E insomma,
per tirarsi su Renzi quanto prima dovrà fare come in Liguria: per una bella Elezione come si deve, trovarsi un Viagla di cinesi cammellati alle
primarie… Per il suo P(2)d le cose si fanno agre, in effetti. Le mance
elettorali scarseggiano, le mele marce abbondano, le marce di quelli coi maroni
pieni da scambiare per gufi che godono come ricci minacciano la serenità del
nostro iPremier quasi più della possibile smarronata dell’iWatch sul mercato.
Situazione spinosa, per Renzi, che hai voglia di spin doctor bravo o della
mutua. Altroché partita a Playstation mentre aspetta i risultati: una battuta
d’arresto alla StopStation dopo che sono arrivati. Fortuna che fra una retata e
una cazzata, della tranvata del Partito della Nazione che a momenti non tira
manco in Regione Toscana non si parla più. Addirittura Matteo il Buono (a che?)
all’indomani del successone ha preso tweet e burattini social ed è partito: in
mimetica e in Medioriente, per distinguersi dai coglioni che a Roma sparano
precentuali fittizie o tangentizie. Come partito prendiamo piede, andiamo bene,
ci prendiamo un avvocato, andiamo ancora a piede libero… Il Pd contuso e felice canta vittoria,
ma soprattutto canta Salvatore (Buzzi) e loro tremano. La verità è che dell’ex
Piccì aspirante Diccì giusto quella è rimasta — l’aspirazione. Tutte le arie che
si dà, in cambio delle mazzette che si prende. Perché voti — quelli — pochini. E
solo in cambio d’indagati e quattrini. O accetta i De Luca e i Buzzi o a ‘sto
mitico Partito Nuovo e Vincente je fanno li bozzi, come dicono a Roma. Ma
eseguono meglio in Veneto. Un esempio su tutti, anzi sotto.
Il Veneto.
La Russia di ogni segretario della sinistra sin dagli anni Novanta, ecco cos’è
stata questa terra in cui La Russa è un pericoloso attivista progressista.
Gente per cui uno come Flavio Tosi (condannato per istigazione all’odio
razziale) fuori dall’asse Verde-Nero Salvini-CasaPound-Nazisti dell’Illinois e
dell’Illy de Trieste, diventa un sospetto Khmer Rosso senza manco più un voto.
Gente arcigna e furba, che non si lascia derubare da nessuno: tranne da tutti
quelli col Leon che Magna el Teron e Gabba el Polenton come bandiera. Evasori
fiscali ed etilisti finanziari cronici, fan di Del Debbio e del Valdobbiadene,
che amano il grappino e il pogromino fatti come una volta: democristiani
convertiti tutti al demagogismo evangelico, una distesa di terra dalla scelte
secche e prosecche, un Texas con meno radicali ma più radicchio. Solo che nel
Texas i democratici americani se lo sognano — non di vincere, anche solo di
provarci. Tempo, soldi e terra persa. I democratici italiani invece no, quelli
Renziani peggio. Sognano incubi per gli avversari, incubano inculate per i loro
candidati. Anni e anni a mandare avanti Berluschini e Berluscloni, senza capire
che fra l’originale e la copia quelli giustamente prendono l’originale. E, della
copia, quella più conforme: possibilmente colla felpa come uniforme e la ruspa
come uniformatrice sociale. Il Verdone militare Matteo Salvini anziché il
Matteo amicone di Verdini, per capirci. Ovvio per molti, ma non per tutti: non
per il Prosecco Carpené Disinvolti, il Rottamattore che vuole imparare le
bollicine del Business Friendly ai bottai e ai bottatori di negri che su quello
nascono già imparati. Lui è moderno, fico, attuale, anticonfindustriale, amico
degl’imprenditori e bastonatore dei contestatori — e allora vedete come voteranno
la mia candidata, signorimiei… Eccome no! S’è visto. Un bellissimo funerale,
anche se le urne erano tutte di Zaia. Alla prescelta Moretti giusto un Nanni Moretti
di commento: con questi candidati e dirigenti non vinceremo mai. Lady Dislike
ferma al palo e scioccata come fosse la serranda dell’estetista chiusa, il Pd
di Mr Tweet Tweet Urrà inchiodato alle percentuali degli ultimi 20 anni. Sempre
quelle, solo aggravate dal fatto che ai ragazzi in verde sono state fatte
vergognose concessioni formali, se non sostanziali. Difficile leccargli il
culo, a questi, mentre ti bastonano. Molto cerone per nulla, comunque. Nel
partito dalle mani lunghe non solo la destra non sa cosa fa la sinistra, ma la
finta sinistra non sa vincere nemmeno quando fa la destra meglio
dell’originale...
