lunedì 25 dicembre 2023

JINGLE BALLS

La Notte Santa (Claus) alle porte, la Terra Santa alla frutta, ma che sia più che altro una Terra Santabarbara che esplode di Santa Barbarie chi vuoi che se fotta —  è di nuovo la magia del Natale, è sempre la minchioneria del tutti viziati e bambini, tutti stupiti e stupendi mentre stupidi come siamo spendiamo gli ultimi spiccioli di vergogna coscienza e stipendi! Ma sinceramente quest’anno è da ottobre che fra razzi rappresaglie e aguzzini, noi ci sentiamo tutti magiminchionamente ragazzini. Essì, l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ci ha fatto sembrare e sentire un attacco di nostalgia e di Bush all’Iraq nel 2003. Bei tempi bui, quelli! Quando avevamo tutti meno anni e più scuse, perché eravamo più giovani e più inesperti e stupidi, impazienti di buttarci nello scontro di civiltà che poi era solo un sconto di civiltà: una barbarie che, preciso a oggi, imbocca sentieri ripidi imbocconi creduli e risentimenti rapidi quanto luridi. Voraci interessi in maschera di Carnevale della lotta al terrore di feroci islamici ossessi. Ricordate? Le madrasse dei Taliban contro le maitresse e le vaiasse del pensiero Neocon, o stai colla crociata e la crostata di mammà o sei per il jihad d’imammà, pro o contro, l’Occidente oppure l’Islam — e solo per mascherare e/o scudare questioni di Iban. E oggi, che tutto è cambiato, che abbiamo capito e visto e processato fatti e in parte malfattori di quell’imbroglio di sangue e soldi mai visto? E oggi che è cambiato tutto, che dovremmo aver imparato molto, non è cambiato niente: ma in compenso non abbiamo imparato nulla, e abbiamo incasinato e inquinato subito tutto il quadro in un niente. Essì, proprio come vent’anni fa ll gioco di società al massacro è sempre Fango&Cash, sangue e merda a gogo, soldi e black propaganda — ma marrò. Mettiamoci le magliette, facciamo le squadre o meglio ancora le squadracce, e mettiamoci a fare le marchette e le macchiette. Tutto è fare show, ma quello in cui alla verità dei fatti alla memoria storica e all’intelligenza dei concetti si fa sempre sciò. L’importante è fare a botte — di share, di like, di views televoti e televuoti dal Partito Social-ista. Essere pro o essere contro, perché non essere un non plus ultrà livello pro — per fare hype e carriera diplomatica poco ma politico-polemica parecchio — presenta solo dei contro. Se non stai coi tagliagole islamisti o coi coloni ebraico-integralisti, stai solo fra i coglioni e non esisti; se non sei arcisionista sei iscritto d’ufficio all’Arci Jihadista, se in Hamas non vedi una specie di Caritas col veniale vizietto terrorista sei automaticamente per i bombardamenti di Netanyahu lo stragista: se distingui fra Hamas e Palestinesi e fra governo israeliano e cittadini d’Israele, non distingui il bene dal male — e ogni possibile male, ti deve capitare bene bene. Gli stupri sulle donne servono solo a violentare la complessità e l’intelligenza, i bombardamenti a conventrizzare la verità e la speranza, le decapitazioni dei bambini a tagliare la testa al toro e pretendere che tutta la storia d’Israele e Palestina possa stare in uno slogan o dietro un muro. Impossibile dire che i capi di Hamas e i capi d’accusa a Netanyahu sono due facce della stessa merdaglia — quella che sin dai tempi dell’assassinio di Rabin combatte la pace e una guerra per procura fra poveri e settari che arricchisce corrotti aspiranti dittatori e miliardari — e che entrambi sono atroci attori nel teatro di sangue delle tragicommedie storiche, guitti arte e parte in causa nel lucrare immense fortune politiche ed economiche. La scena è solo loro, tutta l’oscena pantomima dei Nemici con Benefici che si fanno cappotti di piombo e ponti d’oro. Fare la guerra è complicato, costoso, coinvolge tanta gente: ma per Hamas e Netanyahu farsi la guerra è talmente conveniente da diventare cosa urgente e occasione unica e cogente. Due popoli, due stati? Un solo popolo — bue e al macello — e un solo stato — mentale, spietato scervellato e pietoso. Nessuno spazio per un dibattito men che stragicomico, per un’idea approfondita o meno disperantemente approssimata della situazione, per lo studio della storia e della geografia — al massimo della Berlinguer, di Floris, della De Girolamo in Boccia o di consimile e consorte talkscioccheria. 

Intendiamoci, se in giro per il pianeta trionfa la sega a motore di Milei in Argentina e magari si prepara a rifarlo quel cesso a pedali di Trump con qualche sega mentale di golpe alla cilena, vuol dire che davvero tutto il mondo è paese.  Ma non Belpaese: quello siamo solo noi, quello che l’ignorantismo bello bullo e palese così ce l’abbiamo solo noi. Buono per tutte le occasioni, cattivo consigliere e ottimo carnizzere per tutte le opinioni. Meglio se a cazzo, al sangue, un tanto al chilo di carne di cristiano, ma meglio se musulmano. Orgoglio Italiano — come si porta e porta voti adesso — siamo Soloni Noi. L’Italia dove a dibattere di guerra e pace come fossero Leoni Tolstoj anziché da tastiera abbiamo disperati e disperanti improvvisatori di testate nel muro e nel torbido, ma in carriera. Una paccottiglia versatile quanto vomitevole, una compagnia di giroviscere, indigesta ma sempre in onda in vista e in pista. Per qualunque notizia, evenienza, esigenza di rissa preceduta da finta intelligenza tonta intellighenzia e vera intellodelinquenza. Togli un decorativo scrittore progressista, aggiungi un aggressore professionista e regressista; aggiungi un impegnatamente inutile autore di sinistra, ma lo controbilanci con un agitautore sessista e reazionario di destra: ritocchi il registro e magari ricambi il ministro, quello che magari ti ha fatto il favore e adesso ti allunga la mancia e la minestra. Ricetta fissamente variabile o fessamente mutevole a seconda dell’orientamento, dell’occorrenza, dell’ospite prezzolato tuo e della concorrenza. Per la politica estera, per la cronaca interna nera gialla o rosa, sempre rósa dalla cronica politica di reperire argomenti da sviscerare con vittime o carnefici da scannare. Prendete il già tritissimo e tristissimo tritacarne del femminicidio Cecchettin. Metacannibalizzati in un attimo Giulia e Filippo, da vittima e carnefice si è passati a insultare il padre della vittima che per gli hater è peggio del carnefice. Ma il massimo del minimo di questo dislessico familiare e familista si è toccato con Elena, la sorella. Una ragazza che si è limitata a esternare il suo dolore, a parlare perché la sua perdita non fosse inutile, a cogliere l’occasione e raccogliere le forze per dire la sua contro la violenza sulle donne. Stop. Un semplice parere, un sommesso dolore, il coraggio di appellarsi alla coscienza di tutti perché quanto subito da troppe donne non debba più accadere. Giusto così, giusto una posizione e finita lì, no? Macché. Elena viene messa subito nel mazzo di carne da gioco degli specchi, della speculazione, della contrapposizione facciadaculto a cazzo e a sputacchi. Anticrista Satanista o nuova Antigone e Santa Femminista: al centro della sceneggiata familimachista e napoletana come sorella che non tiene al lutto e figlia che non tiene decoro, oppure eroina purissima della tragedia greca autoflagellante e pseudoprogressista per la gente di sinistra che scrive ma è troppo fatta di sé e di autodafé per leggere la trama di Sofocle anziché unirsi alle Sore Sofoclelle in coro. Tutto contro tutti, tutto e il contrario di tutto, e tutto ad abuso e consumo del solito pro e contro. Stavolta sul patriarcato, anche se non esiste più, e dalla famiglia alla scuola alle istituzioni l’educazione e la formazione è demandata e domandata a un vuoto e impaurito partenariato. Il problema è che i genitori vogliono essere amici dei loro figli, a costo di essere nemici del loro avvenire e della loro educazione. Non importa. Chi ha tempo di leggere il reale, quando c’è da scrivere il pezzo a sensazione o hai scritto il libro con cui andare in televisione? Su certi temi non serve fare attenzione o non sia mai informazione — serve fare audience, polemica, strategia della tenzone. Allora vai di derby della Madoninna: santa classica oppure sarda queer? La fede nelle famiglie belle coi figli mazza e panelle vs il credo che nelle case vada troppo poco la Murgia e quindi il Padre-Patriarcone di Gavino Ledda vada alle stelle. Uno scontro a fuoco ma a vuoto, inutilissimo di suo per quanto irrozzitissimo da noi, ma già bello rozzo carico e caricaturale ma in utilissimi di suo. Come al solito conveniente per chi lo porta avanti — per farsi sentire, per farsi conoscere e leggere, per far risentire la gente e farsi pagare coll’agente. Inutili speculazioni di sinistra, speculatori parecchio in voga in foga e in utili da destra; di qua il tizio di purosangue italico che la realtà non c’è da capirla o cambiarla ma solo cavalcarla, e poco più in là a tavola il Ribot della fu sinistra che ne combina di tutti i The Kolors mentre controcanta Italo Desco disperato perché la realtà — ostinata, populistica, forse neppure vegana né olistica — proprio non vuole capirla che solo un cavillo di razza come lui sa come cambiarla. Tutto sfocato, tutto forzato, del tutto slegato — per interesse o incapacità — dal paese e dalle sue necessità. Gabbie ai salari, pistole per tutti nelle città che sono giungle di ti asfalto e da safari, super-avari su sanità e Reddito di cittadinanza perché in questo modo chissà come aumentano salari e stipendi: per ogni cosa la soluzione è, parolone e pensierini stupendi. Un viaggio mentale e demenziale all inclusive, una presa in giro d’Italia tutto incluso e a parole tutto inclusivo, isole padronali e patriarcali comprese. Risultato? Il post Cecchettin si risolve tutto con un post e qualche corso online al volo e low cost a cui fare il check-in. Basta, e anche stavolta fino alla prossima basta far finta di dire e di credere basta mai più. Tutto finisce nel solito copione in mano a supposti maghi della comunicazione, che ti lasciano vaghi vagoni di supposte al magone. Tutto in archivio in merda e nel dimenticacatoio con una frase sui social e un’ora di educazione sentimentale — by Valditara, non per niente il Flaubert alla vaccinara — sui banchi di scuola. Una donna a capo del governo e una a capo del più grande partito d’opposizione, che in commando fanno esattamente quello che avrebbe fatto un uomo solo al comando: fuffa e baruffa, fumo e profumo d’intesa sull’essere d’accordo ma poi in Aula trovarsi con un pieno accordo sul disaccordo in essere. Insomma un bel niente, il solito vuoto pneumatico e partitocratico, ma uscito dal voto femminile e paritocratico: ecco la famosa parità (a zero) fra i sessi. 

