sabato 26 aprile 2025

O LA VATICANO O LA SPACCA


E niente, visti i tempi di magra e di Maga, ora non ci resta che attendere serenamente che dal Conclave esca sovranamente il nuovo papa-re Donaldo Elone X. Il tocco giusto e il giusto tocco di testa per completare il quadro, riempire le caselle, svuotare manicomi e celle. Il compimento d’un piano, d’un destino, d’un fato poco turchino ma parecchio turpe e porcino. Un disegno mica intelligente della diavolina sprovvidenza, che s’è venduta pure la matita a chi non credendo a Darwin ma solo ai din din è rimasto una scimmia involuta del tipo solo la borsa è la vita. Poi per carità — e nel caso di specie, anche carità cristiana — sicuramente è una coincidenza. Ma l’ultimo incontro internazionale — sotto forma di sottospecie d’inutile quasi-scontro intenzionale — è stato con Vance, di passaggio a Roma per controllare se Meloni ricordava la comanda presa da Trump a Wahington. Un cesso a pedali di vicebuzzurro a strisce e stelle che incontra come un’ingiuria il papa a rotelle, il classico cow-boia chi non la molla che non capisce un cazzo ma ti spiega tutto perché c’ha le risposte i reel e le rivoltelle: con un buzzurretta planetaria così, sai le crisate a crepapelle? E infatti… La crisi c’è stata, la crepa pure, la pella ce l’ha lasciata — classico caso di ponteficina ad Americano-armata. A dispetto delle autopsie e dei baciapile, per noi Bergoglio è morto di quel bacio della morte della ragione con annesso attacco di bile…  

Fatto sta. Francesco non c’è più, ma il suo papato — specie nella Groenlandia del Vaticano, cioè noi, la provinciona culturale e coloniale dello staterello d’animo nero e confessionale — resta e lascia dietro di sé una scia di prefiche, inumazioni ipocrite e agiografie postume. Dovrebbe essere una questione di politica estera, a carattere internazionale, ma in Italietta diventa subito di politicanza strapaesana cultuale e interna — sopratutto alla logica lacrimogena e campagnola del funerale. Se chi muore non è mai un cattivo cristiano, figuriamoci se muore chi per professione e confessione non può essere un cristiano cattivo… Un eroe rivoluzionario, un santo della gente, un mito ambulante nonché un mite gigante. Questo, a tenerci pure bassi e stretti, è lo sperticamento a giorno da fulgor mortis a cui tutti si sentono chiamati o costretti. Finanche Trump, per dire, che in tv gli ha dedicato uno svelto e simpatico riposa in pace con accanto un coniglio: del tipo riposa, ché in pace ci sta e ci vuole stare chi come te è un papa e ciuccia coglione e Berconiglio. Insomma, un bellissimo lavoro di squadraccia: Vance lo ammazza, e il capo di Vance e di cazzo lo seppellisce trattenendo a stento una risata e una parolaccia. Ovviamente lo sprezzo di uno come Trump o lo sfregio dell’assenza ai suoi funerali di un criminale comune e di guerra come Netanyahu è una medaglia, ma sull’operato e sull’omesso da requiem di Francesco non bisogna appuntarsi al petto o alla lettera tutto quello che adesso diluvierà universale come doredulcorata merdaglia. Ammesso che importi e interessi a qualcuno — forse manco a noi — il giudizio sul regno e le rogne del gesuita che fatto papa si è fatto francescano è (con l’accento): Bergoglio, è Pregiudizio. Nel bene e nel male, in un senso alterato o nell’altro, comunque impositivo sia in positivo che in negativo: tanto più ecumenico e generale, quanto più ‘sto pregiudizio è condiviso controverso e divisivo. Una papato che come e più di altri non suscita mezze misure — solo meste sepolture, miste a rozze e postume imposture. Da una parte c’erano e ci sono ancora anche se nascosti a lutto quelli che povera Chiesa in mano a chi vuole la Chiesa povera; dall’altra quelli che un papa venuto dalla fine del mondo per stare cogli ultimi, dev’essere per forza la fine del mondo in cui gli ultimi non saranno mai i primi; in mezzo, la solita pletora di strumentalizzatori, strumentatori di stupidari, orchestrattori di papismi pelosi e pacifismi penosi. Insomma sarà che veniva praticamente da quello Sud, ma Francesco ha portato subito polarizzazione — quasi più che popolarizzazione — alla Chiesa. Trascinando persino post-mortem dibattimenti di processi precotti e preconcetti fino e anche oltre il terzo grado di pregiudizio. Per alcuni il nuovo papauperista è stato fin da subito pericoloso, perché mollando il mocassino Prada avrebbe perso la Chiesa e smarrito la strada; uno che — copyright Giorgia M. — voleva trasformare la Santa Sede in una comune hyppy di preti trans che si sposano, prete frocie che celebrano e spassano, di canne di pakistano anziché d’organo che suonano e risuonano per un Pope Marley rastafariano custode della Gangia Fede. Di contro per altri è diventato immediamente un Obama (in) bianco, uno a cui spalancare le braccia e aprire un credito illimitato: l’uomo della divina e laica Provvidenza, a cui dare già il Nobel per la Pace e Bene che ancora manco si era insediato. Nessuna delle due, ovviamente. Bergoglio è stato un papa partito forte, che poi ha — ed è stato — rallentato avendo comunque patito fortissimo. Di colpe e mancanze sue, come di chi dentro e fuori il Vaticano ha visto come un golpe sia i suoi meriti che le sue mancanze. Un pontefice un po' vittima e un po' carnefice che — constatato che il papa conta sempre meno in una Chiesa che conta solo i soldi e nel mondo quasi niente — ha provato a fare i fatti, ma poi provato e ostacolato si è limitato (per modo di dire, visto il multi-mutismo selettivo vigente ubiquo e vincente…) a parlare di e contro il fare affari coi misfatti. Un uomo del suo tempo, un re senza corona né poteri troppo ampi, ché in silenzio ma in continuazione una Curia omertopatica gli ha minimizzato modi moti e tempi. Un pontificato d’emergenza per uscire dalla Natzingeriana arroganza con annessa fuga per oscurantista inconsistenza: figlio di un’elezione di autosalvataggio che ha avuto limiti e ritrattazioni in sé, ma molte limitazioni da chi più che al reale cambiamento puntava al cardinale autosalvamento per sé. Perché qualcosa dopo il papato nano e interrotto di Benedetto in sedicesimo bisognava fare, sì, soprattutto non esagerare. Da qui un pontificato rivoluzionatore perfettamente non riuscito, ma un intervento diversivo e di facciata — e alla faccia abbrutita da una corruzione affarista e sfacciata — imperfettamente non fallito. Far credere di voler cambiare tutto, ma poi continuare a far credere chi vuole e riesce senza davvero cambiarsi in niente. La Chiesa è ancora e sempre più sarà un’incredibile incristianizzabile e non più inaffondabile AntiCristitanic di simoniaci criptosodomiti e cleptosessuomaniaci incalliti e incanagliti, su cui Dante oggi girerebbe per Netflix uno spin off dei suoi gironi più incazzati incancreniti e infarciti di qualche Novus Ac Nefandus Pontifex — ma intanto in questi anni ha messo lì Francesco a fare il frontman e l’uomo immagine, mentre i Becciu Boys col resto del gruppo fanno fronte del porco mentre si fanno gli affari loro e d’oro assieme a qualche ragazzo immagine. Prendere tempo fingendo di perdere qualche vizio. Per la Sposa Cadavere di Cristo — scampata al crollo di tutti gl’imperi, ma non al tracollo da trionfo di quello di Denari — l’idea era questa. Poco commendevole e alla luce dei fattacci non particolarmente praticabile, ma almeno un’idea c’è e c’era: a differenza di quanto succede qui, fuori dalla grazia di dio e delle sue mura. 

Dove fra dazi, mazzi, stragi strazi e straneonazi ci prepariamo a uscire dalla crisi della democrazia liberale entrando in crisi economica eppoi in guerra commerciale — ma solo come gustoso preludio post-Bergoglio al rigoglio della Caponecrazie mafionazionaliste, che ci porterà alla tanto attesa Parte Terza della guerra mondiale. Però non corriamo e non precorriamo troppo, godiamoci il presente che ogni giorno ci regala un più nuovo e merdaviglioso presente. Netanyahu che bombarda gli ospedali, un qualche ministro della pubblica distruzione di Trump che deporta e ingabbia i migranti come maiali, l’Europa tutta mai insieme appassionatamente su questioni fondamentali anche davanti a minacce letali,  la Cina — la Cina! — che mentre si prepara a invadere Taiwan si candida a vittima degli Usa e a paladina del diritto commerciale (nonché) internazionale. Come se ci fosse ancora la forza del diritto, anziché solo il diritto alla forza: esercitato ed esercitizzato da chi si sente il più diritto per truppe e trippe, per forze e per forza. Tipo Putin che fa finta di fare la pace con Zelensky, mentre con Trump farà una pace per disfare l’Ucraina. Della più recente civiltà occidentale, ammesso che sia mai davvero esisista, resta oggi un’inciviltà non occasionale: anzi parecchio recidiva e insistita. Questo in tutto il (fu?) patto Atlantico, ma un po' di più dove Giorgia coi suoi Sfracelli d’Italia Schettina la nostra Sconcordia in tempesta e in Transatlantico. La vittoria sarà pure schiava di Roma, ma specie sotto il partito meloniano superpatito mameliano la Roma dei Fratelli d’Italia pare parecchio schiava della vittoria trumpiana. Cornuti e daziati, da migliori amici alleati e amichevolmene inculati siamo andati con Giorgia a chiedere lo sconticino: per tornacene a casa con garanzie di vertici e stop a scontri barbarici di cui non conviene conservare lo scontrino. Dopo essersi fatta baciare in testa da Biden, Meloni è andata a baciare il culo a Trump. Una cosa obbligata e tristissima, oppure comicissima, specie per la pischella del fronte daa ggioventù che l’Amerika imperialista la scriveva solo col kappa — emmò all’Ammerica Trumpimperiale e Muskilista gli manda solo baci pollici e occhei, sinnò quelli la mannano per stracci e kappaò… Ma non c’illudiamo, anzi ricordiamo e interludiamo. Da Andreotti a D’Alema, da Berlusconi a Prodi e Veltroni — cambiano i nomi, i generi e gli stili, non le più o meno affabili e affidabili genuflessioni. Quindi ll netto di qualche parola più acconcia e qualche posa forse meno sconcia, i rapporti sarebbero quelli anche ci fosse stato qualcun altro al posto della Giorgia Ducia dei Fratelli: tipo l’amica-leader alla mano, ma soprattutto la mica leader del Pd alla frutta che tutti chiamano Elly. Perché la storia c’insegna che la storia nostra è sempre quella. Su tutto siamo e siamo stati divisi, tranne su come siamo cogli Stati Uniti. Col cappello e la chitarra in mano, da vero italiano; noi che partiamo dicendo ti tenere la linea di suonargli Hold The Line dei Toto sul grugno, ma arrivati là ci consoliamo della messa a pecora con una foto e una cantata a Little Italian di Toto Cutugno; noi che a Washington corriamo e zitti, mentre a Bruxelles andiamo: ma piano, senza averne uno, con un troppo pieno di parole e zero fatti. Europeisti a chiacchiere, filo-Americani a Roma o Amerikanisti a prescindere — dalle intenzioni, dal volere, dai partiti di turno al potere. Una cosa curiosa, strana, stramba ma mica misteriosa. Ché non cade dal cielo, anche se negli anni ci è caduto sopra uno zuccheromertoso silenzio a velo. Quello che adesso un documentario prova a sollevare, unendo i punti oscuri coi depistaggi più chiari, con nuove testimonianze e prove d’inventario che avrebbero dovuto sollevare un polverone — e che invece non alzano neppure un grammo d’attenzione, abituati a sollevarci l’umore col solito Vespa-io. Si chiama Magma, è su Netflix, e per una volta usatelo per capire la storia italiana anziché di quali cazzo di storie si fanno quelli che scrivono per la tv coreana. Secondo il documentario — tanto per cambiare — per capire e tanto dobbiamo fare due trapassi indietro. Tornare agli anni Settanta e Ottanta, alle morti di Moro e Piersanti Mattarella, alla strage neofascista della stazione di Bologna che ancora oggi secondo la nostra premier e i suoi camerati ha una matrice non chiara e una verità oltraggiante e finta. Raccontarvelo tutto sarebbe lungo da spiegare, mentre vederlo è proprio un’occasione da non sprecare. Riassumiamo. Ora sul rosso ora sul nero, colla fattiva e preziosa collaborazione di qualche falso amico modello grand croupier ma amico degli amici vero, l’Italia in quegli anni essendo il gran casino del mondo ha subito un golpe a puntate e pistolettate. Il piano era Solo e sempre impedire il Compromesso Storico, innescare la Strategia della tensione, implementare la presa degli Stati Uniti e del blocco occidentale: colla scusa del blocco sovietico, e a costo di bloccare il naturale corso democratico ed elettorale. Meglio un governo incapace e corrotto ma amico, che un governo amico ma capace di tutto: ad esempio non essere servo-shock e suddito scecco. Una massima che vale oggi come allora, elaborata e attuata da quell’altro meritatissimo Nobel per la pace di Kissinger, basata sulla frase pronunciata circa il dittatore Noriega e che da allora nesusno rinnega: è un figlio di puttana, ma è il mio figlio di puttana. Qualcosa che non vale o non è valso solo in Italia, ma anche altrove, solo che in Italia molto più che altrove. Insomma, malcostume mezzo Gladio. Anche se oggi in Europa non si può più mettere una bella bomba, non si può imporre una comoda dittatura, ma puoi sempre dire chi per te in politica è una bomba mentre fai interdire e hackerare chi per te è una iattura. Come Giorgia, la duce di cocca Trumpiana: che, con grande gioia da Nixon e Bannon a Nordio e Durigon, unisce la solida tradizione piduista e neofascista colla oggi trendyssima eversione anti-magistratura berlusconiana. E che tristezza, questo 25 Aprile 25, dover sentire che la Liberazione va festeggiata sobriamente: magari ospitando come primo leader mondiale a Palazzo Chigi Orban, un presidente di democrazia fieramente illiberale che l’Oppressione la sa festeggiare sovranisticamente. Che mestizia questa Italia Fratella dove vieni identificato se ti dichiari antifascista come la Costituzione, e idolatrato se sei arcifascista di famiglia e costituzione. Una meraviglia, a cui dall’altra parte risponde tacendo o straparlando un mero e calimero parapiglia. Calenda che preferisce parlare con Meloni anziché cogli ex grillini; gli ex grillini ora contiani ma sempre più paciputinisti che di rimando non ne vogliono sapere di Calenda; la Schlein, che più che cogli alleati ha solo incontri coll’armocromopsicanalista in calendario e in agenda… 

