Dopo gli applausi a oscena aperta, adesso tutti a vedere se reggerà meglio la tregua o la scusa per infrangerla. E magari per l’approvazione del suo piano immobiliare e ballerino di pace davvero un giorno ci toccherà pagare a Trump il pizzo del Nobel — giusto, ma a lui per la pace solo se ad Hamas e Netanyahu va l’Ignobel per la Strage più Atroce. Tutti collusi e felici, tutti in affari loro nel giro del terrorismo, della guerra, della guerra al o col terrorismo come ragione sociale d’un business avviato col pretesto della ragione di Dio o di Stato. Del resto. Questi sono i tempi, amici Papalutisti, di quelli che non hanno i modi — solo la moda il mood e le modalità d’estorsori pappa e affaristi, col tappeto rosso sangue srotolato a tagliagole applauditi come taglianastri e affetta-affabilità/saggezza/affidabilità più tutto quello che ci vuole. Tipo il ci vuole lo Sweden Academy Award col Red Carpet, per Donald il più arancione e matto dei Muppet: cioè premiare qualcuno per aver fermato il massacro che ha contribuito ad aizzare non senza prima monetizzare, proprio come ogni rispettabile e rispettato Palestino O’ Maraggià del racket. Del tutto folle e quindi ovvio che due giovedì fa — nel giorno in cui si assegnava il Nobel per la Letteratura — quasi ci si rassegnava già al prossimo per il Guerra e Poi PayPace del Leone Troll-stoj della Democratura. Un cappio-lavoro di modestia personale e di molestia digitale che fa davvero la sua porca figura, mentre tutti si accalcano attorno al patibolo come a un party col fascivendolo il finger food e la tempura. Rilasciate gli ostaggi, così lo spiano di pace — a forma di deserto per i profughi, di luce verde per Hamas a regolare a fucilate i conti interni, e di perdono con tante scuse per Netanyahu criminale di guerra e di Stato proprio dei più fighi e sempiterni — può mollare gli ormeggi. Un golpe di spugna, una stretta di mano di vernice e verdoni sul sangue, e degli orrori seppelliti a Scialo-El-Sheik fra ori e onori vediamo adesso chi si lagna. O la Borsa o la Vita? Ma quando mai, nell’ultima versione la Borsa è per acclamazione la morte o la vita delle persone. Tanto futti futti dio-denaro e padreterno Trump perdonano a tutti; santi o briganti, bravi tutti quanti; e allora tutti all’ora di religione della rimozione dei peccati senza redenzione. È il momento del battimani, non certo dello sbatti e dibatti l’argomento che manigoldi e manigoldman-sachs coi soldi finiscono sempre tutti saldi e insani. Così va il mondo, perché alla fine è così che va al mondo. La fantasia di dominio al potere assoluto, ad assecondare lo scecco matto colle fantasie di potere tutto, purché disdicevolmente profittevole profittatorio e dissoluto. Italia o estero, poi, cambia niente in questo cambiare tutto in peggio e in un niente. Pochi mesi ma da manuale, per capire quanto siamo messi male. Roba da chiedersi come si arriva fino a qui, cioè colla merda che c’arriva fino a qua. Solo che per farlo dobbiamo andare con ordine, ché c’è già tutto un pianeta a procedere per disordine mentale prostatico maligno e mondiale; andando un po' per le lunghe e poco per lusinghe serve ripercorrere i mesi che ci stanno alle spalle come un ergastolano nelle docce in astinenza sessuale: e per capire bene quanto questo nuovo Continente — come lo chiama e non lo sgradisce Baricco — sia incontinente e retrogrado, dobbiamo mettere la retro in questo degrado baro tarocco e rettogrado micidiale.
E dunque. Impressioni di ‘sto settembre? Meno male che poi è arrivato ottobre; anche se la hit da Premiata Fogneria Marpioni da TrumPutin ad AssasiNetanyahu a Giorgia Giué Meloni affonda radici e denti in un’agghiacciobollente Agostembre… Colonna sonora e infame d’un giochino al massacro dopo massacro fra colpi di calore, botte da Orban, colpi di mortaio e soprattutto colpe del morto troiaio della sinistra dei ricchi dei ricchioni e delle Hogan. Sì perché questo è stato — porci comodi al governo, ma cani da presa per il culo degli elettori colla scusa di quei sorci Commodi dell’opposizione. Principini morali e moralisti del cazzo senza testa, senza corona, senza spina: sia dorsale che Usb, come tanti Chat Guevara smidollati schiva-elettore e scarichi più del loro whatsappeal da cellulare usato e di serie B. Mentire menarsela e sentenziare, questo sanno fare. Tutta colpa loro, di ‘sti debomesciati mangiatartine e sputasentenze a tradimento, se