Certo poi non dobbiamo essere ingiusti, qualcosa si è ottenuto. La legge bavaglio sulla stampa, dove la mettiamo? Così di casi e casini Cecchettin, non se ne sente parlare più — ma non perché non succedono, perché succede che il governo dice che non se ne deve sentire più. Risolvere il problema alla radice, come quando c’era Lui: perché mettere in galera chi commette i reati, quando puoi incarcerare chi ne parla, e magari sparla pure dei miei?! Semplice, geniale e e congeniale a questo esecutivo del Merito — soprattutto penale — di certe proditorie prodezze e produzioni di dossier Santanché Del Master Chef Gasparri Crosetti e corruzioni. Sebbene, e va riconosciuto a questa Destra tutta Legge è Ordine del Padrone, anche senza apposita legge è bravissima a procedere con ordine e omertà in ogni condizione — valga per tutti l’esempio del mitico Giancarlone. Pittelli, l’avvocato dell’Obolo dei Limbadi, il parlamentare di Forza Fratelli d’Italia passato dalle leggi pro-Silvio alla legale livello pro per la ‘ndrangheta, un valido esponente del Mafiarcato responsabile fra le altre cose loro dell’omicidio di Maria Chindamo: una donna libera, un’imprenditrice coraggiosa capace e ribelle, data in pasto ai maiali perché colla doppia aggravante di essere donna e addirittura imprenditrice non si era piegata ai loro porci comodi. Al tempo del suo passaggio di salvataggio con Fratelli d’Italia, già più che inquisito e inguaiato coll’inchiesta Rinascita Scott, Meloni l’aveva definito per il suo partito un valore aggiunto — adesso alle patrie galere, e come pietra tombale sul furbastro galleggiamento fra predicazioni ipocrite e azioni vere. La posizione di Donna Giorgia al netto di ominose e uomofobe omelie sul femminicidio che visto l’indifferenza in cui si consuma in realtà è omerticidio? La parola d’ordine è Dio, Patria e Famiglie — non arcobaleno, ma narco, però protette candidate e candidamente lasciate intatte in un baleno. Per il resto, grida manzoniane e urla meloniane, ma bandite impacchettate e imbandite dal giusto palco  col giusto contesto. 

Tipo l’imperdibile non meno che incredibile Atreju. La Giorgialand tolkeniana dove si lecca il culo alla Dolce Ducia per sport e mestiere tipo Hobbit&Work, che quest’anno fra Briatore, Giambruno il Molestatore Musk l’inseminatore e Abascal di Vox il Franco-Imitatore non avrebbe potuto essere più magica e comunicattiva da macabracadabra manco se ci fosse stato ospite Turetta. O forse sì, non disperiamo, vediamo e prevediamo l’anno prossimo. Sempreché l’anno prossimo — dopo essersi iscritta alla rediviva Superlega di Salvini contro il Mes, ed essersi beccata il Patto di Stabilità cucinatogli da Macron e Scholz come Piatto d’Instabilità e austerita quando credeva d’esserseli cucinati in salsa d’Itala e scaltra sovranità — la Meloni, a cui mancano giusto 200 punti di spread per completare la tessera per vincere un ko e un governo tecnico, ci sia ancora. Ma non mettiamo limiti alla provvidenza, né soprattutto alla professionale e professorale Gran Riserva di scuse balle e propaganda circa l’Italica Sovrana e Autarchica Rinascenza. Dare meno a chi ha meno per dare di più a chi ha di più, tagliare le tasse a chi tanto già non le paga, tutelare balneari tassinari e tangentari tumulando tutti quei coglioni senza palle di non evasori, non abusivi e nemmanco eversori. L’insicurezza sociale si risolve con più pistole ai poliziotti fuori servizio, la sicurezza economica per lo più più medici e infermieri pistola che dopo i tagli accettano ancora di prestare — anzi regalare — servizio, la criminalità e la precarietà organizzate non si contrastano: perché parlare e lamentarsi è un brutto vizio: e infatti Caivano si bonifica meglio bonificando i pestatori di Saviano sempre in sevizio. E se vi sembra poco, è perché capite e ci capita poco. Noi abbiamo fatto il massimo che potevamo con quello che avevamo — e soprattutto col niente siamo e l’anche meno che sappiamo. Si perché, in attesa di capire se la Fratellanza d’Italia è più sovranista nera o suprematista bianca, nell’adunata da venerdì-sabato-domenica paraculofascista si è stabilito che è supervittimista vera. Non c’è una lira, non c’è un’idea, e peggio ancora non c’è un’idea di come spenderla financo quando il Pnrr ci dà qualche lira. Quelli che volevano uscire dall’euro a tutti i costi, non riescono a farne uscire manco uno come spese sensate anziché mance a sottopanze e sottoposti? Tutta colpa degli altri, che non riconoscono il Ministero del Merito, di un governo che va come un treno — quando non si ferma a richiesta di uno che come resta Ministro è un mistero. E non parliamo della maggioranza che sostiene questo governo che spacca, quando non si spacca ma fortunatamente si allarga . Pensate solo che la finanziaria da soliti madreignoti che rubano nottetempo il reddito di cittadinanza come la pasta e ceci, è stata votata ben dopo la mezzanotte: perché prima bisognava festeggiare Gggiorgia che faceva la festa alla Ferragni in mezzo ai Tapiri ai Tarocchi-Balocchi e alle botte. E qui non si capisce se — almeno per i minchioni affetti da glandopatia cerebrale che ancora aspirano o pensano a non morire demagogo-cristiani — è più sconfortante la Meloni che individua nella Ferragni la capa dell’opposizione, o la granitica vacuità di Schlein e Conte che le dà ragione mentre non da né capi né coda all’opposizione; no perché non pensate che non ci sia chiara la situazione: non basterebbero mille Del Mastro Lindo a fare piazzapulita di questo governo d’incapaci e iper-rapaci di tutto, e per questo sempre favoriti a ogni elezione. Più la situazione precipita, più i sondaggi volano. Figo? Visto quanto è raggelante, al massimo frigo. Ma non crediate. Le ragioni del successo sono profonde, sono un tema, che non basta liquidarle colla profondità di un coma. Non è solo perché questa maggioranza di nessuno mischiati con niente contro c’ha il niente di un’opposizione fatta di reciproche contrapposizioni che per non rischiare di vincere o convincere non vuole mischiarsi con nessuno. C’è di più, c’è di peggio, c’è che il peggio dei peggio adesso è quello che va di più. E che va dall’Europa agli Stati Uniti e ritorno, con un ritorno politico ed elettorale a consenso unico che nel mondo si allarga a macchia d’odio. Soluzioni false e facili a problemi reali e difficili. Se il mondo ti spaventa, votami e lo spavento io per te: trasformandolo non in un posto meno spaventoso e sicuro, ma più spaventato spaventabile e manipolabile di sicuro. Rabbia e paura, paura che vota e si vota alla rabbia. Portami la tua paura, che io te ne libero — liberando la tua rabbia. Sorda, cieca, che non sente ragioni ma solo amore o tombacizia per mortali soluzioni alla cieca. O alla russa, all’Ungherese, alla Fascio-Fashion week che torna risfila e bussa. Ti fabbrico un nemico, una scusa, un alibi per fartelo nemico e sparare al vicino di casa. O al negro anche se è nato a Riccione, a quello che ti ruba il posto di lavoro o nel parcheggio del Lidl, a qualche riccone gay e pedofilo del complotto  gender che vuole far diventare tuo figlio ricchione. Il mondo adesso disfunziona così, e figuriamoci il piccolo immondo antico dell’Italia che per il momento e lo scontento Giorgia dice sempre sì. Anche quando, anziché pensare ai problemi del paese meno premiato e più debole, si risolve i suoi coll’ideona del premierato forte — antidemocratico antiefficiente e arcideficiente, forte. Ma non importa: anche se ogni troppo appoggiata da Italia Viva, la maladestra di Giorgia ha la maggioranza perché l’Italia non ne vuole sapere della sinistra minoritaria minorata e morta. Dovete stare co’ mme, che so’ Ggiorgia e sto colla parte viva e viva la mmerda der nostro merdaviglioso paese colle pezze d’appoggio al peggio e al culo, ennò co’ quelli colla puzza ar naso e l’attico ar centro che n’idea mejo de la mia non la vedono manco se gliela mettono sotto il muso. Cittadino italiano, nel periodo delle festività più che mai è giusto pensare a chi sta peggio di te — ma fra immigrati e italiani mantenuti, redditi e rendite di cittadinanza, fancazzisti che colla scusa di fare i fan degli antifascisti ci riempiono di terroristi importati dagli scafisti, chi sta peggio di te?! E infatti. Disillusi e incazzati da tutto, gl’italiani al momento sono illusi e incantati dal nulla di GGiorgia. Non importa se questo governo non fa niente di buono: neppure me l’aspetto, mi accontento che faccia male a qualcuno. Per questo sull’albero hanno messo le palle di Natale, e sotto le penose e pelose balle di Giorgia: che gli ha promesso quelle di Mohamed, della moglie di Fedez o di Pasquale. E mentre nell’aere si spande soave il ritornello del tornello del ricono e della propaganda manganello di questa Jingle Balls, vi ricordiamo che a Natale siamo tutti più buoni: a nulla, specie se crediamo a certe cose, se ci ricrediamo su cosette come la giustizia e la libertà perché non le sentiamo più nostre, se ci arrendiamo o alleiamo alle loro cose nostre. Buona notte santa passata, buona fortuna puttana e sfacciata che da qui non vuole passare.     





