lunedì 20 ottobre 2025

LO STRUSCIO DI GAZZASCO A KIEV L'HA VISTO

Dopo gli applausi a oscena aperta, adesso tutti a vedere se reggerà meglio la tregua o la scusa per infrangerla. E magari per l’approvazione del suo piano immobiliare e ballerino di pace davvero un giorno ci toccherà pagare a Trump il pizzo del Nobel — giusto, ma a lui per la pace solo se ad Hamas e Netanyahu va l’Ignobel per la Strage più Atroce. Tutti collusi e felici, tutti in affari loro nel giro del terrorismo, della guerra, della guerra al o col terrorismo come ragione sociale d’un business avviato col pretesto della ragione di Dio o di Stato. Del resto. Questi sono i tempi, amici Papalutisti, di quelli che non hanno i modi — solo la moda il mood e le modalità d’estorsori pappa e affaristi, col tappeto rosso sangue srotolato a tagliagole applauditi come taglianastri e affetta-affabilità/saggezza/affidabilità più tutto quello che ci vuole. Tipo il ci vuole lo Sweden Academy Award col Red Carpet, per Donald il più arancione e matto dei Muppet: cioè premiare qualcuno per aver fermato il massacro che ha contribuito ad aizzare non senza prima monetizzare, proprio come ogni rispettabile e rispettato Palestino O’ Maraggià del racket. Del tutto folle e quindi ovvio che due giovedì fa — nel giorno in cui si assegnava il Nobel per la Letteratura — quasi ci si rassegnava già al prossimo per il Guerra e Poi PayPace del Leone Troll-stoj della Democratura. Un cappio-lavoro di modestia personale e di molestia digitale che fa davvero la sua porca figura, mentre tutti si accalcano attorno al patibolo come a un party col fascivendolo il finger food e la tempura. Rilasciate gli ostaggi, così lo spiano di pace — a forma di deserto per i profughi, di luce verde per Hamas a regolare a fucilate i conti interni, e di perdono con tante scuse per Netanyahu criminale di guerra e di Stato proprio dei più fighi e sempiterni — può mollare gli ormeggi. Un golpe di spugna, una stretta di mano di vernice e verdoni sul sangue, e degli orrori seppelliti a Scialo-El-Sheik fra ori e onori vediamo adesso chi si lagna. O la Borsa o la Vita? Ma quando mai, nell’ultima versione la Borsa è per acclamazione la morte o la vita delle persone. Tanto futti futti dio-denaro e padreterno Trump perdonano a tutti; santi o briganti, bravi tutti quanti; e allora tutti all’ora di religione della rimozione dei peccati senza redenzione. È il momento del battimani, non certo dello sbatti e dibatti l’argomento che manigoldi e manigoldman-sachs coi soldi finiscono sempre tutti saldi e insani. Così va il mondo, perché alla fine è così che va al mondo. La fantasia di dominio al potere assoluto, ad assecondare lo scecco matto colle fantasie di potere tutto, purché disdicevolmente profittevole profittatorio e dissoluto. Italia o estero, poi, cambia niente in questo cambiare tutto in peggio e in un niente. Pochi mesi ma da manuale, per capire quanto siamo messi male. Roba da chiedersi come si arriva fino a qui, cioè colla merda che c’arriva fino a qua. Solo che per farlo dobbiamo andare con ordine, ché c’è già tutto un pianeta a procedere per disordine mentale prostatico maligno e mondiale; andando un po' per le lunghe e poco per lusinghe serve ripercorrere i mesi che ci stanno alle spalle come un ergastolano nelle docce in astinenza sessuale: e per capire bene quanto questo nuovo Continente — come lo chiama e non lo sgradisce Baricco — sia incontinente e retrogrado, dobbiamo mettere la retro in questo degrado baro tarocco e rettogrado micidiale. 


E dunque. Impressioni di ‘sto settembre? Meno male che poi è arrivato ottobre; anche se la hit da Premiata Fogneria Marpioni da TrumPutin ad AssasiNetanyahu a Giorgia Giué Meloni affonda radici e denti in un’agghiacciobollente Agostembre… Colonna sonora e infame d’un giochino al massacro dopo massacro fra colpi di calore, botte da Orban, colpi di mortaio e soprattutto colpe del morto troiaio della sinistra dei ricchi dei ricchioni e delle Hogan. Sì perché questo è stato — porci comodi al governo, ma cani da presa per il culo degli elettori colla scusa di quei sorci Commodi dell’opposizione. Principini morali e moralisti del cazzo senza testa, senza corona, senza spina: sia dorsale che Usb, come tanti Chat Guevara smidollati schiva-elettore e scarichi più del loro whatsappeal da cellulare usato e di serie B. Mentire menarsela e sentenziare, questo sanno fare. Tutta colpa loro, di ‘sti debomesciati mangiatartine e sputasentenze a tradimento, se noi bravi governi tutti mamma papàtria e famiglia dobbiamo salvare il mondo senza salvarci dal loro pasteggiare a paté di paternali patenti bugie e paturnie a patimento. Ma che democrazia è, se una maggioranza umile ma onesta non può scegliersi manco una minoranza meno presuntuosa segaiola e onanolesta?! Eppure fino a quando sulle nostre riforme moderne e carceratorie ci tengono le mani legate, dobbiamo tenerci queste madamine leccate… Inutili, insopportabili, insigni insegnatori d’inutilità e inseminatori d’odi insopprimibili — anche se i nostri Piantedosi a ‘sti piantagrane e piangigramo che devono sempre salire in cattedra o scendere in strada prima o poi glieli fanno passare, i bisogni impossibili… Ma intanto. I danni e le beffe che voi e noi brava gente del popolino dobbiamo patire grazie a questa bella gente da vieni avanti clubbino — di fighetti, infingardi, figofobi negrofili e rolexcomunisti bastardi! Un’accigliata accolita di snob ibridi dalla Asessualità alla Ztl, una carovana queer e murgiana che non ama né la mamma né l’amatriciana: sferzanti bio d’intelletualetti/e bio gluten-free e vegan che è tutto patriarcato e vetero, soprattutto se maschio ed etero. La Destra vogliosa virile e volenterosa smosciata da una famigerata cerchia celiaca ed elitaria alla testa, che una ne sfa e cento ne pensa: con Rete4 che poi pensa a inventare quello che manca o che resta. Ogni giorno, una nuova e vincente estrazione del complotto; tutte le sere, una narrazione della persecuzione fra la narcotizzazione e la perculazione con l’Odiotel che fa il botto. Un mantra, un mappazzone, un refrain: un continuo refill delle marxscalzonate dei rossi arcobaleno che vogliono sostituire la patata col third sex e la bachata col sax di Coltrane. Un’Internazionale sempre all’opera e al lavoro ma che ha mollato la rivoluzione gli operai e il lavoro, e si è lanciata nella rivelazione a nostalgici ottusi e pecorai che non devono esistere più la gnocca e il raviolo. Sono loro, le Quinte Colonne che secondo il governo di Quarta Repubblica ci porteranno in casa il Terzo Mondo, facendone uscire il pane il pallone e la fica. Poi, ovviamente. Che sono cazzate da film-Porro lo sa pure l’ultimo dei melonomani: forse persino Nicola Porno, pur essendo il Tonto Brass di tutti i Bullissimi in primitiva visione su Rete Quadrumani. Non è vero e non ci credono, ma va tutto bene perché meno è vero ma nero e più i telespettatelettori gli credono. Del resto solo così può essere, ché nell’era della paura e dell’odio da vomito ergo sum per funzionare proprio così dev’essere. Prendere piede significa prenderti per il culo mentre faccio bottino a buttane e a piacimento — e nel mentre, prendere quelli che il culo ancora non me lo danno per sfinimento. Solleticarti, sobillarti, sofficemente soffocarti soggiogarti e infine sodomizzarti: non importa come, l’importante è prenderti ma facendoti credere che tu sia tu a darti senza però cedere. Fatti furbo, non farti il culo — a farmelo per fartelo ci penso io… A che ti serve avere la ragione, che è sempre in minoranza, quando è sempre la maggioranza ad avere ragione? Non fosse che per conformismo paura e inquieto vivere beviti il mio tormentone, alrimenti ti torturo ancora coi No Vax i Go Giordano e la remigrazione! E questo è stato, nella stagione del prosciutto e melone appena passata come in questa del Progetto e pro-sciatto Meloni a pena crescente che non promette a breve di diventare passato. Male in arnese ma bene in sella, che anzi più fa o va male e meno scolla. Buuu bulli e bugie contro chiunque non s’accorda né s’accoda alle nostre idiotologie. Polso fermo, pugno di ferro, faccia di bronzo da merdaglia d’oro al valore e alla faccia del professorino sbugiardatore fallito fallato e stronzo. La sinistra è peggio di Hamas, noi siamo i meglio di tutti, e chi lo nega è un terrorista prezzolato da Greta e Soros… Perché la maggioranza vince, ma la maggiore arroganza al momento stravince. Dicendoti adducendoti e duceggiandoti le argomentazioni in base (elettorale) a cui odiare e temere ti porto dove voglio: anche e soprattutto a non guardare chi ti svuota davvero la testa il cuore e il portafoglio. Quindi con noi al comando e alla Commando tutto va bene, e quello che non va mica è da noi che viene — è così che va, e perché è andata così forte per tutta la stra-gione la nostra canzone da festival-baro all’incantagiro del cazzone. 


Com’era? L’estate sta sfinendo e un anno se ne va… Ma un malanno appresso all’altro o è arrivato o arriverà. Prendendo questi mesi e tirando una riga — o meglio ancora una Righeira — è impossibile negare o non annegare in uno sconforto da Bella Sfigheira. Quindi questo il ritornello e questo il tormentone, per questo caldo autunno-inferno del ritorno in piazza col manganello dalla spiaggia tipo Mondello — cioè col tornello come nuovo  modello di estorsione. Perché una volta al mare si giocava a racchettoni, adesso invece non si scherza più col gioco al rialzo o ti rimbalzo dei rackettoni… Tant’è che un bagno d’agosto — anche se la stagione langue — per una famiglia ha potuto trasformarsi impunemente in un bagno di sangue; dove, senza che speculare sulla calura faccia freddo o caldo, l’importante è stato come sempre badare al sodo e al soldo purché sempre più sordo sordido e pingue. Mali segni di questo tempo gramo, tutto grano fama e fumo. Ma era estate, non bisognava pensarci, a partire dal risparmio tutti i problemi — nelle mani dei Mani nel divino governo Meloni — avrebbero dovuto risparmiarci. Disoccupazione, repressione, erosione dei diritti ed erpetica esplosione dei torti da depressione? Basta, il fuoco di Sant’Antonio te lo spegne la Fiamma di San Benito. Pussa via, passa Giorgia e i mali li manda via. O meglio ancora, li rimanda a settembre evvia. Dolori dispiaceri e disdori oramai alle spalle, roba lontana: così poi possono prenderci meglio male, alla sprovvista e alla pecorina. Ah, la bella stagione del mojito e del da mo’ che me ne sono dimenticato… Peccato che prima o poi devo tornare dalle vacanze a strozzo e ‘a stronzo sei di nuovo fregato. Uno schema classico, in vigore sin dall’era di Andreotti cioè il Giuliassico. Se non fosse che quest’anno anche il mese delle ferie per eccellenza, è stato una messe di feralità in serie e in eccedenza. Stragi, strame, interi stock no stop di sfregi freschi e loschi di giornalata. Una fornitura a vita di merda in diretta di morti, feriti, torti di fame e morti di fama che ci lasciano tanto più indifferenti o insofferenti quanto più ci vengono immortalati e riferiti. Necrofilologi con la bara ereditaria di venderti la morte come materassi o orologi: e con l’effetto di desensibilizzarti anche davanti al più cool dei figunerali o dei martirologi. Vip o Nip, alla fine del morto non c’interessa nulla che non sia splatter o gossip in attesa di passare al prossimo Rippo Baudo all’ultimo grido. Magari indecoroso, ma l’importante è che ci sia lo spettacolo — e possibilmente con un uomo di, a tirare le cuoia e i click-tok di stampa e siti alla boia chi muoia. Che poi ci si arrangia anche senza, e si trova il modo di macinare ascolti dindini e coglioni ravanando nella mondezza degli opinionisti d’imballa presenza. Tanto. A saperci fare, gl’ignoti morti di guerra interessano quanto la guerra fra eredi di morti noti: molto o molto poco, a seconda della carne da macello mediatico in gioco o già al fuoco. La Palestina o l’Ucraina sono solo l’ultima e la penultima palestrina in cui esercitare la polemica il piantino griffato e la politica della manfrina. Come in passato, come per sempre in futuro, ogni guaio passato da qualcuno per qualcun altro è un guaito di gioia da abusato sicuro. Muore il Dalai Lama, quello che faceva la voce di Dart Vedar o si muore da rockstar wars in Ruanda o in Darfur? E’ lo stesso, in un attimo è la questione cinemato-agiografica e lacrimogena del momento — e un attimo dopo è un film attuale come Ben Hur, e ciaone al terracqueo quanto momentaneo turbamento... Perché gira gira, gira e giralo, alla fine del filmone strappalacrime stracciacoglioni e spaccia-pensierini buoni buoni, famosi o meno non solo dei più deboli non ce ne fotte niente — a noi proprio piace, assuefarci e assoggettarci ai piedi alle malefatte e al menefotte del più forte e rassicurante ras fottigente. Che ci vuoi fare? Nel libro della giungla del ti asfalto il più forte sopravvive, la morte sopravviene, e sopra o sotto sapersi adeguare è un obbligo oltreché un bene. D’altronde. Non è che si può dare ragione e ragioni a tutti, alla fine serve uno che ragioni come ci conviene: anche se è come gli e si conviene alla ragione dei farabutti. Troppa gente che fa confusione e domanda, qui ci vuole uno che comanda. Ordine ferreo, bisogna dare — e in caso ligneo, di altro mogano per altre bare... E lo stato di Gaza? E quello di Kiev? No, di grazia, palestinese o ucraino non c’interessa nessuno stato di disgrazia: preferiamo Netanyahu coi tanks e Trump e Putin coi loro thanks: gente che magari ti dazia ti genocidizza e ti strazia, ma che per la nostra fattiva ignavia che è la loro fortuna almeno apprezza applaude e ringrazia. Anche perché chi a tutto questo si oppone — o crede di farlo — spesso presta solo un pretesto per la protesta di violenza, virtuosa irrilevanza o virale demenza a prescindere da quello che si propone. L’illogica fanatica dei fan degli opposti idiotismi. Lo stupricidio del 7 ottobre o è una data di festa per la Palestina che resiste, oppure il giorno in cui Israele ha guadagnato il diritto a strupicidiare a sua volta la popolazione d’uno Stato che tanto manco esiste. Siccome ci sono i fascisti al governo, allora all’opposizione ci vogliono gli sfascisti pro-Palestina e contro qualche vetrina Ovs alla stazione. Rompere gli schemi al potere si riduce a rompere gli schermi giù al Trony o ai treni del quartiere. Questo è lo stato demente e deprimente di noi estenuati; e questa infatti — fino alla prossima — è stata la più depridemente delle estati. Chi se ne andava in Florida, chi se ne andava colla Flotilla, chi se ne andava di testa per il viva Hamas e Abbass la vita del pro-Pal antisemita perché Meloni come Netanyahu è una fascistella florida e lurida. Questo lo stato dell’arte di prendersi alla gola colla scusa di voler prendere parte. Nell’aria un fortissimo odore di me ne frego di morire dall’orrore per quello che arrivo a dire a pensare e a onorare. Per carità, abbasso gli stupratori gli aguzzini e gli assassini di bambini: ma non quelli che stanno simpatici alla mia banda di bamba filo-hamasiani, filosofi trumpiani o arci-fascioisraeliani. E così ci siamo crogiolati in un’arida stagione densa di funerali, di fumisterie generali, di funesterie tutte marce svastiche stragi e Generali Vannacci tipo Farinacci o altri neo-Federali: da Ibiza a Gaza in questa estate post destra estrema e postrema i saluti o erano romani, o erano ferali. Primo fra tutti e primissimo fra i lutti — con tutto il rispetto o il dispetto per Pippo Baudo e Giorgio Armani e le loro Giga-agiografie ereditarie e testamentarie — quello stinco di Satiro di Stefano Benni: senza neppure più lui, come faremo a consolarci o sconsolarci un po' meno per questi nostri assurdi anni? Anzi più che assurdi, già assurti alla Top Trem fra tutti gli avi e gli evi più tremendi tremebondi e bastardi. 