Insomma, omissione compiuta. Al mondo e all’Italia oggi manca quello che Aldo Moro, Piersanti Mattarella e Olof Palme sognavano — una socialdemocrazia (magari cattolica, ma non italocristiana…) europea. E non si sa quale delle due parole starebbe più sul razzo ieri a Kissinger via Kiss Me Licio Gelli, oggi a Trump aspirante Kaiser dei miei gioielli. E infatti. Non per caso gli europei che da ottant’anni accettano di essere asserviti e riveriti, oggi dagli Usa si sentono dire che sono serviti ma da oggi sono parassiti tirchi e rincoglioniti: e si ritrovano senza un’unità di intenti o almeno un’identità per rintuzzare gli attacchi che arrivano e arriveranno da Trump Putin e il resto della Autocrati Riuniti. L’Europa divisa, serva, per forza brutta e inutile in un mondo in cui tutto quello che non è forza bruta a cosa vuoi che serva. Un pensiero duro, un ideale tosto, un piano oscuro — magari intermittente, magari non perpetrato in maniera costante e permanente, ma oggi pressoché completo e riuscito. A cui manca giusto un papa che — anziché a Lampedusa dai migranti — il primo viaggio pastorale lo faccia in Usa a una fabbrica Tesla di morto-siluranti. E anche se il Conclave parrebbe a maggioranza bergogliana, la storia è per sua natura una salita in bici alla bersagliera, un’inculata bara e puttana. Non per niente a sentire l’intervista data da Müller — l’OberKardinal di scuola SS e Natzingeriana secondo cui l’Azienda nel nome di Cristo non è una cosa da poveri né la Chiesa arcobaleno che piace ai ricchioni e ai ricchi — pare che Bergoglio non sia ancora freddo, ma loro c’hanno il nuovo Pietro in caldo e il Dom Perignon in ghiaccio. E che gli dobbiamo dire al papa nuovo arrivato, noi del Papaluto? Non resta che attaccarsi alla speranza, anziché a quel cosetto sotto la panza… E quindi un po' sperando e un po' disperando senza buttarla in vacca, oltre a buonanotte e buona fortuna non ci resta che dire: o la Vaticano, o la spacca.                           


martedì 24 dicembre 2024

A CHRISTMAS CAROGN


E dopo l’assolto a Palermo e l’assalto a Magdeburgo, aspettiamo con ansia che Babbo Fatale ci porti una proposta congiunta Salvini-Musk-Afd (ovvero i Nazisti dell’Illinois, ma in Germania…): qualcosa tipo il sequestro e la deportazione preventiva su una nave piombata di tutti i medici e gli studenti in medicina non ariani, a meno che non si siano ravveduti diventando Suv e Super Nazi-Muskiani... Senza ipocrisie né presunzione, ma giusto con un po' di suggestione, dopo l’Assoluzione Finale del Ministro dei Trasporti Speciali su Open Arms all’iniziativa potrebbe trovarsi anche un bellissimo nome — tipo Open Auschwitz. Nel mentre la tromba della propaganda in Italia e la tomba della verità e delle vittime innocenti in Germania annunciano un Timendo e Tremendo Buon Natale a tutta l’Umanità che ha da tremare e temere, vista la Disumanità da paura che se la cavalchi ti porta al potere. Ma andiamo con ordine, ché ad andare forte il Disordine Nuovo Razzifascista e Mondiale di qualche ricco pazzo ci pensa da solo.


Per missione, omissione, tornaconto o manomissione il Capitan Russia dell’Italia che lavorava dall’Interno ha abusato della sua funzione: e per difendersi non ha addotto alcuna argomentazione, semplicemente ha indotto il solito vittimismo a cazzo nella pubica opinione. Ho sequestrato le persone e la mia pubblica funzione, ma non per uso privato: per difendere la Patria, la pasta, il Natale e il Panettone! Faccio male, a fare il male ma per il vostro bene?! Un po' la tesi dell’eroico e troppo presto dimenticato Luca Traini — non per niente elettore ed iscritto della Lega — che per risolvere il grave pericolo della sostituzione etnica aveva massacrato un negraccio di merda e di passaggio avviando una meritoria operazione di polizia igienica e punizione italica. Non una novità, semmai una rinnovata nocività mentre si ritornella su un’innevata Natività.  Da Hitler al Fuhrer del bar col videopoker, va sempre così: folli dittatori o folle di colleghi pazzi criminali però senza seguaci-elettori, quando butta male si buttano sempre sulla mamma e la buttano sempre in politica. Meglio ancora se la politica è del tuo partito, possibilmente avvocato: così, dopo mesi che l’hai pianto e urlato, finalmente arriva la sentenza politica di cui il Paese era già stato avvisato. Solo, d’assoluzione come manna anziché di mannaia e condanna. E in questo senso bisogna dire che Salvini aveva preso tutte le garanzie e i garantismi: con la sua Mike Giulia Buongiorno a condurre il gioco, il Rischiatutto diventa Il Potente Rischia Niente tutto formalismi cavilli di battaglia e gargaisterismi. Basti ricordare che lei è l’allora pulzella di Palazzo Orleans e del processo Andreotti, alla fine del quale una prescrizione fu contrabbandata come piena assoluzione — e per cui dei magistrati-ma-veri-mafiosi che l’osarono ancora oggi si dice che andrebbero arrestati tutti. E infatti. Siccome il tempo non passa in vano ma in peggio, all’assolto di Stato il plauso eppoi via all’assalto allo Stato col tradizionale presepe del pestaggio del magistrato. Vespa, la Porro-Pornostampa di destra o governista, la scorno-stampa della fu sinistra senza più vergogna né un’opinione né un giornalista: un sopruso evitato, un uomo perseguitato, un governo che deve difendersi dal complotto migrante mascherato e magistrato; non è importante, non interessa, a parte che non è più rilevante poi Salvini non lo devi sbattere in paginone ma lo devi battere politicamente. Meraviglia, il Tafazzismo intensivo della centro-centro-centro-sinistra che mallea e si attaglia al Tartufismo eversivo della sconciodestra. Risultato? Salvini delinquente e premiato, (in)degno ministro della Meloni delirio-onnipotente tutta boccacce battutacce e premierato. Così funziona, perché funziona così in un Paese disfunziona. Il fatto non sussiste, un misfatto — se fatto bene e ministeriale — s’archivia, anzi ti premia e t’assiste. Tant’è vero che dopo il pieno trionfo ottenuto da cliente aulla Giustizia, ora punta a tornare da Punisher anti Pusher al citofono e all’Interno. Certo qualche formalità bisogna ancora sbrigarla, e qualche forma di costituzionalità che ancora regge bisogna sbaraccarla… Urge regolamento di conti, di commi, di poteri dello Stato che devono diventare servi senza fiatare o nemici senza sconti.    

Ad esempio. Ora che il Martire Matteo è stato assolto, come di regola e consuetudine, resta solo da condannare e incarcerare i pm scafisti e schifosocomunisti che l’hanno indagato e processato. Ma questo — come avrebbe detto l’Indimenticato e Impunibile Iperimputato Silvio B — è un regolamento di conti interno alla sinistra. La famosa ingiustizia a orologeria, come l’ha definita Silvione il re dei Rolex smistati nella sua elegante orgettineria. Dalla toga rossa lo si poteva sospettare, ma adesso lo possiamo proprio affermare: Babbo Natale è un buonista perdonista e di sinistra, visto che porta doni ai bimbi buoni e perdoni ai bamba buoni a nulla e cattivisti in tutto alla Salvini. Un bel regalo sotto l’albero di Natale, per chi l’albero del Natante lo vuole sotto il mare — ma come detto non è che l’inizio, perché la Befana Melona travestita da mezzasega-mezzastrega del Nordio metterà nella calza nel sacco e sotto processo chi si è permesso di non mettere i politici al di sopra del bene della legge e del male. Si chiamerà separazione delle carriere: di qua quella dei giudici in carriera perché sanno e vogliono obbedire al potere, e di qua quelli che una carriera non la vogliono più avere. Del resto, da Renzi in su, dappertutto l’aria che tira — al piccione, al giudice indipendente e al pm impiccione — è questa. E la sentenza su Salvini ne è la naturale conseguenza. Una sentenza politica, senza dubbio né questione: perché al di là della vulgata cioè della divulgatissima puttanata, le sentenze politiche in Italia storicamente non sono quelle di condanna, ma di assoluzione. Del potere che assolve al suo ruolo, che assolve se stesso coi suoi abusi malcostumi e abomini, che condanna il Paese al carcere a malavita dei suoi Bravi-ministri sani Griso e Salvini. Una sentenza più che scontata e dunque per nulla scontrata. Perché sta bene — o non così male — a tutti. Ché salva chi comanda ma governa per finta o zero, e contemporaneamente toglie chi si oppone sulla carta e per gioco dall’imbarazzo di farlo non al Fanta ma davvero. E quindi Meloni esulta, il governo non salta, l’opzione-opposizione ancora una volta non esiste, si esime e quando fiata non esalta. Ricorda a ragione che le sentenze si rispettano, che loro la destra la vogliono battere al voto e non in tribunale: e ricorda tanto quello che aspetta a buttare la palla in tribuno perché sennò butta male. Avessero osato condannare la stagione del Salvinismo, i giudici avrebbe condannato un sistema che non si processa anche se si condanna da solo all’immobilismo. Impossibile, improponibile, impraticabile. In questo senso l’assoluzione è squisitamente politica: e non è una critica: è proprio una notazione istituzionale, funzionale,  tecnica. Se fa comodo a tutti, noi come potere dello Stato non vogliamo fare l’incomodo a nessuno. La magistratura che rispetta l’economia politica del sistema della Repubblica. Perché una sentenza non nasce nel vuoto assoluto, nel mondo ideale, ma in questo mondo senza un’ideale che non sia vuoto e dissoluto; i giudici come tutti sentono il clima, magari non l’ascoltano ma ne risentono, soprattutto quando fra Novax e Sì Dux in giro c’è una bella efferve-scienza politica della democratura al suo climax. Per accogliere le tesi dell’accusa ovvero la realtà dei fatti che sussistono subissano e avanzano, i giudici in camera di consiglio avrebbero dovuto avere troppo coraggio, anziché la giusta prudenza — a nessuno si può chiedere di essere eroi, sebbene a costo d’errori che ahinoi fanno giurisprudenza. Perché il processo di Palermo ne farà eccome: anzi farà proprio gioco a Meloni che del diritto e del dovere all’accoglienza — coll’Albania genialmente trasformata non in una discarica di carcerati migranti, ma in una Spa militare a cinque stellette per carcerieri uncazzofacenti e mica paganti — si prepara a finire di farne strame. Perfortuna da Palermo non vengono solo cattive notizie, ma anche il presidente Mattarella, la migliore cattiva notizia possibile per i piani di riforma che solo per il vangelo di TeleMeloni sono la buona novella. Lui, che da custode dei valori dell’odiata Costituzione antifascista, ribatte colpo su colpo di spugna a chi la vuole cancellare in quanto di provata e olioricinata costituzione arcifascista. Non a caso è proprio la sua figura di riferimento (ma rischiando una grossa figura di merda, al referendum e al momento…) che, coll’elezione del premier a mandato più populista che popolare, si vuole umiliare spogliare e possibilmente spopolarizzare. 