noi bravi governi tutti mamma papàtria e famiglia dobbiamo salvare il mondo senza salvarci dal loro pasteggiare a paté di paternali patenti bugie e paturnie a patimento. Ma che democrazia è, se una maggioranza umile ma onesta non può scegliersi manco una minoranza meno presuntuosa segaiola e onanolesta?! Eppure fino a quando sulle nostre riforme moderne e carceratorie ci tengono le mani legate, dobbiamo tenerci queste madamine leccate… Inutili, insopportabili, insigni insegnatori d’inutilità e inseminatori d’odi insopprimibili — anche se i nostri Piantedosi a ‘sti piantagrane e piangigramo che devono sempre salire in cattedra o scendere in strada prima o poi glieli fanno passare, i bisogni impossibili… Ma intanto. I danni e le beffe che voi e noi brava gente del popolino dobbiamo patire grazie a questa bella gente da vieni avanti clubbino — di fighetti, infingardi, figofobi negrofili e rolexcomunisti bastardi! Un’accigliata accolita di snob ibridi dalla Asessualità alla Ztl, una carovana queer e murgiana che non ama né la mamma né l’amatriciana: sferzanti bio d’intelletualetti/e bio gluten-free e vegan che è tutto patriarcato e vetero, soprattutto se maschio ed etero. La Destra vogliosa virile e volenterosa smosciata da una famigerata cerchia celiaca ed elitaria alla testa, che una ne sfa e cento ne pensa: con Rete4 che poi pensa a inventare quello che manca o che resta. Ogni giorno, una nuova e vincente estrazione del complotto; tutte le sere, una narrazione della persecuzione fra la narcotizzazione e la perculazione con l’Odiotel che fa il botto. Un mantra, un mappazzone, un refrain: un continuo refill delle marxscalzonate dei rossi arcobaleno che vogliono sostituire la patata col third sex e la bachata col sax di Coltrane. Un’Internazionale sempre all’opera e al lavoro ma che ha mollato la rivoluzione gli operai e il lavoro, e si è lanciata nella rivelazione a nostalgici ottusi e pecorai che non devono esistere più la gnocca e il raviolo. Sono loro, le Quinte Colonne che secondo il governo di Quarta Repubblica ci porteranno in casa il Terzo Mondo, facendone uscire il pane il pallone e la fica. Poi, ovviamente. Che sono cazzate da film-Porro lo sa pure l’ultimo dei melonomani: forse persino Nicola Porno, pur essendo il Tonto Brass di tutti i Bullissimi in primitiva visione su Rete Quadrumani. Non è vero e non ci credono, ma va tutto bene perché meno è vero ma nero e più i telespettatelettori gli credono. Del resto solo così può essere, ché nell’era della paura e dell’odio da vomito ergo sum per funzionare proprio così dev’essere. Prendere piede significa prenderti per il culo mentre faccio bottino a buttane e a piacimento — e nel mentre, prendere quelli che il culo ancora non me lo danno per sfinimento. Solleticarti, sobillarti, sofficemente soffocarti soggiogarti e infine sodomizzarti: non importa come, l’importante è prenderti ma facendoti credere che tu sia tu a darti senza però cedere. Fatti furbo, non farti il culo — a farmelo per fartelo ci penso io… A che ti serve avere la ragione, che è sempre in minoranza, quando è sempre la maggioranza ad avere ragione? Non fosse che per conformismo paura e inquieto vivere beviti il mio tormentone, alrimenti ti torturo ancora coi No Vax i Go Giordano e la remigrazione! E questo è stato, nella stagione del prosciutto e melone appena passata come in questa del Progetto e pro-sciatto Meloni a pena crescente che non promette a breve di diventare passato. Male in arnese ma bene in sella, che anzi più fa o va male e meno scolla. Buuu bulli e bugie contro chiunque non s’accorda né s’accoda alle nostre idiotologie. Polso fermo, pugno di ferro, faccia di bronzo da merdaglia d’oro al valore e alla faccia del professorino sbugiardatore fallito fallato e stronzo. La sinistra è peggio di Hamas, noi siamo i meglio di tutti, e chi lo nega è un terrorista prezzolato da Greta e Soros… Perché la maggioranza vince, ma la maggiore arroganza al momento stravince. Dicendoti adducendoti e duceggiandoti le argomentazioni in base (elettorale) a cui odiare e temere ti porto dove voglio: anche e soprattutto a non guardare chi ti svuota davvero la testa il cuore e il portafoglio. Quindi con noi al comando e alla Commando tutto va bene, e quello che non va mica è da noi che viene — è così che va, e perché è andata così forte per tutta la stra-gione la nostra canzone da festival-baro all’incantagiro del cazzone.