A dimostrarlo basta(rda) e avanza Ferragosto in Alaska, la commediaccia pacifascista sulle palle del mondo e la pelle dell’Ucraina, il vertice mafioso del ridicolo con una pessima recitazione della pax trumputiniana e una pessimissima recensione da cinecocomerone stile Vance-zina. Una pellicola di furfantapolitica con una patina d’ipocrisia più criminale che cinica. Orribile, ma non inutile. Grazie a cui si è capito una svolta mancata per tutte che né in 24 ore né in 24 ere Trump sarà mai in grado di ratificare una vera pace: perché Putin è un Rasputin rapinatore rapace, e lui che crede di associarsi e batterlo al suo gioco è una rapa perculatrice e incapace. Un dialogo fra sordidi, con un arrogante che si crede più furbo del più furbo e arrogante di quanto non si crede. Due che fanno la pace per finta perché non vogliono farsi la guerra sul serio. Un eterogenesi dei finti, di falsi e tinti imperatori che vogliono imporsi la pax romana: da qui, lo stallo all’Alaskana. Con due boss che provano a fottersi, ma provando sentimenti di simpatia reciproca più che altro tendono a sfottersi — e che in realtà provano ad allearsi per fottere il resto del mondo e fottersi i resti dell’Europa, che per educazione ed evidente sottomissione non dovrebbe accorgersi. Una vacanza di poteri e idee sul ghiaccio, un Riina-Provenzano sul velluto, appena sotto il Polo ma molto sotto la decenza: col resto del pianeta a fare da palo fra il complice e il carnefice, fra l’ammanicato l’ammansito e l’ammamaloccuto. Una Cupola geriatrica e scelta svolta sopra la calotta artica e sciolta, un duopolio psichiatrico e sedicente mitico che non quaglia e si squaglia restando immoto ma non immuto come un logorroicissimo duopoliomielitico. Che infatti sin qui ha fatto solo acqua da tutte le parti in causa e in Casa Russia, portata poi al mulino in bianco della paralisi: ma che da qui in poi ci porterà a uno stato paranoico-militare di guerra — anche se non dichiarata, né di volata — crisi dopo crisi. Manca solo una scintilla, uno scienziato politico pazzo per la provocazione che sobilla, una bomba nucleare in risposta alle ripetute aggressioni di Medici Senza Frontiere, Open Arms o della Sumud Flottilla… No, forse non è la Terza guerra mondiale, ma le premesse sembrano quelle della Prima — solo, alla terza. Lo stesso capitale umano scadente, ma col peccato Capitale assurdo assolutista e asociale d’un arsenale molto più esplicito ed esplodente — in ballo sempre gli stessi micro-neuroni, ma in compenso con molti più megatoni gigatrilioni e maga-idiotoni. Usa, Russia, Cina: bella e bellica gente che con una mano te la stringe, però nell’altra già stringe un coltello per la tua schiena. Ambientino in cui dalla birretta alla beretta è un attimo, dove il presente diplomatico diventa futuro distopico in un niente, e dal cadeau ai caduti di qualche nuova Waterloo c’è appena un breve trapasso. Questo stiamo vedendo, questo stiamo vivendo, di questo che abbiamo sotto gli occhi e fra poco sotto casa non ci stiamo abbastanza avvedendo — e forse già fin troppo assuefando, e i soliti qualcuno coll’importo-esporto d’armi stanno già assaporando. Un filmaccio, uno stop movie che non smonti e non smuovi senza manco un minchia di canovaccio, un blocked-buster di dazi e droni, cazzi e strazi, scazzi stronzi e doni; e se non è granché esserne spregevoli attori, figurarsi farne gli spettatori e le maschere: tipo noi colla Meloni, nazionalistica-popolare maschera d’Arlecchina sovranista ma serva e arcilecchina dei due predoni. 


E veniamo alla politica estera — ma a ben vedere anche domestica, e più che altro cameriera… — di questo governo neo-irrealista tipo Tarocco e i suoi Fratelli d’Italia. Secondo la sua prodigiosa agenda diventata la nostra abituale razione di proditoria e gioiosa agit-propaganda, la Giorgia Gigante e Gentile sul piano internazionale doveva fungere da ponte fra interessi europei e americani — ed è finita a non contare un cazzo manco fra gli affarucci di demanio e condominio italiani, avendo dovuto ingoiare e fingere d’ingioiellare sua sponte il mica suo ponte ma di Salvini, che ufficialmente non lo fa per lui e suoi ma per calabresi e siciliani. Che infatti se mai e malauguratamente si farà — assieme al resto dei contribuenti coatti e nolenti — lo pagheranno tutto di tasca, di tresca, di pedaggio alla cosca. Un’operina economica ecologica ma soprattutto egoillogica, un ponte sullo stretto innecessario al paese ma non a qualche consorzio cemento-mortifero e miliardario: per l’esattezza 13, i miliardi tutti degl’italiani per questo Ponte Portento, che comunque con quei soldi si sarebbero potuti permettere sì e no un lettino e due frise in Salento. Perché anche questo è successo, nell’estate del nostro scontento e del loro scontrino placcato duro d’oro e d’argento. I balneari a battere cassa, i bagnanti a battere in ritirata, i baldracchi notiziari del governo a battere la grancassa della puttanata: nessun aumento folle, da Alassio alla Sadegna al Salento ci sono le solite folle. Che in effetti c’erano — ma di gente che fra tornelli estorsioni e stornelli spacciati per giustificazioni cercava di lasciare la spiaggia o prendere un panino o un pattino platinato senza lasciarci il portafoglio o le spenne allo scoglionato. Il tutto senza che il governo del popolo e dei patrioti spesati da padri di famiglia meno salariati che salassati battesse un ciglio melonico, essendo da quelle parti la Nostra Giorgia un’ospite vip che non si batte in quanto di ceglio messapico e cipiglio messianico. La ducia tutto sa, tutto fa e niente sgarra — anche quando finge di non vedere o  di non consentire che una doccia in un lido sia praticamente un pizzo pagato alla Camorra. Del resto parliamo della Madonna della Grazia ai balneari, colla Santanché la più santa patrona e padrona dei loro voti che c’è: perché difende loro i bancarellari i tassinari e i bancarottieri che manco Greenpeace le balene dai balenieri. Cittadini esemplari — di una malarazza non in via di estinzione, semmai di esenzione. Capita così, con questi governi votati dai più poveri spaventati e sciocchi eppoi votati al capitale dei più furbi e/o più ricchi. Promettono di difendere gl’interessi di ceti medi e proletari, ma in realtà mantengono operazioni sbancarie alla Emmepiesse Pijamo Tutto Noi tutelando i cassi d’interesse sia loro che di certi merdi alti e mediobancari. Ragion di Stato Pappone per cui ad agosto c’era il cittadino-elettore che faceva il mutuo per una rosetta al pomodoro massiccio 24 rincarati, ma in compenso il cittadino eletto — nelle urne e/o nei cieli dell’alta Figanza alla faccia dell’Erario — si sbafava un bel piattone d’insalata di risiko bancario.  


Soltanto che — anche se ricordarlo l’umore non è che rincuorarlo granché — fra i molti la situazione politica e poliagonica attuale c’ha soprattutto un suo non bel perché. E cioè: se l’or signori zecchini e zecconi di Stato Semi-Melonizzato sono deputati (e senatori, e presidenti del consiglio…) a fare tutto quello che vogliono, è perché i loro sempre più teorici e troppo teoretici avversari non fanno nulla di quello che devono. Tantomeno sembrano intenzionati attrezzati e un minimo attizzati per farlo. Differenti dalla Destra okay, ma ci viene e conviene meglio solo sui diritti dei gay anziché sui delitti contro gli operai: chissà perché a sinistra essere diversi paga e seduce solo sul piano sessuale, ma non appaga non convince e non arrapa nel discorso etico-politico largo o anche politico stretto: che infatti finisce ridotto a inapplicabile discorsetto morale. Cui contrapporre con successo il consueto e contrito discorsone immoralistico. La politica è sangue e merda, e mica è colpa nostra se il sangue dalla rape che siete e che ci votate lo abbiamo già spremuto tutto… Si fa come si è sempre fatto, e come sempre si farà se vuoi che un governo sia fatto. Ipocrisia, doppiezza, doppia dose di furbissima idiozia a dispetto delle generale idioto-sincrasia. A voi magari fanno schifo o fanno ridere, ma gli scemi e i cinici sono quelli che ci vogliono in tutti gli scenari politici. Basta menate e paroloni, per andare contro Meloni bisogna andare come si va sin dai tempi di Berlusconi: di male in meno peggio, non troppo per il coerente e il sottile, a parole Soloni e all’atto pratico solatori e inciucioni della specie più sottona e meno ostile. Risultato? Nessuna credibilità politica, corredata e compensata però da nessuna credibile abilità pratica se non poveramente polemica. La buttiamo lì: e provare a costruire una proposta d’opposizione che non sia esclusivamente occasionale protesta e sistematica improvvisazione, anziché buttarsi via via sull’argomento che tira di più sui social o ancora più giù di lì? Adeguarsi alla realtà che si trova davanti, e non dietro la scrivania o un nickname social da benintenzionati minusabbienti. Ad esempio. Quando ci si ritrova in aperta campagna elettorale per le regionali — per carità: per una Coalizione da Tiffany di Tizi e Gai troppo internazionali, sempre troppo local tamarrelle e provinciali… — battere e ribattere su Gaza con veemenza serve soprattutto a farsi battere e farsi andare a sbattere da Como a Comiso, passando per Ancona e Cosenza. Strano ma vero e purtroppo strapaesano: più che degli ospedali che esplodono nella Striscia, magari al marchigiano al calabrese e al campano interessano quelli che scoppiano vicino a lui ma nessuno si caca e a fine elezioni più che volentieri si piscia. Però però però. Come glielo spieghi a gente che a furia di girare il pianeta anziché i mercati rionali è fuori dal mondo? Il modello è quello svizzero-italo-schleiniano, dove anche l’ultimo segretario di sezione si sente un cosmopolita sprecato anche se è un cosmico poli-idiota fottuto che oltretutto non è mai uscito dall’Italia manco per arrivare a San Marino o in Vaticano, figurarsi a Ginevra o Lugano… Al di là delle parole è dura fare i preoccupati del territorio, quando straparli di Territori Occupati a elettori locali prevalentemente ignari e incazzati. Insomma. Presunzione, preoccupante ritardo politico e pre-ritardo mentale, pura alienazione: altroché alleanza che dovrebbe parlare al Paese e contrastare l’allegra malacreanza che si riempie la bocca e la panza di Nazione… La durata e la lunghezza del governo in carica preoccupano quanto più la batteria di polli con troppi galli e galloni dell’opposizione è scarsa scrausa e scarica. Il quadro è sconfortante perché l’alternativa — che alterna la vuota invettiva in vacanza alla vacanza d’idee e inventiva — sa essere sconfortante al cubo. Proto-Schleiniani, paleo-Renzisti, ritardo-Contiani — tante stupide tribù, ma un’idea che una sul caro caffè al bar in Italia o contro il caro il mio zar in Ucraina resta un tabù e un tabuto per le speranze di cambiamento di molti italiani. Che a sinistra proprio vorrebbero andare a votare, se solo alla sinistra andasse di farsi votare — magari facendosi valere o almeno un po' vedere, però meno in tv e di più nel quartiere. D’altronde. Questo progressimo che pare pro-regressimo e che non va lontano, mica arriva da tanto vicino: basta guardare alle imprese ieri politiche e oggi lobbistiche di uno dei padri affondatori del centrosinistra di governo italiano: di sinistra D’Alema ha sempre detto o avuto pochino, ma in compenso adesso ha fatto una cosa bella sinistra andando alla Woodstock delle Dittature con Putin Xi e Kim Jong Un a Pechino… Il problema però non è il genio singolo, quanto i geni di questa singolare matassa d’idio-Dna senza bandolo. Sarà un vizio non solo di forma, sarà un bug, sarà che in testa c’è un buco una tara o una tarma… Fatto sta. Imbarazzano sì D’Alema e i suoi viaggi, ma mai quanto la pantomima patoillogica ed ereditaria di oggi. Che è sotto gli occhi e il morale sotto i tacchi di tutti — la Schlein sempre troppo leggerina e fighetta, Conte che è una specie di pochette al vento che un po' ci si allea e un bel po' di più la sgambetta, Fratoianni e Bonelli frarelli buoni a fare casini merdoni e danni pur di stare tutta La Vita da Vespa in diretta. Ovvio poi che fra questi soggettoni smarriti la cogestione più che altro somiglia a una congestione di sminchiati sfatti e finiti. Non per niente — ma per nullità — non appena si scende nel pratico, si scade nel praticamente comico. Fico, ad esempio, che in Campania Schlein ceda al vangelo secondo De Luca nominando il figlio segretario regionale, pur di candidare presidente Fico: nome più che passabile fra ogni possibile e passibile d’imbarazzo dei 5 stelle, cioè quelli che poi quando gli conviene descrivono il Pd come un partito colluso corrotto e mefitico. Fortuna che poi il Partito Dementocratico sa dimostrare di esserlo benissimo da solo: ad esempio scendendo in Puglia e a patti di porcata da peracottaro, perché con quei machiavelloni di Emiliano e Vendola non ha la forza o la decenza d’imporre la candidatura del già candidato vincente e mezzo presidente De Caro. Quando poi non è impegnata a farsi autogol, l’opposizione né oppositiva né propositiva è impegnata a lasciare alla destra l’occasione da lauto gol. Come in Calabria, dove non ha trovato di meglio che candidare l’onesto ma modesto quanto spaesato Tridico contro il manolesto spanzato e inquisito Occhiuto: uno partito da qui quarant’anni e fa fermo ancora alle tre province, contro un patito della malapolitica inquisito che mangia a quattro palmenti ma siccome divide con amici e alleati si sa già che rivince. Un callido indagato straccia un pallido impedito eppure impettito, e il caso Calabria ancora una volta è archiviato come casino vieppiù incancrenito. A risollevare l’umore la sorte e tutte le storte non può e non deve bastare la Toscana come solito e solido toccasana: sia perché per la vittoria tocca ringraziare la Casa chiusa e poltronista Renziana, sia perché al machissimo e macistissimo Vannacci — che ha distrutto la Lega e la coalizione locale — non è stato detto manco grazie quando bisognerebbe sciogliergli un peana… E sia chiaro che non sarà sufficiente neppure vincere tirando a campare i De Luca in Campania, dove peraltro e perfortuna Arianna la Sorella d’Italia vuole dare una mano dando l’ennesima chance al Bocciato ma ripetente ex mini-ministro Sangiuliano. Vinca o perda, questa è una squadra improvvisata su una quadra impossibile o di merda. Una coalizione più per costrizione, che per convinzione e costruzione. Inutile, dannosa, dannatamente irrisoluta e irritantemente rissosa. Nessuna strategia, nessuna tattica, e lo sbandamento da schieramento e successivo schienamento elettorale non è manco la situazione più drammatica. Peggio della concreta possibilità di perdere, questi qui mettono i brividi dal ridere nella remotissima ipotesi di vincere. Un ipotetico Schlein Uno o un ipercomico Conte Tre li vedrebbe subito divisi invisi e derisi in Tempo Zero. Per questo Meloni — nonostante ogni sua legge sia insieme una barzelletta e una sciagura — ha già prenotato la prossima legislatura per studiarsi meglio una democratura e schiattarsi al meglio il fastidioso residuo d’informazione non fiction, Quirinale stop-option  e magistratura. Menu alla Orban con ricette alla Erdogan, e tutti a mangiare alla magiara e cacare alla turca sulla Costituzione che oramai si sa, è sbobba antica antifa e d’antan: da smontare e sbertucciare fra i rutti d’approvazione parlamentare della claque e del clan.  