E siamo al punto. Di non ritorno, di ritorno a capo, di nessun ritorno per nessuno se non per il capo. Siamo sempre lì, all’è perché qualcuno li ha votati che Salvini/Meloni/Trump/Voldermort/Il Barone Ashura sono lì. Dice: che vuoi obiettare, se il popolo vota Duce? Ad esempio che votare democraticamente per un’elezione — anche se è già successo in Germania e Italia negli anni Venti di Guerra Mondiale con gran successo — non implica né autorizza a votarsi demagogicamente all’autodissoluzione o all’autocratizzazione. Quindi tu sei di quelli che se alle elezioni il popolo non ti dà ragione, allora cambiamo il popolo? Sinceramente sì, anche se oggi non è molto popolare, ma noi la politica la intendiamo — e quando no, colla politica c’incazziamo — come miglioramento della condizione, dell’istruzione, dell’abitazione e insomma della complessiva cosa popolare: ma davvero, non come i populisti che fanno il pieno di voti e di vuoti speculando e perculando sulla casa popolare. Noi, illusi e tardi tardo-Illuministi, vorremmo cambiare le persone in cittadini democratici anziché contian-grillini demagogici anche a costo di spargimenti di soldi, sangue e lacrime spremuti all’evasore pingue, scuole ospedali e investimenti. Un vasto programma, che purtroppo somiglia troppo a ogni nefasto proclama della politicanza vastasa e bassa di gamma. E comunque quello sarebbe il piano A: come A Quale Santa Claus in Paradiso ti vuoi votare, per fartelo votare?  Difficile, impossibile, troppo lungo ma necessario e realizzabile perché nel breve sia realmente utile. Con un progetto che in dieci anni ti affronta problemi ignorati e/o insoluti che ci fai, se entro metà legislatura o meglio per il tg di mezza sera non ti porta visibilità e voti? Troppo giusto, e infatti c’abbiamo il piano B: come Buon Natale di Merda, merde! Una cosina sentita, forse un po' antipatica, ma una mandata affanculo santa per le nostre coliti disperato-dispeptiche da conati cugini e cognati delle destre anti-democratiche. Eccolo qua, il radical sciocco neostalinista, amico del popolo ma del buon tempo: ché quando invece la gente non lo segue, ne consegue che l’elettorato è l’agente provocatore del Nemico del Popolo e del Nostro Tempo! Non è così, o non del tutto. Noi Papalutisti siamo sì nemici del popolo — ma per come l’intendono e l’inculano i papaveri e pappa populisti. Siccome noi più che a salvare Salvini siamo interessati a perorare il partigiano e presidente Pertini, con lui diciamo: a brigante brigante e mezzo, col razzista un razzismo politico-culturale con ogni mezzo. Non perché ci sentiamo migliori, ma perché — anche se egualitari — non ce la sentiamo di sentirci uguali a certi ministri-magliari. Noi non crediamo alle razze, crediamo di saper distinguere le persone, ma non crediamo sia il caso di farlo con questa malarazza di persone. Che non sono la maggioranza del Paese, a dispetto di quello che ripete la maggioranza parlamentare nonché larga minorazione mentale del Paese. Bisogna distinguere, e noi la facciamo, a differenza di quello che fanno quelli che noi ci accodiamo anche se non concordiamo. Gente che a questa demo di demagogocrazia fascio punto zero forse non crede, di cui forse non gode, e che però non può godere di attenuanti se si adegua perché stare nelle minoranza sfigata gli rode. Noi lo sappiamo che in questo Mare Nero c’è chi è Mogol e c’è chi è Battisti: chi compra il consenso e chi spera di vendere qualche disco volante orecchiabile ai complottisti: ma chi canta e basta, alla fine è socio nel formaggio con chi scrive gli assegni e i testi. Inevitabilmente si finisce vittima, quando voti e ti voti a un carnefice; ma non incolpevolmente, se vuoi qualcuno che per te faccia il carnefice e vittime mentre tu che sei complice fai pure la bella vittima. Se il mondo fa schifo io che ci posso fare, a parte fare schifo? Ecco noi per quelli che siamo nella merda allora facciamo l’onda, non facciamo l’ola merdaiola con tanto di tifo. Quelli che amano l’uomo forte duro e maschio, quelli che al patrimonio dell’Umanità e dell’Unesco preferiscono il Pazzimonio colla Disumanità dell’Unico ElonMuskio, quelli che si sognano figure di spicco e da spacco ma nel presepe della vita sono figurine di merda una tacca sotto le papere e il muschio; quelli che a essere colti e intelligenti preferiscono non essere colti perché loro sono furbi, i tizi cani e porci della famiglia tradizionale degli sgorbi alla Gianbruno e alla Sgarbi, quelli che guardano OnlyFans mentre si vedono la benedizione Urbi et Orbi. Voi che ve ne fregate del prossimo, ma pure di quello prima e quello dopo, voi che non avendo alcuno scopo — a parte darvi un tono e una tana — fate il fine del topo. Voi che pensate di starvene al caldo, al sicuro, al riparo: proprio come si sta nella merda di somaro. Ma non la bella bestia che conosce la fatica — l’animale male che conosce la vita e quindi può ignorare la Storia. Ieri Nazionalsocialista, oggi Nazional-Sovranista: se hai votato o taciuto per non aver più paura, sappi che avrai terrore; se hai sempre temuto e quindi tenuto alla sicurezza, sappi che di sicuro avrai solo una securitate alla porta da parte del tuo Premier Forte e Lordo Protettore. Così vi va, anche se non vi va. Chi crede alla maniera forte, cade spesso in errore e di mala morte.  In pochissimi casi, in porchissime Case, il motto magno e mignotto Odio Patria e Famiglia porta buone cose: di sicuro non a te, ultima ruota del cazzo che ti apri telegram e ti senti migliore amico di Mosca cocchiera. Quelli come te sono gli utili idioti, che a un certo punto sono solo idioti fottuti: mentre i soliti si fottono gli utili dopo oltre ai voti. Chiedi se non ci credi, documentati eppoi qualcosina domandati. La Nazione, il Sangue, il Suolo? Alla fine resta solo una nazione nel sangue e rasa al suolo. Pensi come tutti hanno pensato di proteggerti? Allerta spoiler, sotto il cumulo di cazzate da Sieg Heil Fuhrer: tu e i tuoi figli sotto le bombe, e per campare tua moglie e tua figlia sotto a fare pompe. I tuoi autori e fautori del Questo Non Ce Lo Dicono, questo se lo scordano e non te lo dicono: ma questa è la Storia, altroché quelle dei complottisti, e anche se è tutta una macchinazione che contrasti vedi poi come ti ricredi e ti contristi. Ma basta, anche se è Natale, non vogliamo guastarvi il piacere di gustarvi il Nuovo colla Sorpresa. Svolta questa parte di auguri — sinceri, che colgano nel segno e possibilmente nel sonno come sicari — passiamo agli auguri di parte: a chi non si sa perché ancora ci legge, a chi non si sa come ancora ci legge, a chi non ci regge né ci legge ma non ha problemi a essere pecora nel gregge se l’alternativa è essere a pecorina davanti ai denari dei Re magi e aerofagi delle Scorregge. A voi come sempre Buona Notte — non solo di Natale — e buona fortuna, con queste Christmas Carogn che nascono sempre e non finiscono mai o mai abbastanza male.                             


