Al Pd
piace votare (anche se sempre meno, e in meno di numero…) per Renzi: bisogna
vedere se agl’italiani piace votare ancora Pd. Certo la LetteRenza Ascani che parla di 40% di sì al
referendum come omogeneo al Pd la dice lunga sui problemi
che hanno i ragazzi dell’ex ragazzo in doppiopetto e triplo mento: zero di
autostima, parecchi d’autoillusione e stime elettorali. Non per niente — e non
per vantarsi, come dicevano Franco e Ciccio — non hanno capito un cazzo: e da
domenica sera festeggiano per il trionfo nella votazione d’amici e clienti
stretti, e forte dell’assemblea di condominio più affollata che c’è il Glande
Leader a minchia e amminchia su quei soli 10-12 milioni di voti che gli mancano
per la maggioranza. Colla famosa Invocazione Maggioritaria, è ancora lì che
sbraita sbrodola e giura di non andare più via, e anzi di ricominciare e rifare
tutto come prima(rie).
A parte
questo, amici del Papaluto, nella vivissima, serissima politica italiana fatta
per hobby e fatta tipo obitorio, che c’è di non nuovo? Tutto.
La
libertà di stampa, l’affrontare il problema dei migranti senza affronti
all’umanità e all’intelligenza; una legge di stabilità, elettorale, di
stabilità elettorale o un’alleanza post-elettorale che non offenda la decenza?
Questioni secondarie, di lana vaccina. O davvero voi credete che il Pd attacchi Report perché ha la salute pubblica a
cuore più di quanto non ce l’abbia nel culo per l’inchiesta Pessina-Unità-Eni?
O che i 5stelle ma un solo gallo a cantare, un Grillo a contare, siano tanto
meglio e diversi? Loro la Rai renziana l’hanno sempre attaccata, ma non appena
Antonio Campo (non più) dell’Orto del Giglio Magico esce dal giro, entra nelle
loro grazie. E Consip? Fra santificatori del Babbo Tiziano e demonizzatori di
quel babbo di carabiniere bestia da Arca del Noe — e viceversa — l’interesse
pubblico e non speculativo ad usura del governo o ad uso delle opposizioni, non
interessa più nessuno. In fondo stiamo parlando solo del più grande appalto
d’Europa trasformato in buffet…
E avanti
così, sempre più abbasso o evviva, sempre più in basso coll’Italia sempre meno
viva. Morta di noia, di polemiche, di polemica che non annoia mai: purché sia
sempre nuova, e possibilmente sul nulla. O sul nulla di verificabile,
comprensibile, onorevole non nel senso di titolo o tiolone anticasta. Non si
contano gli attacchi personali, quel che conta è il potere personale e personalistico.
Guai a fare i conti o le discussioni senza l’oste, l’astio, senza osteggiarsi
per pura ostinazione o ostentazione di purezza. Muro contro mulo, blog contro
Bob, rissa contro Rousseau. Eccolo, l’edificante quadro della lotta fra primo e
secondo partito del paese. Report è un programmaccio brutto, Consip un
pasticciaccio peggio? Non interessa, chissenefotte: è giornale di ieri, e
domani è un’altra giornalata! Tipo le Ong che fanno la fine degli Ogm: basta
immigrati transgenici e transmediterranei nel piatto, dice quel genio del
genoma di Di Maio, spalleggiato nientepopodimeno che dal dottor Alfaneinstein e
dal procuratore Fuori di Zucca(ro). Ma si sa, vaccini e barconi, organizzazioni
mondiali della sanità o internazionali non governative, per il Movimento non si
salva e non ti salva nessuno. Peccato che appresso spunta Carmelone, il
procuratore della Repubblica delle Banane, della terra dei Cachi e di Catania: Alcune organizzazioni
sono finanziate dagli scafisti per destabilizzare economicamente l’Italia,
anche se non ho le prove. Evvabbé,
stai a guardare il capello, il cavillo, il codicillo: un magistrato senza prove
che vuoi che sia, mica servono nel suo mestiere… Anche se una prova una non s’è
vista — come confermano altre Procure e persino i Servizi — l’importante è
farsi vedere nell’intervista. Non so se vi rendete conto. Roba che se l’avesse
non detta, ma solo pensata un Woodcock o un Gratteri o un Davigo, crocifissi in
sala mensa da requiem della politica che zitta e mangia. E che — siccome fa
comodo — deliba Fiori di Zuccaro dai Cinque Stelle ai Cinquemila indagati di
Alfano. Alleanza impopolare e inedita, popolare-grillista e populista, di
livello intellettivo e morale altissimo. Ma questi sono i tempi, questi i modi.