domenica 25 giugno 2023

MIRACOLO MOLTO ITALIANO






La sapete quella della bandiera a mezz’asta in onore di quello fissato coll’alzabandiera? Sembra una delle sue storielle più trite tristi e zozze, tipo quella delicatissima della mela che però se la giri non sa di mela ma di culo. Triste trita e zozza, ma vera, tipica e topica della nostra Storiella Patria dal 1994 in poi in giù eddai però giù a ridere. Perché come sempre in Italia — e sempre di più nella Sua Italietta pecoreccia pseudogodereccia e a pecorina che scambia il popolare col volgare — la situazione è greve ma non seria. Non ce lo nascondiamo dietro un dito, né dietro al corteo del re del dito medio ai comizi che se n’è andato. Il lutto nazionale indetto per Berlusconi ha indiscutibilmente detto e significato un lutto nazionale per l’Italia che alle sue tragiche barzellette, alle sue comiche promesse e alle sue croniche e mirabarcollanti imprese non ha mai creduto, abboccato o ceduto: quella minoritaria e minorata perché un minimo morigerata che lui — fra una risata delle sue e una retata fra i suoi — ha sempre irriso o blandito, ma mai realmente rispettato o riconosciuto. Una guerra incivile tutta caviale e sciampagna elettorale contro la parte di Paese che gli resiste, che non ci casca né gli casca ai piedi, contro il Paese di parte che per un’altra parte di Paese non dovrebbe e non lo meriterebbe ma che nonostante tutto esiste; la Supposta di Repubblica Impopolare Cinese e Bacchettona che malgrado tutto e tutta la propaganda da spot estremo non ha voluto essere del Banana, della Bandana, Presidenziale e Preferenziale per la Bustarella con Battona e Battutona. Quella che non perdona, che non dimentica, che ha pagato dazio perché non essendo in compravendita né in combutta ha sempre pagato le tasse e quindi non concilia né condona. Neppure in punto di morte, di share, di morto di fama santificato da vivo: da vivo solo per i soldi la fica e lo share. Uno statista che va e ti manda a puttane la casistica, uno per cui in uno Stato sono solo i dindi i dribbling e i dildo a fare statistica, e tutto il resto è econometria stocazzica di misurami questo se vuoi sapere se il mio cazzo di stato è retto barzotto oppure onesto. Ecco un uomo così — che al di là della della fedeltà allo Stato e alle Istituzioni come inutile dilettante e poco dilettevole professione, in realtà e in lealtà ha sempre preferito qualche stato estero per la bassa tassazione e l’alto tasso di prostituzione — ha ricevuto onori riservati solo ai Presidenti del Consiglio diventati poi anche della Repubblica. Per Grazia non ricevuta e Ruby invece e in mutande sì, il Quirinale è uno dei pochi scempi che ci sono stati risparmiati: a differenza degli sciampi a opera anzi operetta di prefiche-sciampiste travestiti da giornalisti mica da ridere e opinionisti mica opportunisti nel piangere che adesso schiumano frignano e fustigano per tutti i supplizi che in vita non Gli sono stati risparmiati; per non parlare degli onori degli elogi e dei privilegi funebri, su cui Meloni e camerati ardenti per colpa della solita sinistra veterostalinista e neoschleinista vuoi non vuoi un po' si sono risparmiati. Chiudere l’Italia con un Lut-down di almeno un mese, intitolargi tutte le piazze e tutte le strade di paese e di città in tutto il Paese, consacrargli tutti i luoghi che per lui erano chiese: con una sua foto in tutti gli stadi, in tutti i caveau blindati e in tutte le case: specie quelle chiuse; radere al suolo il palazzo di Giustizia di Milano, anzi tutte le procure della Repubblica, anzi anzi per giustizia e per procura al governo direttamente ‘sto palazzaccio antiquato della Repubblica; rinnovare, dare aria nuova e il Suo nome al Colosseo e al Canal Grande — rispettivamemente: Nuovo Anfiteatro Silvio e Grande Canale 5 — e col permesso e il lettone di Putin, anche alla Piazza Rossa: del resto chi più dell’amicone autocrate e trafficone Silvio, nella sua villa oligarchica e colla nostra vita democratica ha fatto la roulette e il piazzista alla Russa? Ehhh magari, cazzo… Questo ci sarebbe voluto, sarebbe stato il minimo, e invece in questo Paese mai davvero ex sovietico e post-antifascista — per evitare la furia e l’invidia della Guardia Arcobaleno Transgender Abortista e Affittouterista — si è dovuto fare il minimo... Questa è La Verità, poi ci sarebbe la verità: minuscola, nostra, anche un po' dei fatti anziché dei fatti alla Belpietro di Papibuilding che si anabolizza si agiografizza e si muscola. E sto po' di verità è che per solennità e brevità si sono chiamati funerali di Stato, ma nel popò di caso penoso umano e spinoso per sincerità dovevano chiamarsi di Stato-Mafia, o almeno funerali di uno Stato — civile, di diritto, non prono e pronto al più dritto penale per eccellenza ed emittenza. Ma come sempre da noi, a prescindere da come hai vissuto o da chi hai ammazzato, basta morire potenti per essere eroi: se poi ti sei davvero ammazzato o fatto ammazzare pur di campare non bene non da re ma per il bene da eroe, cazzi tuoi. Non te l’ha chiesto nessuno, e adesso ne rispondi: il buono vero qui è buono davvero solo da morto. Nella nostra storiaccia patria galera questa è la regola, e ‘sta commediaccia all’italianetta funerea prim’ancora che funebre è stata l’accezione putino-vanziniana che la conferma e l’esalta alla regola. Bandiere del Milan e della Nazionale Pregiudicati, nani Meloni e ballerine, Salvini Boldi e Olgettine, Presidenti Mattarella osannati e imbarazzati di fianco a presidenti Orban sciovinisti sovranostracisti e imbarazzanti. Esagerata, immeritata, kitsch al limite involontario dello sketch, oltremodo pomposa per non dire controproducente e oltraggiosa, questa è stata: ma in fondo solo questa poteva essere l’uscita dal mondo, per uno che dalle corna al G7 al gesto dell’ombrello alla Carta del ’48 non ha mai lasciato la scena senza qualche uscita oscena da farci toccare il fondo mentre lui tocca qualche fondoschiena. Vabbè, è andata così, che se n’è andato così, come ha sempre sognato d’andare e restare al potere: col Parlamento chiuso, praticamente sciolto come i cori da stadio e da studio teleinvasivo a lui cantati dedicati e decantati dai meglio ceffi da schiaffi nel funerale-ammucchiata solenne pulito e signorile quanto una Gangster Bang. Tubino nero, fazzoletto bianco, adesso sei all’ultima cena elegante col tuo Bettino, un tombamico vero: a insegnare agli angeli come si donano riciclano e condonano le mazzette All Iberian mentre si rimorchiano le ragazze del Drive In, Pace Pubblicità e Amen. Tanto alla fine e a ben vedere se lo sono dovuti piangere ripiangere e rimpiangere sul (semi)serio solo quelli che gli devono tutto, che gli si sono venduti con profitto, compresi quelli che dopo aver preso a scrocco gli hanno dato addosso: a noi è toccato piangere e piangerci, e visto quello che si prepara toccandoci forse toccherà pure rimpiangerci, la ficata e la preficata lunga tre giorni di lacrimata Maratona Vespo-Mentana-Minchiona dell’amnesia dell’ipocrisia e dell’amnistia per il Santo Subito e Martire Più Che Mai Adesso. Una cosa falsa, pesante, una farsa dipartenza truccata pesante come il suo phard e ogni altra sua cosa — a meno non si tratti del sincero consolidato e vero rapporto con la Nostra, come Cosa. Ma oramai non importa. L’importante è stato un estremo saluto molto signorile, riservato, soprattutto molto riservato a signorine e Signorini. Sempre tutto con un certo stile — quello di marca, che distingue, che marchia perché manca. Per dire. Mercoledì il funerale, giovedì pronti i quattro o quarantaquattro o quattrocenquarantaquattro matrimoni d’amore per i mercimoni d’interesse di potere e d’interessi: da Renzi a Cairo a Tajani, da Arcore al Monza alle Milano 2  3 e 300 succursali della Patonza, dalla figlia Marina alla pseudomoglie Fascina alla figlioccia della lupa Meloni. Il cadavere è ancora caldo, ma è già tutto un correre ad accaparrarsi le polpe più fresche — e in cambio amnistiare per amnistiarsi tutte le colpe, dalle più lievi alle più losche. Pezzi di governo e di maggioranza, pezzi di famiglia di banche e di tivù, io ti posso salvaguardare un pezzo in base al prezzo che mi fai o mi fai salvaguadagnare tu. Uno squallido, sporco, spietato e scontato copione — quello scritto e interpretato da lui, malinterpretato come una favola anziché una favolosa frottola da una parte di noi, cioè l’Italia in Minchiatura ora in ginocchio davanti ai suoi ceri e per trent’anni in estasi sotto al suo cerone. Una storia italiana che adesso comincia a finire: male, anche peggio di quella puttanata di putinata patinata di Una Storia Italiana che Silvione ci mandò pro domo sua ma a domicilio nostro — e spese pure. Un album di Famiglia Corleone che inizia a strapparsi, fra chi ancora si strappa i capelli e chi cerca di strappare ancora applausi poltrone o almeno sgabelli. Tanto per dire e per cominciare a finire, Micciché — l’eroe di Publitalia dall’eccezionale fiuto politico, l’innovatore di Pippitalia che da ministro introdusse da leader e da pusher la coca recapitata al ministero — ha già denunciato che qualcuno di Forza Italia gli ha messo un gps sotto la macchina: Perché col clima che c’è mi aspetto di tutto… E se lo fiuta lui, diciamo che il regolamento dei conti ovvero lo sgretolamento di conti baroni e colonneli nel partito non sarà una cosa cortese, cordiale, all’inglese — più una cosa loro, micidiale e Miccichediale, per l’appunto alla corleonese. Solo che così non va, né ci va di trattarlo a spizzichi e bocconi, perchè anche se adesso è la creme de la cremature del mausoleo nell’urna non elettorale sarebbe lui il primo a rivoltarsi da supino a bocconi. Con cioè contro di me ce l’avete messa tutta da vivo, e adesso non dovreste mettermici tutto solo perché sono morto? No, Silvionem per noi non funziona così, neppure anzi tantomeno con te. La memoria di un uomo non si rispetta omettendo o oltraggiando la memoria, la verità e la storia di un Paese — persino se il Paese è l’Italia. E quindi.  
Montanelli cacciato dal suo stesso Giornale, Dell’Utri ed Ezio Greggio, Previti e Maria De Filippi, Craxi Costanzo e Kiss Me Licio Gelli, la loggia P2 e la banda Rete4, il delitto Barbara D’Urso tutti i pomeriggi con Destrezza e l’omicidio Marco Biagi regolamento di conti interno alla sinistra, lo stalliere mafioso Mangano e il cameriere smanioso cleptomane e sniffoso Fede, i bulli le pupe e i pazzi pupazzi Gabibbo Giordano e Sgarbi, l’editto bulgaro da Sofia e la macelleria messicana alla Diaz di Genova, le cazzate dei giornalisti dei suoi stalk-show e tg e le cassate in omaggio dagli stragisti col tritolo le granate e gli Rpg, il milione di posti di lavoro di bocca per fare la corte Prostituzionale al Paese ingenuo illuso e colluso che pensa col cazzo e solo al proprio culo, le leggi ad personam e le greggi di cervelli ad puttanem coi suoi programmi politici e televisivi ad minchiam, la caccia al magistrato non-uomo toga rossa colle calze turchesi e alla gnocca da coricare eppoi candidare fra le mezze calze azzurre, il voto degl’italiani come puttanificio di collocamento, l’utilizzazione finale e seriale delle Noemi e dell’Italia in gran Letizia… 