venerdì 21 giugno 2024

NON È VERO MA GLI CEDO

In apertura le notizie di economia — in rialzo i mercati reazionari, volano i titoli della Borsa o la Vita sui giornali, fare a pezzi l’Italia o un bracciante straniero ci lascia indifferenti uguali. Amici abbonati a Papaluto Prime di tutti, abbiamo lo scoop fresco di due settimane: ci sono state le elezioni europee, e per qualche stato geografico o psicologico — tipo il nostro — è andata talmente bene che facciamo prima a chiamarle anti-europee; oddio, nel caso o casino di specie italiano sono state come sempre delle elezioni strapaesane, e con Vannacci eletto con mezzo milione di voti più che altro delle anti-diluviane ma arci-medievali quanto a (non) idee. Ma siccome non finisce mica il ce l’ho, vi spariamo pure quest’altra nostra esclusiva: tutto il mondo è Belpaese e quindi anche agli europei, oramai, più che le Europee appena finite interessavano gli Europei appena iniziati. Un calcio d’inizio in bocca a tutti i dibattiti su come o quando l’Unione Europea vada a finire. Del resto a chi interessa se nella vecchia guerra fredda riscaldata fra Usa e Russia più Cindia e nuove superpotenze l’Europa è la solita immota e iper-nota superimpotenza, quando a Bruxelles ci sono da piazzare trombati impiazzabili oppure impresentabili ma iperpoltronabili da Coblenza a Cosenza?! In questo votati e votanti la pensano alla stessa maniera: le elezioni come gli eletti non servono a nulla, sono sempre i soliti stronzi che in quanto tali stanno a galla, e a stare a casa se la pensano bene i malpensanti non votanti. Buoni a niente capaci di tutto, e noi non vogliamo più stare buoni perché — dalla dialettica democratica, alla vicina arteriosclerotica, alle sottospecie di superspezie della cucina asiatica — siamo incapaci di sopportare più niente. Così vincono gli astinenti dall’urna e i digiuni o disgustati della democrazia costituzionale che vanno a votare dicendone o facendole peste pestaggi e corna. Nazionali europee o regionali, ma quale primo o secondo turno e ballottaggio: con questi che per chiederti il voto sembrano sbarcati da Saturno, l’unica per noi mai sbarcati di lunario non è il voto di protesta ma proprio di sabotaggio! Lo slogan — manco tanto silenzioso — della minoranza sì votante ma credente in maggioranza il sistema democratico schifoso, è stato questo. Siccome non ha avuto risposte dalla democrazia liberale, l’elettorato ha votato e si è votato massiccio e incazzato a una domanda di demagogocrazia liberalizzata e illiberale. Morale della favola sotto i tacchi, ecco sugli scudi gente che come morale c’ha la favola dell’Uomo Nero in uno stormire di fasci ronde bracci tesi e battere di tacchi. In Spagna corre la Vox Populisti del Franco Forte, in Germania e Austria i pronipotini di Hitler festeggiano l’Anschluss-party coi neonazisti Pro ero figliocci di Haider, in Francia Le Pen col suo razzifascio-influencer Bardella spacca al punto che Macron sfascia il governo mentre dopo settant’anni il patto della Republique d’essai e De Gaulle si spacca e barcolla. Un successone così, neanche se metti insieme Waterloo il Titanic e il Mercante in Fiera di Pino Insegno. Certo, tecnicamente e teoricamente a Bruxelles e provincia la coalizione Ursula di Von Der Leyen magari ancora regge: ma la verità è che tolta Strasburgo nel resto d’Europa politicamente e praticamente già nessuno la regge. Anche se mette d’accordo tutti — troppo scialba e tecnocratica persino per chi l’appoggia, troppo sciatta e democratica per chi la dileggia nei posti fichi magari ascoltando nazi-techno fino all’alba. Una donna per tutte le stagioni, un per la madonna buona per tutte le lamentazioni, insomma l’intortamica perfetta trasformista e traffichina per la nostra Giorgia double-fasc: che in Europa fa la statista atlantista, ma in Italia fa la vaga sulla Gioventù Melonitleriana e la stragista di Costituzione antifascista come futura presidenta della Repubblichina. Ursula per Giorgia e per puntellarsi la poltrona chiude un occhio sui diritti e la libertà di stampa, e Giorgia per Ursula e per buscarsi qualche commissario europeo di peso li chiude tutt’e due per un bacio all’antifrancese anziché solo a stampo. Al netto dei regolamenti di conti e conteggi fra clan di nazionalisti rumeni francesi o ungheresi che manco i Casalesi i Casamonica e i Corleonesi, questo ci toccherà vedere perché questo ci è toccato votare. Però bisogna tenere i nervi saldi, anche se i saldi elettorali fanno venire i nervi. No, non è il disastro, o non ancora. Sì, il bicchiere mezzo pieno da guardare è che manco a ‘sto giro in Europa al potere andranno i Nazisti dell’Illinois — ma solo perché l’Illinois in Europa non c’è, e allora un bicchiere bello pieno conviene farselo anziché guardarlo. Salute, coraggio, e un bel brindisi al domani che già ci manda tanti saluti romani. Per adesso l’amaro calice l’ha buttato giù Macron, e anche se  assieme all’Assemblea Nazionale dentro c’ha sciolto pure un paio di Xanax, non aveva scelta. Se il paese ribolle, meglio farlo votare che farlo e farsi ancora bollire. Del resto. In Francia come in Germania la rabbia monta, l’impalcatura antifascista nel Paese e nei partiti si smonta, e per quelli di tradizione repubblicana e democratica ogni giorno che passa allontana una a dir poco difficile rimonta. Le false soluzioni demagogiche ai veri problemi delle democrazie in crisi socio-politiche tragiche non costano nulla: tranne alla gente che, credendoci, crede di risolverli anziché aggravarli quando col voto nazifancazzista o razzifascioqualunquista si ribella. Immigrazione impoverimento e inflazione, disagio sociale e degrado istituzionale, disoccupazione oppure lavoro precario pre-schiavistico e sottoproletario che a chiamarlo lavoro ci vuole immaginazione… Problemi grandi, nell’immediato senza sbocchi, giganteschi — per cui però nel meraviglioso UltraDestraVerso mica ci vogliono soluzioni: meglio slogan grandi, grossi, giga-tarocchi e maneschi. Che ci vuole? Si risolve con un muro, alla Netanyahu, ogni situazione: del pianto, e con accanto un mitra e un piantone. Se l’economia è debole, ci vuole l’uomo forte; se non hai (di) più, la colpa è di chi ha nullla o anche di meno; se ti vuoi vendicare del Gay Prada di ricconi scrocconi e ricchioni sempre di moda che non se ne può più, tienimi fermo al governo che io li meno. C’era una volta il voto di protesta, ora c’è proprio quello di vendetta, di giustizia fai da te sotto forma di ingiustizia-faida a te; colla crisi il messaggio della rabbia e della paura è l’unico che passa: tu votami per rabbia, ché la crisi no però la paura passa. Il guaio con ‘sta democrazia moscia della libertà e dell’eguaglianza è che è diventata come l’immigrazione — oramai ce n’è troppa, e minchia la noia e l’angoscia. Meno menate sui negretti negletti e senza diritti, meno fighetti che vogliono minacciare il gender non sia mai fluid dei nostri figlioletti: più menare di manganelli mamme papà e polizia, e vedi come risani la periferia la Famiglia e l’economia! Non è vero, ma gli cedo. Roba pesa, corda tesa. Però questo deve aver pensato, e pesato, Macron. Se li volete al governo votateli, eppoi dopo avergli votato un governo che non era quello da voi voluto, accorgetevi. Gli do il potere così gli elettori si tolgono lo sfizio prima di toglierseli dalle palle per lo sfascinazismo e lo strazio. ‘Sti francesi, sempre illusi autoreferenziali e presuntuosi. 
Pure se non sei una cima guarda da questa parte nera del Monte ex Bianco, Emmanuel! Non guardarti l’ombelico né il dito, semmai la luna: di Mieloni fra quella stronza (autodefinizione: perché tutto puoi dirle, tranne che sia in crisi d’identità o di sincerità…) di Giorgia e gl’italiani. Lei finge di saper governare anziché occupare solo posti di potere, e gli Affratellati d’Italia che l’hanno votata fanno la Sfinge e finta di non sapere che c’è differenza fra voler comandare e dover governare. Su questo persino un pessimista di professione come Montanelli era stato un pronosticatore disneyano e ottimistone: no, Berlusconi o Meloni, Renzi o Salvini, dal malgoverno tu italiano merdio non ti vaccini. Anzi fai pure la recidiva, la ricaduta, fino alla caduta del vecchio Al Capoccia mentre un altro prende lo rimpiazza come re duce madre madonna diva. Secondo il celebre celebrato e decerebrato Teorema Aritmetico-Commerciale dell’ex europarlamentare + Iva Zanicchi: se questo va male, il prossimo Peggio andrà meglio. E infatti è oramai un classico della commedia che in Europa il leader e finto-candidato italiota vero si plebiscita, per dimostrare che mettersi sul carretto Chiquita del vincitore Banana del momento da noi è sempre la mossa riuscita. Il più o meno 30 percento alle Europee alla Bulgara non si nega a nessuno, a differenza del flop del governo di turno che di lì a poco si rivelerà un fracaso alla Sudamericana continuo e diuturno. Ma va bene, va tutto bene così, chi siamo noi per fare le Scassandre e rompere la Nuova nel paniere alla sua festa? Tranne alla morte a tutto c’è rimedio, oltretutto semplice semplice, soprattutto quando sembra non ci sia rimedio — e in più spararle grosse, ci risparmia la morte per tedio.     
Non mastichi di politica e non sai cosa mettere sotto i denti? Non mangiarti il fegato amico disoccupato sfigato e sfiduciato a morte, ma ciucciati ‘sto premierato troppo forte! Se non parti per l’estero non arrivi manco a fine mese? Goditi l’abolizione del reddito di cittadinanza che finanzia la rendita di cittadinanza fiscale fuori dal nostro paese! L’economia traballa, il Pnrr stalla, la legge di falso in bilancio è bella ma balla? E tu canta con noi kiss me licio, perché la giustizia politicizzata e piduizzata come spianacea di tutti i mali e i malamente impaccati e incensati che aiuta tutti i cittadini impoveriti e incensurati è la nostra ultima ultraballa! La sanità pubblica paralizzata plurilottizzata e al collasso? Tranquillo, si risolve tutto coll’Autonomia differenziata: fra mega sanità pay e privata, e malasanità privata di tutto per te che puoi giusto permetterti un decoroso mortolocale di sepoltura con cucina e decesso! Del resto poi si sa, che il modo migliore per unire la Patria di cui ti vanti da pazzi, è farla in venti pateticissimi pezzi… Giorgia la Flop Gun vola ad aprire fallimentari centri immigrazione in Albania? No problem, a coprire il misfatto senza coprire la notizia ci pensano le centrali d’informazione aka propaganda e disinformazione che manco l’amico Saied nella vicina e dittatoriale Tunisia! Accorgimenti anti-accorgimento degli elettori d’averci un malgoverno malaccorto che occorrono e in caso soccorrono, ci mancherebbe, ma poi in realtà manco servirebbero. Gl’italiani non hanno gli occhi foderati di prosciutto, con quello che costa, ma un po' d’odio di ricino Retequattr’ore su ventiquattro per vedere il Male di chi e che fronteggia Gggiorgia, gli basta. L’underdog-sitter è sempre più up, visto come porta al guinzaglio la rabbia canina del suo elettorato xenoidrofobo top. La Meloni in versione guappa è una guagliona di strada che acchiappa. Giorgia sei tu la nostra Ducia, a costo d’ammazzarci coi tuoi Lollo e i suoi manipoli da Manganello proteggici dalla brutta sinistra snob ricchional-chic e frocia! Non importa se il governo Meloni fa bene solo agli amici e sulla mia pelle: l’importante è che faccia male a chi mi sta dirimpetto e sulle palle. Certo, poi ci sono attimi di sbandamento. Pensate che non essendoci un euro nelle casse, per un istante si era pensato all’insano gesto del ritorno del Redditometro: proposta subito cassata in quanto cazzata, perché è da neuro intaccare la Vita Smeralda del nostro brioso e Briatoroso ceto produttivo di redditi Billionaire esentasse. Una politica maldestra e malaDestra-sociale che per la classe medio-alta prevede agevolazioni totatli e condoni tombali, mentre alla tua merdo-alta si presenta con doni fecali? L’importante è dare l’impressione di fare per te amico e camerata cose, case, grandi imprese e impressione. Risultato? Due milioni e mezzo di voti a Detta Giorgia, una che il parlamento italiano già lo vede male e col binocolo, mentre a quello europeo ce la vedono col cavolo. Capolista e capofila di una truffa generalizzata ed estesa agli altri contumaci capintesta. Che fingono di preoccuparsi di grandi temi, ma poi a Bruxelles latitano languono e si affannano appresso ai patemi domestici di maggiorenti capibastone e capicorrenti coi loro portaborse maggiordomi e domestici. Per tutte le segreterie infatti le Europee sono solo una specie di sondaggione dal vivo e dal vero sul potere che conta davvero: quello di raggiungere la precentuale di votanti e di eletti che ti lascia in sella e vivo. Quindi bene la Schlein che ha vinto solo perché per una volta il Pd non ha perso, male Conte perché per una volta anche se ha perso neppure Travaglio riesce a dire che ha vinto, grandissimi i Renzenda che per una volta in due hanno fatto una cosa buona restando fuori dal parlamento. La leggenda più o meno vivente però è Salvini: ha preso un partito nordista e meridiomerdista che era votato in massa al settentrione, e adesso lo lascia mezzo morto e votato in Mas quanto grato ai Ras del voto mafioterrone. Mito, anche se adesso avrà l’Autonomia Differenziata come la sua segreteria-spazzatura per essere consolato. E visto che siamo a contare e raccontare misere e miserabili cose, pur restando nel cortile dell’Egonomia politica ve ne diciamo una delle più meravigliose: cazzo, Noi (Maiuscolo) del Papaluto per una volta abbiamo votato come tutte le volte, ma vinto! E quanto è bello vedere Mimmo Lucano e Ilaria Salis eletti, fare il boom nelle urne e il bam nel fegato di Salvini Meloni&C che anziché europarlamentari li volevano galeotti? Per il resto, come in ogni dopo voto siamo alla grande politica estera italiena, quella comica marziana fra Marte e Lino Banfi. Più che un piano Marshall per l’Ucraina, noi abbiamo sempre pronto il pianerottolo Vespa buono per l’uncinetto e l’urletto appresso all’ultima polemichetta ultronea e cretina. Basta vedere il magico G(iorgia)7 alla fratella e alla frisella, che ha finalmente ridato all’Italia il posto che le compete al tavolo dei grandi — a servire burrate e ballate, prodotti della vigna e dell’orto, sparate e boiate che molla contro il diritto all’aborto. E l’anno prossimo magari sarà ancora meglio, quando nella Masseria Deviata e posticcia di Borgo Egnazia Giorgia potrà ballare la TaranTrump Power mentre con Putin si patteggia si pasteggia e si pasticcia finché ci si sazia. Ma nell’attesa del Sola dell’Avvenire in Italia si mette mano — addosso, non armata ma forse solo per adesso… — alla Costituzione. Con una maggioranza talmente coesa compatta e coatta che più che fare squadra, fa proprio squadraccia: e se l’opposizione in Aula si permette di farsi uscire un fiato o un tricolore, gli appositi sgherri vendica-sgarri ti mettono la mano in faccia. I soliti patriottardi, quelli che l’Italia chiamò solo se si gioca a calcio al negro o a caccia all’ebreo in chat con Diabolik, gli abituali parafascisti subnormali che non siamo mai abbatanza tardi ma tanto ci coprono gli appositi Sechi Mentali che è tutta normale dialettica e realpolitik. Proprio così, niente di nuovo sotto al soleo: i soliti cazzotti in panza che ti becchi da dieci contro uno se fiati. Infatti per la prima volta nella storia d’Italia vengono ripetutamente profanate le tombe di Matteotti e Berlinguer — come se non avessero abbastanza da rivoltarcisi per come gli eredi l’hanno ridotta, per come la faranno finire fra un voto di scambio e una mazzetta senza bisogno d’allerta spoiler… Bipartigiana, immoralista, bipolare e bicompare quando come a Reggio Calabria tratta e si tratta della peggiore Destra ‘ndranghetista cicciofranchista e anti-partigiana. Triste ma vera, triste ex rossa o rossobruna e non solo nera, questa Italia della variopinta e vario-tinta malapolitica locale, dei Cuffaro e dei Toti sempre in a galla o ancora in sella, che non sai se è più delinquenziale per chi la fa o demenziale grazie a chi la continua a votare. Nel frattempo — col nostro sottomondo che lo tifa, fratellizza e ci fraternizza — contro il Caos sovrano e sovranista il resto del mondo si organizza, mentre quel che resta del mondo liberaldemocratico impazzisce incanaglisce e si polverizza. Per dire: mezzo minuto dopo la vittoria del Ressemblement National, in Francia le sigle della sinistra — che sono più di quelle cantate da Cristina D’Avena — si sono riunite in un Fronte Popolare; da noi, a parte le inevitabili piazzate piene da piazzista che vende unità a parole, Schein e Conte anziché organizzarsi davvero con programma piattaforme e candidature forti aspettano che gli elettori li riuniscano in un unico Fronte Impopolare Non Credibile e Invotabile di fatto. Ma in Italia molti dormono sugli allori, soprattutto altrui. Tutti contenti gloriosi e glorificanti la nazionale di Francia piena di campioni anche elettorali, non nel senso dei sondaggi ma di solidi e insoliti messaggi politico-morali, ad esempio. Bravi bravi bravissimi Thuram e Mbappé, su certe cose da atleti famosi bisogna prendere posizione anziché solo lo stipendione: ovviamente su tanti dei nostri bravi ragazzi che cantano calciano e portano la croce — celtica, perché oltre alla maglia della Nazionale c’hanno tatuata sulla pelle tanta simbologia e simpatia Fascio-Nazionalsociale — manco un mah o un beh. Scena muta per omissione, o per mutua comprensione e condivisione. D’altronde. L’autodissoluzione della democrazia passa dall’assoluzione eppoi dall’adozione/adorazione della più moderna ed efficiente autocrazia: ci saremo suicidati, ma con un funeral party a cui siamo tutti invitati; e noi italiani alla festa saremmo messi bene, e mica imbucati. Immaginate. Coll’aiuto di Dio di Telegram e di Putin Trump lo votano o lo hackerano Kapitan Amerika, X-Man Elon diventa padrone del Muskverso: ma noi avremo Happy X Mas alias il Generale Italietta Vannacci, a servire la Nazione e i suoi cocktail di battute su checche viados e negracci che finalmente andranno a segno e non più in assegno ma a qualcuno di traverso. Tutti giù a ridere, altrimenti giù botte come ai ragionieri che anziché in puttan-tour vanno in giro vestiti da mignotte. Sarà bellissimo, sarà l’alba di una nuova civiltà bella bianca maschia e suprema, ma per noi del Papaluto potrebbe essere ancora meglio: tipo se morissimo prima. Alla fine possiamo far finta di credere a quello che ci dicono gli opinionisti più quotati, sgamati, sovranizzati e somarizzati: e che sarà mai questa versione della democrazia più diretta e popolare, anche nella sua eversione più pop e trendy che la dirotta verso una capocrazia populista e dittatoriale? Noi però non vogliamo crederci, e neppure pensare quello che abbiamo pensato pensi Macron: non è vero ma gli cedo? No, vogliamo credere a quello che Macron ha davvero detto: nessuna rassegnazione né disfattismo. Ci si può ancora svegliare e schierarsi anziché svogliarsi, per questa democrazia malandata ma meglio di qualunque altra alternativa finto-nuova e già andata (a) male: forse non è nero, e io ci credo. Nel frattempo cupo e lupo, buonanotte buona ululata alla luna, e malora più che mai buonafortuna.    

Trump Fiction by Quentin Tarantella

          

lunedì 25 dicembre 2023

JINGLE BALLS

La Notte Santa (Claus) alle porte, la Terra Santa alla frutta, ma che sia più che altro una Terra Santabarbara che esplode di Santa Barbarie chi vuoi che se fotta —  è di nuovo la magia del Natale, è sempre la minchioneria del tutti viziati e bambini, tutti stupiti e stupendi mentre stupidi come siamo spendiamo gli ultimi spiccioli di vergogna coscienza e stipendi! Ma sinceramente quest’anno è da ottobre che fra razzi rappresaglie e aguzzini, noi ci sentiamo tutti magiminchionamente ragazzini. Essì, l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ci ha fatto sembrare e sentire un attacco di nostalgia e di Bush all’Iraq nel 2003. Bei tempi bui, quelli! Quando avevamo tutti meno anni e più scuse, perché eravamo più giovani e più inesperti e stupidi, impazienti di buttarci nello scontro di civiltà che poi era solo un sconto di civiltà: una barbarie che, preciso a oggi, imbocca sentieri ripidi imbocconi creduli e risentimenti rapidi quanto luridi. Voraci interessi in maschera di Carnevale della lotta al terrore di feroci islamici ossessi. Ricordate? Le madrasse dei Taliban contro le maitresse e le vaiasse del pensiero Neocon, o stai colla crociata e la crostata di mammà o sei per il jihad d’imammà, pro o contro, l’Occidente oppure l’Islam — e solo per mascherare e/o scudare questioni di Iban. E oggi, che tutto è cambiato, che abbiamo capito e visto e processato fatti e in parte malfattori di quell’imbroglio di sangue e soldi mai visto? E oggi che è cambiato tutto, che dovremmo aver imparato molto, non è cambiato niente: ma in compenso non abbiamo imparato nulla, e abbiamo incasinato e inquinato subito tutto il quadro in un niente. Essì, proprio come vent’anni fa ll gioco di società al massacro è sempre Fango&Cash, sangue e merda a gogo, soldi e black propaganda — ma marrò. Mettiamoci le magliette, facciamo le squadre o meglio ancora le squadracce, e mettiamoci a fare le marchette e le macchiette. Tutto è fare show, ma quello in cui alla verità dei fatti alla memoria storica e all’intelligenza dei concetti si fa sempre sciò. L’importante è fare a botte — di share, di like, di views televoti e televuoti dal Partito Social-ista. Essere pro o essere contro, perché non essere un non plus ultrà livello pro — per fare hype e carriera diplomatica poco ma politico-polemica parecchio — presenta solo dei contro. Se non stai coi tagliagole islamisti o coi coloni ebraico-integralisti, stai solo fra i coglioni e non esisti; se non sei arcisionista sei iscritto d’ufficio all’Arci Jihadista, se in Hamas non vedi una specie di Caritas col veniale vizietto terrorista sei automaticamente per i bombardamenti di Netanyahu lo stragista: se distingui fra Hamas e Palestinesi e fra governo israeliano e cittadini d’Israele, non distingui il bene dal male — e ogni possibile male, ti deve capitare bene bene. Gli stupri sulle donne servono solo a violentare la complessità e l’intelligenza, i bombardamenti a conventrizzare la verità e la speranza, le decapitazioni dei bambini a tagliare la testa al toro e pretendere che tutta la storia d’Israele e Palestina possa stare in uno slogan o dietro un muro. Impossibile dire che i capi di Hamas e i capi d’accusa a Netanyahu sono due facce della stessa merdaglia — quella che sin dai tempi dell’assassinio di Rabin combatte la pace e una guerra per procura fra poveri e settari che arricchisce corrotti aspiranti dittatori e miliardari — e che entrambi sono atroci attori nel teatro di sangue delle tragicommedie storiche, guitti arte e parte in causa nel lucrare immense fortune politiche ed economiche. La scena è solo loro, tutta l’oscena pantomima dei Nemici con Benefici che si fanno cappotti di piombo e ponti d’oro. Fare la guerra è complicato, costoso, coinvolge tanta gente: ma per Hamas e Netanyahu farsi la guerra è talmente conveniente da diventare cosa urgente e occasione unica e cogente. Due popoli, due stati? Un solo popolo — bue e al macello — e un solo stato — mentale, spietato scervellato e pietoso. Nessuno spazio per un dibattito men che stragicomico, per un’idea approfondita o meno disperantemente approssimata della situazione, per lo studio della storia e della geografia — al massimo della Berlinguer, di Floris, della De Girolamo in Boccia o di consimile e consorte talkscioccheria. 