So ma non ho le prove. Accettare, approvare, appoggiare una cosa del genere da
un magistrato che inquisisce — non da uno scrittore, che disquisisce — è una
cosa pubblica degenere, da Stato di diritto che diventa di delitto, derelitto:
che deperisce. Non avendo avuto giustizia e verità per Pasolini, la verità è
che in compenso avremo una giustizia pasoliniana. A distanza di quarant’anni è
già qualcosa — di brutto.
Fortuna
che il responsabilissimo, democraticissimo, moderato morigerato e modernissimo
Renzi dimostra d’aver capito la lezione e — lasciando stare i grilli e i
grillini per la testa dei sondaggi — lascia ben sperare. Lo dimostra il
significativo anche se piccolo caso (quindi casino?) di Firenze. Lì la protesi
di Renzi a nome Nardella aveva proposto alla comunità islamica di costruire la
nuova moschea nell’ex caserma dei Lupi di Toscana. Ma non aveva tenuto conto
della volpe di Rignano, del cappuccetto rosso amico dell’incappucciato
pitreista Verdini. E amico pure di Pessina, guardacaso — guarda che casino… — interessato all’area. Dietrofront
istantaneo: perché il PdR&P non è una caserma, ma se Renzi&Pessina non
vogliono non vola né si vuole una moschea. Ma guai a dirlo, voi cattivoni e
venduti di Report: e guai ancora più grossi anche solo a pensarlo, che se Pessina
va matto per il mattone a Firenze magari come — diceva l’inchiesta — essendo
stato abbastanza pazzo da comprare l’Unità, gli spetta l’appaltazzo Eni come
indennità.
Fake e
fuck news. Post, post-it, e posticcia verità: colla durata e la tenuta di un
bigliettino per la spesa appiccicato al frigo. Le parole come pietre, i fatti
come pietre d’inciampo. Manipolabili, malleabili, lanciabili lontano o sulle
agenzie. L’ex primo partito (e ministro) opportunista affarista e inaffidabile,
l’ex secondo — primo secondo i sondaggi — invece pure: con un candidato primo
ministro che anche da secondo o terzo, sarebbe improvvisato e improbabile. Da
Matteo a Luigino, Di Maio in peggio. Questo il quadro, che in realtà sembra un
cubo: di Rubik, ma girato e mescolato da Kubrick. Una spremuta d’arancia
meccanica, automatica, televisiva e telematica: ovvero la politica d’oggi,
tutta clic e claque, sangue e merda di vacca — anzi — di bufala.
E — per
non abbatterci e abbattervi troppo — del sinistrissimo centrodestra parleremo
solo dopo — dopo due maalox, perfavore. Perché Salvini Meloni Berlusconi sono
appetibili gestibili e digestibili come i peperoni conditi coi foratini e i
mattoni.
Sarà un
Guernica, si diceva, ma questo è il quadro: non un Picasso, manco un
capolavoro, se non picaresco, bizzarro, pazzesco. La politica moderna
dell’Italia post ma pure pre-moderna, cioè cubista: nel senso della discoteca,
di anziani ragazzi immagine che ti vogliono far ragionare col culo o a cazzo,
farti ballare al loro algoritmo. Non ci sono da mo’ le ideologie,
e se per questo manco le idee; il misfatto nuovo è che non ci sono
più manco le persone, i leader, le personalità: solo personalismi, personcine,
idioti e idiosoncrasie. O — peggio ancora — Marchionnefilie. Con Renzi che, a
chi gli chiedeva se il suo Pd non fosse troppo distante dagli operai e dal
mondo del lavoro, in un fiat — o Fca — annulla la storia della sinistra
mondiale e italiana dicendo che Bisogna ringraziare
Marchionne che ha investito e creato posti di lavoro. E noi che pensavamo
che come ringraziamento bastassero quei quattro miliarducci d’utile. Fatti
quasi gratis, anzi coi nostri soldi, con quarant’anni di sovvenzioni pubbliche
e malversazioni private. Non basta, non basta. Grazie Signor Padrone dalla
belle braghe bianche, thank you Mister Sergione del made in Italy made in
Hollande colle banche in Lussemburgo e magari in nero. Nel paese dove una volta
c’erano i De Gasperi e gli Olivetti — e con loro altre grandi personalità della
politica e dell’economia — ora ci sono golfini e personcine personalistiche, i
Minchionne e i Fanfanini che fanno i fenomeni e non vogliono manco fare gli
Ulivetti perché tanto c’è D’Alema, dietro Pisapia. Uno statismo confusionale,
pietoso, di degrado politico e culturale. Sconfortante ma — come diceva la politologa
Jo Squillo — oltre le gambe corte delle bugie, c’è di più.