E se sul fronte interno c’è poco da festeggiare, in compenso per quello estero ci sarebbe tantissimo da internare: se non si fosse così impegnati a  folleggiare e fesseggiare. Sì perché in giro per il pianeta impera e imperializza il folle gioco delle folle, il prendingiro il popolo beota — oltretutto a opera dei suoi stessi superego-eroi, i padri del populestremismo che si sentono i figli di Mazinga Zelota. Gente che la gente si tiene laida e stretta quanto più ne dovrebbe stare alla larga; una specie d’autodafè collettivo, svolto in collettivo e d’emblé senza che voli uno schifo di buuh o uno schifato bleh… Nessuno che batta ciglio, anche quando è quello d’un burrone. Un amore tossico e criminale per ceffi estremi, che porta e comporta gesti estremi. E non parliamo dell’assassinio di Charles Kirk e del conseguente veriticidio circa il movente e il malambiente del suo omicida Tyler Robinson. Quello è stato solo il colpo di disgrazia alla nuca d’ogni speranza in una vita politica più civile o almeno in una morte meno politicizzata e truce, del resto partita già fottuta e sparata in nuce. E come potrebbe essere diversamente, se negli Usa del tutti contro tutto sono tutti pro-violenza che nella vita e nella via pubblica quotidianamente si progetta e si usa? In politica, in palestra, in una mensa scolastica o in una immensa periferia chiesastrica — verbale o meno, fisica o semiautomatica, dai social media alla società media media non se ne può fare a meno. Maga o Woke, Woke vs Maga, non cambia mai una sega: c’è sempre uno scemenziato atomico che imbraccia un fucile perché abbraccia le idee di qualche pistola. Anche se — mettendola sul piano delle responsabilità intellettuali e politiche, personali o penali, balistiche ovvero ballistiche — fare stecca para per tutti con questa Banda della Magana sarebbe una cosa vile e non vera: c’è chi porta colpe e chi proprio i colpi e la cartucciera, in questo permanente sfondaggio elettorale a forma di exit-polveriera. E nel caso di Kirk come di Chigi è la Destra di squadraccia e di sgoverno che — semplicemente quanto incredibilmente — non sopporta di dover subire il contraccolpo in canna della violenza che è bravissima a sobillare suggere e suggellare. Un sovran-razzista fascio-victim sostenitore della libertà d’armarsi a iosa — disposto ad accettare la morte violenta per strada pur di difenderla — finisce vittima fascia venendo esaudito nella maniera che non gli era lecito e lieto aspettarsi dalla cosa: questione chiusa? Macché, siccome sui proiettili c’era Bella Ciao, adesso è Bella Ciao a dover finire sotto i proiettili. Chi la canta, ciò che ancora rappresenta, tutto quello che qualcuno ancora patologicamente patisce infanga e paventa. Una bella caccia alle streghe partigiane, un rastrellamento preventivo stile via Tasso per evitare altre Vie Rasella a opera di queste strane botteghe ancora oscure bombarole e mortigiane ad alto tasso di Flotilla. Sul crinale della nuova evangelizzazione al Dazi-sovranismo, la Bibbia è rendere criminale l’Antifascismo. Che come sempre in Italia scade nel comico per poi assurgere all’ilarotragico cronico. Nel paese delle bombe e delle stragi fasciste impunite o imbiancate senza mandanti né matrici, gli amici dei TrumPutiniani e dei terroristi neri alla Ciavardini, hanno trovato il colpevole fra l’onore di molti nemici: per Meloni Vannacci e Salvini la violenza è sempre a sinistra — alla destra invece compete la più vigliacca insolenza colla più virulenta ignoranza. Ma che gusto c’è a essere carnefice, se ogni tanto non puoi fare pure la vittima? Se non ti togli lo sfizio di gridare Landini mi ha dato della puttana, senza però perdere lo stravizio politico estero all’italiana di fare la corte e la cortigiana al potente senza manco volere la grana aka i dindini per le tue prestazioni da trumputtana? Piangere e fottere, un po' come quei poveri ragazzi fottuti da piangere e deportati in gita Auschwitz per fargli credere che il fascismo considerasse gli ebrei tigna da ardere… Quando mai, quando invece si sa che è la sinistra staliniana che oggi attacca la simpatica mala stragista israeliana  quella che negli anni ‘40 si è gasata a gasare tutti quei luridi giudei! Sì perché chi l’ha detto che nazifascismo e antisemitismo vanno a braccetto? È il solito arcifalsomitismo della sinistra biforcuta e tripanzauta che andrebbe tenuta a stecchetto olio di ricino e moschetto… Il solito da dare a bere, insomma. Avvelenamento dei pozzi, avviamento al lavoro d’un revisionarismo antistorico da pazzi. Normale mala-somministrazione di veleno e manipolazione: ribadiamolo, niente di estremo. Solo di estremistico, su cui del resto il Paese ha imparato da mo’ a essere estremamente elastico, elettoralmente prolifico ed esternamente apatico. Al contrario dell’appello di cuore cui si è costretto Serra — sentito, impegnato, insensatamente sano e tutto: ma che sarebbe stato trafitto e trafilettato a morte dal Serra di Cuore, e pure di brutto. Eccolo, l’insano gesto estremo. Ma quale Tyler Robinson, qua il vero pazzo è lui che  spara un pezzo alla Taylor Swift su Robinson. Buone norme, belle parole, giusti sentimenti contro cattivi risentimenti orridi provvedimenti e pessimi presentimenti. Insomma il celebre cerebro-autore — che da satirico si fa saviamente anziché Savianamente critico — sul supplemento di supplizio pseudoculturale di Repubblica s’immola sul predicozzo, s’invola da predicozzatore sul rettifilo-paternalistico che c’invita a non schifare ma neppure a schivare il mondo per quanto immondo predatorio e zozzo. Una cosa da trombonamico di sinistra, che ti esorta a non farti trombanemico il mondo che pure continua a fotterti a Destra e la sinistra. Quello che t’invita a stare calmo, a sforzarti di capire chi continua a sferzarti tanto per sfare, a impegnarti ogni giorno parola e pensiero per non incanaglirti. Noi a Michele gli vogliamo bene come a quello del Glen Grant: perché è un intenditore che sa d’antico ma di buono, come Cary Grant: e che adesso ricorda a tutti quelli che vogliono essere supermenscevichi, che si può anche essere Clark Kent. Che non potendo fermare i treni colle mani, non c’è bisogno di farlo colla faccia il fegato e i reni. Si tratta di curare l’indipendenza di giudizio dalle inutili tirate e la democrazia dalla Tirannite? Sì, ma prima l’homo sinister ac sinistratus si deve curare l’epatotossico dipendenza da bile boria e colite. Per questo nell’articolo non mortis c’ha invitato a dosare eroino-colicamente lo sdegno, a non fare drammi davanti alle tragedie della stupidità che si combatte con l’impegno, a osare temperando l’ira col disincanto e la satira: persino ora che c’è chi sta temperando nel sangue e nelle menzogne le matite le magagne e le mattate per il suo improvvido disegno. Cioè a dire. Se ancora una volta è la fine del mondo, la cosa è grave ma non è seria, a patto di non assecondare l’immondo fine di chi comanda ordinandoci in file d’ignoranza furia e miseria. Difficile. Per lui, per noi, per lui anche più che per noi. Anche perché non c’è più Benni, il maestro da cui Serra ha ammesso d’aver copiato il compito di diventare il maestro delle elementari norme per cui musoni e i neuroni di sinistra restino non imbelli ma pure indenni. Manca l’autore del bar sport e sotto il mare: ed è ancora più difficile ridersi anziché arrendersi dei tanti bari per sport professione e spot, sul mare di colluse e collise confusioni fra Vespa e Report o fra Spongebob e Voldemort. Un autoscontro fra incazzati, fra accecati, fra fessi — per niente e contro tutti, pur di evitare un temibile auto-incontro con se stessi. Per questo alla fine ci piace andare così ferocemente da nessuna parte, ecco cos’è questo non stare fermi un attimo per restare fermi a qualche oscuro secolo. Ci piace troppo parlare molto, paventare tutto, spaventarci tanto ma poi spicciarci a cambiare o agire davvero in niente. Ed eccoci qua. Il solito Papaluto in faccia al mondo pappa e cornuto: scritto barocco e fumoso da uno a cui proprio non piace ‘sto Nuovo Continente in superficie che ipertrofizza e superdeficie, e che infatti scrivendo così male e iperscrivendo così del male non sarà mai Baricco e famoso. Tant’è che doveva essere un post breve, e come al solito ci è venuto fuori un lungo (e poco) saggio sotto forma di trip e di acido da suocera che beve — un lungo sviaggio fuoristrada che c’ha il suo postumo al postero e al curaro bello greve. Quale sarebbe, questo amaro del capoverso? 

Che niente serve davvero a niente, figuriamoci questo pseudoqualcosa in anneghiamo per non annaspare e basta in un male di gente. Al di là di tutti i bombardamenti di parole e fattacci all’ordigno del giorno, delle corse a nervi e protervi tesi, nel Malpaese ci piace soltanto il concetto di Stasi — nel non senso di Alberto con Chiara e Sempio, nel Luna Pork allestito tritato e arrostito attorno a un delitto oramai suino generis di cui non si butta niente, della sempre più interessante e intrattenente Garlascoland dello Scempio. Poi sul resto si litiga, si specula, si fa ressa — ma è solo del nulla inzuppato di sangue tipo biscotto, che siccome c’intrattiene un po' c’interessa. E quindi. Colla realtà che ci circonda urlandoci di uscire colle mani alzate sul nostro prossimo, col panorama umano bello come un palazzo abusivo in cemento pessimo, l’unico modo di attirare la nostra malattenzione è il pazzesco, il farsesco, il passeggiante e il poliziesco: se davvero volete che che ce ne fotta qualcosa del mondo che non gira l’angolo attorno alla cronaca rosanera, inventatevi un Kiev L’Ha Visto o uno struscio di Gazzasco. Chiari Poggi e di luna che ancora una volta alla fine della fiera ostinazione ci fanno salutare come sempre — con poca speranza ma buona, e con buona notte e buona fortuna.              


sabato 26 aprile 2025

O LA VATICANO O LA SPACCA


E niente, visti i tempi di magra e di Maga, ora non ci resta che attendere serenamente che dal Conclave esca sovranamente il nuovo papa-re Donaldo Elone X. Il tocco giusto e il giusto tocco di testa per completare il quadro, riempire le caselle, svuotare manicomi e celle. Il compimento d’un piano, d’un destino, d’un fato poco turchino ma parecchio turpe e porcino. Un disegno mica intelligente della diavolina sprovvidenza, che s’è venduta pure la matita a chi non credendo a Darwin ma solo ai din din è rimasto una scimmia involuta del tipo solo la borsa è la vita. Poi per carità — e nel caso di specie, anche carità cristiana — sicuramente è una coincidenza. Ma l’ultimo incontro internazionale — sotto forma di sottospecie d’inutile quasi-scontro intenzionale — è stato con Vance, di passaggio a Roma per controllare se Meloni ricordava la comanda presa da Trump a Wahington. Un cesso a pedali di vicebuzzurro a strisce e stelle che incontra come un’ingiuria il papa a rotelle, il classico cow-boia chi non la molla che non capisce un cazzo ma ti spiega tutto perché c’ha le risposte i reel e le rivoltelle: con un buzzurretta planetaria così, sai le crisate a crepapelle? E infatti… La crisi c’è stata, la crepa pure, la pella ce l’ha lasciata — classico caso di ponteficina ad Americano-armata. A dispetto delle autopsie e dei baciapile, per noi Bergoglio è morto di quel bacio della morte della ragione con annesso attacco di bile…  

