giovedì 19 novembre 2015

DAESH NON LAVA PIU' BIANCO

I tagliagole non possono e non devono vincere, ma i baciapile non possono e non ci devono convincere. Gli oscurantisti islamici non si sconfiggono cogli oscurantisti anti-islamici: agl’integralisti non si risponde coi razzisti, a chi vuole imporre la legge coranica non si ribatte proponendo la legge marziale. Le nostre armi non bastano, ma già solo smettere di venderle a chi le usa contro di noi sarebbe qualcosa. L’ingiustizia per l’Occidente è come la dialettica per Trockij: possiamo non occuparci di lei, ma poi lei si occupa di noi. Magari un venerdì sera a teatro o allo stadio, a Parigi come ad Hannover.

E con questo il Papaluto sui tragici fatti che sapete   e che purtroppo in futuro si sapranno ancora, ostinandosi a non guardare ai propri torti pur di vedere solo le nostre ragioni potrebbe concludersi qui. Ma poi ci toccherebbe beccarci e quindi incazzarci per: i si Salvini chi può padani, i Rondolini falliti e fetenti dalemiani, il blob fumettistico di Sob Gasp Gasparri e Gulp, i pitipim e pitipam per il rock del Bataclan ci vuole un esorcismo alla Pape Satan dei vari Ferrara in versione Alex Drastico-Padre Amorth-prete di Dirty Dancing. Un’arena di proposte pelose, e non solo per la barba. Un ring affollato e un ringhio continuo i nostri parassiti contro i loro salafiti, i nostri bomber saccenti contro i loro bombaroli ignoranti. La gara a chi la spara non solo più grossa: ma anche più infame e più in fretta. Bombardiamo tutti, chiudiamo tutto, Emergency è un’organizzazione filo-islamista mentre la Deficiency di chi a sangue ancora caldo twitta sciacallaggio bello fresco è alto pensiero umanista. Un cartone fin troppo animato da secondi fini e terze o quarte categorie di pensiero pelosissimo-demagogico. Ovverosia il continuo dibattito politico-culturale fra chi non capisce o per interesse finge di non capirci un’h24. Beh, allora. Se l’alternativa a tutte le ore e le Oriane è la televisione urlatoria o un libro della  fallacissima Fallaci obbligatoria, noi continuiamo così. Facciamoci del male, con questo Papaluto, ma facciamoci un po’ di strada in questo mare di cazzate.

Ipocrisia e cazzate, a essere precisi. Ipocrisia isteria e cazzate, a essere precisi nonché ottusi. Ipocrisia prima, isteria dopo, cazzate prima durante e dopo ogni attacco terroristico. Siamo in guerra! Ci attaccano! Bastardi islamici! Accorgersene sempre troppo tardi, essere sempre troppo tardi per accorgersene in tempo. Accorgersi di cosa? Di una serie di cose fondamentali più che fondamentaliste, quelle che una pessima memoria e una coscienza anche peggio tende a farci ignorare o dimenticare.

Primo. La sicurezza è un diritto, la sicurezza sicura e obbligatoria no: è solo un ridondante dovere della propaganda politica più fetente e immonda. Proteggere tutto da tutti è impossibile vero per quanto orribile. Come ben sanno in Israele e Palestina (uno dei tanti posti del nostro pianeta e dei tanti costi del nostro benessere di cui ce ne fottiamo: ma ci arriveremo…), contro chi è disposto a uccidersi pur di ucciderti non c’è difesa efficace o duratura prima o poi l’attentatore suicida riesce. Ci sarà sempre un pazzo che convince un emarginato o un esaltato a farsi saltare per aria: a non campare fantasie per aria per cercare di campare e basta dobbiamo essere noi. La pazzia non la puoi prevenire o combattere, l’emarginazione o la disperazione sì. E qui arriviamo al secondo punto.