Non
bastasse, dramma nel dramma, c’è che Renzi su una cosa ha pure ragione.
Chiediamo
scusa, amici Papalutisti, notizie del genere non si danno in questo modo: danni
del genere non si notiziano in questa maniera. Siamo stati delicati come nelle
barzelletta del soldato a cui il sergente deve dire che la madre è morta (Tutti quelli che
hanno la mamma viva facciano un passo avanti: tu, dove cazzo vai?!) ma a
barzelletta, barzelletta e mezzo. Con ogni, mezzo: anche mezzo uomo, o ometto,
come il Matteo re-travicello nonostante il rinforzo di qualche chiletto.
Delicati come una ceretta col Vinavil, o un bidet coll’idraulico liquido, ma
necessari. Il PdR, il partito Renzocratico, quello delle primarie a cui
servirebbero dei primari in psichiatria, è l’unico ancora veramente (anche se
sempre più vagamente) democratico. L’unico in cui si è votato democraticamente
— anche se l’unica incertezza sul vincitore è l’arrapantissimo thriller
sull’affluenza — anche se oramai votato più al leader che alla democrazia, data
la sua invadenza-influenza. C’ha ragione lui: capite come siamo ridotti? Eppure.
Con un movimento tutto clic e claque ma stop, fermi tutti, and go out of
coglions ai dissidenti; con una destra tutta felpe pistola in tinello o di
cervello e ferocia cogli uomini ma guai per l’agnello — beh… Facciamoci ‘sta
ceretta d’umiltà, ‘sto bidet di verità amarissima che non fa manco benissimo, e
diciamolo. L’unica speranza sono il Pd, Pisapia e persino la chiavica Speranza.
Ma, per dire come siamo messi, al centro del campo più o meno progressista c’è
sempre lui: il Matto Matteo che si sente democristiano Ronaldo, quello che ha
preso sberle e un dieci chili di panza e non di pagella, e che però si sente
Messi…
Triste ma
vero, tragicomico ma autentico. Il gioco è tutto nelle sue mani, nel suo
giocarsi la democrazia colla lingua e coi piedi. Non importa un governo forte,
un paese saldo, ma solo il suo potere forte e saldo nel paese, al governo,
nell’Italia trasformata in Eatalia tutta da mangiare per Farinetti e altri
Oscar al Renzismo e alla Leopolda. Non per niente, di secondo in secondo, fra
un secondo e un primo, Gentiloni sembra sempre più un gatto in tangenziale o un
cane in un menu coreano. Uno che di forte non ha niente, che può essere forte
solo come piatto… Perché adesso Matteo vuole un patto, un piatto, un vestito e
un’investitura nuovi nuovi. Scordiamoci il passato, scassiamoci il futuro!
Nascondere la pancia e il buco, prima di farcene fare uno in più alla cintura
anche se la sua non chiude più. Vuole andare alle elezioni, vuole andare alla
moda, e in questo senso l’ultimo grido è la maison Macron.