Com’era? L’estate sta sfinendo e un anno se ne va… Ma un malanno appresso all’altro o è arrivato o arriverà. Prendendo questi mesi e tirando una riga — o meglio ancora una Righeira — è impossibile negare o non annegare in uno sconforto da Bella Sfigheira. Quindi questo il ritornello e questo il tormentone, per questo caldo autunno-inferno del ritorno in piazza col manganello dalla spiaggia tipo Mondello — cioè col tornello come nuovo modello di estorsione. Perché una volta al mare si giocava a racchettoni, adesso invece non si scherza più col gioco al rialzo o ti rimbalzo dei rackettoni… Tant’è che un bagno d’agosto — anche se la stagione langue — per una famiglia ha potuto trasformarsi impunemente in un bagno di sangue; dove, senza che speculare sulla calura faccia freddo o caldo, l’importante è stato come sempre badare al sodo e al soldo purché sempre più sordo sordido e pingue. Mali segni di questo tempo gramo, tutto grano fama e fumo. Ma era estate, non bisognava pensarci, a partire dal risparmio tutti i problemi — nelle mani dei Mani nel divino governo Meloni — avrebbero dovuto risparmiarci. Disoccupazione, repressione, erosione dei diritti ed erpetica esplosione dei torti da depressione? Basta, il fuoco di Sant’Antonio te lo spegne la Fiamma di San Benito. Pussa via, passa Giorgia e i mali li manda via. O meglio ancora, li rimanda a settembre evvia. Dolori dispiaceri e disdori oramai alle spalle, roba lontana: così poi possono prenderci meglio male, alla sprovvista e alla pecorina. Ah, la bella stagione del mojito e del da mo’ che me ne sono dimenticato… Peccato che prima o poi devo tornare dalle vacanze a strozzo e ‘a stronzo sei di nuovo fregato. Uno schema classico, in vigore sin dall’era di Andreotti cioè il Giuliassico. Se non fosse che quest’anno anche il mese delle ferie per eccellenza, è stato una messe di feralità in serie e in eccedenza. Stragi, strame, interi stock no stop di sfregi freschi e loschi di giornalata. Una fornitura a vita di merda in diretta di morti, feriti, torti di fame e morti di fama che ci lasciano tanto più indifferenti o insofferenti quanto più ci vengono immortalati e riferiti. Necrofilologi con la bara ereditaria di venderti la morte come materassi o orologi: e con l’effetto di desensibilizzarti anche davanti al più cool dei figunerali o dei martirologi. Vip o Nip, alla fine del morto non c’interessa nulla che non sia splatter o gossip in attesa di passare al prossimo Rippo Baudo all’ultimo grido. Magari indecoroso, ma l’importante è che ci sia lo spettacolo — e possibilmente con un uomo di, a tirare le cuoia e i click-tok di stampa e siti alla boia chi muoia. Che poi ci si arrangia anche senza, e si trova il modo di macinare ascolti dindini e coglioni ravanando nella mondezza degli opinionisti d’imballa presenza. Tanto. A saperci fare, gl’ignoti morti di guerra interessano quanto la guerra fra eredi di morti noti: molto o molto poco, a seconda della carne da macello mediatico in gioco o già al fuoco. La Palestina o l’Ucraina sono solo l’ultima e la penultima palestrina in cui esercitare la polemica il piantino griffato e la politica della manfrina. Come in passato, come per sempre in futuro, ogni guaio passato da qualcuno per qualcun altro è un guaito di gioia da abusato sicuro. Muore il Dalai Lama, quello che faceva la voce di Dart Vedar o si muore da rockstar wars in Ruanda o in Darfur? E’ lo stesso, in un attimo è la questione cinemato-agiografica e lacrimogena del momento — e un attimo dopo è un film attuale come Ben Hur, e ciaone al terracqueo quanto momentaneo turbamento... Perché gira gira, gira e giralo, alla fine del filmone strappalacrime stracciacoglioni e spaccia-pensierini buoni buoni, famosi o meno non solo dei più deboli non ce ne fotte niente — a noi proprio piace, assuefarci e assoggettarci ai piedi alle malefatte e al menefotte del più forte e rassicurante ras fottigente. Che ci vuoi fare? Nel libro della giungla del ti asfalto il più forte sopravvive, la morte sopravviene, e sopra o sotto sapersi adeguare è un obbligo oltreché un bene. D’altronde. Non è che si può dare ragione e ragioni a tutti, alla fine serve uno che ragioni come ci conviene: anche se è come gli e si conviene alla ragione dei farabutti. Troppa gente che fa confusione e domanda, qui ci vuole uno che comanda. Ordine ferreo, bisogna dare — e in caso ligneo, di altro mogano per altre bare... E lo stato di Gaza? E quello di Kiev? No, di grazia, palestinese o ucraino non c’interessa nessuno stato di disgrazia: preferiamo Netanyahu coi tanks e Trump e Putin coi loro thanks: gente che magari ti dazia ti genocidizza e ti strazia, ma che per la nostra fattiva ignavia che è la loro fortuna almeno apprezza applaude e ringrazia. Anche perché chi a tutto questo si oppone — o crede di farlo — spesso presta solo un pretesto per la protesta di violenza, virtuosa irrilevanza o virale demenza a prescindere da quello che si propone. L’illogica fanatica dei fan degli opposti idiotismi. Lo stupricidio del 7 ottobre o è una data di festa per la Palestina che resiste, oppure il giorno in cui Israele ha guadagnato il diritto a strupicidiare a sua volta la popolazione d’uno Stato che tanto manco esiste. Siccome ci sono i fascisti al governo, allora all’opposizione ci vogliono gli sfascisti pro-Palestina e contro qualche vetrina Ovs alla stazione. Rompere gli schemi al potere si riduce a rompere gli schermi giù al Trony o ai treni del quartiere. Questo è lo stato demente e deprimente di noi estenuati; e questa infatti — fino alla prossima — è stata la più depridemente delle estati. Chi se ne andava in Florida, chi se ne andava colla Flotilla, chi se ne andava di testa per il viva Hamas e Abbass la vita del pro-Pal antisemita perché Meloni come Netanyahu è una fascistella florida e lurida. Questo lo stato dell’arte di prendersi alla gola colla scusa di voler prendere parte. Nell’aria un fortissimo odore di me ne frego di morire dall’orrore per quello che arrivo a dire a pensare e a onorare. Per carità, abbasso gli stupratori gli aguzzini e gli assassini di bambini: ma non quelli che stanno simpatici alla mia banda di bamba filo-hamasiani, filosofi trumpiani o arci-fascioisraeliani. E così ci siamo crogiolati in un’arida stagione densa di funerali, di fumisterie generali, di funesterie tutte marce svastiche stragi e Generali Vannacci tipo Farinacci o altri neo-Federali: da Ibiza a Gaza in questa estate post destra estrema e postrema i saluti o erano romani, o erano ferali. Primo fra tutti e primissimo fra i lutti — con tutto il rispetto o il dispetto per Pippo Baudo e Giorgio Armani e le loro Giga-agiografie ereditarie e testamentarie — quello stinco di Satiro di Stefano Benni: senza neppure più lui, come faremo a consolarci o sconsolarci un po' meno per questi nostri assurdi anni? Anzi più che assurdi, già assurti alla Top Trem fra tutti gli avi e gli evi più tremendi tremebondi e bastardi.