Intendiamoci, se in giro per il pianeta trionfa la sega a motore di Milei in Argentina e magari si prepara a rifarlo quel cesso a pedali di Trump con qualche sega mentale di golpe alla cilena, vuol dire che davvero tutto il mondo è paese.  Ma non Belpaese: quello siamo solo noi, quello che l’ignorantismo bello bullo e palese così ce l’abbiamo solo noi. Buono per tutte le occasioni, cattivo consigliere e ottimo carnizzere per tutte le opinioni. Meglio se a cazzo, al sangue, un tanto al chilo di carne di cristiano, ma meglio se musulmano. Orgoglio Italiano — come si porta e porta voti adesso — siamo Soloni Noi. L’Italia dove a dibattere di guerra e pace come fossero Leoni Tolstoj anziché da tastiera abbiamo disperati e disperanti improvvisatori di testate nel muro e nel torbido, ma in carriera. Una paccottiglia versatile quanto vomitevole, una compagnia di giroviscere, indigesta ma sempre in onda in vista e in pista. Per qualunque notizia, evenienza, esigenza di rissa preceduta da finta intelligenza tonta intellighenzia e vera intellodelinquenza. Togli un decorativo scrittore progressista, aggiungi un aggressore professionista e regressista; aggiungi un impegnatamente inutile autore di sinistra, ma lo controbilanci con un agitautore sessista e reazionario di destra: ritocchi il registro e magari ricambi il ministro, quello che magari ti ha fatto il favore e adesso ti allunga la mancia e la minestra. Ricetta fissamente variabile o fessamente mutevole a seconda dell’orientamento, dell’occorrenza, dell’ospite prezzolato tuo e della concorrenza. Per la politica estera, per la cronaca interna nera gialla o rosa, sempre rósa dalla cronica politica di reperire argomenti da sviscerare con vittime o carnefici da scannare. Prendete il già tritissimo e tristissimo tritacarne del femminicidio Cecchettin. Metacannibalizzati in un attimo Giulia e Filippo, da vittima e carnefice si è passati a insultare il padre della vittima che per gli hater è peggio del carnefice. Ma il massimo del minimo di questo dislessico familiare e familista si è toccato con Elena, la sorella. Una ragazza che si è limitata a esternare il suo dolore, a parlare perché la sua perdita non fosse inutile, a cogliere l’occasione e raccogliere le forze per dire la sua contro la violenza sulle donne. Stop. Un semplice parere, un sommesso dolore, il coraggio di appellarsi alla coscienza di tutti perché quanto subito da troppe donne non debba più accadere. Giusto così, giusto una posizione e finita lì, no? Macché. Elena viene messa subito nel mazzo di carne da gioco degli specchi, della speculazione, della contrapposizione facciadaculto a cazzo e a sputacchi. Anticrista Satanista o nuova Antigone e Santa Femminista: al centro della sceneggiata familimachista e napoletana come sorella che non tiene al lutto e figlia che non tiene decoro, oppure eroina purissima della tragedia greca autoflagellante e pseudoprogressista per la gente di sinistra che scrive ma è troppo fatta di sé e di autodafé per leggere la trama di Sofocle anziché unirsi alle Sore Sofoclelle in coro. Tutto contro tutti, tutto e il contrario di tutto, e tutto ad abuso e consumo del solito pro e contro. Stavolta sul patriarcato, anche se non esiste più, e dalla famiglia alla scuola alle istituzioni l’educazione e la formazione è demandata e domandata a un vuoto e impaurito partenariato. Il problema è che i genitori vogliono essere amici dei loro figli, a costo di essere nemici del loro avvenire e della loro educazione. Non importa. Chi ha tempo di leggere il reale, quando c’è da scrivere il pezzo a sensazione o hai scritto il libro con cui andare in televisione? Su certi temi non serve fare attenzione o non sia mai informazione — serve fare audience, polemica, strategia della tenzone. Allora vai di derby della Madoninna: santa classica oppure sarda queer? La fede nelle famiglie belle coi figli mazza e panelle vs il credo che nelle case vada troppo poco la Murgia e quindi il Padre-Patriarcone di Gavino Ledda vada alle stelle. Uno scontro a fuoco ma a vuoto, inutilissimo di suo per quanto irrozzitissimo da noi, ma già bello rozzo carico e caricaturale ma in utilissimi di suo. Come al solito conveniente per chi lo porta avanti — per farsi sentire, per farsi conoscere e leggere, per far risentire la gente e farsi pagare coll’agente. Inutili speculazioni di sinistra, speculatori parecchio in voga in foga e in utili da destra; di qua il tizio di purosangue italico che la realtà non c’è da capirla o cambiarla ma solo cavalcarla, e poco più in là a tavola il Ribot della fu sinistra che ne combina di tutti i The Kolors mentre controcanta Italo Desco disperato perché la realtà — ostinata, populistica, forse neppure vegana né olistica — proprio non vuole capirla che solo un cavillo di razza come lui sa come cambiarla. Tutto sfocato, tutto forzato, del tutto slegato — per interesse o incapacità — dal paese e dalle sue necessità. Gabbie ai salari, pistole per tutti nelle città che sono giungle di ti asfalto e da safari, super-avari su sanità e Reddito di cittadinanza perché in questo modo chissà come aumentano salari e stipendi: per ogni cosa la soluzione è, parolone e pensierini stupendi. Un viaggio mentale e demenziale all inclusive, una presa in giro d’Italia tutto incluso e a parole tutto inclusivo, isole padronali e patriarcali comprese. Risultato? Il post Cecchettin si risolve tutto con un post e qualche corso online al volo e low cost a cui fare il check-in. Basta, e anche stavolta fino alla prossima basta far finta di dire e di credere basta mai più. Tutto finisce nel solito copione in mano a supposti maghi della comunicazione, che ti lasciano vaghi vagoni di supposte al magone. Tutto in archivio in merda e nel dimenticacatoio con una frase sui social e un’ora di educazione sentimentale — by Valditara, non per niente il Flaubert alla vaccinara — sui banchi di scuola. Una donna a capo del governo e una a capo del più grande partito d’opposizione, che in commando fanno esattamente quello che avrebbe fatto un uomo solo al comando: fuffa e baruffa, fumo e profumo d’intesa sull’essere d’accordo ma poi in Aula trovarsi con un pieno accordo sul disaccordo in essere. Insomma un bel niente, il solito vuoto pneumatico e partitocratico, ma uscito dal voto femminile e paritocratico: ecco la famosa parità (a zero) fra i sessi. 

Certo poi non dobbiamo essere ingiusti, qualcosa si è ottenuto. La legge bavaglio sulla stampa, dove la mettiamo? Così di casi e casini Cecchettin, non se ne sente parlare più — ma non perché non succedono, perché succede che il governo dice che non se ne deve sentire più. Risolvere il problema alla radice, come quando c’era Lui: perché mettere in galera chi commette i reati, quando puoi incarcerare chi ne parla, e magari sparla pure dei miei?! Semplice, geniale e e congeniale a questo esecutivo del Merito — soprattutto penale — di certe proditorie prodezze e produzioni di dossier Santanché Del Master Chef Gasparri Crosetti e corruzioni. Sebbene, e va riconosciuto a questa Destra tutta Legge è Ordine del Padrone, anche senza apposita legge è bravissima a procedere con ordine e omertà in ogni condizione — valga per tutti l’esempio del mitico Giancarlone. Pittelli, l’avvocato dell’Obolo dei Limbadi, il parlamentare di Forza Fratelli d’Italia passato dalle leggi pro-Silvio alla legale livello pro per la ‘ndrangheta, un valido esponente del Mafiarcato responsabile fra le altre cose loro dell’omicidio di Maria Chindamo: una donna libera, un’imprenditrice coraggiosa capace e ribelle, data in pasto ai maiali perché colla doppia aggravante di essere donna e addirittura imprenditrice non si era piegata ai loro porci comodi. Al tempo del suo passaggio di salvataggio con Fratelli d’Italia, già più che inquisito e inguaiato coll’inchiesta Rinascita Scott, Meloni l’aveva definito per il suo partito un valore aggiunto — adesso alle patrie galere, e come pietra tombale sul furbastro galleggiamento fra predicazioni ipocrite e azioni vere. La posizione di Donna Giorgia al netto di ominose e uomofobe omelie sul femminicidio che visto l’indifferenza in cui si consuma in realtà è omerticidio? La parola d’ordine è Dio, Patria e Famiglie — non arcobaleno, ma narco, però protette candidate e candidamente lasciate intatte in un baleno. Per il resto, grida manzoniane e urla meloniane, ma bandite impacchettate e imbandite dal giusto palco  col giusto contesto. 

Tipo l’imperdibile non meno che incredibile Atreju. La Giorgialand tolkeniana dove si lecca il culo alla Dolce Ducia per sport e mestiere tipo Hobbit&Work, che quest’anno fra Briatore, Giambruno il Molestatore Musk l’inseminatore e Abascal di Vox il Franco-Imitatore non avrebbe potuto essere più magica e comunicattiva da macabracadabra manco se ci fosse stato ospite Turetta. O forse sì, non disperiamo, vediamo e prevediamo l’anno prossimo. Sempreché l’anno prossimo — dopo essersi iscritta alla rediviva Superlega di Salvini contro il Mes, ed essersi beccata il Patto di Stabilità cucinatogli da Macron e Scholz come Piatto d’Instabilità e austerita quando credeva d’esserseli cucinati in salsa d’Itala e scaltra sovranità — la Meloni, a cui mancano giusto 200 punti di spread per completare la tessera per vincere un ko e un governo tecnico, ci sia ancora. Ma non mettiamo limiti alla provvidenza, né soprattutto alla professionale e professorale Gran Riserva di scuse balle e propaganda circa l’Italica Sovrana e Autarchica Rinascenza. Dare meno a chi ha meno per dare di più a chi ha di più, tagliare le tasse a chi tanto già non le paga, tutelare balneari tassinari e tangentari tumulando tutti quei coglioni senza palle di non evasori, non abusivi e nemmanco eversori. L’insicurezza sociale si risolve con più pistole ai poliziotti fuori servizio, la sicurezza economica per lo più più medici e infermieri pistola che dopo i tagli accettano ancora di prestare — anzi regalare — servizio, la criminalità e la precarietà organizzate non si contrastano: perché parlare e lamentarsi è un brutto vizio: e infatti Caivano si bonifica meglio bonificando i pestatori di Saviano sempre in sevizio. E se vi sembra poco, è perché capite e ci capita poco. Noi abbiamo fatto il massimo che potevamo con quello che avevamo — e soprattutto col niente siamo e l’anche meno che sappiamo. Si perché, in attesa di capire se la Fratellanza d’Italia è più sovranista nera o suprematista bianca, nell’adunata da venerdì-sabato-domenica paraculofascista si è stabilito che è supervittimista vera. Non c’è una lira, non c’è un’idea, e peggio ancora non c’è un’idea di come spenderla financo quando il Pnrr ci dà qualche lira. Quelli che volevano uscire dall’euro a tutti i costi, non riescono a farne uscire manco uno come spese sensate anziché mance a sottopanze e sottoposti? Tutta colpa degli altri, che non riconoscono il Ministero del Merito, di un governo che va come un treno — quando non si ferma a richiesta di uno che come resta Ministro è un mistero. E non parliamo della maggioranza che sostiene questo governo che spacca, quando non si spacca ma fortunatamente si allarga . Pensate solo che la finanziaria da soliti madreignoti che rubano nottetempo il reddito di cittadinanza come la pasta e ceci, è stata votata ben dopo la mezzanotte: perché prima bisognava festeggiare Gggiorgia che faceva la festa alla Ferragni in mezzo ai Tapiri ai Tarocchi-Balocchi e alle botte. E qui non si capisce se — almeno per i minchioni affetti da glandopatia cerebrale che ancora aspirano o pensano a non morire demagogo-cristiani — è più sconfortante la Meloni che individua nella Ferragni la capa dell’opposizione, o la granitica vacuità di Schlein e Conte che le dà ragione mentre non da né capi né coda all’opposizione; no perché non pensate che non ci sia chiara la situazione: non basterebbero mille Del Mastro Lindo a fare piazzapulita di questo governo d’incapaci e iper-rapaci di tutto, e per questo sempre favoriti a ogni elezione. Più la situazione precipita, più i sondaggi volano. Figo? Visto quanto è raggelante, al massimo frigo. Ma non crediate. Le ragioni del successo sono profonde, sono un tema, che non basta liquidarle colla profondità di un coma. Non è solo perché questa maggioranza di nessuno mischiati con niente contro c’ha il niente di un’opposizione fatta di reciproche contrapposizioni che per non rischiare di vincere o convincere non vuole mischiarsi con nessuno. C’è di più, c’è di peggio, c’è che il peggio dei peggio adesso è quello che va di più. E che va dall’Europa agli Stati Uniti e ritorno, con un ritorno politico ed elettorale a consenso unico che nel mondo si allarga a macchia d’odio. Soluzioni false e facili a problemi reali e difficili. Se il mondo ti spaventa, votami e lo spavento io per te: trasformandolo non in un posto meno spaventoso e sicuro, ma più spaventato spaventabile e manipolabile di sicuro. Rabbia e paura, paura che vota e si vota alla rabbia. Portami la tua paura, che io te ne libero — liberando la tua rabbia. Sorda, cieca, che non sente ragioni ma solo amore o tombacizia per mortali soluzioni alla cieca. O alla russa, all’Ungherese, alla Fascio-Fashion week che torna risfila e bussa. Ti fabbrico un nemico, una scusa, un alibi per fartelo nemico e sparare al vicino di casa. O al negro anche se è nato a Riccione, a quello che ti ruba il posto di lavoro o nel parcheggio del Lidl, a qualche riccone gay e pedofilo del complotto  gender che vuole far diventare tuo figlio ricchione. Il mondo adesso disfunziona così, e figuriamoci il piccolo immondo antico dell’Italia che per il momento e lo scontento Giorgia dice sempre sì. Anche quando, anziché pensare ai problemi del paese meno premiato e più debole, si risolve i suoi coll’ideona del premierato forte — antidemocratico antiefficiente e arcideficiente, forte. Ma non importa: anche se ogni troppo appoggiata da Italia Viva, la maladestra di Giorgia ha la maggioranza perché l’Italia non ne vuole sapere della sinistra minoritaria minorata e morta. Dovete stare co’ mme, che so’ Ggiorgia e sto colla parte viva e viva la mmerda der nostro merdaviglioso paese colle pezze d’appoggio al peggio e al culo, ennò co’ quelli colla puzza ar naso e l’attico ar centro che n’idea mejo de la mia non la vedono manco se gliela mettono sotto il muso. Cittadino italiano, nel periodo delle festività più che mai è giusto pensare a chi sta peggio di te — ma fra immigrati e italiani mantenuti, redditi e rendite di cittadinanza, fancazzisti che colla scusa di fare i fan degli antifascisti ci riempiono di terroristi importati dagli scafisti, chi sta peggio di te?! E infatti. Disillusi e incazzati da tutto, gl’italiani al momento sono illusi e incantati dal nulla di GGiorgia. Non importa se questo governo non fa niente di buono: neppure me l’aspetto, mi accontento che faccia male a qualcuno. Per questo sull’albero hanno messo le palle di Natale, e sotto le penose e pelose balle di Giorgia: che gli ha promesso quelle di Mohamed, della moglie di Fedez o di Pasquale. E mentre nell’aere si spande soave il ritornello del tornello del ricono e della propaganda manganello di questa Jingle Balls, vi ricordiamo che a Natale siamo tutti più buoni: a nulla, specie se crediamo a certe cose, se ci ricrediamo su cosette come la giustizia e la libertà perché non le sentiamo più nostre, se ci arrendiamo o alleiamo alle loro cose nostre. Buona notte santa passata, buona fortuna puttana e sfacciata che da qui non vuole passare.     