Fatto sta. Francesco non c’è più, ma il suo papato — specie nella Groenlandia del Vaticano, cioè noi, la provinciona culturale e coloniale dello staterello d’animo nero e confessionale — resta e lascia dietro di sé una scia di prefiche, inumazioni ipocrite e agiografie postume. Dovrebbe essere una questione di politica estera, a carattere internazionale, ma in Italietta diventa subito di politicanza strapaesana cultuale e interna — sopratutto alla logica lacrimogena e campagnola del funerale. Se chi muore non è mai un cattivo cristiano, figuriamoci se muore chi per professione e confessione non può essere un cristiano cattivo… Un eroe rivoluzionario, un santo della gente, un mito ambulante nonché un mite gigante. Questo, a tenerci pure bassi e stretti, è lo sperticamento a giorno da fulgor mortis a cui tutti si sentono chiamati o costretti. Finanche Trump, per dire, che in tv gli ha dedicato uno svelto e simpatico riposa in pace con accanto un coniglio: del tipo riposa, ché in pace ci sta e ci vuole stare chi come te è un papa e ciuccia coglione e Berconiglio. Insomma, un bellissimo lavoro di squadraccia: Vance lo ammazza, e il capo di Vance e di cazzo lo seppellisce trattenendo a stento una risata e una parolaccia. Ovviamente lo sprezzo di uno come Trump o lo sfregio dell’assenza ai suoi funerali di un criminale comune e di guerra come Netanyahu è una medaglia, ma sull’operato e sull’omesso da requiem di Francesco non bisogna appuntarsi al petto o alla lettera tutto quello che adesso diluvierà universale come doredulcorata merdaglia. Ammesso che importi e interessi a qualcuno — forse manco a noi — il giudizio sul regno e le rogne del gesuita che fatto papa si è fatto francescano è (con l’accento): Bergoglio, è Pregiudizio. Nel bene e nel male, in un senso alterato o nell’altro, comunque impositivo sia in positivo che in negativo: tanto più ecumenico e generale, quanto più ‘sto pregiudizio è condiviso controverso e divisivo. Una papato che come e più di altri non suscita mezze misure — solo meste sepolture, miste a rozze e postume imposture. Da una parte c’erano e ci sono ancora anche se nascosti a lutto quelli che povera Chiesa in mano a chi vuole la Chiesa povera; dall’altra quelli che un papa venuto dalla fine del mondo per stare cogli ultimi, dev’essere per forza la fine del mondo in cui gli ultimi non saranno mai i primi; in mezzo, la solita pletora di strumentalizzatori, strumentatori di stupidari, orchestrattori di papismi pelosi e pacifismi penosi. Insomma sarà che veniva praticamente da quello Sud, ma Francesco ha portato subito polarizzazione — quasi più che popolarizzazione — alla Chiesa. Trascinando persino post-mortem dibattimenti di processi precotti e preconcetti fino e anche oltre il terzo grado di pregiudizio. Per alcuni il nuovo papauperista è stato fin da subito pericoloso, perché mollando il mocassino Prada avrebbe perso la Chiesa e smarrito la strada; uno che — copyright Giorgia M. — voleva trasformare la Santa Sede in una comune hyppy di preti trans che si sposano, prete frocie che celebrano e spassano, di canne di pakistano anziché d’organo che suonano e risuonano per un Pope Marley rastafariano custode della Gangia Fede. Di contro per altri è diventato immediamente un Obama (in) bianco, uno a cui spalancare le braccia e aprire un credito illimitato: l’uomo della divina e laica Provvidenza, a cui dare già il Nobel per la Pace e Bene che ancora manco si era insediato. Nessuna delle due, ovviamente. Bergoglio è stato un papa partito forte, che poi ha — ed è stato — rallentato avendo comunque patito fortissimo. Di colpe e mancanze sue, come di chi dentro e fuori il Vaticano ha visto come un golpe sia i suoi meriti che le sue mancanze. Un pontefice un po' vittima e un po' carnefice che — constatato che il papa conta sempre meno in una Chiesa che conta solo i soldi e nel mondo quasi niente — ha provato a fare i fatti, ma poi provato e ostacolato si è limitato (per modo di dire, visto il multi-mutismo selettivo vigente ubiquo e vincente…) a parlare di e contro il fare affari coi misfatti. Un uomo del suo tempo, un re senza corona né poteri troppo ampi, ché in silenzio ma in continuazione una Curia omertopatica gli ha minimizzato modi moti e tempi. Un pontificato d’emergenza per uscire dalla Natzingeriana arroganza con annessa fuga per oscurantista inconsistenza: figlio di un’elezione di autosalvataggio che ha avuto limiti e ritrattazioni in sé, ma molte limitazioni da chi più che al reale cambiamento puntava al cardinale autosalvamento per sé. Perché qualcosa dopo il papato nano e interrotto di Benedetto in sedicesimo bisognava fare, sì, soprattutto non esagerare. Da qui un pontificato rivoluzionatore perfettamente non riuscito, ma un intervento diversivo e di facciata — e alla faccia abbrutita da una corruzione affarista e sfacciata — imperfettamente non fallito. Far credere di voler cambiare tutto, ma poi continuare a far credere chi vuole e riesce senza davvero cambiarsi in niente. La Chiesa è ancora e sempre più sarà un’incredibile incristianizzabile e non più inaffondabile AntiCristitanic di simoniaci criptosodomiti e cleptosessuomaniaci incalliti e incanagliti, su cui Dante oggi girerebbe per Netflix uno spin off dei suoi gironi più incazzati incancreniti e infarciti di qualche Novus Ac Nefandus Pontifex — ma intanto in questi anni ha messo lì Francesco a fare il frontman e l’uomo immagine, mentre i Becciu Boys col resto del gruppo fanno fronte del porco mentre si fanno gli affari loro e d’oro assieme a qualche ragazzo immagine. Prendere tempo fingendo di perdere qualche vizio. Per la Sposa Cadavere di Cristo — scampata al crollo di tutti gl’imperi, ma non al tracollo da trionfo di quello di Denari — l’idea era questa. Poco commendevole e alla luce dei fattacci non particolarmente praticabile, ma almeno un’idea c’è e c’era: a differenza di quanto succede qui, fuori dalla grazia di dio e delle sue mura. 

Dove fra dazi, mazzi, stragi strazi e straneonazi ci prepariamo a uscire dalla crisi della democrazia liberale entrando in crisi economica eppoi in guerra commerciale — ma solo come gustoso preludio post-Bergoglio al rigoglio della Caponecrazie mafionazionaliste, che ci porterà alla tanto attesa Parte Terza della guerra mondiale. Però non corriamo e non precorriamo troppo, godiamoci il presente che ogni giorno ci regala un più nuovo e merdaviglioso presente. Netanyahu che bombarda gli ospedali, un qualche ministro della pubblica distruzione di Trump che deporta e ingabbia i migranti come maiali, l’Europa tutta mai insieme appassionatamente su questioni fondamentali anche davanti a minacce letali,  la Cina — la Cina! — che mentre si prepara a invadere Taiwan si candida a vittima degli Usa e a paladina del diritto commerciale (nonché) internazionale. Come se ci fosse ancora la forza del diritto, anziché solo il diritto alla forza: esercitato ed esercitizzato da chi si sente il più diritto per truppe e trippe, per forze e per forza. Tipo Putin che fa finta di fare la pace con Zelensky, mentre con Trump farà una pace per disfare l’Ucraina. Della più recente civiltà occidentale, ammesso che sia mai davvero esisista, resta oggi un’inciviltà non occasionale: anzi parecchio recidiva e insistita. Questo in tutto il (fu?) patto Atlantico, ma un po' di più dove Giorgia coi suoi Sfracelli d’Italia Schettina la nostra Sconcordia in tempesta e in Transatlantico. La vittoria sarà pure schiava di Roma, ma specie sotto il partito meloniano superpatito mameliano la Roma dei Fratelli d’Italia pare parecchio schiava della vittoria trumpiana. Cornuti e daziati, da migliori amici alleati e amichevolmene inculati siamo andati con Giorgia a chiedere lo sconticino: per tornacene a casa con garanzie di vertici e stop a scontri barbarici di cui non conviene conservare lo scontrino. Dopo essersi fatta baciare in testa da Biden, Meloni è andata a baciare il culo a Trump. Una cosa obbligata e tristissima, oppure comicissima, specie per la pischella del fronte daa ggioventù che l’Amerika imperialista la scriveva solo col kappa — emmò all’Ammerica Trumpimperiale e Muskilista gli manda solo baci pollici e occhei, sinnò quelli la mannano per stracci e kappaò… Ma non c’illudiamo, anzi ricordiamo e interludiamo. Da Andreotti a D’Alema, da Berlusconi a Prodi e Veltroni — cambiano i nomi, i generi e gli stili, non le più o meno affabili e affidabili genuflessioni. Quindi ll netto di qualche parola più acconcia e qualche posa forse meno sconcia, i rapporti sarebbero quelli anche ci fosse stato qualcun altro al posto della Giorgia Ducia dei Fratelli: tipo l’amica-leader alla mano, ma soprattutto la mica leader del Pd alla frutta che tutti chiamano Elly. Perché la storia c’insegna che la storia nostra è sempre quella. Su tutto siamo e siamo stati divisi, tranne su come siamo cogli Stati Uniti. Col cappello e la chitarra in mano, da vero italiano; noi che partiamo dicendo ti tenere la linea di suonargli Hold The Line dei Toto sul grugno, ma arrivati là ci consoliamo della messa a pecora con una foto e una cantata a Little Italian di Toto Cutugno; noi che a Washington corriamo e zitti, mentre a Bruxelles andiamo: ma piano, senza averne uno, con un troppo pieno di parole e zero fatti. Europeisti a chiacchiere, filo-Americani a Roma o Amerikanisti a prescindere — dalle intenzioni, dal volere, dai partiti di turno al potere. Una cosa curiosa, strana, stramba ma mica misteriosa. Ché non cade dal cielo, anche se negli anni ci è caduto sopra uno zuccheromertoso silenzio a velo. Quello che adesso un documentario prova a sollevare, unendo i punti oscuri coi depistaggi più chiari, con nuove testimonianze e prove d’inventario che avrebbero dovuto sollevare un polverone — e che invece non alzano neppure un grammo d’attenzione, abituati a sollevarci l’umore col solito Vespa-io. Si chiama Magma, è su Netflix, e per una volta usatelo per capire la storia italiana anziché di quali cazzo di storie si fanno quelli che scrivono per la tv coreana. Secondo il documentario — tanto per cambiare — per capire e tanto dobbiamo fare due trapassi indietro. Tornare agli anni Settanta e Ottanta, alle morti di Moro e Piersanti Mattarella, alla strage neofascista della stazione di Bologna che ancora oggi secondo la nostra premier e i suoi camerati ha una matrice non chiara e una verità oltraggiante e finta. Raccontarvelo tutto sarebbe lungo da spiegare, mentre vederlo è proprio un’occasione da non sprecare. Riassumiamo. Ora sul rosso ora sul nero, colla fattiva e preziosa collaborazione di qualche falso amico modello grand croupier ma amico degli amici vero, l’Italia in quegli anni essendo il gran casino del mondo ha subito un golpe a puntate e pistolettate. Il piano era Solo e sempre impedire il Compromesso Storico, innescare la Strategia della tensione, implementare la presa degli Stati Uniti e del blocco occidentale: colla scusa del blocco sovietico, e a costo di bloccare il naturale corso democratico ed elettorale. Meglio un governo incapace e corrotto ma amico, che un governo amico ma capace di tutto: ad esempio non essere servo-shock e suddito scecco. Una massima che vale oggi come allora, elaborata e attuata da quell’altro meritatissimo Nobel per la pace di Kissinger, basata sulla frase pronunciata circa il dittatore Noriega e che da allora nesusno rinnega: è un figlio di puttana, ma è il mio figlio di puttana. Qualcosa che non vale o non è valso solo in Italia, ma anche altrove, solo che in Italia molto più che altrove. Insomma, malcostume mezzo Gladio. Anche se oggi in Europa non si può più mettere una bella bomba, non si può imporre una comoda dittatura, ma puoi sempre dire chi per te in politica è una bomba mentre fai interdire e hackerare chi per te è una iattura. Come Giorgia, la duce di cocca Trumpiana: che, con grande gioia da Nixon e Bannon a Nordio e Durigon, unisce la solida tradizione piduista e neofascista colla oggi trendyssima eversione anti-magistratura berlusconiana. E che tristezza, questo 25 Aprile 25, dover sentire che la Liberazione va festeggiata sobriamente: magari ospitando come primo leader mondiale a Palazzo Chigi Orban, un presidente di democrazia fieramente illiberale che l’Oppressione la sa festeggiare sovranisticamente. Che mestizia questa Italia Fratella dove vieni identificato se ti dichiari antifascista come la Costituzione, e idolatrato se sei arcifascista di famiglia e costituzione. Una meraviglia, a cui dall’altra parte risponde tacendo o straparlando un mero e calimero parapiglia. Calenda che preferisce parlare con Meloni anziché cogli ex grillini; gli ex grillini ora contiani ma sempre più paciputinisti che di rimando non ne vogliono sapere di Calenda; la Schlein, che più che cogli alleati ha solo incontri coll’armocromopsicanalista in calendario e in agenda… 

