giovedì 23 marzo 2017

E M'ILLUMINO DI MINZO

E all’estrazione del Lotti sulla ruota del Nazareno uscì il numero d’avanspettacolo e d’avanzo di galera del Minzolini salvo. Che dire? Una mano lava l’altra, una mala leva l’altra: dalla merda. Scambio di favori, di favoritismi, d’ostaggi e di pestaggi — alla legge, alla decenza, a un minimo di forma e di apparenza democratica. Tu salvi il mio ieri, io il tuo oggi, il mio e il tuo saranno i nostri domani. Malaffare fatto, affare-patto di governo solido ma non solare, conveniente e in futuro da rifare. Non subito, senza fretta e senza troppo rumore per questo grande Nulla. Ma un Nulla di governo, un buco non nero ma blu autoblindato e ministeriale, un mare morto in cui nuota la Balena Bianca che quando mai è stata Stato e più viva...

Ah sì perché — nel caso non si fosse capito — il monte(Paschi)premi in palio è questo. E chi non lo capisce vince uno skypass a vita per venire giù dalla montagna del sapone. Nazareno never dies, Nazareno never lies. Il Nazareno che non muore mai, che non mente, e chi certe cose non le vede è solo un bugiardo o un demente. Achab è morto, alleluja per Moby Diccì. Dare una botta alla magistratura, farsi una botta di vita e di vitamina C(af), un pippotto di cocaffina per rimettere in piedi e su su bella dura una bella Renzubblica Berlusconiana duratura. Un programma discutibile, ma che per il momento non si può vedere: tipo Parliamone Sabato. Il governo Gentiloni, le Riforme, la manovra correttiva, la sorte collettiva? Cazzate! La dignità del Parlamento, la difesa delle sue prerogative? Solo fumo — e balle sul fumus persecutionis — negli occhi, per non farci vedere l’arrosto. Di carne di porco e d’una stagione già bruciata nella politica dei due forni. Bella spregiudicata, con dentro tanta gente, che magari finirà con tanta bella gente dentro o pregiudicata. Un neocentrismo a cui spalancare le braccia e le porte, per poi trovarsi con un paleoandreottismo che rientra dalla finestra — e che esce solo all’ora d’aria. Dopo quella del Cinghialone, la stagione del cinghialino bianco all’ingrasso: quella del Rottamattore, del finto giovane e del rottamatore per finta, del fanfarone fanfanian-blairiano in ritardo e in differita. Insomma quella di Renzi, Mister Velocemente da Nessuna Parte, che in trenta mesi ha fatto quello che manco Silvione in trent’anni. Increscioso caso giovanile di dimissio praecox — una sveltina da 80 euro, senza manco eiaculatio. Ascesa, caduta, discesa libera nello slalom speciale e gigante fra le merde lì da vedere e lì lì per pestare. Un’esperienza di governo e di partito, di sgoverno e di spartito suonato brutto nonché di brutto, con — e Consip — tutti i crismi del disastro, della crisi d’identità, con dentro una crasi fra Craxi Giolitti e Crispi, cioè il peggio del peggio della politica italiota coll’affarismo-clientelismo nel DNA.