Due
parole per la Francia, e due parolacce per concludere. Vale Le Pen tirare un
sospiro di sollievo per com’è andata ma — a parte che non è finita — poi un
altro appresso di malinconia per com’è finita: un Macronscopico paraculo e
affarista che rappresenta l’unica scelta democratica sensata. Un sogno di
plastica e di signorino con signora Milfona targato Rothschild che promette
tutto a tutti, non nega niente a nessuno, che rinnega tutto il suo passato in
secondi uno. Esponente centrista, banchiere, ministro socialista,
saltimbanchiere soft-populista. Questo ha più incarnazioni di un’unghia in uno
scarpone da trekking, ma alla fine è un altro allievo di Tony Bluff. Un
bla-blairiano di quelli che abbiamo anche in casa — e in Casta — nostra. Uno votatissimo
in centro — città e schieramento — politico: che però lascia praterie e
periferie alla destra. In Francia, tutte le fabbriche hanno votato Le Pen.
Operai tutti pazzi per Marine o tutti pazzi e basta: e peccato non si possano
fare a pezzi per far vincere Manuel! Che, se mai e semmai al governo, dovrà
restituire favori al suo elettissimo elettorato, non certo al nuovo
sottoproletariato. Che, sotto sotto, sarà sempre più sottovalutato e incazzato.
Insomma. Come ha notato e capito persino Salvini: questo gioco del fare fronte
emergenziale contro il Fronte Nazionale — senza fare qualcosa se e quando
insediati in sede istituzionale — non può durare a lungo né finire bene. In
Francia doveva votare l’Isis coi suoi attentati, ha vinto il rating coi suoi
emissari e potentati En Marche.
E in
Italia, invece, pure. Non per niente le agenzie di rating — causa instabilità e
populismo — hanno portato la
valutazione a BBB. Che in codice di questi Da Vinci dei mercati finanziari
significa BENE BERLUSCHINO BIS. Giudizio che va maluccio per i non addetti al
lavori e magari a un lavoro vero, benissimo per i diletti del nuovo-vecchio
Nazareno già ai lavori in corso. La strategia del Leopoldo Giulivo al momento
(al momentaccio) si riduce a questo. Fingere di voler vincere le elezioni, per
poi fingere di farsi costringere a un accordo di governo con Berlusconi. Che
non vogliamo, non vorremo, non volevamo — sia chiaro — ma lo sia pure che fra
fare il bis di governo ed essere bischeri bistrattati e senza poltrone… Non c’è
dubbio nella scelta, non c’è altro in pentola. Niente di più, ma purtroppo
niente di meno. Un Matteo Due, o magari un Gentiloni Bis ma con un capo gradito
lì a Milano 2. Un governo di Lui o di Chi Per Lui, con un obbligato programma
di governo lacrime e sangue dei soliti, risate fino alle lacrime degl’impuniti,
di quelli coi soldi solidi e ignoti. Dai mercati ai mercanteggiatori più
spregiudicati e pregiudicati, questo è il piano. E questo è il prezzo: un
governo — anche Renzusconi — a qualunque a costo. Non tanto per il bene
dell’Italia, quanto di Forza Italia. Uguale e contrario a quello di chi gli si
oppone, che è uguale anche se gli è contrario. Un non-governo — se non
d’impossibile maggioranza pentastellata e assoluta — a tutti costi, a qualunque
prezzo da pagare. Da chi non abita Sant’Ilario e scorrazza collo Yacht da e per
la Sardegna, però. Il famoso senso (unico) di responsabilità — sempre dritto e
addosso a chi ha di meno, ingannato e aizzato dal tanto peggio tanto meglio:
per il vostro bene noi vogliamo tutto, neppure tanto così di meno.
Renzi un
porco di buono-assorbente colle ali, Beppe un Grillo-talpa zozzone
che vede solo quelli che gli sono leali. Ma da tutto questo c’è modo di fare — non dico un Best — ma almeno un Beast Of, uno strano animalo magari politicamente e
abatantuonamente non eccezziunalo, ma
che sia meglio di ‘sto zoo safari da caccia la balla o la stronzata più grossa?
Sarà il nostro aneurisma che parla, sarà che al posto nostro ci vorrebbe un
buon neurologo che scrive e ci prescrive, ma qui dal Papaluto pensiamo di sì.
E, mentre aspettiamo l’ambulanza per il trattamento sanitario obbligatorio, vi
spieghiamo pure perchè. L’unione fa la forza, ma la debolezza può fare unione.
Strana, provvisoria, ma funzionante e anche storica. Pensate al Compromesso
Moro-Berlinguer per uscire dallo stallo Dc-Pci prima che ne scappassero i buoi.