Insomma, omissione compiuta. Al mondo e all’Italia oggi manca quello che Aldo Moro, Piersanti Mattarella e Olof Palme sognavano — una socialdemocrazia (magari cattolica, ma non italocristiana…) europea. E non si sa quale delle due parole starebbe più sul razzo ieri a Kissinger via Kiss Me Licio Gelli, oggi a Trump aspirante Kaiser dei miei gioielli. E infatti. Non per caso gli europei che da ottant’anni accettano di essere asserviti e riveriti, oggi dagli Usa si sentono dire che sono serviti ma da oggi sono parassiti tirchi e rincoglioniti: e si ritrovano senza un’unità di intenti o almeno un’identità per rintuzzare gli attacchi che arrivano e arriveranno da Trump Putin e il resto della Autocrati Riuniti. L’Europa divisa, serva, per forza brutta e inutile in un mondo in cui tutto quello che non è forza bruta a cosa vuoi che serva. Un pensiero duro, un ideale tosto, un piano oscuro — magari intermittente, magari non perpetrato in maniera costante e permanente, ma oggi pressoché completo e riuscito. A cui manca giusto un papa che — anziché a Lampedusa dai migranti — il primo viaggio pastorale lo faccia in Usa a una fabbrica Tesla di morto-siluranti. E anche se il Conclave parrebbe a maggioranza bergogliana, la storia è per sua natura una salita in bici alla bersagliera, un’inculata bara e puttana. Non per niente a sentire l’intervista data da Müller — l’OberKardinal di scuola SS e Natzingeriana secondo cui l’Azienda nel nome di Cristo non è una cosa da poveri né la Chiesa arcobaleno che piace ai ricchioni e ai ricchi — pare che Bergoglio non sia ancora freddo, ma loro c’hanno il nuovo Pietro in caldo e il Dom Perignon in ghiaccio. E che gli dobbiamo dire al papa nuovo arrivato, noi del Papaluto? Non resta che attaccarsi alla speranza, anziché a quel cosetto sotto la panza… E quindi un po' sperando e un po' disperando senza buttarla in vacca, oltre a buonanotte e buona fortuna non ci resta che dire: o la Vaticano, o la spacca.                           


martedì 24 dicembre 2024

A CHRISTMAS CAROGN


E dopo l’assolto a Palermo e l’assalto a Magdeburgo, aspettiamo con ansia che Babbo Fatale ci porti una proposta congiunta Salvini-Musk-Afd (ovvero i Nazisti dell’Illinois, ma in Germania…): qualcosa tipo il sequestro e la deportazione preventiva su una nave piombata di tutti i medici e gli studenti in medicina non ariani, a meno che non si siano ravveduti diventando Suv e Super Nazi-Muskiani... Senza ipocrisie né presunzione, ma giusto con un po' di suggestione, dopo l’Assoluzione Finale del Ministro dei Trasporti Speciali su Open Arms all’iniziativa potrebbe trovarsi anche un bellissimo nome — tipo Open Auschwitz. Nel mentre la tromba della propaganda in Italia e la tomba della verità e delle vittime innocenti in Germania annunciano un Timendo e Tremendo Buon Natale a tutta l’Umanità che ha da tremare e temere, vista la Disumanità da paura che se la cavalchi ti porta al potere. Ma andiamo con ordine, ché ad andare forte il Disordine Nuovo Razzifascista e Mondiale di qualche ricco pazzo ci pensa da solo.


Per missione, omissione, tornaconto o manomissione il Capitan Russia dell’Italia che lavorava dall’Interno ha abusato della sua funzione: e per difendersi non ha addotto alcuna argomentazione, semplicemente ha indotto il solito vittimismo a cazzo nella pubica opinione. Ho sequestrato le persone e la mia pubblica funzione, ma non per uso privato: per difendere la Patria, la pasta, il Natale e il Panettone! Faccio male, a fare il male ma per il vostro bene?! Un po' la tesi dell’eroico e troppo presto dimenticato Luca Traini — non per niente elettore ed iscritto della Lega — che per risolvere il grave pericolo della sostituzione etnica aveva massacrato un negraccio di merda e di passaggio avviando una meritoria operazione di polizia igienica e punizione italica. Non una novità, semmai una rinnovata nocività mentre si ritornella su un’innevata Natività.  Da Hitler al Fuhrer del bar col videopoker, va sempre così: folli dittatori o folle di colleghi pazzi criminali però senza seguaci-elettori, quando butta male si buttano sempre sulla mamma e la buttano sempre in politica. Meglio ancora se la politica è del tuo partito, possibilmente avvocato: così, dopo mesi che l’hai pianto e urlato, finalmente arriva la sentenza politica di cui il Paese era già stato avvisato. Solo, d’assoluzione come manna anziché di mannaia e condanna. E in questo senso bisogna dire che Salvini aveva preso tutte le garanzie e i garantismi: con la sua Mike Giulia Buongiorno a condurre il gioco, il Rischiatutto diventa Il Potente Rischia Niente tutto formalismi cavilli di battaglia e gargaisterismi. Basti ricordare che lei è l’allora pulzella di Palazzo Orleans e del processo Andreotti, alla fine del quale una prescrizione fu contrabbandata come piena assoluzione — e per cui dei magistrati-ma-veri-mafiosi che l’osarono ancora oggi si dice che andrebbero arrestati tutti. E infatti. Siccome il tempo non passa in vano ma in peggio, all’assolto di Stato il plauso eppoi via all’assalto allo Stato col tradizionale presepe del pestaggio del magistrato. Vespa, la Porro-Pornostampa di destra o governista, la scorno-stampa della fu sinistra senza più vergogna né un’opinione né un giornalista: un sopruso evitato, un uomo perseguitato, un governo che deve difendersi dal complotto migrante mascherato e magistrato; non è importante, non interessa, a parte che non è più rilevante poi Salvini non lo devi sbattere in paginone ma lo devi battere politicamente. Meraviglia, il Tafazzismo intensivo della centro-centro-centro-sinistra che mallea e si attaglia al Tartufismo eversivo della sconciodestra. Risultato? Salvini delinquente e premiato, (in)degno ministro della Meloni delirio-onnipotente tutta boccacce battutacce e premierato. Così funziona, perché funziona così in un Paese disfunziona. Il fatto non sussiste, un misfatto — se fatto bene e ministeriale — s’archivia, anzi ti premia e t’assiste. Tant’è vero che dopo il pieno trionfo ottenuto da cliente aulla Giustizia, ora punta a tornare da Punisher anti Pusher al citofono e all’Interno. Certo qualche formalità bisogna ancora sbrigarla, e qualche forma di costituzionalità che ancora regge bisogna sbaraccarla… Urge regolamento di conti, di commi, di poteri dello Stato che devono diventare servi senza fiatare o nemici senza sconti.    

Ad esempio. Ora che il Martire Matteo è stato assolto, come di regola e consuetudine, resta solo da condannare e incarcerare i pm scafisti e schifosocomunisti che l’hanno indagato e processato. Ma questo — come avrebbe detto l’Indimenticato e Impunibile Iperimputato Silvio B — è un regolamento di conti interno alla sinistra. La famosa ingiustizia a orologeria, come l’ha definita Silvione il re dei Rolex smistati nella sua elegante orgettineria. Dalla toga rossa lo si poteva sospettare, ma adesso lo possiamo proprio affermare: Babbo Natale è un buonista perdonista e di sinistra, visto che porta doni ai bimbi buoni e perdoni ai bamba buoni a nulla e cattivisti in tutto alla Salvini. Un bel regalo sotto l’albero di Natale, per chi l’albero del Natante lo vuole sotto il mare — ma come detto non è che l’inizio, perché la Befana Melona travestita da mezzasega-mezzastrega del Nordio metterà nella calza nel sacco e sotto processo chi si è permesso di non mettere i politici al di sopra del bene della legge e del male. Si chiamerà separazione delle carriere: di qua quella dei giudici in carriera perché sanno e vogliono obbedire al potere, e di qua quelli che una carriera non la vogliono più avere. Del resto, da Renzi in su, dappertutto l’aria che tira — al piccione, al giudice indipendente e al pm impiccione — è questa. E la sentenza su Salvini ne è la naturale conseguenza. Una sentenza politica, senza dubbio né questione: perché al di là della vulgata cioè della divulgatissima puttanata, le sentenze politiche in Italia storicamente non sono quelle di condanna, ma di assoluzione. Del potere che assolve al suo ruolo, che assolve se stesso coi suoi abusi malcostumi e abomini, che condanna il Paese al carcere a malavita dei suoi Bravi-ministri sani Griso e Salvini. Una sentenza più che scontata e dunque per nulla scontrata. Perché sta bene — o non così male — a tutti. Ché salva chi comanda ma governa per finta o zero, e contemporaneamente toglie chi si oppone sulla carta e per gioco dall’imbarazzo di farlo non al Fanta ma davvero. E quindi Meloni esulta, il governo non salta, l’opzione-opposizione ancora una volta non esiste, si esime e quando fiata non esalta. Ricorda a ragione che le sentenze si rispettano, che loro la destra la vogliono battere al voto e non in tribunale: e ricorda tanto quello che aspetta a buttare la palla in tribuno perché sennò butta male. Avessero osato condannare la stagione del Salvinismo, i giudici avrebbe condannato un sistema che non si processa anche se si condanna da solo all’immobilismo. Impossibile, improponibile, impraticabile. In questo senso l’assoluzione è squisitamente politica: e non è una critica: è proprio una notazione istituzionale, funzionale,  tecnica. Se fa comodo a tutti, noi come potere dello Stato non vogliamo fare l’incomodo a nessuno. La magistratura che rispetta l’economia politica del sistema della Repubblica. Perché una sentenza non nasce nel vuoto assoluto, nel mondo ideale, ma in questo mondo senza un’ideale che non sia vuoto e dissoluto; i giudici come tutti sentono il clima, magari non l’ascoltano ma ne risentono, soprattutto quando fra Novax e Sì Dux in giro c’è una bella efferve-scienza politica della democratura al suo climax. Per accogliere le tesi dell’accusa ovvero la realtà dei fatti che sussistono subissano e avanzano, i giudici in camera di consiglio avrebbero dovuto avere troppo coraggio, anziché la giusta prudenza — a nessuno si può chiedere di essere eroi, sebbene a costo d’errori che ahinoi fanno giurisprudenza. Perché il processo di Palermo ne farà eccome: anzi farà proprio gioco a Meloni che del diritto e del dovere all’accoglienza — coll’Albania genialmente trasformata non in una discarica di carcerati migranti, ma in una Spa militare a cinque stellette per carcerieri uncazzofacenti e mica paganti — si prepara a finire di farne strame. Perfortuna da Palermo non vengono solo cattive notizie, ma anche il presidente Mattarella, la migliore cattiva notizia possibile per i piani di riforma che solo per il vangelo di TeleMeloni sono la buona novella. Lui, che da custode dei valori dell’odiata Costituzione antifascista, ribatte colpo su colpo di spugna a chi la vuole cancellare in quanto di provata e olioricinata costituzione arcifascista. Non a caso è proprio la sua figura di riferimento (ma rischiando una grossa figura di merda, al referendum e al momento…) che, coll’elezione del premier a mandato più populista che popolare, si vuole umiliare spogliare e possibilmente spopolarizzare. 


E siamo al punto. Di non ritorno, di ritorno a capo, di nessun ritorno per nessuno se non per il capo. Siamo sempre lì, all’è perché qualcuno li ha votati che Salvini/Meloni/Trump/Voldermort/Il Barone Ashura sono lì. Dice: che vuoi obiettare, se il popolo vota Duce? Ad esempio che votare democraticamente per un’elezione — anche se è già successo in Germania e Italia negli anni Venti di Guerra Mondiale con gran successo — non implica né autorizza a votarsi demagogicamente all’autodissoluzione o all’autocratizzazione. Quindi tu sei di quelli che se alle elezioni il popolo non ti dà ragione, allora cambiamo il popolo? Sinceramente sì, anche se oggi non è molto popolare, ma noi la politica la intendiamo — e quando no, colla politica c’incazziamo — come miglioramento della condizione, dell’istruzione, dell’abitazione e insomma della complessiva cosa popolare: ma davvero, non come i populisti che fanno il pieno di voti e di vuoti speculando e perculando sulla casa popolare. Noi, illusi e tardi tardo-Illuministi, vorremmo cambiare le persone in cittadini democratici anziché contian-grillini demagogici anche a costo di spargimenti di soldi, sangue e lacrime spremuti all’evasore pingue, scuole ospedali e investimenti. Un vasto programma, che purtroppo somiglia troppo a ogni nefasto proclama della politicanza vastasa e bassa di gamma. E comunque quello sarebbe il piano A: come A Quale Santa Claus in Paradiso ti vuoi votare, per fartelo votare?  Difficile, impossibile, troppo lungo ma necessario e realizzabile perché nel breve sia realmente utile. Con un progetto che in dieci anni ti affronta problemi ignorati e/o insoluti che ci fai, se entro metà legislatura o meglio per il tg di mezza sera non ti porta visibilità e voti? Troppo giusto, e infatti c’abbiamo il piano B: come Buon Natale di Merda, merde! Una cosina sentita, forse un po' antipatica, ma una mandata affanculo santa per le nostre coliti disperato-dispeptiche da conati cugini e cognati delle destre anti-democratiche. Eccolo qua, il radical sciocco neostalinista, amico del popolo ma del buon tempo: ché quando invece la gente non lo segue, ne consegue che l’elettorato è l’agente provocatore del Nemico del Popolo e del Nostro Tempo! Non è così, o non del tutto. Noi Papalutisti siamo sì nemici del popolo — ma per come l’intendono e l’inculano i papaveri e pappa populisti. Siccome noi più che a salvare Salvini siamo interessati a perorare il partigiano e presidente Pertini, con lui diciamo: a brigante brigante e mezzo, col razzista un razzismo politico-culturale con ogni mezzo. Non perché ci sentiamo migliori, ma perché — anche se egualitari — non ce la sentiamo di sentirci uguali a certi ministri-magliari. Noi non crediamo alle razze, crediamo di saper distinguere le persone, ma non crediamo sia il caso di farlo con questa malarazza di persone. Che non sono la maggioranza del Paese, a dispetto di quello che ripete la maggioranza parlamentare nonché larga minorazione mentale del Paese. Bisogna distinguere, e noi la facciamo, a differenza di quello che fanno quelli che noi ci accodiamo anche se non concordiamo. Gente che a questa demo di demagogocrazia fascio punto zero forse non crede, di cui forse non gode, e che però non può godere di attenuanti se si adegua perché stare nelle minoranza sfigata gli rode. Noi lo sappiamo che in questo Mare Nero c’è chi è Mogol e c’è chi è Battisti: chi compra il consenso e chi spera di vendere qualche disco volante orecchiabile ai complottisti: ma chi canta e basta, alla fine è socio nel formaggio con chi scrive gli assegni e i testi. Inevitabilmente si finisce vittima, quando voti e ti voti a un carnefice; ma non incolpevolmente, se vuoi qualcuno che per te faccia il carnefice e vittime mentre tu che sei complice fai pure la bella vittima. Se il mondo fa schifo io che ci posso fare, a parte fare schifo? Ecco noi per quelli che siamo nella merda allora facciamo l’onda, non facciamo l’ola merdaiola con tanto di tifo. Quelli che amano l’uomo forte duro e maschio, quelli che al patrimonio dell’Umanità e dell’Unesco preferiscono il Pazzimonio colla Disumanità dell’Unico ElonMuskio, quelli che si sognano figure di spicco e da spacco ma nel presepe della vita sono figurine di merda una tacca sotto le papere e il muschio; quelli che a essere colti e intelligenti preferiscono non essere colti perché loro sono furbi, i tizi cani e porci della famiglia tradizionale degli sgorbi alla Gianbruno e alla Sgarbi, quelli che guardano OnlyFans mentre si vedono la benedizione Urbi et Orbi. Voi che ve ne fregate del prossimo, ma pure di quello prima e quello dopo, voi che non avendo alcuno scopo — a parte darvi un tono e una tana — fate il fine del topo. Voi che pensate di starvene al caldo, al sicuro, al riparo: proprio come si sta nella merda di somaro. Ma non la bella bestia che conosce la fatica — l’animale male che conosce la vita e quindi può ignorare la Storia. Ieri Nazionalsocialista, oggi Nazional-Sovranista: se hai votato o taciuto per non aver più paura, sappi che avrai terrore; se hai sempre temuto e quindi tenuto alla sicurezza, sappi che di sicuro avrai solo una securitate alla porta da parte del tuo Premier Forte e Lordo Protettore. Così vi va, anche se non vi va. Chi crede alla maniera forte, cade spesso in errore e di mala morte.  In pochissimi casi, in porchissime Case, il motto magno e mignotto Odio Patria e Famiglia porta buone cose: di sicuro non a te, ultima ruota del cazzo che ti apri telegram e ti senti migliore amico di Mosca cocchiera. Quelli come te sono gli utili idioti, che a un certo punto sono solo idioti fottuti: mentre i soliti si fottono gli utili dopo oltre ai voti. Chiedi se non ci credi, documentati eppoi qualcosina domandati. La Nazione, il Sangue, il Suolo? Alla fine resta solo una nazione nel sangue e rasa al suolo. Pensi come tutti hanno pensato di proteggerti? Allerta spoiler, sotto il cumulo di cazzate da Sieg Heil Fuhrer: tu e i tuoi figli sotto le bombe, e per campare tua moglie e tua figlia sotto a fare pompe. I tuoi autori e fautori del Questo Non Ce Lo Dicono, questo se lo scordano e non te lo dicono: ma questa è la Storia, altroché quelle dei complottisti, e anche se è tutta una macchinazione che contrasti vedi poi come ti ricredi e ti contristi. Ma basta, anche se è Natale, non vogliamo guastarvi il piacere di gustarvi il Nuovo colla Sorpresa. Svolta questa parte di auguri — sinceri, che colgano nel segno e possibilmente nel sonno come sicari — passiamo agli auguri di parte: a chi non si sa perché ancora ci legge, a chi non si sa come ancora ci legge, a chi non ci regge né ci legge ma non ha problemi a essere pecora nel gregge se l’alternativa è essere a pecorina davanti ai denari dei Re magi e aerofagi delle Scorregge. A voi come sempre Buona Notte — non solo di Natale — e buona fortuna, con queste Christmas Carogn che nascono sempre e non finiscono mai o mai abbastanza male.                             