Strategia d’altissimo doposcuola, da diploma Radioeletrizzante, coll’apoteosi di laurea in Scienze Politiche Esoteriche e Occulte della Scissione. La solita nemesi, l’usuale necrosi per la sinistra sempre meno futura e sempre più moritura. Che — visto chi colpisce nella vicenda, chi si colpisce a vicenda — sarebbe anche tragicamente divertente; ma — visto che non colpisce affatto loro, ma i più deboli senza santi né Babbi o Nababbi Boschi/Renzi in paradiso fiscale che nessuno difende — è solo cosmicomicamente disperante. Un faida fra falliti che si credono faine, fra capi capetti e capponi di Renzo o anti-Renzi che si credono volpi nel pollaio. Una delusione, una tristezza, un’autoillusione. Quando Matteo è soltanto il degno allievo d’indegni maestri — che, ingiustamente quanto tardivamente, non lo riconoscono. E sono ridicoli, risibili, maldestri quanto pedestri. Ma come, hanno fatto di tutto per ritrovarselo lì, e adesso se lo perdono come niente?! Renzi infatti altri non è che il loro tronchetto dell’incapacità, il trichechetto dell’infelicità che bello ciccio e salciccio salta in culo agli ortolani dalemianbersaniani, i primi a saltare e straparlare sul carro dei blairiani; ad aprire tutti contenti alla Terza Via: e a trovarsi chiusi fuori dalla ditta, scontenti in mezzo a una via, fatti fuori dal dittatore tutto chiacchiere e distintivo ufficiale del club dei bla-blairiani. Oltretutto coll’arrapante prospettiva — dopo esserne rimasti fottuti — di restarci anche al governo, non più grandi amici ma piccoli alleati. Una scemata, una sceneggiata, un’oscena pantomima nella sinistra oramai scemante e scimunita. Un casino degli orrori, una casa degli errori in cui davvero non si sa chi o cosa scegliere, se più piangere o ridere. La Cosa Rossa è diventata solo una cosa di potere, di rancore, un covo di vip e di vipere. E il peggio è che se lo merita. Perché se non semini niente, se semini il tuo elettorato tenendolo a distanza, se molli la politica vera per fare happening Fondazioni ed eventi, ovvio che poi raccogli solo gggiovani vecchi in tempesta: ormonale di tweet, di jobs act, di buffoni a buffet, di blob di blog, di scorregge fritte ma vendute per grandi e rivoluzionari venti. La verità è che la sinistra che negli anni Settanta guardava a Berliguer e Allende ma poi si vedeva Happy Days, Renzie se lo merita. Né ha l’autorità morale o la forza politica per far appendere il chiodo al chiodo a Matteo Fonzarelli. Pro o contro, ex pro oggi contro o viceversa: i D’Alema, i Veltroni, i Fassino, i Bersani sono eredi indegni, che andrebbero presi non a esempio, ma a Sberlinguer in faccia. Anziani, ansimanti, alienati e alienanti signori che della tradizione hanno tradito tutto — a partire dalla questione morale — tranne il togliattismo, la doppia morale, la lotta politica solo come questione personale e umorale. Statisti inconcludenti, stalinisti pentiti imbranati e pure supponenti. Il Massimo — o il Walter, il Piero, il Pierluigi… — del minimo. E chi oggi è contrario a Renzi non ha tutti i torti, tranne quello enorme d’essergli stato uguale: d’aver voluto per lui e solo per lui il tortone politico-elettorale. Per poi farci niente, per farci affari comodi e più o meno porci, e niente più. Proprio come lui, il Matteo Matto per il Potere per il potere — cioè come un podere al quadrato, da dividere nel suo orticello dove cresce e comanda solo il Giglio Magico a tutto tondo. Uguali e contrariati dal Verdino Renxi che ha tutti i torti, ma si pappa la torta del consenso perché secondo la base ha una ragione all’altezza — è un ex lupetto logorroico un po’ cresciuto e troppo pasciuto, sarà un Lupin incallito, ma è sempre meglio del solito vecchio volpone: del Massimone-Marpione D’Alema ingrigito, imbelvito e rincoglionito. Insomma. Che l’abbia subita o suscitata, agevolata o solo accettata, per Renzi questo Mdp (Massimo D’Alema Power?) — dopo il referendum e l’Italicum come doppio colpo di mano fallito — è un colpo di culo e di poker servito. Via la zavorra della sinistra che si crede nipotina di Berlinguer e figlia di Mazinga, che si sente troppo furba figa e Zorra? Evviva, evvia a peso morto sull’unica soluzione, sulla sola ri-unione che lo può lasciare vivo — oltretutto col vivissimo apprezzamento della Nostra Giornalistica Intelligenza, che ‘sta cosa del Neocentrismo Democratico la trova troppo troppo ganza. Da slurp, questo slum di peones alla Razzi — ma meno simpatici — che diventano ago in vena della bilancia della nostra Repubblica in retromarcia e in coma coi cazzi!        