Le organizzazioni terroristiche saranno di pazzi da legare, ma mica di scemi che non sanno delegare: al momento opportuno, uno al posto loro che si fa saltare in un posto dei nostri lo trovano. Uno che ci odia, anche e soprattutto perché in uno di questi nostri posti ci è cresciuto. Magari da povero disperato e abituato alla violenza nelle periferie, magari da ricco viziato e arrapato dalla violenza jihadista come alternativa alle sue vuote fighetterie. Parigi è stata colpita da belgi e parigini, mica da marziani siriani o maghrebini. Non è un fatto isolato: è un virus, che va isolato. Quello dell’esclusione, del vuoto, dell’indifferenza che ammala la nostra società: e che poi ferisce a morte le nostre città. Per una volta però si tratta di colpire l’anello più forte e non più debole della catena. Se è vero che bisogna fare la guerra, bisogna farla prima ai pazzi che comandano eppoi ai disperati che eseguono. Togliere le truppe ai reclutatori d’odio, mettere a stecchetto le trippe di finanziatori e organizzatori che se la passano liscia come l’olio. Perché spesso sono nostri affezionati soci, compari, fornitori e compratori.

Ed ecco il punto tre, che poi è anche il punto tres douloureux. La necessità della guerra santa è una cazzata: la sacrosanta necessità è una guerra alla guerra come sistema di sviluppo economico. Eh sì ragazzi, perché non è che noi e adesso siamo in guerra. Noi siamo in guerra da sempre e ovunque, in qualche parte del mondo. Per prenderci il petrolio, per dargli le nostre armi, per predicare la virtù della democrazia esportata mentre pratichiamo qualche forma di schiavitù legalizzata. Profitto a ogni costo, specie se altrui; conflitto in ogni posto, trasformando interi paesi in cessi sanguinosi e bui. Begli affari con penosi affari fantoccio spacciati per governi, petrolio e gas in cambio di pietre e odio, l’ennesima scorpacciata a costo dell’ennesima Intifada, tanti soldi restando tanto sordi ai bambini soldato. Anche e soprattutto questo è l’Occidente, oggi nel mondo. Ma quale culla: tomba di democrazia, libertà, diritti. Se i primi a svendere i nostri valori in blocco siamo noi, perché gli altri dovrebbero comprarsi ‘sto pacco completo? Sin dai tempi dei Bush-Bin Laden nemici-amici, di George e Osama che si fanno vedere i sorci verdi dopo essere stati soci in verdoni, mantenere lo stato di guerra oggi è per noi mantenere uno stato di supremazia e benessere. O abbiamo il coraggio di cambiare sistema con un minimo di razionalità, o avremo sempre paura di chi ci odia con più di qualche ragione, in verità: e con seguaci che possono diventare legione, con o senza il pretesto di Allah.