venerdì 21 giugno 2024

NON È VERO MA GLI CEDO

In apertura le notizie di economia — in rialzo i mercati reazionari, volano i titoli della Borsa o la Vita sui giornali, fare a pezzi l’Italia o un bracciante straniero ci lascia indifferenti uguali. Amici abbonati a Papaluto Prime di tutti, abbiamo lo scoop fresco di due settimane: ci sono state le elezioni europee, e per qualche stato geografico o psicologico — tipo il nostro — è andata talmente bene che facciamo prima a chiamarle anti-europee; oddio, nel caso o casino di specie italiano sono state come sempre delle elezioni strapaesane, e con Vannacci eletto con mezzo milione di voti più che altro delle anti-diluviane ma arci-medievali quanto a (non) idee. Ma siccome non finisce mica il ce l’ho, vi spariamo pure quest’altra nostra esclusiva: tutto il mondo è Belpaese e quindi anche agli europei, oramai, più che le Europee appena finite interessavano gli Europei appena iniziati. Un calcio d’inizio in bocca a tutti i dibattiti su come o quando l’Unione Europea vada a finire. Del resto a chi interessa se nella vecchia guerra fredda riscaldata fra Usa e Russia più Cindia e nuove superpotenze l’Europa è la solita immota e iper-nota superimpotenza, quando a Bruxelles ci sono da piazzare trombati impiazzabili oppure impresentabili ma iperpoltronabili da Coblenza a Cosenza?! In questo votati e votanti la pensano alla stessa maniera: le elezioni come gli eletti non servono a nulla, sono sempre i soliti stronzi che in quanto tali stanno a galla, e a stare a casa se la pensano bene i malpensanti non votanti. Buoni a niente capaci di tutto, e noi non vogliamo più stare buoni perché — dalla dialettica democratica, alla vicina arteriosclerotica, alle sottospecie di superspezie della cucina asiatica — siamo incapaci di sopportare più niente. Così vincono gli astinenti dall’urna e i digiuni o disgustati della democrazia costituzionale che vanno a votare dicendone o facendole peste pestaggi e corna. Nazionali europee o regionali, ma quale primo o secondo turno e ballottaggio: con questi che per chiederti il voto sembrano sbarcati da Saturno, l’unica per noi mai sbarcati di lunario non è il voto di protesta ma proprio di sabotaggio! Lo slogan — manco tanto silenzioso — della minoranza sì votante ma credente in maggioranza il sistema democratico schifoso, è stato questo. Siccome non ha avuto risposte dalla democrazia liberale, l’elettorato ha votato e si è votato massiccio e incazzato a una domanda di demagogocrazia liberalizzata e illiberale. Morale della favola sotto i tacchi, ecco sugli scudi gente che come morale c’ha la favola dell’Uomo Nero in uno stormire di fasci ronde bracci tesi e battere di tacchi. In Spagna corre la Vox Populisti del Franco Forte, in Germania e Austria i pronipotini di Hitler festeggiano l’Anschluss-party coi neonazisti Pro ero figliocci di Haider, in Francia Le Pen col suo razzifascio-influencer Bardella spacca al punto che Macron sfascia il governo mentre dopo settant’anni il patto della Republique d’essai e De Gaulle si spacca e barcolla. Un successone così, neanche se metti insieme Waterloo il Titanic e il Mercante in Fiera di Pino Insegno. Certo, tecnicamente e teoricamente a Bruxelles e provincia la coalizione Ursula di Von Der Leyen magari ancora regge: ma la verità è che tolta Strasburgo nel resto d’Europa politicamente e praticamente già nessuno la regge. Anche se mette d’accordo tutti — troppo scialba e tecnocratica persino per chi l’appoggia, troppo sciatta e democratica per chi la dileggia nei posti fichi magari ascoltando nazi-techno fino all’alba. Una donna per tutte le stagioni, un per la madonna buona per tutte le lamentazioni, insomma l’intortamica perfetta trasformista e traffichina per la nostra Giorgia double-fasc: che in Europa fa la statista atlantista, ma in Italia fa la vaga sulla Gioventù Melonitleriana e la stragista di Costituzione antifascista come futura presidenta della Repubblichina. Ursula per Giorgia e per puntellarsi la poltrona chiude un occhio sui diritti e la libertà di stampa, e Giorgia per Ursula e per buscarsi qualche commissario europeo di peso li chiude tutt’e due per un bacio all’antifrancese anziché solo a stampo. Al netto dei regolamenti di conti e conteggi fra clan di nazionalisti rumeni francesi o ungheresi che manco i Casalesi i Casamonica e i Corleonesi, questo ci toccherà vedere perché questo ci è toccato votare. Però bisogna tenere i nervi saldi, anche se i saldi elettorali fanno venire i nervi. No, non è il disastro, o non ancora. Sì, il bicchiere mezzo pieno da guardare è che manco a ‘sto giro in Europa al potere andranno i Nazisti dell’Illinois — ma solo perché l’Illinois in Europa non c’è, e allora un bicchiere bello pieno conviene farselo anziché guardarlo. Salute, coraggio, e un bel brindisi al domani che già ci manda tanti saluti romani. Per adesso l’amaro calice l’ha buttato giù Macron, e anche se  assieme all’Assemblea Nazionale dentro c’ha sciolto pure un paio di Xanax, non aveva scelta. Se il paese ribolle, meglio farlo votare che farlo e farsi ancora bollire. Del resto. In Francia come in Germania la rabbia monta, l’impalcatura antifascista nel Paese e nei partiti si smonta, e per quelli di tradizione repubblicana e democratica ogni giorno che passa allontana una a dir poco difficile rimonta. Le false soluzioni demagogiche ai veri problemi delle democrazie in crisi socio-politiche tragiche non costano nulla: tranne alla gente che, credendoci, crede di risolverli anziché aggravarli quando col voto nazifancazzista o razzifascioqualunquista si ribella. Immigrazione impoverimento e inflazione, disagio sociale e degrado istituzionale, disoccupazione oppure lavoro precario pre-schiavistico e sottoproletario che a chiamarlo lavoro ci vuole immaginazione… Problemi grandi, nell’immediato senza sbocchi, giganteschi — per cui però nel meraviglioso UltraDestraVerso mica ci vogliono soluzioni: meglio slogan grandi, grossi, giga-tarocchi e maneschi. Che ci vuole? Si risolve con un muro, alla Netanyahu, ogni situazione: del pianto, e con accanto un mitra e un piantone. Se l’economia è debole, ci vuole l’uomo forte; se non hai (di) più, la colpa è di chi ha nullla o anche di meno; se ti vuoi vendicare del Gay Prada di ricconi scrocconi e ricchioni sempre di moda che non se ne può più, tienimi fermo al governo che io li meno. C’era una volta il voto di protesta, ora c’è proprio quello di vendetta, di giustizia fai da te sotto forma di ingiustizia-faida a te; colla crisi il messaggio della rabbia e della paura è l’unico che passa: tu votami per rabbia, ché la crisi no però la paura passa. Il guaio con ‘sta democrazia moscia della libertà e dell’eguaglianza è che è diventata come l’immigrazione — oramai ce n’è troppa, e minchia la noia e l’angoscia. Meno menate sui negretti negletti e senza diritti, meno fighetti che vogliono minacciare il gender non sia mai fluid dei nostri figlioletti: più menare di manganelli mamme papà e polizia, e vedi come risani la periferia la Famiglia e l’economia! Non è vero, ma gli cedo. Roba pesa, corda tesa. Però questo deve aver pensato, e pesato, Macron. Se li volete al governo votateli, eppoi dopo avergli votato un governo che non era quello da voi voluto, accorgetevi. Gli do il potere così gli elettori si tolgono lo sfizio prima di toglierseli dalle palle per lo sfascinazismo e lo strazio. ‘Sti francesi, sempre illusi autoreferenziali e presuntuosi. 
Pure se non sei una cima guarda da questa parte nera del Monte ex Bianco, Emmanuel! Non guardarti l’ombelico né il dito, semmai la luna: di Mieloni fra quella stronza (autodefinizione: perché tutto puoi dirle, tranne che sia in crisi d’identità o di sincerità…) di Giorgia e gl’italiani. Lei finge di saper governare anziché occupare solo posti di potere, e gli Affratellati d’Italia che l’hanno votata fanno la Sfinge e finta di non sapere che c’è differenza fra voler comandare e dover governare. Su questo persino un pessimista di professione come Montanelli era stato un pronosticatore disneyano e ottimistone: no, Berlusconi o Meloni, Renzi o Salvini, dal malgoverno tu italiano merdio non ti vaccini. Anzi fai pure la recidiva, la ricaduta, fino alla caduta del vecchio Al Capoccia mentre un altro prende lo rimpiazza come re duce madre madonna diva. Secondo il celebre celebrato e decerebrato Teorema Aritmetico-Commerciale dell’ex europarlamentare + Iva Zanicchi: se questo va male, il prossimo Peggio andrà meglio. E infatti è oramai un classico della commedia che in Europa il leader e finto-candidato italiota vero si plebiscita, per dimostrare che mettersi sul carretto Chiquita del vincitore Banana del momento da noi è sempre la mossa riuscita. Il più o meno 30 percento alle Europee alla Bulgara non si nega a nessuno, a differenza del flop del governo di turno che di lì a poco si rivelerà un fracaso alla Sudamericana continuo e diuturno. Ma va bene, va tutto bene così, chi siamo noi per fare le Scassandre e rompere la Nuova nel paniere alla sua festa? Tranne alla morte a tutto c’è rimedio, oltretutto semplice semplice, soprattutto quando sembra non ci sia rimedio — e in più spararle grosse, ci risparmia la morte per tedio.     
Non mastichi di politica e non sai cosa mettere sotto i denti? Non mangiarti il fegato amico disoccupato sfigato e sfiduciato a morte, ma ciucciati ‘sto premierato troppo forte! Se non parti per l’estero non arrivi manco a fine mese? Goditi l’abolizione del reddito di cittadinanza che finanzia la rendita di cittadinanza fiscale fuori dal nostro paese! L’economia traballa, il Pnrr stalla, la legge di falso in bilancio è bella ma balla? E tu canta con noi kiss me licio, perché la giustizia politicizzata e piduizzata come spianacea di tutti i mali e i malamente impaccati e incensati che aiuta tutti i cittadini impoveriti e incensurati è la nostra ultima ultraballa! La sanità pubblica paralizzata plurilottizzata e al collasso? Tranquillo, si risolve tutto coll’Autonomia differenziata: fra mega sanità pay e privata, e malasanità privata di tutto per te che puoi giusto permetterti un decoroso mortolocale di sepoltura con cucina e decesso! Del resto poi si sa, che il modo migliore per unire la Patria di cui ti vanti da pazzi, è farla in venti pateticissimi pezzi… Giorgia la Flop Gun vola ad aprire fallimentari centri immigrazione in Albania? No problem, a coprire il misfatto senza coprire la notizia ci pensano le centrali d’informazione aka propaganda e disinformazione che manco l’amico Saied nella vicina e dittatoriale Tunisia! Accorgimenti anti-accorgimento degli elettori d’averci un malgoverno malaccorto che occorrono e in caso soccorrono, ci mancherebbe, ma poi in realtà manco servirebbero. Gl’italiani non hanno gli occhi foderati di prosciutto, con quello che costa, ma un po' d’odio di ricino Retequattr’ore su ventiquattro per vedere il Male di chi e che fronteggia Gggiorgia, gli basta. L’underdog-sitter è sempre più up, visto come porta al guinzaglio la rabbia canina del suo elettorato xenoidrofobo top. La Meloni in versione guappa è una guagliona di strada che acchiappa. Giorgia sei tu la nostra Ducia, a costo d’ammazzarci coi tuoi Lollo e i suoi manipoli da Manganello proteggici dalla brutta sinistra snob ricchional-chic e frocia! Non importa se il governo Meloni fa bene solo agli amici e sulla mia pelle: l’importante è che faccia male a chi mi sta dirimpetto e sulle palle. Certo, poi ci sono attimi di sbandamento. Pensate che non essendoci un euro nelle casse, per un istante si era pensato all’insano gesto del ritorno del Redditometro: proposta subito cassata in quanto cazzata, perché è da neuro intaccare la Vita Smeralda del nostro brioso e Briatoroso ceto produttivo di redditi Billionaire esentasse. Una politica maldestra e malaDestra-sociale che per la classe medio-alta prevede agevolazioni totatli e condoni tombali, mentre alla tua merdo-alta si presenta con doni fecali? L’importante è dare l’impressione di fare per te amico e camerata cose, case, grandi imprese e impressione. Risultato? Due milioni e mezzo di voti a Detta Giorgia, una che il parlamento italiano già lo vede male e col binocolo, mentre a quello europeo ce la vedono col cavolo. Capolista e capofila di una truffa generalizzata ed estesa agli altri contumaci capintesta. Che fingono di preoccuparsi di grandi temi, ma poi a Bruxelles latitano languono e si affannano appresso ai patemi domestici di maggiorenti capibastone e capicorrenti coi loro portaborse maggiordomi e domestici. Per tutte le segreterie infatti le Europee sono solo una specie di sondaggione dal vivo e dal vero sul potere che conta davvero: quello di raggiungere la precentuale di votanti e di eletti che ti lascia in sella e vivo. Quindi bene la Schlein che ha vinto solo perché per una volta il Pd non ha perso, male Conte perché per una volta anche se ha perso neppure Travaglio riesce a dire che ha vinto, grandissimi i Renzenda che per una volta in due hanno fatto una cosa buona restando fuori dal parlamento. La leggenda più o meno vivente però è Salvini: ha preso un partito nordista e meridiomerdista che era votato in massa al settentrione, e adesso lo lascia mezzo morto e votato in Mas quanto grato ai Ras del voto mafioterrone. Mito, anche se adesso avrà l’Autonomia Differenziata come la sua segreteria-spazzatura per essere consolato. E visto che siamo a contare e raccontare misere e miserabili cose, pur restando nel cortile dell’Egonomia politica ve ne diciamo una delle più meravigliose: cazzo, Noi (Maiuscolo) del Papaluto per una volta abbiamo votato come tutte le volte, ma vinto! E quanto è bello vedere Mimmo Lucano e Ilaria Salis eletti, fare il boom nelle urne e il bam nel fegato di Salvini Meloni&C che anziché europarlamentari li volevano galeotti? Per il resto, come in ogni dopo voto siamo alla grande politica estera italiena, quella comica marziana fra Marte e Lino Banfi. Più che un piano Marshall per l’Ucraina, noi abbiamo sempre pronto il pianerottolo Vespa buono per l’uncinetto e l’urletto appresso all’ultima polemichetta ultronea e cretina. Basta vedere il magico G(iorgia)7 alla fratella e alla frisella, che ha finalmente ridato all’Italia il posto che le compete al tavolo dei grandi — a servire burrate e ballate, prodotti della vigna e dell’orto, sparate e boiate che molla contro il diritto all’aborto. E l’anno prossimo magari sarà ancora meglio, quando nella Masseria Deviata e posticcia di Borgo Egnazia Giorgia potrà ballare la TaranTrump Power mentre con Putin si patteggia si pasteggia e si pasticcia finché ci si sazia. Ma nell’attesa del Sola dell’Avvenire in Italia si mette mano — addosso, non armata ma forse solo per adesso… — alla Costituzione. Con una maggioranza talmente coesa compatta e coatta che più che fare squadra, fa proprio squadraccia: e se l’opposizione in Aula si permette di farsi uscire un fiato o un tricolore, gli appositi sgherri vendica-sgarri ti mettono la mano in faccia. I soliti patriottardi, quelli che l’Italia chiamò solo se si gioca a calcio al negro o a caccia all’ebreo in chat con Diabolik, gli abituali parafascisti subnormali che non siamo mai abbatanza tardi ma tanto ci coprono gli appositi Sechi Mentali che è tutta normale dialettica e realpolitik. Proprio così, niente di nuovo sotto al soleo: i soliti cazzotti in panza che ti becchi da dieci contro uno se fiati. Infatti per la prima volta nella storia d’Italia vengono ripetutamente profanate le tombe di Matteotti e Berlinguer — come se non avessero abbastanza da rivoltarcisi per come gli eredi l’hanno ridotta, per come la faranno finire fra un voto di scambio e una mazzetta senza bisogno d’allerta spoiler… Bipartigiana, immoralista, bipolare e bicompare quando come a Reggio Calabria tratta e si tratta della peggiore Destra ‘ndranghetista cicciofranchista e anti-partigiana. Triste ma vera, triste ex rossa o rossobruna e non solo nera, questa Italia della variopinta e vario-tinta malapolitica locale, dei Cuffaro e dei Toti sempre in a galla o ancora in sella, che non sai se è più delinquenziale per chi la fa o demenziale grazie a chi la continua a votare. Nel frattempo — col nostro sottomondo che lo tifa, fratellizza e ci fraternizza — contro il Caos sovrano e sovranista il resto del mondo si organizza, mentre quel che resta del mondo liberaldemocratico impazzisce incanaglisce e si polverizza. Per dire: mezzo minuto dopo la vittoria del Ressemblement National, in Francia le sigle della sinistra — che sono più di quelle cantate da Cristina D’Avena — si sono riunite in un Fronte Popolare; da noi, a parte le inevitabili piazzate piene da piazzista che vende unità a parole, Schein e Conte anziché organizzarsi davvero con programma piattaforme e candidature forti aspettano che gli elettori li riuniscano in un unico Fronte Impopolare Non Credibile e Invotabile di fatto. Ma in Italia molti dormono sugli allori, soprattutto altrui. Tutti contenti gloriosi e glorificanti la nazionale di Francia piena di campioni anche elettorali, non nel senso dei sondaggi ma di solidi e insoliti messaggi politico-morali, ad esempio. Bravi bravi bravissimi Thuram e Mbappé, su certe cose da atleti famosi bisogna prendere posizione anziché solo lo stipendione: ovviamente su tanti dei nostri bravi ragazzi che cantano calciano e portano la croce — celtica, perché oltre alla maglia della Nazionale c’hanno tatuata sulla pelle tanta simbologia e simpatia Fascio-Nazionalsociale — manco un mah o un beh. Scena muta per omissione, o per mutua comprensione e condivisione. D’altronde. L’autodissoluzione della democrazia passa dall’assoluzione eppoi dall’adozione/adorazione della più moderna ed efficiente autocrazia: ci saremo suicidati, ma con un funeral party a cui siamo tutti invitati; e noi italiani alla festa saremmo messi bene, e mica imbucati. Immaginate. Coll’aiuto di Dio di Telegram e di Putin Trump lo votano o lo hackerano Kapitan Amerika, X-Man Elon diventa padrone del Muskverso: ma noi avremo Happy X Mas alias il Generale Italietta Vannacci, a servire la Nazione e i suoi cocktail di battute su checche viados e negracci che finalmente andranno a segno e non più in assegno ma a qualcuno di traverso. Tutti giù a ridere, altrimenti giù botte come ai ragionieri che anziché in puttan-tour vanno in giro vestiti da mignotte. Sarà bellissimo, sarà l’alba di una nuova civiltà bella bianca maschia e suprema, ma per noi del Papaluto potrebbe essere ancora meglio: tipo se morissimo prima. Alla fine possiamo far finta di credere a quello che ci dicono gli opinionisti più quotati, sgamati, sovranizzati e somarizzati: e che sarà mai questa versione della democrazia più diretta e popolare, anche nella sua eversione più pop e trendy che la dirotta verso una capocrazia populista e dittatoriale? Noi però non vogliamo crederci, e neppure pensare quello che abbiamo pensato pensi Macron: non è vero ma gli cedo? No, vogliamo credere a quello che Macron ha davvero detto: nessuna rassegnazione né disfattismo. Ci si può ancora svegliare e schierarsi anziché svogliarsi, per questa democrazia malandata ma meglio di qualunque altra alternativa finto-nuova e già andata (a) male: forse non è nero, e io ci credo. Nel frattempo cupo e lupo, buonanotte buona ululata alla luna, e malora più che mai buonafortuna.    