Leggere per credere, prego; dalla Meli Milfona del Renzismo in su, è tutto un su lasciate stare Matteo, prego! Una corte salivogena e dei (falsi) miracoli — una lecchina fumogena tutt’attorno, a lavoro per evitargli ostacoli. A parlare di Scissione, a frignare di Renzi poverino, a sghignazzare di Pierluigi e Massimo riuniti al Cremlino — tutto, pur di non parlare dell’unione di fatto e di misfatto, di questo spirito di rivalsa e di Reunion. Di un gruppo di morti più morti dei Beatles, solo molto più probabile: anche se come storia di fantasmi è più simile a Beetlejuice Spiritello Porcello. Un film vecchiotto ma che fa sempre ridere: ché almeno ci consoliamo della malaria che tira, portata e infettata da ‘sto venticello. Che non è calunnia — è calumet della pace, una tirata di salute fra chi comunque non si è mai fatto la guerra. Ogni boccata una porcata, una maialata a Manitù, un’invocazione-ingroppatone di gruppo al Grande Spirito di Giulio Belzebù!
Spirito — poi — al massimo spiritello. Spiritello Porcellum, come abbiamo detto: peggio ancora Italicum, tanto peggio tanto meglio qualunque legge proporzionale (allo schifo imperante, ma almeno maggioritario…) che non sia una revisione aggiornata e adattata del Mattarellum. Quand’invece, dopo il referendum, questo si sarebbe dovuto fare. Legge elettorale e subito ad elezioni. E invece, erezioni: gare a chi ce l’ha più lungo, scissioni, rissoni, nessuno che muove un dito o batte ciglio, tutti a battere difendere e ribattere sul Magico e Immarcescibile Giglio. E questo è il risultato, ‘sta bella solfa, un cacando Rossiniano fino all’acme e all’altro giorno. Una colossale presa per il sederino, per la Severino, per il culto dell’impunità e della legalità presa per carta da culo.

Del resto. Tangentopoli ha 25 anni ma è una creaturina, una vecchiaccia-bambina, è come non ci fosse mai stata. Una neonata, una mai nata, e contemporaneamente una cosa vecchia e abortita. E aborrita, soprattutto. Dal richiamo della foresta pietrificata — Dedipietrizzata, come diceva una volta la cricca Craxiana oggi VerdinoRenxiana — che ha ululato di gioia in aula al Senato e in faccia a un paese stremato. La macchina del tempo e del fango, la DeLorean dello schifo e dell’impunità guidata da questi Caf Doc di Ritorno al Futuro ma passato come un guaio — che meraviglia! Solo un po’ peggio, solo un po’ molto: perché quest’ammucchiatona oggi non soltanto ha margini di riuscita, ma a differenza di vent’anni fa è ben vista come argine al populismo anche dall’intellighenzia de sinistra più in vista, anche se più cieca e più fallita. Stampubblica, Pronto SoccorSera, Il Sola24 ore: tutti a tifare, sotto sotto, per una soluzione sotto banco, sopra la testa dell’elettore e parecchio sotto ogni decenza. Dopo Augusto, riabilitiamo/riesumiamo Silvio: e, dopo le elezioni, vai d’accordo e d’amore per un augusto governo Renzusconi. Chi una volta tifava per le procure adesso tutto in una volta scopre che le procure hanno il tifo, sono appestate, pericolose, amminchiate colla corruzione. Che, per carità, è un problema: ma combatterla non è la soluzione. Meglio ignorarla, introiettarla, indorarla: come una pillola, o un suppostone di governo di coalizione; meglio ancora un ridente governissimo a 24 carati e a 48 denti cariati, un governo di coalizione da Tiffany. Perché — tanto per cambiare — nel paese del trasformismo c’è tanto da cambiare: purché sia solo un cambiare maglia, idea, campo. Restando però sempre in quello psichiatrico. Un ragionamento che non fa una piega — ma ne prende una di convenienza sfacciata, di tasca e di pancia fino a diventare un ragionieramento. Un calcolo alla buona — facile da fare — e nemmeno doloroso alla cistifellea. Siccome non puoi sconfiggerli, fatteli amici; siccome hai debiti di banca o di riconoscenza ad affliggerti, fatteli piacere pure se sono amici degli amici. Se il termometro dice 40 di febbre, digli di non rompere. Anzi rompilo che ti passa, o quantomeno non ti scassa. Eccola, la ricetta da medico della mutua — l’unico consigliato per l’Italia che non muta. Nel paese sfiduciato, sfilacciato, sfilettato e sfiancato dalla crisi (finanziaria e nervosa) non solo stravince la corruzione — secondo questi signori editorialisti strabici e stratosferici, convince parecchio la rassegnazione. Facendo finta che sia buon senso, e il realismo-berlusrenzismo politico una buona forma di governo della stagnazione. Fra Grillo e Salvini, un Renzusconi da calma piatta ed encefalogramma di più sarebbe il male minore… Che in Italia però è sempre il male migliore, quello con cui credi di tirare a campare: eppoi ti ritiri ad accampare scuse sul fatto che forse, sì, abbiamo sbagliato a dargli fiducia ma per carità, eravamo in buonafede e buonissima compagnia. E si sa, da noi le compagnie sono tutto: malcostume, magno gaudio…