A dimostrarlo basta(rda) e avanza Ferragosto in Alaska, la commediaccia pacifascista sulle palle del mondo e la pelle dell’Ucraina, il vertice mafioso del ridicolo con una pessima recitazione della pax trumputiniana e una pessimissima recensione da cinecocomerone stile Vance-zina. Una pellicola di furfantapolitica con una patina d’ipocrisia più criminale che cinica. Orribile, ma non inutile. Grazie a cui si è capito una svolta mancata per tutte che né in 24 ore né in 24 ere Trump sarà mai in grado di ratificare una vera pace: perché Putin è un Rasputin rapinatore rapace, e lui che crede di associarsi e batterlo al suo gioco è una rapa perculatrice e incapace. Un dialogo fra sordidi, con un arrogante che si crede più furbo del più furbo e arrogante di quanto non si crede. Due che fanno la pace per finta perché non vogliono farsi la guerra sul serio. Un eterogenesi dei finti, di falsi e tinti imperatori che vogliono imporsi la pax romana: da qui, lo stallo all’Alaskana. Con due boss che provano a fottersi, ma provando sentimenti di simpatia reciproca più che altro tendono a sfottersi — e che in realtà provano ad allearsi per fottere il resto del mondo e fottersi i resti dell’Europa, che per educazione ed evidente sottomissione non dovrebbe accorgersi. Una vacanza di poteri e idee sul ghiaccio, un Riina-Provenzano sul velluto, appena sotto il Polo ma molto sotto la decenza: col resto del pianeta a fare da palo fra il complice e il carnefice, fra l’ammanicato l’ammansito e l’ammamaloccuto. Una Cupola geriatrica e scelta svolta sopra la calotta artica e sciolta, un duopolio psichiatrico e sedicente mitico che non quaglia e si squaglia restando immoto ma non immuto come un logorroicissimo duopoliomielitico. Che infatti sin qui ha fatto solo acqua da tutte le parti in causa e in Casa Russia, portata poi al mulino in bianco della paralisi: ma che da qui in poi ci porterà a uno stato paranoico-militare di guerra — anche se non dichiarata, né di volata — crisi dopo crisi. Manca solo una scintilla, uno scienziato politico pazzo per la provocazione che sobilla, una bomba nucleare in risposta alle ripetute aggressioni di Medici Senza Frontiere, Open Arms o della Sumud Flottilla… No, forse non è la Terza guerra mondiale, ma le premesse sembrano quelle della Prima — solo, alla terza. Lo stesso capitale umano scadente, ma col peccato Capitale assurdo assolutista e asociale d’un arsenale molto più esplicito ed esplodente — in ballo sempre gli stessi micro-neuroni, ma in compenso con molti più megatoni gigatrilioni e maga-idiotoni. Usa, Russia, Cina: bella e bellica gente che con una mano te la stringe, però nell’altra già stringe un coltello per la tua schiena. Ambientino in cui dalla birretta alla beretta è un attimo, dove il presente diplomatico diventa futuro distopico in un niente, e dal cadeau ai caduti di qualche nuova Waterloo c’è appena un breve trapasso. Questo stiamo vedendo, questo stiamo vivendo, di questo che abbiamo sotto gli occhi e fra poco sotto casa non ci stiamo abbastanza avvedendo — e forse già fin troppo assuefando, e i soliti qualcuno coll’importo-esporto d’armi stanno già assaporando. Un filmaccio, uno stop movie che non smonti e non smuovi senza manco un minchia di canovaccio, un blocked-buster di dazi e droni, cazzi e strazi, scazzi stronzi e doni; e se non è granché esserne spregevoli attori, figurarsi farne gli spettatori e le maschere: tipo noi colla Meloni, nazionalistica-popolare maschera d’Arlecchina sovranista ma serva e arcilecchina dei due predoni.