Trump Fiction by Quentin Tarantella

          

lunedì 25 dicembre 2023

JINGLE BALLS

La Notte Santa (Claus) alle porte, la Terra Santa alla frutta, ma che sia più che altro una Terra Santabarbara che esplode di Santa Barbarie chi vuoi che se fotta —  è di nuovo la magia del Natale, è sempre la minchioneria del tutti viziati e bambini, tutti stupiti e stupendi mentre stupidi come siamo spendiamo gli ultimi spiccioli di vergogna coscienza e stipendi! Ma sinceramente quest’anno è da ottobre che fra razzi rappresaglie e aguzzini, noi ci sentiamo tutti magiminchionamente ragazzini. Essì, l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ci ha fatto sembrare e sentire un attacco di nostalgia e di Bush all’Iraq nel 2003. Bei tempi bui, quelli! Quando avevamo tutti meno anni e più scuse, perché eravamo più giovani e più inesperti e stupidi, impazienti di buttarci nello scontro di civiltà che poi era solo un sconto di civiltà: una barbarie che, preciso a oggi, imbocca sentieri ripidi imbocconi creduli e risentimenti rapidi quanto luridi. Voraci interessi in maschera di Carnevale della lotta al terrore di feroci islamici ossessi. Ricordate? Le madrasse dei Taliban contro le maitresse e le vaiasse del pensiero Neocon, o stai colla crociata e la crostata di mammà o sei per il jihad d’imammà, pro o contro, l’Occidente oppure l’Islam — e solo per mascherare e/o scudare questioni di Iban. E oggi, che tutto è cambiato, che abbiamo capito e visto e processato fatti e in parte malfattori di quell’imbroglio di sangue e soldi mai visto? E oggi che è cambiato tutto, che dovremmo aver imparato molto, non è cambiato niente: ma in compenso non abbiamo imparato nulla, e abbiamo incasinato e inquinato subito tutto il quadro in un niente. Essì, proprio come vent’anni fa ll gioco di società al massacro è sempre Fango&Cash, sangue e merda a gogo, soldi e black propaganda — ma marrò. Mettiamoci le magliette, facciamo le squadre o meglio ancora le squadracce, e mettiamoci a fare le marchette e le macchiette. Tutto è fare show, ma quello in cui alla verità dei fatti alla memoria storica e all’intelligenza dei concetti si fa sempre sciò. L’importante è fare a botte — di share, di like, di views televoti e televuoti dal Partito Social-ista. Essere pro o essere contro, perché non essere un non plus ultrà livello pro — per fare hype e carriera diplomatica poco ma politico-polemica parecchio — presenta solo dei contro. Se non stai coi tagliagole islamisti o coi coloni ebraico-integralisti, stai solo fra i coglioni e non esisti; se non sei arcisionista sei iscritto d’ufficio all’Arci Jihadista, se in Hamas non vedi una specie di Caritas col veniale vizietto terrorista sei automaticamente per i bombardamenti di Netanyahu lo stragista: se distingui fra Hamas e Palestinesi e fra governo israeliano e cittadini d’Israele, non distingui il bene dal male — e ogni possibile male, ti deve capitare bene bene. Gli stupri sulle donne servono solo a violentare la complessità e l’intelligenza, i bombardamenti a conventrizzare la verità e la speranza, le decapitazioni dei bambini a tagliare la testa al toro e pretendere che tutta la storia d’Israele e Palestina possa stare in uno slogan o dietro un muro. Impossibile dire che i capi di Hamas e i capi d’accusa a Netanyahu sono due facce della stessa merdaglia — quella che sin dai tempi dell’assassinio di Rabin combatte la pace e una guerra per procura fra poveri e settari che arricchisce corrotti aspiranti dittatori e miliardari — e che entrambi sono atroci attori nel teatro di sangue delle tragicommedie storiche, guitti arte e parte in causa nel lucrare immense fortune politiche ed economiche. La scena è solo loro, tutta l’oscena pantomima dei Nemici con Benefici che si fanno cappotti di piombo e ponti d’oro. Fare la guerra è complicato, costoso, coinvolge tanta gente: ma per Hamas e Netanyahu farsi la guerra è talmente conveniente da diventare cosa urgente e occasione unica e cogente. Due popoli, due stati? Un solo popolo — bue e al macello — e un solo stato — mentale, spietato scervellato e pietoso. Nessuno spazio per un dibattito men che stragicomico, per un’idea approfondita o meno disperantemente approssimata della situazione, per lo studio della storia e della geografia — al massimo della Berlinguer, di Floris, della De Girolamo in Boccia o di consimile e consorte talkscioccheria. 