E non a caso infatti c’è scappato il morto, e l’occasione di cambiare,
migliorare per sempre il Paese. Il Compromesso — Storico, per l’appunto — che a
un certo punto ha reso isterico un pezzo della politica, delle Istituzioni,
dello Stato: che non per niente ha (mis)fatto sì che restasse irrealizzato.
Perché in Italia, ricordiamoci, solo gli accordi al buio e al ribasso, sono
sempre in auge e in rialzo. Perché, intendiamoci, in Italia gli accordi chiari,
precisi, trasparenti, rispettati e rispettabili, sono sempre stati osteggiati,
presi in ostaggio e ammazzati da appositi utili idioti e assassini di brigate
rosse o borgate nere. Siamo malfatti così: alla luce del sole, preferiamo
l’ombra di un Piano Solo o Gladio. E se la storia già scritta non si può
cambiare, ‘sta storiaccia che stiamo scrivendo e schifando magari un po’ sì.
A un
democristiano imbarazzante e brizzolante come Renzi non chiediamo di fare il Moro,
né naturale né tinto — mica
vogliamo querele dalla Famiglia del Presidente Dc… — ma di non fare il solito
piccolo fan-Fani da Sandra Milo a Sandro Bondi; e a Beppe non chiediamo — per
non doverci querelare da soli… — di fare il Berlinguer: ma almeno di non essere
il Bertinotti della situazione, con un’assurda maggioranza d’opposizione
sterile e sfasciatutto. Del resto. La politica è l’arte del possibile, mica
fare la parte di quello che è tutto impossibile. Non è cercare il potere per il
potere, a costo di non poter far nulla dall’opposizione — ma sempre libera
comoda e bella — o schifo in un governissimo del nulla. Allora via allo strano
animale, vediamo che cosa può saltare in testa al Grenzillo per zompare fuori dalla palude. Magari
— e subito — una buona legge elettorale, che dia un vincitore certo, senza
accrocchi pre- o papocchi post-elettorali, puramente e spuriamente
proporzionali ai voti Alfano style presi mica in convento… Eppoi si vede, si
vedrà: una legge sul reddito di cittadinanza o d’inserimento, una che riduca i
parlamentari ma non le garanzie democratiche, un testo unico sulla corruzione…
L’appetito vien mangiando: e non necessariamente, né negativamente, in una Grossa Colazione di governo.
Funzionerebbe?
Non si sa. Una sola cosa si sa che non funzionerebbe. Se alle prossime elezioni
— anticipate o semplicemente allibite — il primo partito d’Italia non andasse
al governo, tornando invece al potere un’alleanza Impopolare fra il secondo e
un pezzo del terzo. Ecco, a quel punto la fiducia del paese nel sistema
democratico sarebbe due tacche sotto un sistemino chiromantico sicuro per il
tacchino da spennare per vincere al lotto. Lì davvero non ci sarebbe più
antirabbica che tenga o qualcuno che ci salvi o Salvini, neanche votando il
partito anti-Vaccini e No taxi del mare perché Ong = Ogm. Il paese sarebbe
pronto a qualunque botta di vita, colpo di testa, svolta o rivolta politica,
antipolitica, anche antidemocratica. Una testa di cazzo un voto, eppoi mai più
per un bel po’. Il fascismo e la pizza li abbiamo inventati noi, e ‘sta
democrazia che non funziona e non decide sta diventando un po’ una pizza… Da
dare in faccia, in fascio alla classe politica, da condire coll’olio di ricino.
A quel punto l’Italia di un governo Di Maio sembrerebbe l’Atene di Pericle, e
Casapound l’unica casa di cura per il male incurabile dell’Italiettismo
Terminale. Amen, a meno che… O giocare ancora a Consip contro Morbillo, a
coglioni contro orecchioni, a Medici senza frontiere contro Medicei senza
ritegno, a renziani svaccati contro grillini svaccinati: oppure non giocarsi il
futuro di una democrazia che —
contro certe pulsioni e certi puzzoni fascisti — non è ancora adulta né
vaccinata. A voi il tempo della scelta, a noi tutti — nel frattempo — la
sciolta. Buonanotte (della Repubblica Scottex), e buona fortuna.
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