domenica 25 giugno 2023

MIRACOLO MOLTO ITALIANO






La sapete quella della bandiera a mezz’asta in onore di quello fissato coll’alzabandiera? Sembra una delle sue storielle più trite tristi e zozze, tipo quella delicatissima della mela che però se la giri non sa di mela ma di culo. Triste trita e zozza, ma vera, tipica e topica della nostra Storiella Patria dal 1994 in poi in giù eddai però giù a ridere. Perché come sempre in Italia — e sempre di più nella Sua Italietta pecoreccia pseudogodereccia e a pecorina che scambia il popolare col volgare — la situazione è greve ma non seria. Non ce lo nascondiamo dietro un dito, né dietro al corteo del re del dito medio ai comizi che se n’è andato. Il lutto nazionale indetto per Berlusconi ha indiscutibilmente detto e significato un lutto nazionale per l’Italia che alle sue tragiche barzellette, alle sue comiche promesse e alle sue croniche e mirabarcollanti imprese non ha mai creduto, abboccato o ceduto: quella minoritaria e minorata perché un minimo morigerata che lui — fra una risata delle sue e una retata fra i suoi — ha sempre irriso o blandito, ma mai realmente rispettato o riconosciuto. Una guerra incivile tutta caviale e sciampagna elettorale contro la parte di Paese che gli resiste, che non ci casca né gli casca ai piedi, contro il Paese di parte che per un’altra parte di Paese non dovrebbe e non lo meriterebbe ma che nonostante tutto esiste; la Supposta di Repubblica Impopolare Cinese e Bacchettona che malgrado tutto e tutta la propaganda da spot estremo non ha voluto essere del Banana, della Bandana, Presidenziale e Preferenziale per la Bustarella con Battona e Battutona. Quella che non perdona, che non dimentica, che ha pagato dazio perché non essendo in compravendita né in combutta ha sempre pagato le tasse e quindi non concilia né condona. Neppure in punto di morte, di share, di morto di fama santificato da vivo: da vivo solo per i soldi la fica e lo share. Uno statista che va e ti manda a puttane la casistica, uno per cui in uno Stato sono solo i dindi i dribbling e i dildo a fare statistica, e tutto il resto è econometria stocazzica di misurami questo se vuoi sapere se il mio cazzo di stato è retto barzotto oppure onesto. Ecco un uomo così — che al di là della della fedeltà allo Stato e alle Istituzioni come inutile dilettante e poco dilettevole professione, in realtà e in lealtà ha sempre preferito qualche stato estero per la bassa tassazione e l’alto tasso di prostituzione — ha ricevuto onori riservati solo ai Presidenti del Consiglio diventati poi anche della Repubblica. Per Grazia non ricevuta e Ruby invece e in mutande sì, il Quirinale è uno dei pochi scempi che ci sono stati risparmiati: a differenza degli sciampi a opera anzi operetta di prefiche-sciampiste travestiti da giornalisti mica da ridere e opinionisti mica opportunisti nel piangere che adesso schiumano frignano e fustigano per tutti i supplizi che in vita non Gli sono stati risparmiati; per non parlare degli onori degli elogi e dei privilegi funebri, su cui Meloni e camerati ardenti per colpa della solita sinistra veterostalinista e neoschleinista vuoi non vuoi un po' si sono risparmiati. Chiudere l’Italia con un Lut-down di almeno un mese, intitolargi tutte le piazze e tutte le strade di paese e di città in tutto il Paese, consacrargli tutti i luoghi che per lui erano chiese: con una sua foto in tutti gli stadi, in tutti i caveau blindati e in tutte le case: specie quelle chiuse; radere al suolo il palazzo di Giustizia di Milano, anzi tutte le procure della Repubblica, anzi anzi per giustizia e per procura al governo direttamente ‘sto palazzaccio antiquato della Repubblica; rinnovare, dare aria nuova e il Suo nome al Colosseo e al Canal Grande — rispettivamemente: Nuovo Anfiteatro Silvio e Grande Canale 5 — e col permesso e il lettone di Putin, anche alla Piazza Rossa: del resto chi più dell’amicone autocrate e trafficone Silvio, nella sua villa oligarchica e colla nostra vita democratica ha fatto la roulette e il piazzista alla Russa? Ehhh magari, cazzo… Questo ci sarebbe voluto, sarebbe stato il minimo, e invece in questo Paese mai davvero ex sovietico e post-antifascista — per evitare la furia e l’invidia della Guardia Arcobaleno Transgender Abortista e Affittouterista — si è dovuto fare il minimo... Questa è La Verità, poi ci sarebbe la verità: minuscola, nostra, anche un po' dei fatti anziché dei fatti alla Belpietro di Papibuilding che si anabolizza si agiografizza e si muscola. E sto po' di verità è che per solennità e brevità si sono chiamati funerali di Stato, ma nel popò di caso penoso umano e spinoso per sincerità dovevano chiamarsi di Stato-Mafia, o almeno funerali di uno Stato — civile, di diritto, non prono e pronto al più dritto penale per eccellenza ed emittenza. Ma come sempre da noi, a prescindere da come hai vissuto o da chi hai ammazzato, basta morire potenti per essere eroi: se poi ti sei davvero ammazzato o fatto ammazzare pur di campare non bene non da re ma per il bene da eroe, cazzi tuoi. Non te l’ha chiesto nessuno, e adesso ne rispondi: il buono vero qui è buono davvero solo da morto. Nella nostra storiaccia patria galera questa è la regola, e ‘sta commediaccia all’italianetta funerea prim’ancora che funebre è stata l’accezione putino-vanziniana che la conferma e l’esalta alla regola. Bandiere del Milan e della Nazionale Pregiudicati, nani Meloni e ballerine, Salvini Boldi e Olgettine, Presidenti Mattarella osannati e imbarazzati di fianco a presidenti Orban sciovinisti sovranostracisti e imbarazzanti. Esagerata, immeritata, kitsch al limite involontario dello sketch, oltremodo pomposa per non dire controproducente e oltraggiosa, questa è stata: ma in fondo solo questa poteva essere l’uscita dal mondo, per uno che dalle corna al G7 al gesto dell’ombrello alla Carta del ’48 non ha mai lasciato la scena senza qualche uscita oscena da farci toccare il fondo mentre lui tocca qualche fondoschiena. Vabbè, è andata così, che se n’è andato così, come ha sempre sognato d’andare e restare al potere: col Parlamento chiuso, praticamente sciolto come i cori da stadio e da studio teleinvasivo a lui cantati dedicati e decantati dai meglio ceffi da schiaffi nel funerale-ammucchiata solenne pulito e signorile quanto una Gangster Bang. Tubino nero, fazzoletto bianco, adesso sei all’ultima cena elegante col tuo Bettino, un tombamico vero: a insegnare agli angeli come si donano riciclano e condonano le mazzette All Iberian mentre si rimorchiano le ragazze del Drive In, Pace Pubblicità e Amen. Tanto alla fine e a ben vedere se lo sono dovuti piangere ripiangere e rimpiangere sul (semi)serio solo quelli che gli devono tutto, che gli si sono venduti con profitto, compresi quelli che dopo aver preso a scrocco gli hanno dato addosso: a noi è toccato piangere e piangerci, e visto quello che si prepara toccandoci forse toccherà pure rimpiangerci, la ficata e la preficata lunga tre giorni di lacrimata Maratona Vespo-Mentana-Minchiona dell’amnesia dell’ipocrisia e dell’amnistia per il Santo Subito e Martire Più Che Mai Adesso. Una cosa falsa, pesante, una farsa dipartenza truccata pesante come il suo phard e ogni altra sua cosa — a meno non si tratti del sincero consolidato e vero rapporto con la Nostra, come Cosa. Ma oramai non importa. L’importante è stato un estremo saluto molto signorile, riservato, soprattutto molto riservato a signorine e Signorini. Sempre tutto con un certo stile — quello di marca, che distingue, che marchia perché manca. Per dire. Mercoledì il funerale, giovedì pronti i quattro o quarantaquattro o quattrocenquarantaquattro matrimoni d’amore per i mercimoni d’interesse di potere e d’interessi: da Renzi a Cairo a Tajani, da Arcore al Monza alle Milano 2  3 e 300 succursali della Patonza, dalla figlia Marina alla pseudomoglie Fascina alla figlioccia della lupa Meloni. Il cadavere è ancora caldo, ma è già tutto un correre ad accaparrarsi le polpe più fresche — e in cambio amnistiare per amnistiarsi tutte le colpe, dalle più lievi alle più losche. Pezzi di governo e di maggioranza, pezzi di famiglia di banche e di tivù, io ti posso salvaguardare un pezzo in base al prezzo che mi fai o mi fai salvaguadagnare tu. Uno squallido, sporco, spietato e scontato copione — quello scritto e interpretato da lui, malinterpretato come una favola anziché una favolosa frottola da una parte di noi, cioè l’Italia in Minchiatura ora in ginocchio davanti ai suoi ceri e per trent’anni in estasi sotto al suo cerone. Una storia italiana che adesso comincia a finire: male, anche peggio di quella puttanata di putinata patinata di Una Storia Italiana che Silvione ci mandò pro domo sua ma a domicilio nostro — e spese pure. Un album di Famiglia Corleone che inizia a strapparsi, fra chi ancora si strappa i capelli e chi cerca di strappare ancora applausi poltrone o almeno sgabelli. Tanto per dire e per cominciare a finire, Micciché — l’eroe di Publitalia dall’eccezionale fiuto politico, l’innovatore di Pippitalia che da ministro introdusse da leader e da pusher la coca recapitata al ministero — ha già denunciato che qualcuno di Forza Italia gli ha messo un gps sotto la macchina: Perché col clima che c’è mi aspetto di tutto… E se lo fiuta lui, diciamo che il regolamento dei conti ovvero lo sgretolamento di conti baroni e colonneli nel partito non sarà una cosa cortese, cordiale, all’inglese — più una cosa loro, micidiale e Miccichediale, per l’appunto alla corleonese. Solo che così non va, né ci va di trattarlo a spizzichi e bocconi, perchè anche se adesso è la creme de la cremature del mausoleo nell’urna non elettorale sarebbe lui il primo a rivoltarsi da supino a bocconi. Con cioè contro di me ce l’avete messa tutta da vivo, e adesso non dovreste mettermici tutto solo perché sono morto? No, Silvionem per noi non funziona così, neppure anzi tantomeno con te. La memoria di un uomo non si rispetta omettendo o oltraggiando la memoria, la verità e la storia di un Paese — persino se il Paese è l’Italia. E quindi.  
Montanelli cacciato dal suo stesso Giornale, Dell’Utri ed Ezio Greggio, Previti e Maria De Filippi, Craxi Costanzo e Kiss Me Licio Gelli, la loggia P2 e la banda Rete4, il delitto Barbara D’Urso tutti i pomeriggi con Destrezza e l’omicidio Marco Biagi regolamento di conti interno alla sinistra, lo stalliere mafioso Mangano e il cameriere smanioso cleptomane e sniffoso Fede, i bulli le pupe e i pazzi pupazzi Gabibbo Giordano e Sgarbi, l’editto bulgaro da Sofia e la macelleria messicana alla Diaz di Genova, le cazzate dei giornalisti dei suoi stalk-show e tg e le cassate in omaggio dagli stragisti col tritolo le granate e gli Rpg, il milione di posti di lavoro di bocca per fare la corte Prostituzionale al Paese ingenuo illuso e colluso che pensa col cazzo e solo al proprio culo, le leggi ad personam e le greggi di cervelli ad puttanem coi suoi programmi politici e televisivi ad minchiam, la caccia al magistrato non-uomo toga rossa colle calze turchesi e alla gnocca da coricare eppoi candidare fra le mezze calze azzurre, il voto degl’italiani come puttanificio di collocamento, l’utilizzazione finale e seriale delle Noemi e dell’Italia in gran Letizia… 