Potremmo continuare, dovremmo spingerci oltre, potremmo e dovremmo dire che è strano per un cancro ammalarsi e morire di leucemia: ma forse sarebbe troppo anche per noi, che dalla terza liceo ci occupiamo di lui che da trent’anni — da bim bum bam al terzo livello della mafia che fa boom nei Palazzi smistando bon bombe nelle piazze — si occupa tutto e di tutto quello di cui non vogliamo e non ci siamo voluti occupare noi. Tipo pensare e pesare tutt’insieme come paese chi siamo o cosa vogliamo, i problemi e le responsabilità che abbiamo, essendo orgoglionamente strapaese cosa sbagliamo e in cosa svogliamo — che palle: meglio sentirsi tutti decerebrati e deresponsabilizzati e perciò stesso deliziati a cazzo dal suo discorsetto pubico sin dal primo, indimenticabile come una data o un’inculata storica, quello che l’Italia è il Paese che Amo. Berlusconi ha enormi e incredibili colpe, di cui tutti noi abbiamo colpe e responsabilità, indivisibili imprescindibili ma a latghi tratti anche indistinguibili da lui. Se per molti anzi troppi Berlusconi è stato ed è ancora tutti noi, è perché troppi non hanno saputo essere poi tanto diversi da lui. Superficiali, egocentrici, superfantozzi che si sentono dei fichi epici — tutti noi ci siamo sentiti come lui, solo meno capaci e rapaci da riuscirci. Quindi no, dirgli che in vita come in morte tutti si attaccano al Cancro del vincitore sarebbe troppo, anche per lui: non troppo per la crudeltà, ché per uno col braccio destro e sinistro coinvolto nella strage di mafia e degl’innocenti non è mai abbastanza, ma per troppa importanza. Un brutto male ha ucciso un male brutto, ma necessario per il Paese: perché Berlusconi alla fine non era la causa bensì il sintomo, di tutti i mali della nostra Malitalia. Come in una fiction di e da denuncia la Serie B. li ha solo resi evidenti, giusti giustificati e più che decenti perché felici vincenti e tvsorridenti, abbrutendo imbruttendo e imputtanendo l’ex Belpaese nel Bel Palese dei Baiocchi: che servono chiaramente per renderci più sani e meno belli, per aprire le porte la bocca e le gambe e chiudere gli occhi. E gli effetti di questo vedo ma tanto non guardo gli sopravvivranno, e non solo in Italia, perché l’Italia ha un cattivo effetto sull’Italia e non solo. Se con Mussolini abbiamo dato il fascismo al mondo, con Berlusconi premier abbiamo dato una pre-view e una premiere del fascio-fashion di Trump e del Trumpismo al Nuovo Mondo; con trent’anni d’anticipo e forse di galera che adesso si rischia ma intanto è ancora lì che raschia il barile, gli abbiamo spoilerato il prototipo del datore di lavoro e di bidone alla procura distrettuale che vuole sottomettere la legge e lo Stato alla legge del mercato, del populismo paranoide più sfrenato, del golpismo incosciente e incorporato in un golfismo da presidente dilettante deviante e scellerato. Dalla Standa finita male, Berlo — come lo chiamano in India — ha stabilito uno standard mondiale. Se ti serve qualcosa — una casa Bianca, una casa editrice, una sentenza, una corte suprema o una suprema corte, un parlamentare d’opposizione per la tua maggioranza — tu lo rubi ovvero te lo compri, e se qualcuno obietta te lo corrompi. Un oligarchico terracqueo e ottimate ottimismo world class, per cui tutto è bene quello che finisce in bene — disponibile, fungibile, acquistabile in quanto nessun bene è davvero pubblico e quindi indisponibile. Ti Lodi Mondadori, eppoi t’imbrodi pure coi tuoi avvocati e giudici-lodatori. Uno spirito prenditoriale che ha infestato la Cosa Pubblica come la Casa Stregata — e per cui non ci sono abbastanza esorcismi o esortazioni a non cedere a baratterie e banditismi, per la gente italica che guarda e televota da casa stregata. Ma in realtà poi solo stronza incanaglita e inveterata, con tutti i vizi e gli ozi della benpensante ma malvivente gente italica bestemmiatrice ma devota, cioè perfettamente Italiota: e la definizione è di un intellettuale di Destra, Prezzolini, che si dichiarerebbe fieramente anti-italiano e anti-intellettuale vista Destra italiana e intellettuale ridotta a Sangiuliani Sanfedisti e Prezzemolini. Perché si è detto sempre che Berlusconi non ha mai fatto niente per la cultura — ma non si è detto mai abbastanza quanto ha fatto per l’ignoranza, per l’incultura, per la subcultura delle sberle degli Sgarbi quotidiani e dell’arroganza. Mani addosso, subumani come cani all’osso dell’apparire, facce da chiappe al vento del potere. Per l’Italia un Papimonio cul-turale unico, anche se non proprio onesto o Unesco. Non per niente il più asciutto, asettico e tremendamente adatto dei saluti glielo ha rivolto Sergio Mattarella: Ha segnato la storia della Repubblica. Stop, trapassa e chiudo. E chi vuole intendere sottintenda: non segnato come Churchill o Adenauer, e come poteva credere solo lui e la vulgata o vulvata al soldo delle sue e dei suoi, ma la Repubblica è segnata da lui come un Parkinson o un Alzheimer, affondata nelle sue feste da vulcani finti e veri gangster dopo essere stata fondata sul lavoro di De Gasperi Pertini Aldo Moro e Berlinguer. Un rumore e un tumore al cervello, un golpe al cuore malato d’uno Stato debole e sbandato e svenduto perché i suoi cittadini vogliono pensare solo in piccolo coll’uccello e sognare in grande al minimo, cioè al massimo fino al Grande Fratello. Farsi vedere, non farsi fregare, appena possibile fregare possibilmente senza farsi vedere. Fottere il fisco, il tuo socio, fottersi l’aumento o l’azienda intera o anche la compagna di banco di tuo figlio che se non ci prova forse è frocio. Quello che prima non potevi dire manco al tuo confessore, con Silvione è stato confessato venduto e vantato al concittadino complice ed elettore! Da Andreotti a Meloni passando per i Craxi amari ma non avari di maxi-tangenti e mega-soddisfazioni, ha convinto gl’italiani a non vergognarsi più dei propri spregi e difetti. Li ha persuasi a vantarsene, a fottere e fottersene, a votarglisi e a votarsene: per partito-azienda preso e creato apposta per la fuck-propaganda. Gonfiare il petto e le tasche, imputtanire le corti e i tribunali per impunire le tresche, imbonire evasione fiscale ed eversione totale sotto format di false promesse tv e vere minacce sempre fresche a chi non ci sta o non ci sta più. Mentire, corrompere, manomettere o direttamente maltogliere. Essere fan — ma simpatico, pop, spinto però pop-porno soft — del fascismo, del fancazzismo autoassolto dal fantuttismo, del fanrazzismo. Sostituzione etnica, morale, etica: la sottoscrizione persino estetica di un’Italia Open a Merdaviglia all’idea di accettare tutto il peggio di sé, il consenso infoiato non a sottoporsi ma proprio a sottomettersi a una plastica fatale alla Santanché. Al posto di quello che sotto la Democrazia Cristiana si poteva pensare o fare ma non si doveva dire, sotto sotto colla nuova Destrocrazia Giorgiana ci va tutto quello che se ti va non solo lo devi dire e fare, ma te lo devono proprio lasciare urlare: paro paro a Massimo Ranieri in Perdere l’Amore o Marco Lollobrigida, il cognato ti vomito quello che mi pare senza manco perdere l’ammirazione dell’elettore. Perché per capire la sorte dell’Italia d’oggi, basta guardare i sondaggi: le prospettive del post-Berlusconi per chi non crede nella grande Leader sono vivide e allegre come un post-mortem su twitter. Non per niente — giusto per capire cosa c’aspetta e molto probabilmente ci spetta — l’Underbulldog Gggiorgia sta scrivendo un altro libro dei morti a quattro tibie con Voldemort Sallusti: che è un po' come se Godzilla si trovasse con Gamera per suonare o dipingere la Primavera, ma siamo sicuri che pieno di versi ispirati da vero Beastseller, essendo i due autori autentici animali della proesia vera... Insomma se non vi è piaciuto il prima e il durante, il dopo B potrebbe essere una poco sorpresa molto perdurante.  
Perché il trapassato non è il passato, soprattutto se fra le molte cose che ci ha fottuto Silvione c’è il futuro: ma talmente fottuto Silvionista e imminente che possiamo chiamarlo fottituro. Perché cazzate infinite a parte, a cominciare dalle nostre, una cosa di Silvione e di sicuro va messa fra quelle fatte e finite ad arte. Essere riuscito nel miracolo italiano — molto italiano, come direbbe il suo unico vero e solo erede: Stanis La Rochelle, di Boris — e quindi essenzialmente anti-italiano di lasciare dietro di sé le macerie e davanti le macellerie di una nuova degenerazione politica al passo dell’oca e a cazzo de cane, quasi (molto quasi, quasi per niente) in degrado di farcelo rimpiangere. In vita ha mancato tutte le promesse, tranne le minacce, ma al governo e all’Italia lascia una classe politica di sostegno e di ex giovani promesse che ora sono altrettante minacce che ci manchi a morte. Basta guardarli, anche se dopo un po' basta che proprio non si può vederli. Zombie che si ballano la zumba del potere, tenuti su e assieme collo sputo e lo spunto di sistemarsi a sedere, conti Dragula in dissesto d’agenda e in astinenza da propaganda ma che grazie al cielo e al morto possono inscenare e intortare una navigazione tranquilla da salma piatta. Bleah Runner, una razza di razzisti e replicanti all’ultima polemica, in cui avere l’ultima parola per nascondere la loro politica stomachevole e di ultima. In questo senso — anche se spesso non ne ha ma ne fa sempre parecchio, di senso —  è sufficiente ascoltare Meloni, sempre rasserenante intima e riconciliante come un bidet coll’idraulico liquido: Grazie Silvio, i tuoi nemici hanno perso — e infatti hanno vinto gli amici degli amici del Cecato Carminati, del terrorista condannato e neofascista matricolato Ciavardini, del Superdotato di Voce coll’Eredità da Super-Raccomandato Luce Pino Insegno. Come se poi il problema fosse quello che dice, il problema è quello che fa e che Duce — e che una certa Italietta Repubblichina del Banana ladrona e traffichina, la seduce: prepotenti forti coi deboli e deboli forti coi potenti, minchia questa Destra Legge del Taglione e Ordine del Padrone come piace! Prendete l’illuminatissima e illuminantissima serie di riforme con cui sta mettendo mano, cioè manomettendo, il codice penale e la giustizia in generale. Corrotti eccellenti e potenti intoccabili, bavaglio alla stampa e azzeramento delle intercettazioni per rendere le inchieste su malefatte indicibili impossibili e irraccontabili, abuso d’ufficio cancellato d’ufficio e a vantaggio dell’abuso — e più avanti via sempre più avanti, carriere dei magistrati separate ma unite dalla loro sottomissione al potere politico, cioè a ogni capriccio da raccapriccio di ministri potenti e potentati di ministri-parenti. Perché sbattersi a combattere la corruzione, quando è molto più facile combattere quelli che devono battersi contro la corruzione? Tanto, o per giustizia o per impunità, la corruzione sparisce uguale. Una piaga che non fa più una condanna né una piega. Un piano e un pieno di Rinascita Democratica meraviglioso, che come hanno promesso Gggiorgia e quel fissato coll’impunità per tutti e guai ai magistrati cattivi e brutti Tarlo Nordio, dovrà rendere Berlusconi orgoglioso: e il nostro avvenire — ricco di anni poveri ma Gelli — luminoso, più che radioso, proprio Piduoso… Fico no? Prende forma l’Italia del Merito — quello altissimo, purissimo, licissimo di appartenere alla lobby alla falange o alla loggia giusta. Nel frattempo gli sfrattati e gli sfollati per gli affitti o gli affluenti in piena, se vogliono un posto dove sistemarsi devono fare in fretta a farsi dei precedenti per terrorismo e omicidio, a farsi la tessera di Fratelli d’Italia, a farsi almeno un amico neofascista o un costume da gerarca nazista — a quel punto un piatto o un letto in Rai, nel Gran Consiglio Regionale del Fascio e del Lazio, a capo di una commissione di un ospedale o di un ospizio, il Pronto Soccorso Nero di Gggiorgia sicuro glielo trova. Magari con un contornino di sapida battuta e faccia stupida e sbattuta dell’impresentabile quanto imprescindibile Gran Testa di Galeazzo Bignami — quello famoso perché si chiama come il libriccino dei temi: e perché ha pure quello di amare un botto mascherarsi da massacratore di Marzabotto, nel suo librone di cretino con problemi. Il Genio Molto In e Compreso ha appena detto a emiliani e romagnoli Rauss Kaputt e pure Schnell: per le alluvioni manco una lira, non ci si può fidare, e così imparate a votare Schlein! Simpaticissimo, intelligentissimo, istituzionalissimo. Ma del resto il livello — in questa maggioranza da osteria che rosica e magna — è questo: basso di rango ma altissimo di fango, altroché lì in Romagna! Nel frattempo e nel Paese si attacca la solfa del governo pragmatico quanto idealista per non dire platonico tanto è ideale, ma vigliacca se si attacca un chiodo o un solo problema reale; infatti e in effetti, se qualcuno da qualche parte nel Paese passa qualche cazzo, per il governo ci si può benissimo attaccare. Del Pnrr non si sa nulla, dell’avanti piano piano quasi fermo e dei ritardi anche meno, dei piani forti di propaganda a codazzo che suonano l’antifona delle riforme a razzo e delle polemiche a razza e a cazzo s’è capito pure troppo. Il Presidenzialismo alla Sovranista, l’Autonomia Leghista, il Revanfascismo da dicastero dell’Egemonia Inculturale Melonista. Tutta roba che a loro fa gola, che la gente forse si beve ma con cui alla fine mica ci mangia. Quando arriva la bolletta a fine mese o il mese manco finisce ed è già in bolletta, l’elettorato ti presenta il conto: di provvedimenti che provvedono  sempre e comunque all’acquisto di potere della maggioranza Meloni, mai davvero al potere d’acquisto della maggioranza degli elettori minchioni. La luna di miele cogl’italiani, cogl’italiani che non sono diventati tutti Mussomeloniani o populisti ma sono sempre e da sempre solo molto volubili e portafoglisti, ci mette un attimo a diventare di fiele: delle nozze di sangue, cogli ex fichi di turno e di governo fatti secchi. Del resto ‘sto subesecutivo para e subnormale non può andare avanti così, come un sottogoverno Meloni sempre sotto botta della droga del potere dei sottopanza e dei posti a sedere, ché lo strapotere dello strapuntino da Destra a mancia è un sistema di sgoverno non si può più reggere né reggersi né vedere; non si può andare lontano col sistema dell’a Noi i buoni posti e a voi i buoni pasto: per metterci una pezza che non sia al culo inizia a farsi già tardi, e per un Draghi bravo bis terno ed eterno mai troppo presto. Hai voglia di patriottismo pezzente, che rattoppa tutto attaccando a tutti la pezza su un’idea di Nazione antiquata paracula e perdente:  Giorgetti e Giorgetta litigano sul Mes, e dopo manco un anno già si rinviano i consigli dei ministri perché Meloni e Salvini giocano a se mi vai di veto allora andiamo al voto. Tutti i nodi, tutti i modi sguaiati e truffaldini per nascondere di essere inguaiati, stanno già venendo al pettine che quasi vengono alle mani. Ma del resto. A un certo punto finisce il collante e l’accollante dei posti per i sottopanza, esattamente come alla gente finisce la paga e la pazienza: e pazienza se poi questo si paga perché al prossimo giro elettorale scaricano i fascisti su Marte Nettuno e Ostia mandano su i Nazisti dell’Illinois o i Satanorenzisti di Cosenza… 