Però questo m’illumino di Minzo in spregio a tutto — questo atto fondativo e affondativo di un’istituzione della Repubblica by Chiquita — almeno un pregio ce l’ha, dopotutto: mette in (cattiva) luce il disegno. Goffo, da bambini accaldati e manco tanto svegli, coi colori e i calori a (bruttissima) cera. Il Pd — secondo certi scienziati erede di un partito comunista mai pienamente democratico — colla scissione degli sciancati e palindromi Dp diventa un bel partito Democristianocratico. Al centro del sistema neoproporzionale, della palude totale, dove con tre partiti al 30% un Alfano con ben il 2,8 può diventare Principe Ranocchio e sasso nella Stagnazione Nazionale. Lui e quelli come lui. Sanguisughe che ciucciano voti qua e là, che pongono veti e prendono i posti per fondelli e le Poste per i fratelli, ma che diventano santi e martiri della Governabilità. Si preparano tempi così: cupi, da vampiri, da fare i conti NcDracula cogli Alfani a pecora che diventano (Maurizio) Lupi. Non per niente l’Ncd s’è sciolto — forse perché qualcuno l’ha lasciato fuori dalla cripta fino all’alba... — e si ritorna a parlare di giustizia a orologeria: però di marca Rolex, recapitato al figlio del ministro per la brillante laurea in ingegneria.

Ovvio che in natura e tantomeno in politica l’Ottimo non si può avere perché non esiste — ma che esista solo il Pessimo, e che oltretutto uno non possa manco averlo in odio… Se si vuole più bene a papà o a mammà non si chiede, ma almeno si chiederebbe di non dover volere più male minore al pappone o alla mammana.  

Invece no, pare che non si possa: appare tragico, ma toccherà scegliere fra una di queste posse. Insomma, tolta la scelta resta solo l’imbarazzo. L’alternativa è o la Prima Repubblica, o prima della Repubblica; o la Demagogocrazia cristiana a palle mosce, che abbiamo detto, o la Ducecrazia Musso e Mouseliniana a braccio teso su mouse e moschetto. Con Beppenito Grullosini che dal balcone di piazza Venezia al listone di Genova piazza ragionieri Fantocci come se non fosse un’abuso ma solo un’inezia. Circo e circostanza elettorale che danno grande esempio di democrazia digitale, ma semplificata, ridotta a un solo dito — medio, in culo, l’uno che vale l’ano di tutti quelli che non ci stanno. Beppenito mette e caccia chi dice o disdice lui, e per chi alle comunarie clicca per gli altri ciccia e cazzi suoi. La democrazia ha delle regole, Beppe è il garante delle regole, quindi lui è la democrazia. SilloGrillismo aristotelico, autentico e autenticamente Egocratico. Un po’ Casaleggio e associati, un po’ Casapound appena appena più puliti.  