E veniamo alla politica estera — ma a ben vedere anche domestica, e più che altro cameriera… — di questo governo neo-irrealista tipo Tarocco e i suoi Fratelli d’Italia. Secondo la sua prodigiosa agenda diventata la nostra abituale razione di proditoria e gioiosa agit-propaganda, la Giorgia Gigante e Gentile sul piano internazionale doveva fungere da ponte fra interessi europei e americani — ed è finita a non contare un cazzo manco fra gli affarucci di demanio e condominio italiani, avendo dovuto ingoiare e fingere d’ingioiellare sua sponte il mica suo ponte ma di Salvini, che ufficialmente non lo fa per lui e suoi ma per calabresi e siciliani. Che infatti se mai e malauguratamente si farà — assieme al resto dei contribuenti coatti e nolenti — lo pagheranno tutto di tasca, di tresca, di pedaggio alla cosca. Un’operina economica ecologica ma soprattutto egoillogica, un ponte sullo stretto innecessario al paese ma non a qualche consorzio cemento-mortifero e miliardario: per l’esattezza 13, i miliardi tutti degl’italiani per questo Ponte Portento, che comunque con quei soldi si sarebbero potuti permettere sì e no un lettino e due frise in Salento. Perché anche questo è successo, nell’estate del nostro scontento e del loro scontrino placcato duro d’oro e d’argento. I balneari a battere cassa, i bagnanti a battere in ritirata, i baldracchi notiziari del governo a battere la grancassa della puttanata: nessun aumento folle, da Alassio alla Sadegna al Salento ci sono le solite folle. Che in effetti c’erano — ma di gente che fra tornelli estorsioni e stornelli spacciati per giustificazioni cercava di lasciare la spiaggia o prendere un panino o un pattino platinato senza lasciarci il portafoglio o le spenne allo scoglionato. Il tutto senza che il governo del popolo e dei patrioti spesati da padri di famiglia meno salariati che salassati battesse un ciglio melonico, essendo da quelle parti la Nostra Giorgia un’ospite vip che non si batte in quanto di ceglio messapico e cipiglio messianico. La ducia tutto sa, tutto fa e niente sgarra — anche quando finge di non vedere o di non consentire che una doccia in un lido sia praticamente un pizzo pagato alla Camorra. Del resto parliamo della Madonna della Grazia ai balneari, colla Santanché la più santa patrona e padrona dei loro voti che c’è: perché difende loro i bancarellari i tassinari e i bancarottieri che manco Greenpeace le balene dai balenieri. Cittadini esemplari — di una malarazza non in via di estinzione, semmai di esenzione. Capita così, con questi governi votati dai più poveri spaventati e sciocchi eppoi votati al capitale dei più furbi e/o più ricchi. Promettono di difendere gl’interessi di ceti medi e proletari, ma in realtà mantengono operazioni sbancarie alla Emmepiesse Pijamo Tutto Noi tutelando i cassi d’interesse sia loro che di certi merdi alti e mediobancari. Ragion di Stato Pappone per cui ad agosto c’era il cittadino-elettore che faceva il mutuo per una rosetta al pomodoro massiccio 24 rincarati, ma in compenso il cittadino eletto — nelle urne e/o nei cieli dell’alta Figanza alla faccia dell’Erario — si sbafava un bel piattone d’insalata di risiko bancario.
Soltanto che — anche se ricordarlo l’umore non è che rincuorarlo granché — fra i molti la situazione politica e poliagonica attuale c’ha soprattutto un suo non bel perché. E cioè: se l’or signori zecchini e zecconi di Stato Semi-Melonizzato sono deputati (e senatori, e presidenti del consiglio…) a fare tutto quello che vogliono, è perché i loro sempre più teorici e troppo teoretici avversari non fanno nulla di quello che devono. Tantomeno sembrano intenzionati attrezzati e un minimo attizzati per farlo. Differenti dalla Destra okay, ma ci viene e conviene meglio solo sui diritti dei gay anziché sui delitti contro gli operai: chissà perché a sinistra essere diversi paga e seduce solo sul piano sessuale, ma non appaga non convince e non arrapa nel discorso etico-politico largo o anche politico stretto: che infatti finisce ridotto a inapplicabile discorsetto morale. Cui contrapporre con successo il consueto e contrito discorsone immoralistico. La politica è sangue e merda, e mica è colpa nostra se il sangue dalla rape che siete e che ci votate lo abbiamo già spremuto tutto… Si fa come si è sempre fatto, e come sempre si farà se vuoi che un governo sia fatto. Ipocrisia, doppiezza, doppia dose di furbissima idiozia a dispetto delle generale idioto-sincrasia. A voi magari fanno schifo o fanno ridere, ma gli scemi e i cinici sono quelli che ci vogliono in tutti gli scenari politici. Basta menate e paroloni, per andare contro Meloni bisogna andare come si va sin dai tempi di Berlusconi: di male in meno peggio, non troppo per il coerente e il sottile, a parole Soloni e all’atto pratico solatori e inciucioni della specie più sottona e meno ostile. Risultato? Nessuna credibilità politica, corredata e compensata però da nessuna credibile abilità pratica se non poveramente polemica. La buttiamo lì: e provare a costruire una proposta d’opposizione che non sia esclusivamente occasionale protesta e sistematica improvvisazione, anziché buttarsi via via sull’argomento che tira di più sui social o ancora più giù di lì? Adeguarsi alla realtà che si trova davanti, e non dietro la scrivania o un nickname social da benintenzionati minusabbienti. Ad esempio. Quando ci si ritrova in aperta campagna elettorale per le regionali — per carità: per una Coalizione da Tiffany di Tizi e Gai troppo internazionali, sempre troppo local tamarrelle e provinciali… — battere e ribattere su Gaza con veemenza serve soprattutto a farsi battere e farsi andare a sbattere da Como a Comiso, passando per Ancona e Cosenza. Strano ma vero e purtroppo strapaesano: più che degli ospedali che esplodono nella Striscia, magari al marchigiano al calabrese e al campano interessano quelli che scoppiano vicino a lui ma nessuno si caca e a fine elezioni più che volentieri