Intendiamoci, se in giro per il pianeta trionfa la sega a motore di Milei in Argentina e magari si prepara a rifarlo quel cesso a pedali di Trump con qualche sega mentale di golpe alla cilena, vuol dire che davvero tutto il mondo è paese.  Ma non Belpaese: quello siamo solo noi, quello che l’ignorantismo bello bullo e palese così ce l’abbiamo solo noi. Buono per tutte le occasioni, cattivo consigliere e ottimo carnizzere per tutte le opinioni. Meglio se a cazzo, al sangue, un tanto al chilo di carne di cristiano, ma meglio se musulmano. Orgoglio Italiano — come si porta e porta voti adesso — siamo Soloni Noi. L’Italia dove a dibattere di guerra e pace come fossero Leoni Tolstoj anziché da tastiera abbiamo disperati e disperanti improvvisatori di testate nel muro e nel torbido, ma in carriera. Una paccottiglia versatile quanto vomitevole, una compagnia di giroviscere, indigesta ma sempre in onda in vista e in pista. Per qualunque notizia, evenienza, esigenza di rissa preceduta da finta intelligenza tonta intellighenzia e vera intellodelinquenza. Togli un decorativo scrittore progressista, aggiungi un aggressore professionista e regressista; aggiungi un impegnatamente inutile autore di sinistra, ma lo controbilanci con un agitautore sessista e reazionario di destra: ritocchi il registro e magari ricambi il ministro, quello che magari ti ha fatto il favore e adesso ti allunga la mancia e la minestra. Ricetta fissamente variabile o fessamente mutevole a seconda dell’orientamento, dell’occorrenza, dell’ospite prezzolato tuo e della concorrenza. Per la politica estera, per la cronaca interna nera gialla o rosa, sempre rósa dalla cronica politica di reperire argomenti da sviscerare con vittime o carnefici da scannare. Prendete il già tritissimo e tristissimo tritacarne del femminicidio Cecchettin. Metacannibalizzati in un attimo Giulia e Filippo, da vittima e carnefice si è passati a insultare il padre della vittima che per gli hater è peggio del carnefice. Ma il massimo del minimo di questo dislessico familiare e familista si è toccato con Elena, la sorella. Una ragazza che si è limitata a esternare il suo dolore, a parlare perché la sua perdita non fosse inutile, a cogliere l’occasione e raccogliere le forze per dire la sua contro la violenza sulle donne. Stop. Un semplice parere, un sommesso dolore, il coraggio di appellarsi alla coscienza di tutti perché quanto subito da troppe donne non debba più accadere. Giusto così, giusto una posizione e finita lì, no? Macché. Elena viene messa subito nel mazzo di carne da gioco degli specchi, della speculazione, della contrapposizione facciadaculto a cazzo e a sputacchi. Anticrista Satanista o nuova Antigone e Santa Femminista: al centro della sceneggiata familimachista e napoletana come sorella che non tiene al lutto e figlia che non tiene decoro, oppure eroina purissima della tragedia greca autoflagellante e pseudoprogressista per la gente di sinistra che scrive ma è troppo fatta di sé e di autodafé per leggere la trama di Sofocle anziché unirsi alle Sore Sofoclelle in coro. Tutto contro tutti, tutto e il contrario di tutto, e tutto ad abuso e consumo del solito pro e contro. Stavolta sul patriarcato, anche se non esiste più, e dalla famiglia alla scuola alle istituzioni l’educazione e la formazione è demandata e domandata a un vuoto e impaurito partenariato. Il problema è che i genitori vogliono essere amici dei loro figli, a costo di essere nemici del loro avvenire e della loro educazione. Non importa. Chi ha tempo di leggere il reale, quando c’è da scrivere il pezzo a sensazione o hai scritto il libro con cui andare in televisione? Su certi temi non serve fare attenzione o non sia mai informazione — serve fare audience, polemica, strategia della tenzone. Allora vai di derby della Madoninna: santa classica oppure sarda queer? La fede nelle famiglie belle coi figli mazza e panelle vs il credo che nelle case vada troppo poco la Murgia e quindi il Padre-Patriarcone di Gavino Ledda vada alle stelle. Uno scontro a fuoco ma a vuoto, inutilissimo di suo per quanto irrozzitissimo da noi, ma già bello rozzo carico e caricaturale ma in utilissimi di suo. Come al solito conveniente per chi lo porta avanti — per farsi sentire, per farsi conoscere e leggere, per far risentire la gente e farsi pagare coll’agente. Inutili speculazioni di sinistra, speculatori parecchio in voga in foga e in utili da destra; di qua il tizio di purosangue italico che la realtà non c’è da capirla o cambiarla ma solo cavalcarla, e poco più in là a tavola il Ribot della fu sinistra che ne combina di tutti i The Kolors mentre controcanta Italo Desco disperato perché la realtà — ostinata, populistica, forse neppure vegana né olistica — proprio non vuole capirla che solo un cavillo di razza come lui sa come cambiarla. Tutto sfocato, tutto forzato, del tutto slegato — per interesse o incapacità — dal paese e dalle sue necessità. Gabbie ai salari, pistole per tutti nelle città che sono giungle di ti asfalto e da safari, super-avari su sanità e Reddito di cittadinanza perché in questo modo chissà come aumentano salari e stipendi: per ogni cosa la soluzione è, parolone e pensierini stupendi. Un viaggio mentale e demenziale all inclusive, una presa in giro d’Italia tutto incluso e a parole tutto inclusivo, isole padronali e patriarcali comprese. Risultato? Il post Cecchettin si risolve tutto con un post e qualche corso online al volo e low cost a cui fare il check-in. Basta, e anche stavolta fino alla prossima basta far finta di dire e di credere basta mai più. Tutto finisce nel solito copione in mano a supposti maghi della comunicazione, che ti lasciano vaghi vagoni di supposte al magone. Tutto in archivio in merda e nel dimenticacatoio con una frase sui social e un’ora di educazione sentimentale — by Valditara, non per niente il Flaubert alla vaccinara — sui banchi di scuola. Una donna a capo del governo e una a capo del più grande partito d’opposizione, che in commando fanno esattamente quello che avrebbe fatto un uomo solo al comando: fuffa e baruffa, fumo e profumo d’intesa sull’essere d’accordo ma poi in Aula trovarsi con un pieno accordo sul disaccordo in essere. Insomma un bel niente, il solito vuoto pneumatico e partitocratico, ma uscito dal voto femminile e paritocratico: ecco la famosa parità (a zero) fra i sessi. 

Certo poi non dobbiamo essere ingiusti, qualcosa si è ottenuto. La legge bavaglio sulla stampa, dove la mettiamo? Così di casi e casini Cecchettin, non se ne sente parlare più — ma non perché non succedono, perché succede che il governo dice che non se ne deve sentire più. Risolvere il problema alla radice, come quando c’era Lui: perché mettere in galera chi commette i reati, quando puoi incarcerare chi ne parla, e magari sparla pure dei miei?! Semplice, geniale e e congeniale a questo esecutivo del Merito — soprattutto penale — di certe proditorie prodezze e produzioni di dossier Santanché Del Master Chef Gasparri Crosetti e corruzioni. Sebbene, e va riconosciuto a questa Destra tutta Legge è Ordine del Padrone, anche senza apposita legge è bravissima a procedere con ordine e omertà in ogni condizione — valga per tutti l’esempio del mitico Giancarlone. Pittelli, l’avvocato dell’Obolo dei Limbadi, il parlamentare di Forza Fratelli d’Italia passato dalle leggi pro-Silvio alla legale livello pro per la ‘ndrangheta, un valido esponente del Mafiarcato responsabile fra le altre cose loro dell’omicidio di Maria Chindamo: una donna libera, un’imprenditrice coraggiosa capace e ribelle, data in pasto ai maiali perché colla doppia aggravante di essere donna e addirittura imprenditrice non si era piegata ai loro porci comodi. Al tempo del suo passaggio di salvataggio con Fratelli d’Italia, già più che inquisito e inguaiato coll’inchiesta Rinascita Scott, Meloni l’aveva definito per il suo partito un valore aggiunto — adesso alle patrie galere, e come pietra tombale sul furbastro galleggiamento fra predicazioni ipocrite e azioni vere. La posizione di Donna Giorgia al netto di ominose e uomofobe omelie sul femminicidio che visto l’indifferenza in cui si consuma in realtà è omerticidio? La parola d’ordine è Dio, Patria e Famiglie — non arcobaleno, ma narco, però protette candidate e candidamente lasciate intatte in un baleno. Per il resto, grida manzoniane e urla meloniane, ma bandite impacchettate e imbandite dal giusto palco  col giusto contesto. 

Tipo l’imperdibile non meno che incredibile Atreju. La Giorgialand tolkeniana dove si lecca il culo alla Dolce Ducia per sport e mestiere tipo Hobbit&Work, che quest’anno fra Briatore, Giambruno il Molestatore Musk l’inseminatore e Abascal di Vox il Franco-Imitatore non avrebbe potuto essere più magica e comunicattiva da macabracadabra manco se ci fosse stato ospite Turetta. O forse sì, non disperiamo, vediamo e prevediamo l’anno prossimo. Sempreché l’anno prossimo — dopo essersi iscritta alla rediviva Superlega di Salvini contro il Mes, ed essersi beccata il Patto di Stabilità cucinatogli da Macron e Scholz come Piatto d’Instabilità e austerita quando credeva d’esserseli cucinati in salsa d’Itala e scaltra sovranità — la Meloni, a cui mancano giusto 200 punti di spread per completare la tessera per vincere un ko e un governo tecnico, ci sia ancora. Ma non mettiamo limiti alla provvidenza, né soprattutto alla professionale e professorale Gran Riserva di scuse balle e propaganda circa l’Italica Sovrana e Autarchica Rinascenza. Dare meno a chi ha meno per dare di più a chi ha di più, tagliare le tasse a chi tanto già non le paga, tutelare balneari tassinari e tangentari tumulando tutti quei coglioni senza palle di non evasori, non abusivi e nemmanco eversori. L’insicurezza sociale si risolve con più pistole ai poliziotti fuori servizio, la sicurezza economica per lo più più medici e infermieri pistola che dopo i tagli accettano ancora di prestare — anzi regalare — servizio, la criminalità e la precarietà organizzate non si contrastano: perché parlare e lamentarsi è un brutto vizio: e infatti Caivano si bonifica meglio bonificando i pestatori di Saviano sempre in sevizio. E se vi sembra poco, è perché capite e ci capita poco. Noi abbiamo fatto il massimo che potevamo con quello che avevamo — e soprattutto col niente siamo e l’anche meno che sappiamo. Si perché, in attesa di capire se la Fratellanza d’Italia è più sovranista nera o suprematista bianca, nell’adunata da venerdì-sabato-domenica paraculofascista si è stabilito che è supervittimista vera. Non c’è una lira, non c’è un’idea, e peggio ancora non c’è un’idea di come spenderla financo quando il Pnrr ci dà qualche lira. Quelli che volevano uscire dall’euro a tutti i costi, non riescono a farne uscire manco uno come spese sensate anziché mance a sottopanze e sottoposti? Tutta colpa degli altri, che non riconoscono il Ministero del Merito, di un governo che va come un treno — quando non si ferma a richiesta di uno che come resta Ministro è un mistero. E non parliamo della maggioranza che sostiene questo governo che spacca, quando non si spacca ma fortunatamente si allarga . Pensate solo che la finanziaria da soliti madreignoti che rubano nottetempo il reddito di cittadinanza come la pasta e ceci, è stata votata ben dopo la mezzanotte: perché prima bisognava festeggiare Gggiorgia che faceva la festa alla Ferragni in mezzo ai Tapiri ai Tarocchi-Balocchi e alle botte. E qui non si capisce se — almeno per i minchioni affetti da glandopatia cerebrale che ancora aspirano o pensano a non morire demagogo-cristiani — è più sconfortante la Meloni che individua nella Ferragni la capa dell’opposizione, o la granitica vacuità di Schlein e Conte che le dà ragione mentre non da né capi né coda all’opposizione; no perché non pensate che non ci sia chiara la situazione: non basterebbero mille Del Mastro Lindo a fare piazzapulita di questo governo d’incapaci e iper-rapaci di tutto, e per questo sempre favoriti a ogni elezione. Più la situazione precipita, più i sondaggi volano. Figo? Visto quanto è raggelante, al massimo frigo. Ma non crediate. Le ragioni del successo sono profonde, sono un tema, che non basta liquidarle colla profondità di un coma. Non è solo perché questa maggioranza di nessuno mischiati con niente contro c’ha il niente di un’opposizione fatta di reciproche contrapposizioni che per non rischiare di vincere o convincere non vuole mischiarsi con nessuno. C’è di più, c’è di peggio, c’è che il peggio dei peggio adesso è quello che va di più. E che va dall’Europa agli Stati Uniti e ritorno, con un ritorno politico ed elettorale a consenso unico che nel mondo si allarga a macchia d’odio. Soluzioni false e facili a problemi reali e difficili. Se il mondo ti spaventa, votami e lo spavento io per te: trasformandolo non in un posto meno spaventoso e sicuro, ma più spaventato spaventabile e manipolabile di sicuro. Rabbia e paura, paura che vota e si vota alla rabbia. Portami la tua paura, che io te ne libero — liberando la tua rabbia. Sorda, cieca, che non sente ragioni ma solo amore o tombacizia per mortali soluzioni alla cieca. O alla russa, all’Ungherese, alla Fascio-Fashion week che torna risfila e bussa. Ti fabbrico un nemico, una scusa, un alibi per fartelo nemico e sparare al vicino di casa. O al negro anche se è nato a Riccione, a quello che ti ruba il posto di lavoro o nel parcheggio del Lidl, a qualche riccone gay e pedofilo del complotto  gender che vuole far diventare tuo figlio ricchione. Il mondo adesso disfunziona così, e figuriamoci il piccolo immondo antico dell’Italia che per il momento e lo scontento Giorgia dice sempre sì. Anche quando, anziché pensare ai problemi del paese meno premiato e più debole, si risolve i suoi coll’ideona del premierato forte — antidemocratico antiefficiente e arcideficiente, forte. Ma non importa: anche se ogni troppo appoggiata da Italia Viva, la maladestra di Giorgia ha la maggioranza perché l’Italia non ne vuole sapere della sinistra minoritaria minorata e morta. Dovete stare co’ mme, che so’ Ggiorgia e sto colla parte viva e viva la mmerda der nostro merdaviglioso paese colle pezze d’appoggio al peggio e al culo, ennò co’ quelli colla puzza ar naso e l’attico ar centro che n’idea mejo de la mia non la vedono manco se gliela mettono sotto il muso. Cittadino italiano, nel periodo delle festività più che mai è giusto pensare a chi sta peggio di te — ma fra immigrati e italiani mantenuti, redditi e rendite di cittadinanza, fancazzisti che colla scusa di fare i fan degli antifascisti ci riempiono di terroristi importati dagli scafisti, chi sta peggio di te?! E infatti. Disillusi e incazzati da tutto, gl’italiani al momento sono illusi e incantati dal nulla di GGiorgia. Non importa se questo governo non fa niente di buono: neppure me l’aspetto, mi accontento che faccia male a qualcuno. Per questo sull’albero hanno messo le palle di Natale, e sotto le penose e pelose balle di Giorgia: che gli ha promesso quelle di Mohamed, della moglie di Fedez o di Pasquale. E mentre nell’aere si spande soave il ritornello del tornello del ricono e della propaganda manganello di questa Jingle Balls, vi ricordiamo che a Natale siamo tutti più buoni: a nulla, specie se crediamo a certe cose, se ci ricrediamo su cosette come la giustizia e la libertà perché non le sentiamo più nostre, se ci arrendiamo o alleiamo alle loro cose nostre. Buona notte santa passata, buona fortuna puttana e sfacciata che da qui non vuole passare.