E quando
vince, allora? Quando i candidati non sono Renziani. Felici e vincenti, purché
Matteo-Repellenti. O sei Renziano o sei governatore, diciamo. O sei la trombata
Paita che riesce a far vincere Toti alias il Gabibbo Bianco, o sei l’eletto
Rossi che non convince tanti astenuti ma almeno vince con ideali degni del
nome, del colore, del cognome. Essere Rossi non basta, in tutti i sensi. Chiaro
però che essere un amministratore con un passato alle spalle anziché
un’assessora con solo una faccia da culo davanti e un marito in mezzo ai
magheggi del Porto di Genova, aiuta. Appendice e appendicite del Burlandismo
impalmata dal Renzismo, la signora Appalta ha prima ignorato la sinistra eppoi
l’ha accusata d’averla fatta perdere: questi fantasmi… E a proposito di Eduardo,
poi ci sono le storie di fantasmi meridionali che non fanno ridere. Al Sud il Pd
perde anche quando vince. Qui il problema non sono gl’impresentabili: sono
gl’imprescindibili, a tutti i livelli.
Fra De Luca
ed Emiliano, fra Puglia e Campania non corre solo la Basilicata: anche una
navata di differenze di condotta politica, di trascorsi pubblici e privati, di
comportamenti personali. A Salerno la questione non è fra De Luca e la legge
Severino: è proprio De Luca che si crede un principe Sanseverino al di sopra di
ogni legge, sospetto, parlamento eletto. Lui c’ha voti, voi non siete un cazzo.
Anche Emiliano c’ha voti, ma non c’è un cazzo: a parte le cozze pelose come un
paio di consiglieri nelle liste collegate, l’approccio è un altro. Ma
l’accrocco resta. Il ducetto, dove lo metto? Buono o cattivo, l’Imprescindibile
lo è innanzitutto come nodo di questo partito incravattato e leggero. Basta una
corrente di tessere, e se lo porta via. O se lo portano via, magari in mancette
o in manette. Modello di partito che accetta volentieri di perdere ogni
identità, pur di vincere ogni indennità e ogni appalto. Da Rotary a Grattary
Club, con sempre più astenuti (anche in Emilia) e sempre più trattenuti
(specialmente in Procura). ‘Sto partito liquido in realtà è un partito sciolto
come neve pippata dalle Sóle romane
che lo comandano a bacchetta. Anzi, a stecca.
La
meraviglia in tutto ciò è che Renzi ha un antidoto sensazionale a se stesso:
cioè l’anti-antimateria oscura dell’opposizione. E per farvi capire com’è la
situazione, quest’è l’immagine più semplice che c’è venuta… Renzi dev’essere il
governo, perché gli altri non possono essere un’opposizione così. Così divisa,
incazzosa e fumosa, poco pratica e troppo teorica. Parliamo di opposizione
democratica e progressista, mica demagogica e ruspista. Quindi dal quadro
leviamo Salvini, che col suo vecchio puparo diventato pupazzo Maroni gioca a togliere
i fondi ai comuni che ospitano profughi sul territorio della Lombardia —
tanto prendere fondi per fondelli, distrarre milioni mentre distraggono i
coglioni colle loro trovate è una qualifica professionale, per i ragazzi della
scuola parificata Belsito. Occupiamoci dei vari Occupy, Civati, Sel, Cinque
Stelle di Grillo(?) e Quattro Gatti (?) di Landini. L’Anti-antimateria oscura
del Renzismo: troppo oscura come logica politica, troppo chiara come vocazione
autolesionista. Prendete la Liguria, che tutti questi qui di fatto non hanno
voluto prendersi. Quando con una semplice, ovvia, banale alleanza… Mai, pazzi,
anatema! E siamo al tema, oltreché all’anatema. Se il Vincere pur di perdere
l’anima di Renzi è un dramma, il perdere pur di non darla vinta a chi dice
basta piccoli calcoli e grandi divisioni sul nulla è proprio all’anima de li
mortacci di tutti questi. Intendiamoci, confrontiamoci, non confondiamoci. Non
è coi mischioni e i paroloni che si risolve qualcosa. Bisogna distinguere. A
noi quella di don Milani sulle mani pulite che non servono a niente in tasca,
ha sempre convinto fino a un certo punto: perché sporcarsele è un conto,
macchiarsele è un altro. Ma qui l’impressione è che davvero ciascuno le tenga
in tasca perché tirarle fuori è un pigliarsela in saccoccia. Troooppo scomodo.
Dalla Liguria in avanti, vincere senza governare sembra il massimo del culo. E
del paraculo, anche.