Potremmo continuare, dovremmo spingerci oltre, potremmo e dovremmo dire che è strano per un cancro ammalarsi e morire di leucemia: ma forse sarebbe troppo anche per noi, che dalla terza liceo ci occupiamo di lui che da trent’anni — da bim bum bam al terzo livello della mafia che fa boom nei Palazzi smistando bon bombe nelle piazze — si occupa tutto e di tutto quello di cui non vogliamo e non ci siamo voluti occupare noi. Tipo pensare e pesare tutt’insieme come paese chi siamo o cosa vogliamo, i problemi e le responsabilità che abbiamo, essendo orgoglionamente strapaese cosa sbagliamo e in cosa svogliamo — che palle: meglio sentirsi tutti decerebrati e deresponsabilizzati e perciò stesso deliziati a cazzo dal suo discorsetto pubico sin dal primo, indimenticabile come una data o un’inculata storica, quello che l’Italia è il Paese che Amo. Berlusconi ha enormi e incredibili colpe, di cui tutti noi abbiamo colpe e responsabilità, indivisibili imprescindibili ma a latghi tratti anche indistinguibili da lui. Se per molti anzi troppi Berlusconi è stato ed è ancora tutti noi, è perché troppi non hanno saputo essere poi tanto diversi da lui. Superficiali, egocentrici, superfantozzi che si sentono dei fichi epici — tutti noi ci siamo sentiti come lui, solo meno capaci e rapaci da riuscirci. Quindi no, dirgli che in vita come in morte tutti si attaccano al Cancro del vincitore sarebbe troppo, anche per lui: non troppo per la crudeltà, ché per uno col braccio destro e sinistro coinvolto nella strage di mafia e degl’innocenti non è mai abbastanza, ma per troppa importanza. Un brutto male ha ucciso un male brutto, ma necessario per il Paese: perché Berlusconi alla fine non era la causa bensì il sintomo, di tutti i mali della nostra Malitalia. Come in una fiction di e da denuncia la Serie B. li ha solo resi evidenti, giusti giustificati e più che decenti perché felici vincenti e tvsorridenti, abbrutendo imbruttendo e imputtanendo l’ex Belpaese nel Bel Palese dei Baiocchi: che servono chiaramente per renderci più sani e meno belli, per aprire le porte la bocca e le gambe e chiudere gli occhi. E gli effetti di questo vedo ma tanto non guardo gli sopravvivranno, e non solo in Italia, perché l’Italia ha un cattivo effetto sull’Italia e non solo. Se con Mussolini abbiamo dato il fascismo al mondo, con Berlusconi premier abbiamo dato una pre-view e una premiere del fascio-fashion di Trump e del Trumpismo al Nuovo Mondo; con trent’anni d’anticipo e forse di galera che adesso si rischia ma intanto è ancora lì che raschia il barile, gli abbiamo spoilerato il prototipo del datore di lavoro e di bidone alla procura distrettuale che vuole sottomettere la legge e lo Stato alla legge del mercato, del populismo paranoide più sfrenato, del golpismo incosciente e incorporato in un golfismo da presidente dilettante deviante e scellerato. Dalla Standa finita male, Berlo — come lo chiamano in India — ha stabilito uno standard mondiale. Se ti serve qualcosa — una casa Bianca, una casa editrice, una sentenza, una corte suprema o una suprema corte, un parlamentare d’opposizione per la tua maggioranza — tu lo rubi ovvero te lo compri, e se qualcuno obietta te lo corrompi. Un oligarchico terracqueo e ottimate ottimismo world class, per cui tutto è bene quello che finisce in bene — disponibile, fungibile, acquistabile in quanto nessun bene è davvero pubblico e quindi indisponibile. Ti Lodi Mondadori, eppoi t’imbrodi pure coi tuoi avvocati e giudici-lodatori. Uno spirito prenditoriale che ha infestato la Cosa Pubblica come la Casa Stregata — e per cui non ci sono abbastanza esorcismi o esortazioni a non cedere a baratterie e banditismi, per la gente italica che guarda e televota da casa stregata. Ma in realtà poi solo stronza incanaglita e inveterata, con tutti i vizi e gli ozi della benpensante ma malvivente gente italica bestemmiatrice ma devota, cioè perfettamente Italiota: e la definizione è di un intellettuale di Destra, Prezzolini, che si dichiarerebbe fieramente anti-italiano e anti-intellettuale vista Destra italiana e intellettuale ridotta a Sangiuliani Sanfedisti e Prezzemolini. Perché si è detto sempre che Berlusconi non ha mai fatto niente per la cultura — ma non si è detto mai abbastanza quanto ha fatto per l’ignoranza, per l’incultura, per la subcultura delle sberle degli Sgarbi quotidiani e dell’arroganza. Mani addosso, subumani come cani all’osso dell’apparire, facce da chiappe al vento del potere. Per l’Italia un Papimonio cul-turale unico, anche se non proprio onesto o Unesco. Non per niente il più asciutto, asettico e tremendamente adatto dei saluti glielo ha rivolto Sergio Mattarella: Ha segnato la storia della Repubblica. Stop, trapassa e chiudo. E chi vuole intendere sottintenda: non segnato come Churchill o Adenauer, e come poteva credere solo lui e la vulgata o vulvata al soldo delle sue e dei suoi, ma la Repubblica è segnata da lui come un Parkinson o un Alzheimer, affondata nelle sue feste da vulcani finti e veri gangster dopo essere stata fondata sul lavoro di De Gasperi Pertini Aldo Moro e Berlinguer. Un rumore e un tumore al cervello, un golpe al cuore malato d’uno Stato debole e sbandato e svenduto perché i suoi cittadini vogliono pensare solo in piccolo coll’uccello e sognare in grande al minimo, cioè al massimo fino al Grande Fratello. Farsi vedere, non farsi fregare, appena possibile fregare possibilmente senza farsi vedere. Fottere il fisco, il tuo socio, fottersi l’aumento o l’azienda intera o anche la compagna di banco di tuo figlio che se non ci prova forse è frocio. Quello che prima non potevi dire manco al tuo confessore, con Silvione è stato confessato venduto e vantato al concittadino complice ed elettore! Da Andreotti a Meloni passando per i Craxi amari ma non avari di maxi-tangenti e mega-soddisfazioni, ha convinto gl’italiani a non vergognarsi più dei propri spregi e difetti. Li ha persuasi a vantarsene, a fottere e fottersene, a votarglisi e a votarsene: per partito-azienda preso e creato apposta per la fuck-propaganda. Gonfiare il petto e le tasche, imputtanire le corti e i tribunali per impunire le tresche, imbonire evasione fiscale ed eversione totale sotto format di false promesse tv e vere minacce sempre fresche a chi non ci sta o non ci sta più. Mentire, corrompere, manomettere o direttamente maltogliere. Essere fan — ma simpatico, pop, spinto però pop-porno soft — del fascismo, del fancazzismo autoassolto dal fantuttismo, del fanrazzismo. Sostituzione etnica, morale, etica: la sottoscrizione persino estetica di un’Italia Open a Merdaviglia all’idea di accettare tutto il peggio di sé, il consenso infoiato non a sottoporsi ma proprio a sottomettersi a una plastica fatale alla Santanché. Al posto di quello che sotto la Democrazia Cristiana si poteva pensare o fare ma non si doveva dire, sotto sotto colla nuova Destrocrazia Giorgiana ci va tutto quello che se ti va non solo lo devi dire e fare, ma te lo devono proprio lasciare urlare: paro paro a Massimo Ranieri in Perdere l’Amore o Marco Lollobrigida, il cognato ti vomito quello che mi pare senza manco perdere l’ammirazione dell’elettore. Perché per capire la sorte dell’Italia d’oggi, basta guardare i sondaggi: le prospettive del post-Berlusconi per chi non crede nella grande Leader sono vivide e allegre come un post-mortem su twitter. Non per niente — giusto per capire cosa c’aspetta e molto probabilmente ci spetta — l’Underbulldog Gggiorgia sta scrivendo un altro libro dei morti a quattro tibie con Voldemort Sallusti: che è un po' come se Godzilla si trovasse con Gamera per suonare o dipingere la Primavera, ma siamo sicuri che pieno di versi ispirati da vero Beastseller, essendo i due autori autentici animali della proesia vera... Insomma se non vi è piaciuto il prima e il durante, il dopo B potrebbe essere una poco sorpresa molto perdurante.  
Perché il trapassato non è il passato, soprattutto se fra le molte cose che ci ha fottuto Silvione c’è il futuro: ma talmente fottuto Silvionista e imminente che possiamo chiamarlo fottituro. Perché cazzate infinite a parte, a cominciare dalle nostre, una cosa di Silvione e di sicuro va messa fra quelle fatte e finite ad arte. Essere riuscito nel miracolo italiano — molto italiano, come direbbe il suo unico vero e solo erede: Stanis La Rochelle, di Boris — e quindi essenzialmente anti-italiano di lasciare dietro di sé le macerie e davanti le macellerie di una nuova degenerazione politica al passo dell’oca e a cazzo de cane, quasi (molto quasi, quasi per niente) in degrado di farcelo rimpiangere. In vita ha mancato tutte le promesse, tranne le minacce, ma al governo e all’Italia lascia una classe politica di sostegno e di ex giovani promesse che ora sono altrettante minacce che ci manchi a morte. Basta guardarli, anche se dopo un po' basta che proprio non si può vederli. Zombie che si ballano la zumba del potere, tenuti su e assieme collo sputo e lo spunto di sistemarsi a sedere, conti Dragula in dissesto d’agenda e in astinenza da propaganda ma che grazie al cielo e al morto possono inscenare e intortare una navigazione tranquilla da salma piatta. Bleah Runner, una razza di razzisti e replicanti all’ultima polemica, in cui avere l’ultima parola per nascondere la loro politica stomachevole e di ultima. In questo senso — anche se spesso non ne ha ma ne fa sempre parecchio, di senso —  è sufficiente ascoltare Meloni, sempre rasserenante intima e riconciliante come un bidet coll’idraulico liquido: Grazie Silvio, i tuoi nemici hanno perso — e infatti hanno vinto gli amici degli amici del Cecato Carminati, del terrorista condannato e neofascista matricolato Ciavardini, del Superdotato di Voce coll’Eredità da Super-Raccomandato Luce Pino Insegno. Come se poi il problema fosse quello che dice, il problema è quello che fa e che Duce — e che una certa Italietta Repubblichina del Banana ladrona e traffichina, la seduce: prepotenti forti coi deboli e deboli forti coi potenti, minchia questa Destra Legge del Taglione e Ordine del Padrone come piace! Prendete l’illuminatissima e illuminantissima serie di riforme con cui sta mettendo mano, cioè manomettendo, il codice penale e la giustizia in generale. Corrotti eccellenti e potenti intoccabili, bavaglio alla stampa e azzeramento delle intercettazioni per rendere le inchieste su malefatte indicibili impossibili e irraccontabili, abuso d’ufficio cancellato d’ufficio e a vantaggio dell’abuso — e più avanti via sempre più avanti, carriere dei magistrati separate ma unite dalla loro sottomissione al potere politico, cioè a ogni capriccio da raccapriccio di ministri potenti e potentati di ministri-parenti. Perché sbattersi a combattere la corruzione, quando è molto più facile combattere quelli che devono battersi contro la corruzione? Tanto, o per giustizia o per impunità, la corruzione sparisce uguale. Una piaga che non fa più una condanna né una piega. Un piano e un pieno di Rinascita Democratica meraviglioso, che come hanno promesso Gggiorgia e quel fissato coll’impunità per tutti e guai ai magistrati cattivi e brutti Tarlo Nordio, dovrà rendere Berlusconi orgoglioso: e il nostro avvenire — ricco di anni poveri ma Gelli — luminoso, più che radioso, proprio Piduoso… Fico no? Prende forma l’Italia del Merito — quello altissimo, purissimo, licissimo di appartenere alla lobby alla falange o alla loggia giusta. Nel frattempo gli sfrattati e gli sfollati per gli affitti o gli affluenti in piena, se vogliono un posto dove sistemarsi devono fare in fretta a farsi dei precedenti per terrorismo e omicidio, a farsi la tessera di Fratelli d’Italia, a farsi almeno un amico neofascista o un costume da gerarca nazista — a quel punto un piatto o un letto in Rai, nel Gran Consiglio Regionale del Fascio e del Lazio, a capo di una commissione di un ospedale o di un ospizio, il Pronto Soccorso Nero di Gggiorgia sicuro glielo trova. Magari con un contornino di sapida battuta e faccia stupida e sbattuta dell’impresentabile quanto imprescindibile Gran Testa di Galeazzo Bignami — quello famoso perché si chiama come il libriccino dei temi: e perché ha pure quello di amare un botto mascherarsi da massacratore di Marzabotto, nel suo librone di cretino con problemi. Il Genio Molto In e Compreso ha appena detto a emiliani e romagnoli Rauss Kaputt e pure Schnell: per le alluvioni manco una lira, non ci si può fidare, e così imparate a votare Schlein! Simpaticissimo, intelligentissimo, istituzionalissimo. Ma del resto il livello — in questa maggioranza da osteria che rosica e magna — è questo: basso di rango ma altissimo di fango, altroché lì in Romagna! Nel frattempo e nel Paese si attacca la solfa del governo pragmatico quanto idealista per non dire platonico tanto è ideale, ma vigliacca se si attacca un chiodo o un solo problema reale; infatti e in effetti, se qualcuno da qualche parte nel Paese passa qualche cazzo, per il governo ci si può benissimo attaccare. Del Pnrr non si sa nulla, dell’avanti piano piano quasi fermo e dei ritardi anche meno, dei piani forti di propaganda a codazzo che suonano l’antifona delle riforme a razzo e delle polemiche a razza e a cazzo s’è capito pure troppo. Il Presidenzialismo alla Sovranista, l’Autonomia Leghista, il Revanfascismo da dicastero dell’Egemonia Inculturale Melonista. Tutta roba che a loro fa gola, che la gente forse si beve ma con cui alla fine mica ci mangia. Quando arriva la bolletta a fine mese o il mese manco finisce ed è già in bolletta, l’elettorato ti presenta il conto: di provvedimenti che provvedono  sempre e comunque all’acquisto di potere della maggioranza Meloni, mai davvero al potere d’acquisto della maggioranza degli elettori minchioni. La luna di miele cogl’italiani, cogl’italiani che non sono diventati tutti Mussomeloniani o populisti ma sono sempre e da sempre solo molto volubili e portafoglisti, ci mette un attimo a diventare di fiele: delle nozze di sangue, cogli ex fichi di turno e di governo fatti secchi. Del resto ‘sto subesecutivo para e subnormale non può andare avanti così, come un sottogoverno Meloni sempre sotto botta della droga del potere dei sottopanza e dei posti a sedere, ché lo strapotere dello strapuntino da Destra a mancia è un sistema di sgoverno non si può più reggere né reggersi né vedere; non si può andare lontano col sistema dell’a Noi i buoni posti e a voi i buoni pasto: per metterci una pezza che non sia al culo inizia a farsi già tardi, e per un Draghi bravo bis terno ed eterno mai troppo presto. Hai voglia di patriottismo pezzente, che rattoppa tutto attaccando a tutti la pezza su un’idea di Nazione antiquata paracula e perdente:  Giorgetti e Giorgetta litigano sul Mes, e dopo manco un anno già si rinviano i consigli dei ministri perché Meloni e Salvini giocano a se mi vai di veto allora andiamo al voto. Tutti i nodi, tutti i modi sguaiati e truffaldini per nascondere di essere inguaiati, stanno già venendo al pettine che quasi vengono alle mani. Ma del resto. A un certo punto finisce il collante e l’accollante dei posti per i sottopanza, esattamente come alla gente finisce la paga e la pazienza: e pazienza se poi questo si paga perché al prossimo giro elettorale scaricano i fascisti su Marte Nettuno e Ostia mandano su i Nazisti dell’Illinois o i Satanorenzisti di Cosenza… 