Ci odiano? Ma come, ma perché, ma percome? Belle domande, specie se poste da belle e Belpietre faccine di merda. Il Direttore Odiatorale di Libero la risposta ce l’ha nel titolo del suo giornaletto porno-soft da odio duro: per la nostra libertà, ecco perché. Il dramma è che ha ragione, il dramma doppio è che per quelli del suo coté il concetto è vago e triste come un doppio senso da cabaret. Per questi Stuart Mill taroccati in Cina, la libertà dev’essere come la nostalgia per Al Bano e Romina: canaglia. Libertà è fottersene, per loro. E’ sbattersene di tutti appena fuori della mia porta, e magari sparare a tutti quelli che la superano senza permesso; libertà è non pagare le tasse ma lamentarsi se la polizia non protegge un onesto cittadino come me; è campare da ladri alle spalle degli altri facendola franca, è sparare a un ladro alle spalle pretendendo la medaglia e l’applauso della plebaglia; libertà è invocare legge e ordine per gli altri; libertà è fottersene del mondo, ma frignare quando poi il mondo viene a fotterti. Insomma, poveri loro e poveri tutti noi, libertà per questi signori è tutto quello che la libertà non è. Legge del taglione, dell’indifferenza verso l’universo, del coglione stai zitto se sei povero o diverso. La libertà per cui gl’integralisti ci odiano è quella che noi stessi stiamo imparando a odiare. La libertà come partecipazione, ad esempio: proprio come diceva Gaber, e come dobbiamo ricordarci noi ogni giorno. Libertà è condivisione, curiosità, interesse per l’altro. Libertà non è solo prendersi quella di chiudere il mondo fuori colla tv accesa; è accendere l’interesse per il mondo, anche se dal tuo 60 pollici t’infila un indice in un occhio. Guardando anche quello che non ci piace. Avessimo fatto così, oggi sapremmo o non potremmo ignorare di quanto sangue ancora fresco gronda il nostro cantuccio bello caldo. Quante vite innocenti e quante morti sconvolgenti causa il terrorismo nel mondo, trovando killer e follower per colpa delle ingiustizie e della barbarie che l’Occidente appoggia o finge di non vedere per calcolo. Un vaso di pandora scoperchiato con ogni barile di petrolio. Le stesse vite, le stesse morti, la stessa ingiustizia e la stessa barbarie che stiamo piangendo noi oggi, in fondo; solo inferiori, e sono inferiori: perché non sono nostre, perché sono lontane, perché in fondo sono uguali ma più che altro sono in fondo, e basta. Sei in culo al mondo? E allora in culo restaci, mondo. L’erba del vicino è sempre più verde, anche quella del cimitero. Un bar a Beirut, un volo russo sul Sinai, una scuola in Nigeria roba lontana, che mica vale un teatro di Parigi o i grattacieli di New York! E che mo’ davvero una schifezza di bambino africano mangiato dalle mosche o siriano affogato dagli scafisti, per i suoi genitori è importante quanto per me il mio Luigi o Hans o Stephane o Peter? Ma che scherziamo?

Eccole, l’ipocrisia e l’isteria. Reagire da matti a un mondo di pazzi che abbiamo finto d’ignorare: perché ci fa comodo. Eccolo, il razzismo strisciante. Il complesso di superiorità ributtante. Pretendere di fare impunemente quello che poi non vuoi subire. Come ti permetti di farmi la guerra, solo perché te la faccio da sempre? E se tu me la fai, io dovrò fartela doppia dando pure una bella botta al fatturato delle armi, che modestamente io vendo anche a te… Se proprio devi ammazzarmi, fallo almeno colla mia merce. Affarista fino alla morte la tua o la mia, se poi ci si guadagna, chissenefotte.

Ecco, fin quando l’unica libertà che difendiamo è quella del liberismo cannibale travestito da carità cristiana in forma di crociata, non abbiamo speranze. A lottare per un dio guerriero o per il dio denaro non si va in paradiso solo al cimitero. La guerra che bisogna fare non la vinci solo colle operazioni di polizia internazionale ne serve una di pulizia nazionale, collettiva, mondiale, morale. Che ridia dignità alle persone, alla vita, alle parole. Bene Libertà Uguaglianza e Fratellanza cantate dallo stadio in coro, ma questi valori devono tornare ad essere nel nostro vissuto e nel nostro decoro. Nelle nostre coscienze, non nei nostri account. Hai voglia che posti, twitti e ritwitti bandierine e faccine e lacrimucce e candeline serve una sofferenza vera, vissuta e non affettata o twittata. Serve quella che ti dà il coraggio di cambiare le cose. A partire da noi, perché il nemico non è alle porte è dentro la porta di casa. E’ fra noi, molto spesso siamo noi. Che, a parte la nostra, non rispettiamo la vita di nessuno. Che siamo disposti a uccidere qualcuno per farne lucido da scarpe o da trimestrale di cassa. A dimostrarcelo c’è la vita di tutti i giorni, che va avanti: e molto spesso a fondo. Quando dopo tutto quello che è successo a un derby Toro-Juve fra pulcini (pulcini, cazzo!) due genitori vengono pestati da altri genitori al grido di sporca negra torna al tuo paese, che resta da dire? Simpatici amici dell’Is, se volete distruggere la nostra civiltà fate presto, che qua non ne resta molta… Nessuno può farti diventare un mostro, se il mostro non ce l’hai già dentro. Smettiamo di essere quello che noi stessi dovremmo odiare, torniamo a essere davvero quello per cui tutti i sanguinari e i fanatici del mondo hanno ragione d’odiarci. Aperti, colti, laici, tolleranti, gioiosi, liberi e rispettosi della vita umana di ciascuna vita umana. Liberi, uguali, fratelli.