Anche qui però. Se per anni gl’italiani prima votano democraticamente un governo eppoi sempre più demagogicamente si votano a vittime che si rivoltano a un carnefice, è anche per i danni di un’opposizione che non può fare la vittima perché  —  quando ha fatto, e di solito subito disfatto il governo — del giuoco di potere berlusconiano è stata complice. Per incapacità, pressappochismo, presunzione e/o peggio affarismo: in una bruta e brutta parola, per dalemismo. Bruta e brutta, ma perfetta nel significare e sintetizzare il lungo insignificare di anni e anni fatti di una sola stagione — quella delle riforme in fretta, in collaborazione ma più che altro in coartazione e in combutta, di un via da dare a tutti i costi: compreso dare via tutta la torta in forse cambio di una fetta. Una parola che significa una stagione ma più di una persona, cioè due, D’Alema che vuole farsi — in tutti i sensi, e senza riuscirci in nessuno — Berlusconi: ed è per questo che lasciamo al dalemismo in persona, l’ultima e pessima parola plurale sull’Ei Fu Dalemoni, una serie passata per tutte le piattaforme di tutti i governi per tutte le stagioni. Berlusconi sui giudici aveva delle ragioni, ammette il Bicamerale Ardente e Massimo, in perfetta linea e in perfetto stile da neoinquisito sulle armi alla Colombia assieme a Profumo, Malizia d’Intesa con lui e colla conta corrente bancaria Pd sin dai tempi di Unicredit Mps e Leonardo. L’ex Migliore autoproclamato e autoaffondato, che oggi è un affarista affaccendato ma più che altro poco cauto e molto affannato, modestamente ha fatto una congiura contro Prodi per fare il presidente del Consiglio senza mai fare nulla per il conflitto d’interesse — perché non aveva alcun interesse al conflitto, se non con quel flaccido imbroglione (cit.) di Prodi, dato che con Berlusconi a partire e a patire dalla giustizia stava allestendo la Bicamera di Commercio delle vacche delle mezze tacche e delle bozze Boato, quelle che vent’anni prima di Nordio già volevano fare i bozzi al magistrato. Non a tutti, però: la carriera separata e stroncata e il culo come un paiolo, sì, ma solo a quello che sul maxi-inciucio tu dai una cosa a me io do la cosa pubblica a te faceva troppo il pignolo. La Costituzione ce la riscriviamo noi, Mediaset un patrimonio dell’Italia ma soprattutto di Forza Italia che rimane sempre ai tuoi, Tim la Rai qualche qualche affare di banca sparso sporco e scarso agli amici-lobbisti miei. Istituzioni, televisioni, assicurazioni e rassicurazioni, camere telecamere e telecomunicazioni — il governo D’Alema, un simpaticissimo dicastero per gli affari istituzionali e costituzionali scambiati cogli affaroni economici e come fossero solo affarucci e affaracci personali. Qui comincia la sventura di Capitani Coraggiosi e Capitali Micragnosi e di ventura, cioè della sinistra che prende Palazzo Chigi come fosse il Palazzo d’Inverno ma si fa prendere dal potere per trasformarlo in quello che Guido Rossi ha chiamato la prima Merchant Bank dove non si parlava una parola d’inglese — tanto per capirsi ne bastava mezza in soldoni e in berlusdalemiano. Affarismi, tatticismi, tafazzismi e trasformismi. Berlinguer morto e seppellito due volte da chi ci è cresciuto ma non lo ha seguito — e a cui è seguito il peggio che lo ha perduto, rovinato, da cui è nato il Renzi che lo ha sostituito in peggio e rottamato. D’Alema come danno ed emblema del potere per il potere, del potere politico e democratico che degenera in potere economicentrico: il potere che non vuole e non può cambiare le cose, ma quel genere e generone di potere che se tu cambi idea in cambio lui ti cambia la casa la macchina e tante altre cose con altre più belle e costose. Nasce tutto da questo modo di fare affari e disfare politica, e non certo dalla stupida polemica sul risotto il vigneto e la barca, la tragedia della cripto-cleptosinistra che è sparita e si è rubata l’anima coi Fassino e i Consorte e abbiamo una banca —  Bello, è nata la sinistra partita comunista è arrivata partita Iva e arrivista, peccato che adesso e da allora è solo il credito in voti anziché in euri che manca. Perché l’identità è un attimo a vendersela, ma poi è impossibile ricomprarsela — la carta d’identità non è la carta di credito, che bastano i soldi per rifarsela. E infatti il Pd sono anni che cerca di rifarsi e di rifarsi daccapo, riuscendo solo a rifarsi il trucco vecchio come il cucco del cominciare e finire dal capo. Cambiare solo in alto per non cambiare nel profondo, dal basso, dentro le criticità anziché solo in superficie e in superficialità. Il risultato è il non-Partito Democratico di oggi. Troppo fumo, troppo fiamma o troppo poco a fuoco, sempre pochissimo arrosto a punto e apposto: su qualunque cosa, la mattina medi e cerchi l’accordo ma il pomeriggio gridi all’arresto. A Schlein sul coma-cosa fare col del Pd ancora da fare parlano tutti, e sparlano e sparano anche di più. Noi del Papaluto non è che manchiamo in questo coro a cappella e più spesso a cappellate a iosa, ma ci sentiremmo di mancare a noi stessi come rompi-coro e coglioni se non dicessimo almeno una cosa: che questo ennesimo progetto-stralcio o straccio della sinistra quando può deve scendere in piazza, sia pure scostante lacerata e scrostata, e quando occorre deve saper scendere a patti: ma non a patti della Crostata. Mai, per qualunque ragione — politica, ancor peggio affaristica e sociale. Basta entrare in tutti i governi, anche sbagliatissimi, colla scusa che il Paese non esce dalla secche delle vacche magre senza governissimi. Si governa per fare qualcosa, non si fa qualunque cosa pur di governare; in certi casi e persino casini meglio andare al voto, che andare avanti al buio e col vuoto di scambio. Poi si può vincere, si può e riesce meglio perdere, l’importante è non perdere la faccia o la memoria anche quando si vince. Dall’articolo 18 alla Resistenza, basta schierarsi con chi conosce e riconosce solo la resistenza al fisco all’articolo 41 bis e al reddito di cittadinanza… Stare dalla parte degli ultimi, di chi paga le tasse, non stare al gioco e al clima per cui i primi nell’alto dei redditi saranno sempre più gli ultimi a pagare le tasse. Non utilizzare o strumentalizzare la questione morale come questione minore, retorica, ondivaga e umorale: i freschissimi quanto marcissimi casi Santanché e Minenna dicono che destrocentrista magari no, ma per la sinistra e non dev’essere una questione sempre centrale. La strategia, in qualche parola anziché in qualche gabola da Leopolda o in qualche parabola da fumisteria? Per rifarsi la sinistra deve farsi anche furba anziché fare la furba fino a farsi fessa da sola, a farsi centro credendo di fare centro ma finendo per fare un centrodestra solo meno tagliatasse affondabarconi e tagliagola. Fare un governo come fare opposizione deve significare qualcosa, e qualcosa di diverso dall’urlare allo scandalo o ciurlare nel manico a seconda del ruolo: soprattutto non avere l’opportunismo e l’opulento affarismo come unica bussola e posizione. Perché se oggi come nel ‘94 abbiamo il peggiore dei governi, è anche e soprattutto perché abbiamo avuto opposizioni che hanno portato poi a governi teoricamente all’opposto: ma in certe cose uguali e persino peggiori di questo. Se l’Italia di oggi è in gran parte ancora l’Italia che piange Berlusconi, anche nell’altra parte mica piccola per l’Italia davvero oggi non ride né può ridere nessuno. A diverso titolo morale o bancario, ma siamo tutti colpevoli — in parole, opere, elezioni e omissioni; in governi, Grandi Opere, pessime maggioranze e peggiori opposizioni. E’ colpa nostra — o di chi abbiamo eletto per noi — che pur di farci comprare e capire al voto ci siamo svenduti al volo, che pur di venderci ci siamo svenati: noi, che per interposta personalità politica troppo tremante davanti alle scelte o troppo tramamente dietro le quinte ci siamo abbattuti all’asta e abbassati d’asticella. In quest’epoca fare schifo e vincere è vincere facile, però fare solo gli schifati e la morale a perdere è troppo semplice. Tocca agire, fare scelte difficili quando è tempo anziché solo reagire fuori misura e tempo, agevolare idee azioni e soluzioni anche impopolari: e che non siano solo chiacchiere da bar sport del repulisti, molto in almeno quanto inutilmente popolari fra i populisti. Onestà, intransigenza senza ingenuità e neppure ipocrisia, umiltà: per ascoltare eppoi agire, senza la chiusa condiscendenza la scoperta accondiscendenza e complicità o l’aperta insofferenza del grande centro ztl nei confronti della periferia. Avere il coraggio d’essere diversi anche se non a tutti i costi, di non essere come tutti gli altri oltretutto pagando all’omologazione prezzi ben più alti con quasi zero guadagni a ogni elezione, di tornare nelle strade più difficili senza prendere scorciatoie che poi sono pastoie mai eppoi mai più facili. Perché se Berlusconi c’è stato, è perché è mancato qualcos’altro, o perché è andata anche peggio quando al suo posto c’abbiamo mandato qualcun altro; alla sua camarilla familista si è risposto in (falsa) alternativa o col movimentismo organizzato e casinista, oppure col camaleontismo clientelista che scarta gli onesti e scala e s’incarta il partito come una caramella Deluchista. Il voto da chiunque per un partito Qualunque, un pacchetto di tessere e di posti oggi come un pacchetto di pasta ieri, il sistema che accontenta tutti e mette a malpartito chiunque. E infatti oggi — anti o pro, berlusconisti militanti o No Silvio irriducibili ovvero indifferenti livello pro — siamo tutti sulla stessa barca, anzi tutti sulla stessa Lamborghini che trancia una smart: tutti a bordo della cazzo d’Italia come Stato dell’Arte d’Ammazzare e d’Ammazzarsi, che Andy Warhol e i Quentin&Gianpi Tarantini girando colla D’Addario al porto di mare di troie e di Trani definirebbero Pulp Art. Perché se oggi i The Borderline per pochi spicci e molti like come dei veri serial clicker mettono sotto un bambino di 5 anni, è anche perché noi volenti nolenti o sonnolenti ci siamo messi sotto a a un Borderline che ai tempi e ai suoi venditori tutti gasati e invasati spiegava come bisognasse parlarci — come a un bambino manco tanto sveglio di 7, anni. I giovani infanticidi di oggi vengono anche dal vecchio infantilizzatore da preda. Alla maturità si danno un’aria e dei temi sulla nazione, ma il tema è l’esame d’immaturità sempre brillantemente passato dalla medesima: l’Italia è ancora è sempre una Guardaland, una paesone di teleguardoni ego e segomani, solo  che prima ci specchiavamo nella tivù e adesso ci spacchiamo di youtube. Nel trentennio tregendario di Silvio non è cambiato molto, se non in peggio. Mani Pulite è passata, ed è rimasta in piedi e in peggio l’Italia della coscienza sporca ma colle mani pulite la domenica insieme alla macchina veloce, linda, pinta pirla e feroce. Da Antonio a Mattia Di Pietro, è cambiato solo il nome, lasciando intatta e impunita l’ignominia, il cognome, la cognominia di non fermarsi mai allo stop alle regole e a guardarsi indietro. Il Paese è sempre figlia di papi e di papà che l’importante è sfrecciare colla Ferrari pure e spernacchiare la decenza l’onestà l’umanità e ferrivecchi vari. Siamo diventati questo, ci siamo sprofondati e persino peggiorati piuttosto, perché non abbiamo saputo o abbiamo solo saputo dire che bisognava essere altro da questo luccicante buio pesto. In questi anni vani e vanesi vincere le elezioni non ha significato perdere l’anima né prendersi tutta la ragione, esattamente come non vincerle non ha mai significato prendere tutti i torti per perdere tutte le ragioni. È stato scritto che noi di cenciosinistra  in questi trent’anni abbiamo perso, vero, ma dov’è scritto che abbiamo perso trent’anni? Alla fine non lo vogliamo cantare, ma persino noi lo possiamo dire: meno male che Silvio c’è stato, perché senza il Papi di questa Patria oggi non avremmo così chiaro e forte il sogno di un’altra Patria, e il bisogno ancora più alto di un vero Stato. A cui nonostante tutto continuiamo a credere, per cui nonostante tutto il niente di nuovo né di buono attorno non vogliamo cedere. Buonanotte della Repubblica, che deve passare, e buonafortuna con questi che è proprio la Repubblica antifascista democratica e parlamentare, un guaio brutto e buio che per loro deve passare.    

