel buio, la Sicilia non è che non creda più in Crocetta:
a torto o a ragione, non crede più a se stessa.
Tragicommedia nella tragicommedia,
la gestione della vicenda da parte di chi appoggia in Regione il Rosario più
comico di Fiorello. Il Pd, ovverosia un partito perso dietro alle cazzate: per
partito preso. Che non nomina mai la legalità, che nomina solo inquisiti, che
cambia le leggi pur di poterlo fare (l’ultima è alla Cassa Depositi e Prestiti:
pur di piazzare come Amministratore Delegato Fabio Gallia, il più indicato in
quanto indagato per la truffa dei derivati Bnl, il governo ha preventivamente
cambiato lo Statuto. Fatta la legge trovato l’inganno? Bei tempi, oggi si disfa
la legge pur di trovare l’ingannatore…). Un partito peggio che allo sbando:
quasi al bando fra chi ha ancora determinati valori non bancari. Il presunto
partito della sinistra moderna che schifa quella antica, il partito che è stato
di Pio La Torre (a proposito, ha parenti interessati a bei posti
terrazzatissimi e liberi subito in giunta regionale?) ed oggi è modernamente
diventato dei Pijo tutto, come dimo ne la
Capitale che alla mafia siciliana mo’ je fa li bozzi, co’ Buzzi! Brutta
storia, pessimo romanzo popolare. Da Orgoglio e Pregiudizio all’orgoglio per il
pregiudicato. Il partito di Berlinguer della questione morale adesso è questo
di Renzi, che coll’immorale questione delle promesse e delle mance elettorali
governa, riforma, deforma il Paese senza mai essere stato eletto o scelto da da
nessuno. Se non da Giorgio Napolitano, il suo mandante a volto scoperto. Che ha
piazzato lui al governo e Lo Voi alla procura di Palermo, prima di lasciare.
Che ha lasciato un cumulo di macerie e un mucchietto di cenere dove prima c’era
l’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia e le intercettazioni fra Mancino e
Quirinale. Che ha lasciato un deserto sulla lotta alla criminalità e lo ha
chiamato pacificazione fra politica e
magistratura. Il tutto fra misteri, accuse, veleni, mestatori politici e
pestatori mediatici. Roba che, se questa è la pace, che cazzo aspettiamo a
rifare subito una guerra?! Nella Palermo revival manca giusto una bomba che
lisci di poco il procuratore Di Matteo e qualcuno che dica — come per
Falcone all’Addaura — che la bomba se l’è messa da
solo. Tutto uguale, come una volta, ma un po’ peggio. Tutto uguale, come una
volta, ma una differenza c’è. Fosse ancora vivo, Falcone se la metterebbe da
solo, la bomba. E, pur di non vedere lo Statomafia che fa vita sociale o la
Mafiastato in piena vitalità societaria, l’autoattentato non lo fallirebbe. Per
non sbagliarsi, non sbaglierebbe. Si suiciderebbe lui, per non vedere l’Italia
che si suicida.
La Grecia in bancarotta da anni è
la Grecia corrotta da decenni. La Germania spocchiosa e danarosa è la Germania
virtuosa. La Germania non avrà molti amici, la Grecia fin troppi amici degli
amici. Mafie, mafiette, pastette, pandette a favore di ammanicati e assatanati
di denaro pubblico. E così non vai avanti, anche se la tua Storia inizia prima
e meglio di Cristo… Hai voglia di Partenone, se poi c’hai il Pappone come
monumento e memento nazionale. La civiltà passa dalla legalità, le civiltà
senza legalità passano come piscio sul cemento. L’Italia non sarà mai la
Germania di domani: non sia mai essere come la Grecia di oggi. Ma, con questi
chiari di luna, se non saremo mai l’una potremmo ben presto essere l’altra.
Cambiare, cambiare in fretta: o iniziare a farla nel vaso o imparare a farla
all’ombra, ché con questo caldo il piscio sul cemento non dura niente.
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