si piscia. Però però però. Come glielo spieghi a gente che a furia di girare il pianeta anziché i mercati rionali è fuori dal mondo? Il modello è quello svizzero-italo-schleiniano, dove anche l’ultimo segretario di sezione si sente un cosmopolita sprecato anche se è un cosmico poli-idiota fottuto che oltretutto non è mai uscito dall’Italia manco per arrivare a San Marino o in Vaticano, figurarsi a Ginevra o Lugano… Al di là delle parole è dura fare i preoccupati del territorio, quando straparli di Territori Occupati a elettori locali prevalentemente ignari e incazzati. Insomma. Presunzione, preoccupante ritardo politico e pre-ritardo mentale, pura alienazione: altroché alleanza che dovrebbe parlare al Paese e contrastare l’allegra malacreanza che si riempie la bocca e la panza di Nazione… La durata e la lunghezza del governo in carica preoccupano quanto più la batteria di polli con troppi galli e galloni dell’opposizione è scarsa scrausa e scarica. Il quadro è sconfortante perché l’alternativa — che alterna la vuota invettiva in vacanza alla vacanza d’idee e inventiva — sa essere sconfortante al cubo. Proto-Schleiniani, paleo-Renzisti, ritardo-Contiani — tante stupide tribù, ma un’idea che una sul caro caffè al bar in Italia o contro il caro il mio zar in Ucraina resta un tabù e un tabuto per le speranze di cambiamento di molti italiani. Che a sinistra proprio vorrebbero andare a votare, se solo alla sinistra andasse di farsi votare — magari facendosi valere o almeno un po' vedere, però meno in tv e di più nel quartiere. D’altronde. Questo progressimo che pare pro-regressimo e che non va lontano, mica arriva da tanto vicino: basta guardare alle imprese ieri politiche e oggi lobbistiche di uno dei padri affondatori del centrosinistra di governo italiano: di sinistra D’Alema ha sempre detto o avuto pochino, ma in compenso adesso ha fatto una cosa bella sinistra andando alla Woodstock delle Dittature con Putin Xi e Kim Jong Un a Pechino… Il problema però non è il genio singolo, quanto i geni di questa singolare matassa d’idio-Dna senza bandolo. Sarà un vizio non solo di forma, sarà un bug, sarà che in testa c’è un buco una tara o una tarma… Fatto sta. Imbarazzano sì D’Alema e i suoi viaggi, ma mai quanto la pantomima patoillogica ed ereditaria di oggi. Che è sotto gli occhi e il morale sotto i tacchi di tutti — la Schlein sempre troppo leggerina e fighetta, Conte che è una specie di pochette al vento che un po' ci si allea e un bel po' di più la sgambetta, Fratoianni e Bonelli frarelli buoni a fare casini merdoni e danni pur di stare tutta La Vita da Vespa in diretta. Ovvio poi che fra questi soggettoni smarriti la cogestione più che altro somiglia a una congestione di sminchiati sfatti e finiti. Non per niente — ma per nullità — non appena si scende nel pratico, si scade nel praticamente comico. Fico, ad esempio, che in Campania Schlein ceda al vangelo secondo De Luca nominando il figlio segretario regionale, pur di candidare presidente Fico: nome più che passabile fra ogni possibile e passibile d’imbarazzo dei 5 stelle, cioè quelli che poi quando gli conviene descrivono il Pd come un partito colluso corrotto e mefitico. Fortuna che poi il Partito Dementocratico sa dimostrare di esserlo benissimo da solo: ad esempio scendendo in Puglia e a patti di porcata da peracottaro, perché con quei machiavelloni di Emiliano e Vendola non ha la forza o la decenza d’imporre la candidatura del già candidato vincente e mezzo presidente De Caro. Quando poi non è impegnata a farsi autogol, l’opposizione né oppositiva né propositiva è impegnata a lasciare alla destra l’occasione da lauto gol. Come in Calabria, dove non ha trovato di meglio che candidare l’onesto ma modesto quanto spaesato Tridico contro il manolesto spanzato e inquisito Occhiuto: uno partito da qui quarant’anni e fa fermo ancora alle tre province, contro un patito della malapolitica inquisito che mangia a quattro palmenti ma siccome divide con amici e alleati si sa già che rivince. Un callido indagato straccia un pallido impedito eppure impettito, e il caso Calabria ancora una volta è archiviato come casino vieppiù incancrenito. A risollevare l’umore la sorte e tutte le storte non può e non deve bastare la Toscana come solito e solido toccasana: sia perché per la vittoria tocca ringraziare la Casa chiusa e poltronista Renziana, sia perché al machissimo e macistissimo Vannacci — che ha distrutto la Lega e la coalizione locale — non è stato detto manco grazie quando bisognerebbe sciogliergli un peana… E sia chiaro che non sarà sufficiente neppure vincere tirando a campare i De Luca in Campania, dove peraltro e perfortuna Arianna la Sorella d’Italia vuole dare una mano dando l’ennesima chance al Bocciato ma ripetente ex mini-ministro Sangiuliano. Vinca o perda, questa è una squadra improvvisata su una quadra impossibile o di merda. Una coalizione più per costrizione, che per convinzione e costruzione. Inutile, dannosa, dannatamente irrisoluta e irritantemente rissosa. Nessuna strategia, nessuna tattica, e lo sbandamento da schieramento e successivo schienamento elettorale non è manco la situazione più drammatica. Peggio della concreta possibilità di perdere, questi qui mettono i brividi dal ridere nella remotissima ipotesi di vincere. Un ipotetico Schlein Uno o un ipercomico Conte Tre li vedrebbe subito divisi invisi e derisi in Tempo Zero. Per questo Meloni — nonostante ogni sua legge sia insieme una barzelletta e una sciagura — ha già prenotato la prossima legislatura per studiarsi meglio una democratura e schiattarsi al meglio il fastidioso residuo d’informazione non fiction, Quirinale stop-option e magistratura. Menu alla Orban con ricette alla Erdogan, e tutti a mangiare alla magiara e cacare alla turca sulla Costituzione che oramai si sa, è sbobba antica antifa e d’antan: da smontare e sbertucciare fra i rutti d’approvazione parlamentare della claque e del clan.