E quindi. Ricapitolando, la nostra scelta — ridendo e scherzando — ecco su chi dovrebbe cadere, e non ricadere addosso solo con una botta di sedere; ecco a voi — e ahinoi — su chi staremmo ricedendo, ricapitombolando, ri-capitolando alle prossime elezioni.  
O i Fantozzi e Fantocci alla Raggi, o il Razzifascismo Ruspante e Sparante di Salvini, o il Bargiglio Magico del gallissimo trio Renzusconi-Verdini. Un rosario di scelte che pare un rosaio da sciolte: dove accucciarsi con scheda e matita, con vari cespugli d’ortica o di Tabacci-Pisapia con cui dopo darsi una pulita. Bello, no? In prospettiva un discreto governo di cacca, e allora godiamoci quello di plastica — o angioplastica, visto che appena nominato per l’emozione o l’angoscione a momenti gli parte la pompa — di politica tarocca, del discreto e quasi invisibile Gentiloni. Un governo più che di scopo: di scopa e di ramazza, che non sporca, che raccoglie i cocci e i cazzi amari di chi viene prima, di chi sbanda e sbanca Etruria per non averci capito una mazza.
E anche noi, non ci capiamo; non ci risolviamo, non decidiamo: ‘sto governo che vuole dare il Daspo preventivo ai senzatetto e agl’immigrati imbrattatori, ma il cinque esortativo con un 100mila forfettario ai senzavergogna export ed evasori; che è solo sforamenti di conti sballati, fallimenti e sfollamenti di terremotati; che non riesce a pagare i bonus-mamma, perché ancora deve ripagare il bonus-malus babbo Renzi; ‘sto governo, ci domandiamo e non ci decidiamo, è più inutile o più dannoso? Bella domanda, da brutta risposta.

Ma questo è il Papaluto; e noi non diciamo/domandiamo/decidiamo solo questo. Il piove governo ladro non è per noi: il governo ladro piove ma non dal cielo, e al massimo risale dal cesso che siamo (anche) noi. Ohhh sì. Dal paese che segue fedelmente il suo bel Piano Regolatore, fighissimiticamente il suo Rigopiano demolitore.
Già dimenticato? Dopo due mesi di teatrino dell’orrido e di tivù-indegnità sul dolore, di militari-eroi da Ballando colle Stellette, di coppie di fidanzatini diventati amori vip dalla teleferica al televoto pronti per l’Isola dei Nevosi, svergognate esibizioni da Tu sì que Franes… Ecco, si scopre che l’hotel lì non ci poteva stare. Ma che — all’italiana, alla kamikaze — si era riusciti a farcelo stare. Aggirando l’apposita commissione di controllo. E rispondendo — quando c’è la frana e tu telefoni per segnalarlo — che è uno scherzo, ché la mamma degl’imbecilli è sempre incinta. Perché a noi in Italia c’ammazzano quelli intelligenti. Noi, il paese più furbo del Terzo Mondo: in cui si muore ancora di maltempo o di protezione incivile. Perché da noi, e da sempre, malfunziona così.
Per la stessa regola plumbea per cui negli ospedali da manicomio i malati stanno a terra da Palermo ad Acerra, mentre medici e infermieri assenteisti sono sulla terra — rossa, del tennis. Per lo stesso principio fondante e affondante la nostra Repubblica lì nel nostro Senato. C’è una regola, c’è un controllo, c’è una remora? E a che serve? Ingombra, ci sta sulle palle e ci stanca l’amico l’elettore o il parente, non ci fa comodo anzi e ci fa ombra. Via tutto allora, alla malora tutto: che sia il cartellino, il controllo, o la legge Severino. Avanti gli evasori di carriera, gli escursori in orario di lavoro, gli eversori che come carriera hanno il non aver mai fatto un lavoro. E’ il discorso della febbre — rompiamo il termometro, e per misurarci la febbre in culo poi ci mettiamo un ombrello…
That’s Italy, That’s Ammore: for Incivility!
Ma quali regole, padroni mattoni e pistoloni a casa nostra: di noi tutti padri di famiglia tanto buoni, e lì fuori dalla porta tutti gli altri mostri! Calma e sangue freddo, ché il nostro Karma non è ammazzare a sangue bollente. A meno che non lo siamo anche noi, tutti gli altri non sono mostri. Perché — come ricorda il noto politologo e filosofo della Scienza del Lifting Umberto Tozzi — Gli Altri Siamo Noi. Mostri? Dopo tutta questa ubriacatura di bugie inopportunismo politico e violenza, ai postumi l’arduo post-sbronza… 








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