Anche qui però. Se per anni gl’italiani prima votano democraticamente un governo eppoi sempre più demagogicamente si votano a vittime che si rivoltano a un carnefice, è anche per i danni di un’opposizione che non può fare la vittima perché  —  quando ha fatto, e di solito subito disfatto il governo — del giuoco di potere berlusconiano è stata complice. Per incapacità, pressappochismo, presunzione e/o peggio affarismo: in una bruta e brutta parola, per dalemismo. Bruta e brutta, ma perfetta nel significare e sintetizzare il lungo insignificare di anni e anni fatti di una sola stagione — quella delle riforme in fretta, in collaborazione ma più che altro in coartazione e in combutta, di un via da dare a tutti i costi: compreso dare via tutta la torta in forse cambio di una fetta. Una parola che significa una stagione ma più di una persona, cioè due, D’Alema che vuole farsi — in tutti i sensi, e senza riuscirci in nessuno — Berlusconi: ed è per questo che lasciamo al dalemismo in persona, l’ultima e pessima parola plurale sull’Ei Fu Dalemoni, una serie passata per tutte le piattaforme di tutti i governi per tutte le stagioni. Berlusconi sui giudici aveva delle ragioni, ammette il Bicamerale Ardente e Massimo, in perfetta linea e in perfetto stile da neoinquisito sulle armi alla Colombia assieme a Profumo, Malizia d’Intesa con lui e colla conta corrente bancaria Pd sin dai tempi di Unicredit Mps e Leonardo. L’ex Migliore autoproclamato e autoaffondato, che oggi è un affarista affaccendato ma più che altro poco cauto e molto affannato, modestamente ha fatto una congiura contro Prodi per fare il presidente del Consiglio senza mai fare nulla per il conflitto d’interesse — perché non aveva alcun interesse al conflitto, se non con quel flaccido imbroglione (cit.) di Prodi, dato che con Berlusconi a partire e a patire dalla giustizia stava allestendo la Bicamera di Commercio delle vacche delle mezze tacche e delle bozze Boato, quelle che vent’anni prima di Nordio già volevano fare i bozzi al magistrato. Non a tutti, però: la carriera separata e stroncata e il culo come un paiolo, sì, ma solo a quello che sul maxi-inciucio tu dai una cosa a me io do la cosa pubblica a te faceva troppo il pignolo. La Costituzione ce la riscriviamo noi, Mediaset un patrimonio dell’Italia ma soprattutto di Forza Italia che rimane sempre ai tuoi, Tim la Rai qualche qualche affare di banca sparso sporco e scarso agli amici-lobbisti miei. Istituzioni, televisioni, assicurazioni e rassicurazioni, camere telecamere e telecomunicazioni — il governo D’Alema, un simpaticissimo dicastero per gli affari istituzionali e costituzionali scambiati cogli affaroni economici e come fossero solo affarucci e affaracci personali. Qui comincia la sventura di Capitani Coraggiosi e Capitali Micragnosi e di ventura, cioè della sinistra che prende Palazzo Chigi come fosse il Palazzo d’Inverno ma si fa prendere dal potere per trasformarlo in quello che Guido Rossi ha chiamato la prima Merchant Bank dove non si parlava una parola d’inglese — tanto per capirsi ne bastava mezza in soldoni e in berlusdalemiano. Affarismi, tatticismi, tafazzismi e trasformismi. Berlinguer morto e seppellito due volte da chi ci è cresciuto ma non lo ha seguito — e a cui è seguito il peggio che lo ha perduto, rovinato, da cui è nato il Renzi che lo ha sostituito in peggio e rottamato. D’Alema come danno ed emblema del potere per il potere, del potere politico e democratico che degenera in potere economicentrico: il potere che non vuole e non può cambiare le cose, ma quel genere e generone di potere che se tu cambi idea in cambio lui ti cambia la casa la macchina e tante altre cose con altre più belle e costose. Nasce tutto da questo modo di fare affari e disfare politica, e non certo dalla stupida polemica sul risotto il vigneto e la barca, la tragedia della cripto-cleptosinistra che è sparita e si è rubata l’anima coi Fassino e i Consorte e abbiamo una banca —  Bello, è nata la sinistra partita comunista è arrivata partita Iva e arrivista, peccato che adesso e da allora è solo il credito in voti anziché in euri che manca. Perché l’identità è un attimo a vendersela, ma poi è impossibile ricomprarsela — la carta d’identità non è la carta di credito, che bastano i soldi per rifarsela. E infatti il Pd sono anni che cerca di rifarsi e di rifarsi daccapo, riuscendo solo a rifarsi il trucco vecchio come il cucco del cominciare e finire dal capo. Cambiare solo in alto per non cambiare nel profondo, dal basso, dentro le criticità anziché solo in superficie e in superficialità. Il risultato è il non-Partito Democratico di oggi. Troppo fumo, troppo fiamma o troppo poco a fuoco, sempre pochissimo arrosto a punto e apposto: su qualunque cosa, la mattina medi e cerchi l’accordo ma il pomeriggio gridi all’arresto. A Schlein sul coma-cosa fare col del Pd ancora da fare parlano tutti, e sparlano e sparano anche di più. Noi del Papaluto non è che manchiamo in questo coro a cappella e più spesso a cappellate a iosa, ma ci sentiremmo di mancare a noi stessi come rompi-coro e coglioni se non dicessimo almeno una cosa: che questo ennesimo progetto-stralcio o straccio della sinistra quando può deve scendere in piazza, sia pure scostante lacerata e scrostata, e quando occorre deve saper scendere a patti: ma non a patti della Crostata. Mai, per qualunque ragione — politica, ancor peggio affaristica e sociale. Basta entrare in tutti i governi, anche sbagliatissimi, colla scusa che il Paese non esce dalla secche delle vacche magre senza governissimi. Si governa per fare qualcosa, non si fa qualunque cosa pur di governare; in certi casi e persino casini meglio andare al voto, che andare avanti al buio e col vuoto di scambio. Poi si può vincere, si può e riesce meglio perdere, l’importante è non perdere la faccia o la memoria anche quando si vince. Dall’articolo 18 alla Resistenza, basta schierarsi con chi conosce e riconosce solo la resistenza al fisco all’articolo 41 bis e al reddito di cittadinanza… Stare dalla parte degli ultimi, di chi paga le tasse, non stare al gioco e al clima per cui i primi nell’alto dei redditi saranno sempre più gli ultimi a pagare le tasse. Non utilizzare o strumentalizzare la questione morale come questione minore, retorica, ondivaga e umorale: i freschissimi quanto marcissimi casi Santanché e Minenna dicono che destrocentrista magari no, ma per la sinistra e non dev’essere una questione sempre centrale. La strategia, in qualche parola anziché in qualche gabola da Leopolda o in qualche parabola da fumisteria? Per rifarsi la sinistra deve farsi anche furba anziché fare la furba fino a farsi fessa da sola, a farsi centro credendo di fare centro ma finendo per fare un centrodestra solo meno tagliatasse affondabarconi e tagliagola. Fare un governo come fare opposizione deve significare qualcosa, e qualcosa di diverso dall’urlare allo scandalo o ciurlare nel manico a seconda del ruolo: soprattutto non avere l’opportunismo e l’opulento affarismo come unica bussola e posizione. Perché se oggi come nel ‘94 abbiamo il peggiore dei governi, è anche e soprattutto perché abbiamo avuto opposizioni che hanno portato poi a governi teoricamente all’opposto: ma in certe cose uguali e persino peggiori di questo. Se l’Italia di oggi è in gran parte ancora l’Italia che piange Berlusconi, anche nell’altra parte mica piccola per l’Italia davvero oggi non ride né può ridere nessuno. A diverso titolo morale o bancario, ma siamo tutti colpevoli — in parole, opere, elezioni e omissioni; in governi, Grandi Opere, pessime maggioranze e peggiori opposizioni. E’ colpa nostra — o di chi abbiamo eletto per noi — che pur di farci comprare e capire al voto ci siamo svenduti al volo, che pur di venderci ci siamo svenati: noi, che per interposta personalità politica troppo tremante davanti alle scelte o troppo tramamente dietro le quinte ci siamo abbattuti all’asta e abbassati d’asticella. In quest’epoca fare schifo e vincere è vincere facile, però fare solo gli schifati e la morale a perdere è troppo semplice. Tocca agire, fare scelte difficili quando è tempo anziché solo reagire fuori misura e tempo, agevolare idee azioni e soluzioni anche impopolari: e che non siano solo chiacchiere da bar sport del repulisti, molto in almeno quanto inutilmente popolari fra i populisti. Onestà, intransigenza senza ingenuità e neppure ipocrisia, umiltà: per ascoltare eppoi agire, senza la chiusa condiscendenza la scoperta accondiscendenza e complicità o l’aperta insofferenza del grande centro ztl nei confronti della periferia. Avere il coraggio d’essere diversi anche se non a tutti i costi, di non essere come tutti gli altri oltretutto pagando all’omologazione prezzi ben più alti con quasi zero guadagni a ogni elezione, di tornare nelle strade più difficili senza prendere scorciatoie che poi sono pastoie mai eppoi mai più facili. Perché se Berlusconi c’è stato, è perché è mancato qualcos’altro, o perché è andata anche peggio quando al suo posto c’abbiamo mandato qualcun altro; alla sua camarilla familista si è risposto in (falsa) alternativa o col movimentismo organizzato e casinista, oppure col camaleontismo clientelista che scarta gli onesti e scala e s’incarta il partito come una caramella Deluchista. Il voto da chiunque per un partito Qualunque, un pacchetto di tessere e di posti oggi come un pacchetto di pasta ieri, il sistema che accontenta tutti e mette a malpartito chiunque. E infatti oggi — anti o pro, berlusconisti militanti o No Silvio irriducibili ovvero indifferenti livello pro — siamo tutti sulla stessa barca, anzi tutti sulla stessa Lamborghini che trancia una smart: tutti a bordo della cazzo d’Italia come Stato dell’Arte d’Ammazzare e d’Ammazzarsi, che Andy Warhol e i Quentin&Gianpi Tarantini girando colla D’Addario al porto di mare di troie e di Trani definirebbero Pulp Art. Perché se oggi i The Borderline per pochi spicci e molti like come dei veri serial clicker mettono sotto un bambino di 5 anni, è anche perché noi volenti nolenti o sonnolenti ci siamo messi sotto a a un Borderline che ai tempi e ai suoi venditori tutti gasati e invasati spiegava come bisognasse parlarci — come a un bambino manco tanto sveglio di 7, anni. I giovani infanticidi di oggi vengono anche dal vecchio infantilizzatore da preda. Alla maturità si danno un’aria e dei temi sulla nazione, ma il tema è l’esame d’immaturità sempre brillantemente passato dalla medesima: l’Italia è ancora è sempre una Guardaland, una paesone di teleguardoni ego e segomani, solo  che prima ci specchiavamo nella tivù e adesso ci spacchiamo di youtube. Nel trentennio tregendario di Silvio non è cambiato molto, se non in peggio. Mani Pulite è passata, ed è rimasta in piedi e in peggio l’Italia della coscienza sporca ma colle mani pulite la domenica insieme alla macchina veloce, linda, pinta pirla e feroce. Da Antonio a Mattia Di Pietro, è cambiato solo il nome, lasciando intatta e impunita l’ignominia, il cognome, la cognominia di non fermarsi mai allo stop alle regole e a guardarsi indietro. Il Paese è sempre figlia di papi e di papà che l’importante è sfrecciare colla Ferrari pure e spernacchiare la decenza l’onestà l’umanità e ferrivecchi vari. Siamo diventati questo, ci siamo sprofondati e persino peggiorati piuttosto, perché non abbiamo saputo o abbiamo solo saputo dire che bisognava essere altro da questo luccicante buio pesto. In questi anni vani e vanesi vincere le elezioni non ha significato perdere l’anima né prendersi tutta la ragione, esattamente come non vincerle non ha mai significato prendere tutti i torti per perdere tutte le ragioni. È stato scritto che noi di cenciosinistra  in questi trent’anni abbiamo perso, vero, ma dov’è scritto che abbiamo perso trent’anni? Alla fine non lo vogliamo cantare, ma persino noi lo possiamo dire: meno male che Silvio c’è stato, perché senza il Papi di questa Patria oggi non avremmo così chiaro e forte il sogno di un’altra Patria, e il bisogno ancora più alto di un vero Stato. A cui nonostante tutto continuiamo a credere, per cui nonostante tutto il niente di nuovo né di buono attorno non vogliamo cedere. Buonanotte della Repubblica, che deve passare, e buonafortuna con questi che è proprio la Repubblica antifascista democratica e parlamentare, un guaio brutto e buio che per loro deve passare.    

Berlustanis in una drammatizzazione di scena