E se sul fronte interno c’è poco da festeggiare, in compenso per quello estero ci sarebbe tantissimo da internare: se non si fosse così impegnati a folleggiare e fesseggiare. Sì perché in giro per il pianeta impera e imperializza il folle gioco delle folle, il prendingiro il popolo beota — oltretutto a opera dei suoi stessi superego-eroi, i padri del populestremismo che si sentono i figli di Mazinga Zelota. Gente che la gente si tiene laida e stretta quanto più ne dovrebbe stare alla larga; una specie d’autodafè collettivo, svolto in collettivo e d’emblé senza che voli uno schifo di buuh o uno schifato bleh… Nessuno che batta ciglio, anche quando è quello d’un burrone. Un amore tossico e criminale per ceffi estremi, che porta e comporta gesti estremi. E non parliamo dell’assassinio di Charles Kirk e del conseguente veriticidio circa il movente e il malambiente del suo omicida Tyler Robinson. Quello è stato solo il colpo di disgrazia alla nuca d’ogni speranza in una vita politica più civile o almeno in una morte meno politicizzata e truce, del resto partita già fottuta e sparata in nuce. E come potrebbe essere diversamente, se negli Usa del tutti contro tutto sono tutti pro-violenza che nella vita e nella via pubblica quotidianamente si progetta e si usa? In politica, in palestra, in una mensa scolastica o in una immensa periferia chiesastrica — verbale o meno, fisica o semiautomatica, dai social media alla società media media non se ne può fare a meno. Maga o Woke, Woke vs Maga, non cambia mai una sega: c’è sempre uno scemenziato atomico che imbraccia un fucile perché abbraccia le idee di qualche pistola. Anche se — mettendola sul piano delle responsabilità intellettuali e politiche, personali o penali, balistiche ovvero ballistiche — fare stecca para per tutti con questa Banda della Magana sarebbe una cosa vile e non vera: c’è chi porta colpe e chi proprio i colpi e la cartucciera, in questo permanente sfondaggio elettorale a forma di exit-polveriera. E nel caso di Kirk come di Chigi è la Destra di squadraccia e di sgoverno che — semplicemente quanto incredibilmente — non sopporta di dover subire il contraccolpo in canna della violenza che è bravissima a sobillare suggere e suggellare. Un sovran-razzista fascio-victim sostenitore della libertà d’armarsi a iosa — disposto ad accettare la morte violenta per strada pur di difenderla — finisce vittima fascia venendo esaudito nella maniera che non gli era lecito e lieto aspettarsi dalla cosa: questione chiusa? Macché, siccome sui proiettili c’era Bella Ciao, adesso è Bella Ciao a dover finire sotto i proiettili. Chi la canta, ciò che ancora rappresenta, tutto quello che qualcuno ancora patologicamente patisce infanga e paventa. Una bella caccia alle streghe partigiane, un rastrellamento preventivo stile via Tasso per evitare altre Vie Rasella a opera di queste strane botteghe ancora oscure bombarole e mortigiane ad alto tasso di Flotilla. Sul crinale della nuova evangelizzazione al Dazi-sovranismo, la Bibbia è rendere criminale l’Antifascismo. Che come sempre in Italia scade nel comico per poi assurgere all’ilarotragico cronico. Nel paese delle bombe e delle stragi fasciste impunite o imbiancate senza mandanti né matrici, gli amici dei TrumPutiniani e dei terroristi neri alla Ciavardini, hanno trovato il colpevole fra l’onore di molti nemici: per Meloni Vannacci e Salvini la violenza è sempre a sinistra — alla destra invece compete la più vigliacca insolenza colla più virulenta ignoranza. Ma che gusto c’è a essere carnefice, se ogni tanto non puoi fare pure la vittima? Se non ti togli lo sfizio di gridare Landini mi ha dato della puttana, senza però perdere lo stravizio politico estero all’italiana di fare la corte e la cortigiana al potente senza manco volere la grana aka i dindini per le tue prestazioni da trumputtana? Piangere e fottere, un po' come quei poveri ragazzi fottuti da piangere e deportati in gita Auschwitz per fargli credere che il fascismo considerasse gli ebrei tigna da ardere… Quando mai, quando invece si sa che è la sinistra staliniana che oggi attacca la simpatica mala stragista israeliana quella che negli anni ‘40 si è gasata a gasare tutti quei luridi giudei! Sì perché chi l’ha detto che nazifascismo e antisemitismo vanno a braccetto? È il solito arcifalsomitismo della sinistra biforcuta e tripanzauta che andrebbe tenuta a stecchetto olio di ricino e moschetto… Il solito da dare a bere, insomma. Avvelenamento dei pozzi, avviamento al lavoro d’un revisionarismo antistorico da pazzi. Normale mala-somministrazione di veleno e manipolazione: ribadiamolo, niente di estremo. Solo di estremistico, su cui del resto il Paese ha imparato da mo’ a essere estremamente elastico, elettoralmente prolifico ed esternamente apatico. Al contrario dell’appello di cuore cui si è costretto Serra — sentito, impegnato, insensatamente sano e tutto: ma che