Dal
reddito di cittadinanza alle mille battaglie sui diritti civili dove anche
l’Irlanda dei referendum e la Spagna dell’Inquisizione hanno superato la
Repubblica Vaticaliana, ci sarebbe spazio per battaglie non facili, ma di
semplice comprensione. Di democrazia, non di demagogia. La possibilità di
capirsi su temi fondamentali, per costruire accordi politici con cui —
forse un Paese no — ma iniziare a governare diversamente una Regione
sì. Ed ecco che scatta l’anti-antimateria grigia ma più scema della materia
oscura Renzi. Che dice una cosa brutta — votatemi perché altrimenti chi —
ma più brutt’ancora perché vera. Almeno fino a quando chi ha i voti (Movimento 5 Stelle) li
terrà in frigo pur di non perderne qualcuno per strada o per una buona causa,
ma impopolare; e finché chi i voti non ce li ha ma avrebbe qualche ragione
(Landini e simili) si difende dai mascalzoni di governo coi i vari Scalzone,
Piperno e Negri: la cui sola presenza ai convegni porta voti ai Negri da
bruciare di Salvini e CasaPound. Chi ha il pane non i denti o idee, chi avrebbe
qualche idea spezza il pane col caviale radical chic e scaduto da mo’ degli ex
di Godere Operaio…
In
tutto questo poi c’è Civati. Il SuperPippo che, per far sapere d’averne fatto
parte, ha lasciato il Pd. Meglio tardi che mai, meglio ex della Ditta che
giocare a Combatti il Dittatore per finta tipo Bersani, Cuperlo, D’Alema, compagnucci
cantanti e tristezza crescente. Fatto sta che adesso Civati è libero, fuori, in
esplorazione. Abili mosse di marketing politico in corso per lui, mondo
difficile ma vita intensa e callidità a momenti. Furbissimo, dopo aver visto
che effetto faceva andare in giro facendosi chiamare Tzivatis per un pò, ha cambiato idea e dieta all’indomani del Feta
Default di Syriza. Basta yogurt, il ragazzo non è più un Neo-feta della
politica. Altra linea calorica, altra alimentazione di sogni. Nel suo personale
Mediterraneo va di nuovo in onda la Spagna. Guerrilla Tortilla, per lui, un
soffritto d’Obama all’amatriciana: ma ripassato alla castigliana, prima. Insomma,
nel forno del 21 giugno presenterà una cosa che si fa chiamare E’ Possibile. Del resto, è estate: la stagione
degli amori culinari, per questa sinistra coi culi in terra per la depressione.
Perché lavorare, quando poi sognare? Partiamo e viaggiamo, come nello spot del
cornetto cuore di canna del gas sponsorizzato Cremonini: quello dell’hamburger
con cui far viaggiare il colesterolo dell’illusione, ma anche della Vespa che
scorreggia come il cervello truccato di ‘sti qua. Oh sì, Yes We Can che Podemos
cambiare alimentazione ai nostri sogni eolici pieni d’arie: E’ Possibile. Anzi forse pure giusto. Che
sia necessario o minimamente utile, invece…
I
problemi del lavoro si risolvono così, nella sinistra d’Italia: con un
lavoretto estero sulle cover. Che sì e no orecchiamo, figurarsi capirle. Noio volevam savuar l’indiriss della
sinistra moderna… Latinamerica,
un classico del tempo di crisi. Iglesias, classico bis. Ma Iglesias di Podemos o di Bailamos? C’è tempo. Per fare, per capire, per scegliere, per tutto:
tranne che per governare con qualche criterio diverso dalle lotte di potere, o
dagl’impotenti in lotta. Nel frattempo, in Spagna Pueden de Verdad. Nel mentre,
in Spagna i grilli non parlanti ma facenti accordi col Psoe (dopo averlo
ferocemente attaccato in campagna elettorale) vanno al governo di grossi centri
e cambiano davvero le politiche reali. A Barcellona come a Madrid si fanno
nuove giunte, nuovi piani di governo con nuove persone. Si fanno cose, non
cover o comizi.
Da
noi, invece, indietro così. Praticità zero, prolissità mille. Orizzonti di Boria
il solito film, diciamo. Neocentrismo di qua, veterodivisionismo di là. O —
alla Renzi — si schifa ogni possibilità di accordo colla sinistra: anche quando i risultati, come nel caso dell’elezione di
Mattarella, sono oro rispetto all’incenso di regimetto e all’incetta di
disastri lievitati col pane degli Angelini Alfano. Oppure —
alla anti-Renzi — si schifa ogni possibilità di accordo serio a sinistra: anche quando, dalle Regioni
al Parlamento, con un minimo di coordinamento politico e psicomotorio si
potrebbero dare due salutari calci nel culo al governo. Invece, niente. Invece,
nessuno. Nessuno che serva a niente. Un governo inutile che serve soltanto a
logiche indecifrabili o disprezzabili; un’opposizione che non serve manco
quelle, manco a se stessa. Che non corregge il governo, che non incoraggia il
Paese. Quello che sta alla fine resta preso in mezzo, con una rabbia e
un’astensionismo che crescono. Dalle stelle viste colla botta delle Regionali
allo stallo del dopo tranvata, l’allisciatina di pelo elettorale potrebbe non
far perdere il vizio a Matteo. Anzi, fino a quando Loro sono peggio di me tiene, tocca tenerci lui al comando e al
joystick. Di modo e d’immondo tale che, ripreso dallo scoppolone a StopStation,
Renzi possa salvare e riprendere colla partita a RePlayStation fino al 2018 e
oltre… Altroché Game Over: Gain Over The Top, per lui. E per lo Stop ripassare
al prossimo giro elettorale. Con questi esponenti della sinistra autolesionista,
l’autostoppista Renzi uno che se lo carica fino in centro lo troverà sempre. E
un posto dove infilare il pollicione alzato, pure. Con quanta strada ancora c’è
da fare amerai il finale — ma solo se sei il Ducetto Algida.
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