Berlustanis in una drammatizzazione di scena




      


sabato 25 febbraio 2023

DENARO&POTERE

Passato Sanremo, avendo avuto Benigni che davanti a Mattarella fa il bignami della Costituzione antifascista mentre Fedez l’ha spiegata e dispiegata strappando il Bignami nazifascista di costituzione e divisa con tanto di svastica e cappellone, ora più nessuno si domanda se canta o meno. Ma è nella testa e nella solfa dell’Italia come un tormentone, un ritornello, un torturatore-macellaio ma simpaticone. Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare: di piombo e profumo, di vestiti firmati col sangue come ogni suo delitto, di bestemmie su Falcone, di battute di spirito o di caccia all’uomo di legge o alla femmina di letto; dice che adesso a Carnevale i bambini vogliono vestirsi col suo montone, mentre con lui molti dei loro genitori in tutti questi anni si sono messi a pecora e a disposizione; dice che adesso in carcere parla solo coi medici, e chiede cure speciali — che di sicuro avrà, specie se parla di politici… Perché purtroppo la galera è così, ti cambia: entri Messina Denaro, e magari esci come Pisciotta coi piedi avanti dopo il caffè corretto cianuro. Ma comunque. In attesa di capire se gli cureranno il cancro del 41bis — del carcere troppo duro che trasforma anche i Mattei più duri in Trenta Denari pronti a vendere  amici soci e amici degli amici in un amen e un malora pro nobis — il boss non tradisce: né emozioni, né compari, né intenti palesi o mandanti e soci appaltanti oscuri. Non parla, che fa più bella figura di spicco; una bella differenza con chi parla sempre, facendo la solita figura di merda e ascolti da share fiacco che non fa nemmanco il picco. Sapete di chi parliamo, di quelli che noi parliamo — oggi di covi come ieri di Covid, di Riina Brusca Berlusca e tizi tinti vari come tante Tina Cipollari — perché sappiamo. Più o meno una mazza, ma l’importante è che ve lo diciamo: e più importante ancora è come, ve lo diciamo: con fermezza, con stentoreità, con ferma stoltezza di chi ne sa una madonna coll’ignoranza di chi ad ascoltarlo te ne fa tirare una e mezza. Insomma a testa bassa, a voce alta, come c’insegna la nostra Duce suprema anche se non tanto alta — ma che s’intesta tutto e tutti a mansalva facendo manbassa. Essì, da Dante a Matteo, sono tutti i suoi, li o se li prende tutti lei: dal boss delle tragedie a quello della Commedia, Giorgia fa sapere che è tutta roba e merito mio, il tutto fra gli applausi delle sue commari i media. Mafia, stragi, relativi magheggi su esecutori mandanti e depistaggi? Non è mai colpa o interesse di nessuno occuparsene. Normalmente e con chiunque al governo, ce ne fosse uno che se ne fotta: ma non appena ci scappa un’occasione anziché un’onta di latitante scannapersone, via a buttarsi sulla sant’honoré al merito: ma tutta, anziché solo una fetta. Bello sapersi prendere il buono dalla vita, schivarsi il torto e papparsi la torta, buono prendersi l’occasione di farsi belli a scrocco persino colla malavita. Del resto. Questa è storia, anzi, storiella d’Italia. Una vecchia e tragica barzelletta senza memoria, sempre rinfrescata dal sangue d’innocenti speso da beffardi del potere senza vergogna mentre viene sparso da Baiardo e bastardi con protezioni senza gloria. Sì perché vedete questi sono sempre temi spinosi, dolorosi, spigolosi ma perfortuna in Italia — in mezzo a tanti angoli spigoli e dolore — c’è sempre spazio per l’angolo del buonumore. Ad esempio quello di Ggiorggia, che tutta orgogliona ci ha fatto sapere che non è un caso che Messina Denaro sia stato catturato sotto il suo governo. Ma infatti, ma quale caso, si tratta di una pura combinazione, di una perfetta coincidenza — soprattutto di tempi comici, cinici, bari crudeli e cimici. 

Voi pensate la sfiga puttana e sputtanante, per Nordio Carletto l’ho fatta fuori dal vaso anziché nel letto. Il ministro in Disgrazia e Ingiustizia e in persona lì in Aula a dire che il parlamento non dev’essere supino ai pm, che su certi reati non ci vogliono valanghe d’intercettazioni ma intercessioni vitalizi e mille attenzioni perché non è che tutti gl’indagati sono migranti sciancati e figli di NN, e proprio sul più bello e il più bellico non ti vanno a catturare l’onesto cittadino Andrea Bonafede alias Matteo M? Sempre loro. I soliti magistrati sempre troppo insolenti, inopportuni, solerti e indipendenti. Cazzo non c’è mai abbastanza tritolo, quando serve, per questi giustizieri a orologeria Capaci di tutto… Cosa non si fa, pur di rovinare un ministro galantuomo di stato e garantista, garante ed eroico paladino soprattutto dell’inerme padrino stragista come del povero padre-predone tangentista! Anche se nell’accaduto — e sia detto con tutta la stima e il rispetto per una personcina che modestamente tra una quarantina d’omicidi e un paio di stragi ha fatto strangolare e sciogliere nell’acido un bambino — l’insigne arrestato non ha aiutato; ha i suoi torti, oltre ad aver subito quello sanguinoso e Carlonordista di essere un povero sanguinario perseguitato e plurintercettato dalla giustizia ingiusta uguale per tutti e giustizialista. Insomma, latitare non è mica come — o solo — bere un bicchiere d’acqua e Viagra! Ma benedetto cittadino-consumatore d’atrocità e delitti cosa te ne vai in giro col nome di un ministro della Giustizia passato come un guaio, quando a sperare sparire e non sparare nel nome del ministro scombinaguai, ‘sto guaio non lo passavi né ora né mai! Cazzo ti chiami Bonafede, chiamati Nordio il taglia-bollette sciogli-manette e vedi che niente ti succede. Ma forse stiamo esagerando: alla domanda di giustizia non si risponde colle rime. Magari fosse, ma delle vittime dell’antimafia sono pieni i penitenziari i parlamenti e i giornali che innalzano forche: mica come le solite fortunate vittime di mafia, di cui sono solo piene le fosse. La verità è che un grande problema così non può essere risolto da un solo ominicchio, per quanto grande così. Il vai col liscio commovente illuso colluso e romantico di Charlie Brown Nordio — perfortuna nello spirito, più che nei risultati… — ci ricorda altri eroi solitari dell’anti-antimafia come Corrado Carnevale Salvo Lima o il più bravo e il più Divo di tutti, San Giulio Andreotti; però non basta, non può bastare, specie quando sono i tempi i modi e gli uomini di merda ma di moda a cambiare. O a essere cambiati, tipo il Trapano di Trapani, l’elettroindomestico e oramai scomodo a cui i carabinieri hanno portato l’avviso di fine garanzia: sei fuori, ti mettiamo dentro. Della serie, a ‘sta serie occorre un’altra stagione. Però una stagione altra, diversa, più quieta e per sempre alta. Perché Messina Denaro è stato sì catturato, ma l’impressione è che sia stato o si sia anche un po' consegnato. Il tutto con un (lieto) fine preciso. Prendetevelo, e diamoci d’affare. Si chiudono i trent’anni della stagione stragista, e avanti con almeno altri trenta d’alta e altra stagione affarista. Non salviamo il boss ma le apparenze: e ovviamente pure le sostanze. Fifty fifty. A voi Messina, a noi il denaro. Così conviene a tutti, persino e forse per primo a lui. Poi intendiamoci. Un capo così pericoloso protetto e sanguinario devi sempre e comunque avere il coraggio, la volontà, la capacità di andare a prenderlo nel suo terrorizzato e terrorizzante territorio. Ci vogliono fegato, palle, cervello — altroché le frattaglie di pollo in batteria Mondialcasa del paese dei televenditori di fumo di lupara e delle meraviglie. Quindi senza indulgere in didietrologie col culo degli altri, né fare i Malgioglio che tanto Messina Denaro vecchio e malato pure io lo piglio, né tantomeno unirci alle divanologie da stalk show di falsi pentiti e veri inesperti del settore al sentore di Giletti e altri, ve la diciamo così: l’arresto è una vittoria dello Stato e dei suoi uomini sulla Mafia sicuramente da riconoscere celebrare e omaggiare, ma siamo anche abbastanza tranquilli che l’innominabile e ineffabile Stato-Mafia coi suoi uomini sta già lavorando per ovviare e poterla pareggiare… In silenzio, nell’ombra, in un’operosa armoniosa e omertosa calma piatta che non è quello che sembra: ma quello che serve, una calma apparente e appaltatante per fare pace affari e patta. Una cupola di mafia ma pure di Stato, una cogestione dell’ordine pubblico-privato, una status di mafia che si toglie la coppola e si mette il doppiopatto politico-criminale firmato e gessato. Niente morti in strada e in casa nostra, molti soldi in tasca e in cosca per Cosa Nostra. Tutti contenti, tutti collusi, tutti zitti e buoni — del tesoro di voti o contanti. Connivenza è convenienza, perché combattersi quando è molto più conveniente e intelligente compattarsi? Nessuna novità, a parte le forme sempre diverse che la Cosa Nuova oggi ha. Ma la logica della lotta alla lotta alla mafia è sempre la stessa. Solo il modo è sempre differente, sempre più simile al mondo che adesso comanda l’universo. Quello del tipo d’economia oggi imperante, impolitica ma in politica, tutta finanza impunita blandita e infiltrante: al di là del bene e del male, mezza sporca e mezza riciclata, al di sopra i tutti i governi e di tutte le leggi — tranne quella di mercato. Questo è il punto dolente, inquinante, squalificante; di non ritorno, se non economico, a qualunque prezzo e con qualunque mezzo, costi quello che coschi. E quando si parla di mafia è a questo che bisogna guardare — alla sua onnipervasiva mimeticità in ogni Paese — lasciando agli assolo di Soloni Tribuni e Tromboni che hanno visto solo i Soprano la polemica omertà vs onesta su chi non ha visto U Siccu e il marcio nel paese di Castelvetrano. La solita fuffa, credibile come una truffa, fresca e utile quanto la muffa. Homerty… Is such a lonely word… Il solito triste trito e tritolo ritornello, il solito pianto dello scroccodrillo, buono giusto per te opinionista-tuttologo-anche-antimafiologo a ufo e a uso del buon tempo pazzerello, che esce il latitante e per le tue lacrime ci vuole l’ombrello: che tiri acqua al tuo mulino e liquido al tuo Borsellino con una tirata sui martiri tirata sui coglioni peggio d’un martello. Non perché l’omertà non ci sia — se si dovessero arrestare tutti i fan i fiancheggiatori o i foraggiati o sforacchiati ignoratori dei boss presso la buona borghesia filo o a-mafiosa da Campobello alle campagne elettorali di Montecitorio o pittoresco-monumentali di Salisbury, ci sarebbe un drammatico problema di sovraffollamento delle carceri e di spopolamento dei Lions degli Harry’s Bar e dei Rotary —  ma proprio perché non si può scegliere quando vederla o dove sia. Santuari in Sicilia o cattedrali in Inghilterra: non c’è una terra di mafia, ma coll’economia di rapina globale ogni mafia ha per sé tutta la Terra. Quindi. Troppo facile, scontato menarlo e menarsela da scandalo col finanziere di paese o col vicino di casa — decisamente più difficile e salato, prendersela col finanziere di Putin o di Goldman o di Bin Salman che pure di Messina Denaro (guardacaso grande ammiratore dell’amico Vlady, come l’amico degli amici degli amici Silvio, l’innocente a puttane grazie a Ruby…) è vicino di cassa. Essì, perché c’è voluta la guerra all’Ucraina per fare un po' di guerra economica alla mafia internazionale e russa. Diversamente, il silenzio attorno alla gray-mafia degli affari più che dei sicari è d’oro, o di gas, di stock option a mazzi o di gigamazzette formato premium o premier plus. Mafia e Finanza: stesso mestiere, altro nome commerciale, stesso alto tasso d’interesse bancario e politico da mantenere su chi ha il potere legislativo e nominale per mantenere il proprio potere materiale, effettivo, criminal-legale. Dei Narcos o del Nasdaq, le mafie fanno la stessa professione, si rivolgono alle stesse persone, ingaggiano lotte e lobby uguali per influenzare e infiltrare ogni istituzione, ogni governo, ogni singola decisione o legislazione. 