Nessuno potrà imporci di cambiare, ma noi stessi dobbiamo proporci di farlo. Combattendo la cultura della morte: non lasciando morire la nostra quella vera, però. La cultura dell’umanesimo che ci fa fatto grandi, non del liberismo al 100% e del cattolicesimo all’8 per mille che ci ha fatto grandi cinici e scettici. La cultura della pace, del confronto, della contaminazione anziché della distruzione. Fermi e forti nel braccio, ma anche nel pensiero. Ma quale rabbia, quale orgoglio; qui o riscopriamo che pensare e confrontarsi è una gioia o sarà sempre e solo cordoglio. Lasciamo le nostre radici ai seminatori d’odio e ai coltivatori d’interessi inconfessati, cogliamo i frutti dei pensatori più illuminati. Averroè, Voltaire, Kant, Tolstoj, Hikmet, Pamuk: dalla merda rabbiorgogliosa fiori così non sono mai nati. Pace, umanità, giustizia morale e materiale il nostro vero arsenale, quello per vincere la battaglia delle idee. E senza cui la guerra sul campo non la vinci mai. Ovvio. Al punto che persino Renzi per una volta rinunciando a fare il figo facendola facile sulla guerra ha ammesso che il terrorismo non lo sconfiggi solo costruendo biblioteche, ma che anche quello aiuta. E ancor più aiuterebbe non solo costruirle all’estero: anche non disertarle da noi, o non riempirle solo di libri dell’amico suo Baricco e simili o peggiori. Perché a forza di andare appresso al titolo più venduto, quelli più venduti e senza titolo per opporsi o parlare saranno i nostri presunti intellettuali. Altroché scontro, scontrino di civiltà…

Insomma, riscoprirci in gioco a costo di scoprirci un poco. Di mettere sul piatto un po’ delle nostre finte sicurezze, del nostro precario benessere personale pagato dal malessere mondiale. Cambiare in meglio per non farci cambiare in peggio. Scelta con qualche rischio, ma sempre meglio del Risiko proposto dagli strateghi strafatti sempre in onda e in auge. Politicanti, demagoghi, baccanti. Cantagiro di geopolitici pazzi che disegnano cartine che farebbero meglio a fumarsi; che fanno libri, voti e figura discettando sempre e tacendo mai. Quelli che ti riprendono per essere ripresi meglio in camera o sui giornali. I meglio amici dei meglio fichi della Cia, che adesso l’Is o Isis lo chiamano Daesh. Perché è meno offensivo per i musulmani, mi raccomando. Ecco, tutto a posto adesso! Mica le bombe o le stragi o l’indifferenza, il problema lì era il nome. C’è intoppo che il marketing non possa risolvere?! Con questi abbiamo a che fare. Gente non solo noiosa da ascoltare: anche untuosa, presuntuosa, pericolosa. Che nasconde la polvere della propria malafede sotto lo zerbino dei potenti che servono di mestiere. Ecco, non facciamo come loro. Pensiamo con la nostra testa, visto che rischiamo col nostro culo. Confrontiamoci colla nostra coscienza sporca e non crediamo agli slogan da Bar Spot. Perché hai voglia di bombe per non occuparsene: prima o poi l’ingiustizia si occupa di noi. Perché anche a cambiargli il nome e i connotati Daesh non lava più bianco.                  






Nessun commento:

Posta un commento