sarebbe stato trafitto e trafilettato a morte dal Serra di Cuore, e pure di brutto. Eccolo, l’insano gesto estremo. Ma quale Tyler Robinson, qua il vero pazzo è lui che spara un pezzo alla Taylor Swift su Robinson. Buone norme, belle parole, giusti sentimenti contro cattivi risentimenti orridi provvedimenti e pessimi presentimenti. Insomma il celebre cerebro-autore — che da satirico si fa saviamente anziché Savianamente critico — sul supplemento di supplizio pseudoculturale di Repubblica s’immola sul predicozzo, s’invola da predicozzatore sul rettifilo-paternalistico che c’invita a non schifare ma neppure a schivare il mondo per quanto immondo predatorio e zozzo. Una cosa da trombonamico di sinistra, che ti esorta a non farti trombanemico il mondo che pure continua a fotterti a Destra e la sinistra. Quello che t’invita a stare calmo, a sforzarti di capire chi continua a sferzarti tanto per sfare, a impegnarti ogni giorno parola e pensiero per non incanaglirti. Noi a Michele gli vogliamo bene come a quello del Glen Grant: perché è un intenditore che sa d’antico ma di buono, come Cary Grant: e che adesso ricorda a tutti quelli che vogliono essere supermenscevichi, che si può anche essere Clark Kent. Che non potendo fermare i treni colle mani, non c’è bisogno di farlo colla faccia il fegato e i reni. Si tratta di curare l’indipendenza di giudizio dalle inutili tirate e la democrazia dalla Tirannite? Sì, ma prima l’homo sinister ac sinistratus si deve curare l’epatotossico dipendenza da bile boria e colite. Per questo nell’articolo non mortis c’ha invitato a dosare eroino-colicamente lo sdegno, a non fare drammi davanti alle tragedie della stupidità che si combatte con l’impegno, a osare temperando l’ira col disincanto e la satira: persino ora che c’è chi sta temperando nel sangue e nelle menzogne le matite le magagne e le mattate per il suo improvvido disegno. Cioè a dire. Se ancora una volta è la fine del mondo, la cosa è grave ma non è seria, a patto di non assecondare l’immondo fine di chi comanda ordinandoci in file d’ignoranza furia e miseria. Difficile. Per lui, per noi, per lui anche più che per noi. Anche perché non c’è più Benni, il maestro da cui Serra ha ammesso d’aver copiato il compito di diventare il maestro delle elementari norme per cui musoni e i neuroni di sinistra restino non imbelli ma pure indenni. Manca l’autore del bar sport e sotto il mare: ed è ancora più difficile ridersi anziché arrendersi dei tanti bari per sport professione e spot, sul mare di colluse e collise confusioni fra Vespa e Report o fra Spongebob e Voldemort. Un autoscontro fra incazzati, fra accecati, fra fessi — per niente e contro tutti, pur di evitare un temibile auto-incontro con se stessi. Per questo alla fine ci piace andare così ferocemente da nessuna parte, ecco cos’è questo non stare fermi un attimo per restare fermi a qualche oscuro secolo. Ci piace troppo parlare molto, paventare tutto, spaventarci tanto ma poi spicciarci a cambiare o agire davvero in niente. Ed eccoci qua. Il solito Papaluto in faccia al mondo pappa e cornuto: scritto barocco e fumoso da uno a cui proprio non piace ‘sto Nuovo Continente in superficie che ipertrofizza e superdeficie, e che infatti scrivendo così male e iperscrivendo così del male non sarà mai Baricco e famoso. Tant’è che doveva essere un post breve, e come al solito ci è venuto fuori un lungo (e poco) saggio sotto forma di trip e di acido da suocera che beve — un lungo sviaggio fuoristrada che c’ha il suo postumo al postero e al curaro bello greve. Quale sarebbe, questo amaro del capoverso?
Che niente serve davvero a niente, figuriamoci questo pseudoqualcosa in anneghiamo per non annaspare e basta in un male di gente. Al di là di tutti i bombardamenti di parole e fattacci all’ordigno del giorno, delle corse a nervi e protervi tesi, nel Malpaese ci piace soltanto il concetto di Stasi — nel non senso di Alberto con Chiara e Sempio, nel Luna Pork allestito tritato e arrostito attorno a un delitto oramai suino generis di cui non si butta niente, della sempre più interessante e intrattenente Garlascoland dello Scempio. Poi sul resto si litiga, si specula, si fa ressa — ma è solo del nulla inzuppato di sangue tipo biscotto, che siccome c’intrattiene un po' c’interessa. E quindi. Colla realtà che ci circonda urlandoci di uscire colle mani alzate sul nostro prossimo, col panorama umano bello come un palazzo abusivo in cemento pessimo, l’unico modo di attirare la nostra malattenzione è il pazzesco, il farsesco, il passeggiante e il poliziesco: se davvero volete che che ce ne fotta qualcosa del mondo che non gira l’angolo attorno alla cronaca rosanera, inventatevi un Kiev L’Ha Visto o uno struscio di Gazzasco. Chiari Poggi e di luna che ancora una volta alla fine della fiera ostinazione ci fanno salutare come sempre — con poca speranza ma buona, e con buona notte e buona fortuna.