Due esempi, uno distante e uno fin troppo recente, tanto per dire del sistema del fare e non dire poco decente ma pure troppo efficiente. Qualche giorno fa, una nave Msc crociere fermata e ispezionata per un sospetto rischio terroristico. Risultato? Non era un allarme bomba, semmai un’allarme bamba: 2 tonnellate e mezzo di cocaina a bordo, e non era manco la prima volta. Né sarà l’ultima. E che male c’è, fin quando nessuno ce lo vede mettendoci una pezza e magari una manetta, ad arrotondare un po' da narco-corrieri il traffico dei vacanzieri? Coca o Cosca Crociere, l’importante è che la nave sia partita — anche di droga. E a proposito di navigare, esempio numero due, da scempio del businessboss numero uno. Quando anni fa le fasi preliminari della Coppa America approdarono non in Italia, non in Sicilia, ma con tutto il mare di mari a disposizione proprio davanti a quello di Trapani (ma solo perché Castelvetrano il porto non ce l’ha…)  tutti  ma proprio tutti sapevano che tutto  ma proprio tutto faceva Capo gioco e caporalato a Messina Denaro. Cemento e infrastrutture, appaltatori qui e senatori D’Alì, manodopera e forniture. Nelle sue mani sporche di sangue tutti i guadagni e gli affari, però lavate e ripulite dal suo averci gli affari e il guadagno nel sangue. E dal suo saperne distribuire le briciole a chi ha molto da guadagnare e niente da perdere — ad esempio anche solo un briciolo di dignità, ritegno, libertà o verità. Tutti gli altri, tutti zitti e contenti, più che felici di chiudere in attivo e in vita anziché chiusi in una bara di cemento direttamente giù nella baia. Insomma. Solo per non fare casino colla geografia il copyright e gli sponsor quella Coppa America a Trapani non si chiamò Messina’s Cup o Accoppa America. Un piccolo riconoscimento per un grande uomo d’onore, d’affari, d’onori. Che per il resto ha e ha avuto ragione sociale su tutto. Lui sì che sa come gira il mondo, e soprattutto come fare a rigirarselo. Tutto è impresa e niente è un problema se sai come fare l’affare, se hai abbastanza piccioli da fare anziché solo spiccioli da far girare e per far girare dall’altra parte, nessuna impresa è davvero male o criminale. Se è tutto una mafia, solo la mafia non deve esserlo?! Ecchemminchia, questa è discriminazione! L’economia e gli affari si regolano come i gangster, eppoi i gangster non devono fare affari né regolarsela coll’economia? La verità è se copi troppo bene il mondo della mala e del male, poi non ti lamentare se il mondo non solo non ti distingue, ma ti preferisce l’originale. Tanto. Tutto è sempre fare soldi per avere più potere, per fare in modo di potere avere ancora più soldi; tutto sta sempre nel farsi ammettere a questo circolo vip, vizioso, redditizio anche se dispendioso e a rischio Rip. E i lorsignori dell’economia della droga o dell’economia drogata, ammessi modestamente lo nacquero. Quindi. Messina o Manhattan, Mazara del Vallo o di Wall Street, è sempre Denaro&Potere. A tutti i livelli, a ogni passaggio, e figuratevi se gente così ha bisogno d’un passaggio a livello Meloni e del suo trenino d’inutili idioti o di scemi da guerra dei dossier. Ce li vedete voi i vari boss delle torte di mercato della coca dell’euro o dell’ero, dell’oro bianco brown sugar o nero, a dire: Caspita, devo proprio farmi amico chi mi fa cacare sotto perché s’incarta e s’incasina su un Cospito! Mi serve proprio comprarmi supereroi tipo il Fascistello-Pipistrello Donzelli e il suo coinquilino inquisito e co-cretino nazirock DelMastro Lindo, per uscirmene pulito! Certo che no, però tutto aiuta, tutto fa brodo e brado prosperare della mafieconomia selvaggia: a cui tutti danno spago e non certo la caccia, una messa in piaga del paese che ogni scempista di turno al potere pettina o foraggia. E questo governo — che fa o poco e male, o direttamente troppo male — di sicuro non fa eccezione. Sconti di pena e incentivi di penna firmati al volo per il solito jet-set col turbo e col furbo, quelli sì. Tant’è vero che l’unica cosa giusta, l’abolizione del 110% che è un favore da 6 miliardi ai cantieri-lavanderie di mafie e furbetti del foratino al 150, è stato preso solo dopo le regionali: e solo per questioni finanziarie, non certo morali. Ma per il resto e del resto, nulla. Questo abbiamo perché questo ci siamo meritati, e forse perché questo siamo, anche se già a ‘sto giro di Lombardia e Lazio che hanno vinto non è chiaro chi e quanti se li siano votati: e chissà quanti in meno se avessero saputo del piano-casa di carta straccia di chi prima se li è intortati per il voto e il giorno dopo il voto se li è inculati per decreto… In ogni caso, abbiamo un governo in sintonia colla Nazione — come si deve dire adesso — e la sua simpatia per l’ipocrisia, la perculatura d’amici diretta o per omissione: comunque mai impossibile, anzi da noi sempre probabile e (presidente del)consigliabile. Puoi incazzarti, ma non puoi non immedesimarti in chi non appena gli conviene fa il contrario di quello che dice, con un governo che pratica il si fa ma non si dice perché — alla morale più stupida o all’elettore più idiota — non sta bene. Un governo che punta a reintrodurre e tutelare il buon nome e il buoncostume, finendo per salvaguardare e passare sotto silenzio il malaffare. Proprio quello che vuole e che ci vuole per un paese che sempre più — in pubblico e in privato — non lo salva nessuno: perché da sempre e anche più salva le apparenze per salvare anche meglio gli appetiti, gli accordi sottobanco e sottobombe, le più indicibili spettanze e le più incredibili appattanze. E quindi viva viva Giorgia, la ducia di carta, che secondo i suoi cantori e coglionatori altrui ha sgominato la mafia a mani nude e braccio teso: precisa precisa al prefetto di ferro, Cesare Mori: anche se, essendo Fratelli d’Italia il partito-record per inquisiti per ‘ndrangheta, più che altro è una perfetta prefetta di carta carbone con Mario, Mori, il ras del Ros re del doppio che nella partita Stato-Mafia meglio di Djokovic al Rolan Garros. Ma di nuovo. Questo ci tocca, perché al momento a Ggiorgia Nostra, non c’è chi politicamente la impensierisce o neppure la tocca. ‘Sto governo di tirare a campare a lungo e male non ha motivo di dubitare, d’esistere e resistere ha tutte le ragioni: perché non ha opposizione, ma solo una carica un fottio e una caricatura d’opposizioni. Una gamma per tutti i disgusti, dal comico al casinistico al cosmetico. A cominciare da Calamity Calenda che — dopo il flop albuminico e clamoroso colla Moratti in Lombardia, che forse ha meritoriamente fatto capire a Mrs Nequizia il non è aria e pussa via — non ha saputo fare di meglio di dire che l’elettorato ha sbagliato. Ora, a parte che tenere lontana dal Consiglio Regionale la Lady di Ferrovecchio Berlusconiano è il primo risultato utile di ‘sto Terzo Polo sempre più sotto squagliamento elettorale globale, è interessante e altamente democratico questo elitarismo che pare etilismo da ‘mbriacatura priapica di sé. Più sei piccolo, più te la senti grossa. Tant’è che quando perdi è il popolo bua che ti fa male ma poi in realtà si fa male da sé, che non ti capisce e si punisce stupido ignorante e cheap com’è… Sei talmente scarso che in Lombardia ti preferiscono Fontana l’accatastatore di bare d’accrocchi cognati e di bari, ma ovviamente la colpa è degli elettori! E insomma l’alternativa alla Meloni non solo non è molta, ma soprattutto non è alternativa. O i casi umani e penosi dei Renzenda che sognano il governo monocolore mentre realizzano il partito mono-elettore: oppure i casini disumani e vanitosi del Conte Ora ProgressiPopulista 5 Stelle che crede basti atteggiarsi e pavoneggiarsi per attrezzarsi a papparsi i voti di quanti — non volendo morire ex berlusconiani e postneomussomeloniani — secondo lui vogliono vivere e far campare alla grande la grandeur dell’avvocato-viveur sempre fresco di coiffeur dei furono-grillini. Oppure il Pd. Duro, durissimo, tremendo ma è così. La gran carcassa politica facile da incolpare che nessuno — per quanto abbia la bocca larga —  ha la stoffa tattica e la grancassa propagandistica per poterla spolpare. E, a proposito di pappare e pavoneggiarsi, è soprattutto grazie allo zero in condotta intelligente o almeno non idiota ed esistente del Partito Dementocratico che la regina Giorgia Magna bella tranquilla: scuola sanità diritti o legalità, quale o quanta che sia la carne al focus per questi è sempre zero carbonella, nessuna minaccia dai mostri d’inutilità e autodistrazione di villa Godzilla. Essì perché il latitante numero uno in Italia dopo Messina Denaro, non ha nessuna intenzione di palesarsi, né per lei né per nessun altro: non un fatto e neppure un fiato dall’opposizione, per non disturbare ma soprattutto per non disturbarsi, progetto emissioni zero. Anzi in perfetta continuità contemporaneità e co-inutilità da Letta a Bonaccini, dal New York Times alla Gazzetta dei Minchioni, dagli ex ai futuri e fottituri segretari è tutto un complimentarsi da perfettini galanti a cretini giganti. La Meloni tace e acconsente mentre fra una baby-gang e una maxi gaffe al e dal governo imperversano amici parenti e cognati di vomito, scappati di Casa Pound, pestatori di studenti e ammiratori della Decima Mas? Complimenti a Giorgia, anche ai suoi bracci destri nervosi e tesi, qua la la longa manus! Alla fine l’aborto è sconsigliabile ma ancora legale, l’antifascismo forse pure, La Russa non si è autoproclamato Imperatore d’Etiopia Abissinia e Anti-Ricchionia, di fatto abbiamo più o meno un Draghi all’economia anziché certi draghi dell’autarchia fantastica all’anti-economia reale… Meglio peggio di così! 

Due paroline due però, anche davanti a un bilancio tanto lunsighiero tutto in rosso eppure stranamente tendente al nero, le si potevano pure dire. Finanche Mattarella — appena ha potuto, perché con questi Valditara mentali che  sgovernano e si governano a malapena ha proprio dovuto — ha fatto presente a questo esecutivo balneare coi balneari e fascista coi fascisti che ci sono paletti: agli ombrelloni alle palette con relativi rackettoni, e persino ai raid davanti alle scuole di gridazecche fichetti e piscialletto che giocano ai mininazistoni. Normale, che il Presidente della Repubblica faccia presidenza docenza e supplenza alla Scuola Normale d’opposizione? No, ma al Preside(nte) che firma i decreti si può far firmare anche una giustificazione per motivi di famiglia — disastrata: signor preside della Repubblica, abbiamo avuto da fare, casini a casa, da decidere se tenerci persino Casini per casa! Dai cazzo. Ci sono cose più importanti, urgenti, cioè urgentemente irrilevanti. Ragazzi non c’è tempo per le cose serie adesso, c’è la situation dramedy delle primarie seguite da congresso! A chi interessa che si fa dell’Italia, se c’è da finire di disfare il partito facendo eppoi sfinendo un altro segretario?! Oltretutto, nel meraviglioso mondo all’incontrario del Pd, questo Carnevale delle liti e dei veti viene sempre dopo, e non prima, la solita Quaresima di voti: e sempre nel modo più pilotato e paludato possibile, solo conteggi a salve e pestaggi a sangue finto, così da tenere lontana ogni possibilità o tentazione d’arrivare a una Pasqua se non di resurrezione o di rivoluzione, almeno da minimo assembleare di chiarezza coraggio e risoluzione. Ma anche le primarie, per questo Pd da eterna Quaresima che finisce in perenne Carnevale, oramai sono solo uno scherzo finito male. E quindi presto col mattedì grasso, falso, da festino intestino e crasso. E se nelle sezioni non c’è più la folla, in compenso fra le fazioni monta già la follia delle grande occasioni — mancate, sprecate, sputate a grande ostensioni. Di belle paroline al vento, utili autentiche e vicine alla realtà quanto belle parioline da cocktail-democratic-party che vanno al voto come a un evento. Del resto, si sa: bisogna saper essere vicini alla gente, senza mettere in mezzo troppi filtri e troppa gente, e infatti per capire quale filtro instagram mettere bisogna sentire il mio agente… Fondamentali i contenuti, ma quelli del canale youtube o telegram per fare tutti felici e content anche se cornuti. Nella società dell’immagine e dell’immaginetta, tutti divi e devoti al Santo e Divo Giulietto Andreotti. Tutti a provare il colpo del Gobbo, facendo cena muta e politica cieca con commensali scomodi: ma che portano il dessert di potentati docili, editoriali dolci, carriere da poltronati facili e comodi. L’importante è apparire uno onesto, fin troppo retto e corretto, di sostanza, e di tutto il resto me ne foto… E infatti. Bonaccini se la fa con Bottura, Schlein con Muccino, ed è subito locura del nome-immagine per la candidatura: tutto è scegliere i testimonial di marca, scannarsi apparentemente sul nulla e appartatamente sull’ultima poltrona in segreteria che guai chi la molla o si smarca, e su tutto il resto tenere una linea vaga (erre)moscia e loffia: figurarsi chi ha tempo o voglia per cazzate tipo vittime carnefici e loro mandanti/complici di mafia! Oddio, a fare proprio i pallosi storici e fosforici magari nel Piddì — che nelle sue origini ha due (pe)santi martiri della politica come Pio La Torre e Piersanti Mattarella: cioè il meglio del Pci in Italia, e il meno peggio della Dc in Sicilia — qualcuno con un minimo di memoria storica e coscienza etica sì; e invece non si sa come un partito con degli eroi nell’album di famiglia, si comporta come ogni  altro partito che ha troppi errori di Famiglie nell’album. Non si sa come, ma il perché e il coma, purtroppo sì. La legalità non tira, molti nemici e pochi elettori, troppa fatica e bocconi amari; mentre l’a-legalità attira: amici, sostenitori, scrittori attori e sottoscrittori per Bonaccini e — a scendere, a trascendere e a prescindere — per tutti i possibili segretari: ecco perché al riguardo il povero patito democratico segna un encefalorganigramma piatto d’argento, per metterci dentro tutti i bocconi di prima scelta secondo mandato o meno avari. Una questione tattica, gastrica, di raffinatissima gastreconomia politica. Quando si mangia, non si parla: specie di mafia, che sennò il mangiare si fredda i compagni si gelano e lo stato comatoso maggiore si sfrangia. Certo, mai quanto i ceffi di Fratelli di Taglia e Lega Nordio colla loro teppa tirapugni e ammolladossier, ma sul tema mafie più di qualche ombra — e spesso qualche oltraggioso incesto dell’ombrello a riparare omertà e complicità — c’è. Un conto però è avere scheletri negli armadi, un conto è avere una posizione affine e persino a pecora rispetto a quelli che non hanno più armadi per tutti i loro scheletri. Misfatto sta, che il Pd sull’argomento non ha nessuna politica, a parte quella del bavaglio o quantomeno del bavaglino, diciamo un interesse all’osso: nessuna meraviglia se il partito tace e s’attovaglia, perché giustamente interessa molto di più l’abbuffata di ciccia fuffuta delle primarie con congresso. E quindi domenica avanti colla Carnevaccata, tutti sui carri allegorici e sugli allegri carrelli gastronomici, per un altro lunedì delle ceneri delle primarie come strumento di rinnovamento della società anziché delle tessere... A essere giusti, tutti i candidati sono indifferentemente e candidamente indifferenti alla questione; ma, giusto per scoraggiarci un altro po' e perché non siamo mai abbastanza tristi, vogliamo concentrarci sul probabile vincitore. Un Salvini più di sinistra, un Renzi meno di destra, uno colla testa lucida non solo per la pettinatura che da emiliano ha un’idea più bonaria e più gnocca ma meno fritta per la malasinistra? Difficile illudersi, vista la facilità con cui la centralità di certi temi riesce lo stesso a eludersi. Bonaccini da segretario del Pd non sappiamo ancora bene cosa farà, ma sappiamo benissimo quello che da presidente dell’Emilia Romagna non ha fatto né tuttora fa: leggersi le carte dei processi per mafia a politici e imprenditori, la lista di condannati eccellenti e purtroppo mai eccedenti fra coop rosse e colletti bianchi nell’inchiesta Aemilia, anche solo mezza pagina dei libri mastri delle ‘ndrine nei cantieri o dei libri di Gratteri. Essere consapevoli d’essere vittime ma anche complici e quindi colpevoli, della mancata e quindi già perduta guerra di liberazione del Nord dalle mafie? Ma quando mai. Siamo tutti sani emiliani e nipoti di partigiani, qui! Un problema le infiltrazioni mafiose in Emilia? Per niente! E non per niente il problema sono le residue infiltrazioni d’Emilia nelle mafie… Ma perfortuna, con ancora un po' di tempo buona volontà e ottima omertà, il problema si sta risolvendo. La pianura padana&piadina a tratti sembra una cover più simpatica della piana reggina, ma Stefanone nostro se la gira con Gioia — Tauro; tutto contento, ignaro, ignavo: felice di fare lo scemo che non va in guerra colla mafia, in un labirinto d’amici ex compagni e favori agli amici degli amici, con cui fare lo gnorri e comunque mai eppoi mai sgarri, anche a costo di fare la leggendaria figura di mmerda del Minchiotauro. Il segreto per campare a lungo? Girare largo. Girarsi i pollici, girarsi i vari circoli politici, eppoi se vedi qualcosa che non ti piace né ti conviene — o che magari ti dispiace, ma ti conviene — non solo girarsi dall’altra parte: ma fare il possibile per girarla a favore della tua parte, economica politica o tragicomica. Risultato? Eccovela qui, la Calabremilia Romagna Grecia. Un terra strana, confusa, mista quanto mesta, non del tutto collusa ma di certo non più sana: insomma, una buona prefigurazione della segreteria e della pseudosinistreria Bonacciniana. Del resto preannunciata anche dalle scelte che nella sua corsa a segretario sono già fatte, indicative, sfatte. Comizione e pienone a Caserta, il futuro segretario in piedi su una sedia come Berlinguer: ma solo perché ha dato una poltrona su due piedi al figlio di De Luca, don Vicienzo O’ Lider Bello che pare ‘Nu Gangster, altrimenti quella cazzo di riunione a Bonaccini gli andava buca e deserta. Quindi, in un partito pieno di correnti anche se con porte e finestre sbarrate al rinnovamento, la Bibbia per vincere è ancora il Vangelo secondo i De Luca padreterni delle truppe e delle trippe da tesseramento. Tutto molto bello e molto bullo, no? Tutte le chance e il gioco in mano al vecchio clan dei clientelisti campano, solo ciance e prendersi gioco di un giovane meridionalista onesto e appassionato come Peppe Provenzano. L’unico che, nella più perfetta desolazione ai confini della derisione, sullo stato attuale della lotta fra le mafie moderne e uno Stato sempre più attardato e inattuale ha provato a dire qualcosa fuori dalle banalità, dai denti e dai trionfalismi felici precoci e perdenti. Qualcosa che è caduto nel vuoto, nel silenzio, nel casino assordante e assoldante del prossimo voto. Denaro e potere? La cifra del PD sul tema è anche la sua sigla di chiusura della questione, senza un dubbio o anche solo mezza idea: Potere e Denaro. Questo conta, questo comanda, inutile cercare risposte etiche ma più che altro isteriche e antistoriche che oltretutto il paese reale e paralegale neppure domanda. Così, in un sol colpo — di spugna, di lupara, al cuore della propria ragione d’esistere liquidata come un’inutile lagna — si seppelliscono insieme questione meridionale e questione morale. Lasciando sul tappeto e sul gozzo un solo quesitone molare: c’è qualcosa che esca di bocca che non sia per fare spazio a qualcosa da addentare? Aria fritta, dibattiti su acqua passata liscia o frizzante, eccolo il piatto di portata politico-culturale nulla d’un partito talmente abituato e abbuffato al tavolo del potere da essere arrivato alla frutta. Ha scritto Michele Serra che la lotta alla mafia è una lotta politica, ma anche una lotta di liberazione. E infatti questa non-sinistra omertosa e ornamentale che vuole capitalizzare anziché cambiare quello che c’è, questa sinistra che infatti da tempo non c’è, ha iniziato una muta e segreta lotta di liberazione — da ogni senso e speranza, dalla vera politica, anche da sé.

In questa notte buia, senza luna, s’è fatto talmente nero e tardi che ci toccano e consolano i chiari di Lunardi: sì l’ex ministro di Berlusconi e della Mafia-vita è bella, quello che al tempo è sembrato un complice e un idiota e oggi pare un professore e un profeta, quello che colla mafia bisogna convivere. Al tempo aveva fatto scandalo, oggi fa scuola, domani farà e sarà semplicemente cronaca e verbale di condominio. Perché a noi italiani, l’Italia la mafia gentilmente ce l’affitta: ci sfrutta, ci chiede collaborazione e silenzio, altrimenti ci sfratta. Però coraggio, poveri italiani fessi indefessi e onesti, non è tutto o del tutto un disastro — come coinquilini potevano toccarvi Donzelli e Delmastro. Buona notte, buona malavita a tutti, e buona fortuna. 

AGGIORNAMENTO: Elly Schlein ha vinto le primarie del Pd, staremo a vedere se la sconfitta di DeLuca-Bonaccini non sarà solo l'ennesima vittoria cammellata di Franceschini e frange di filo o criptogrillini. Che dire? (Di)Sperando possa essere un segretario di nome e di fatto anziché solo una segretaria della nomenklatura de facto, auguriamo a Schlein di saper rifare il Pd meglio di come noi del Papaluto sappiamo fare i pronostici...