sabato 24 dicembre 2016

DISINCANTO DI NATALE

Originale come il governo Gentiloni-Xerox, probabile come le scuse della Raggi su Marra-mao per me sei morto, sincero come il curriculum scolastico del ministro alla (non) Istruzione Fedeli (come no, e come le credenziali…) ma insomma, è venuto a trovarci lo spirito del Natale. Forse era un incubo, forse un inculo al cubo, però abbiamo fatto un sogno non di uguaglianza alla Martin Luther King, più di plagianza del non meno reverendo Charles John Huffman Dickens. Certo, una cosa alla buona. O meglio, trattandosi di noi grinch vastasazzi del Papaluto, alla cattiva. Poco signore e per niente signori, ecco a voi  A Christmas Carogn, il nostro (disin)canto di Natale...

Notte fonda, un cazzo di freddo che abbonda, a un certo punto ’na cazzo di botta: un grande classico, ma pure un gran casino. E che sarà, qualcosa giù dal camino? Mannò, è un ex qualcuno che scende da un trenino. Da veglione, d’Orgettine mignon d’età e mica di costo, del miglior mignottame che tira su il pezzo ma pure sul prezzo. E il capostazione, il magnaccia in capo di ‘sto ciuff-ciuff e bung-bunga elegante di capodanno? Fresco come una rosa dei venti intestinali, alto come un bambino e gggiovane come i datteri e il chinino, eccolo qua: è Nababbo Nanonatale, è Silvione! Manco a dirlo e neanche il tempo di ripigliarci da quella nuvola di phard, dalla slitta trainata non dalle renne ma da una maiala neanche ventenne, da quella scena che più che Christmas card fa Natale Hard, ed ecco che il De Paperoni che noi credevamo il De Cuius Berlusconi è morto che ci parla:
“Ma morto sarai tu: io campo, m’accampo qua e non sloggio più! Sono solo cambiato, sono il fantasma del Natale passato!”
Come no, passato a giocare colle palle mica dell’albero; come i Capidanno passati con Craxi e Dell’Utri ad aspettare le ragazze Fast Food del Drive In… Un bugiardo di prima, che ci mente e ce la mette pure in rima.
Con pacate parole manifestiamo il nostro scetticismo, peraltro sottilissimo:
“Seee, sicuro… Ex Cavaliere magari, ex puttaniere mai!”
Al che Silvione Maialone ci guarda eppoi ci chiede di guardarlo, per una volta senza mezz’ora di pubblicità in mezzo:
“Lascia stare tutta sta bella carne fresca attorno, ti assicuro che sono un fantasma fino all’osso!”
E noi che siccome stiamo plagiando/sfregiando un classico inglese ci teniamo a essere british:
“E certo: il Fantasma Porcellino!!!”
Non sarà mai come la sua barzelletta della  mela che dovrebbe sapere di figa ma sa di culo perché la mordi al contrario, però la battuta è abbastanza rasoterra e lo fa sorridere.
“Nooo, oramai sono puro spirito: di patata, e sempre tutto per la patata, ma guarda qui però…”
E ci mostra la prova inequivocabile. Come ogni fantasma che si rispetti, ci mostra le catene solo che le sue sono catene di televisioni, di processi e amici degli amici condannati, di supermercati Standa e supercazzole standard falliti.
“Lo vedi, lo vedi a cosa sono condannato?”
A quanto, presidente pregiudicato, si dice a quanto, sono condannato. E i processi manco sono finiti…”
“Nooo, ma lascia stare i processi, che figurati se io mi faccio sta galera, a meno che non sia una pole-dancer di 22 anni…”
“Vabbè presidente, le catene pesano ma un minimo di penitenza, un contrappasso anche simbolico…”
A quel punto a Nababbo Natale parte un bestemmione ad alta gradazione che sotto le feste è come la Vecchia Romagna etichetta nera: crea l’atmosfera…
“Maccheccazzo hai capito? Ma sei scemo o cosa, e soprattutto sei scemo almeno per qualcosa in cambio? Giusto per regolarmi, ci sei come quelli del Giornale o ci fai come quelli di Rete4 e del Foglio?!”
“Ennò presidente, coglione sì ma Del Debbio Sallusti o Cerasa no… A Natale siamo tutti più buoni, ma mica a niente!”
“Scusa scusa, mi sono lasciato andare…”
E proprio qua, dentro il nostro camino, doveva lasciarsi andare? E perché, e soprattutto per fare che, poi? Lo pensiamo e basta, ma il presidente legge nel pensiero come niente, come un bilancio in nero…
“Sono il Fantasma dei Natali passati, quindi…”
“Quindi rimorso, nostalgia, sentimento, pentimento, sentimento-pentimento… Bianco Natale ma dei Neri per Caso, ho capito…”
“A parte i complimenti per la musica di merda ma la ma memoria no, ribadisco: non hai capito un cazzo!”
E qui Silvione si erge in tutta la sua bassezza, come ai tempi gloriosi di tutte le sue bassezze. Come se stesse per dire che Ruby è la nipote di Mubarak, che andrà a trovare il vispissimo papà Cervi tumulato, che l’omicidio Biagi è un regolamento di conti interno alla sinistra o che il libro di Natale di Vespa è una lettura interessante…
“Sono il Fantasma dei Natali passati, sì, ma passati a farmi i cazzi miei: e a farmeli fare dagli altri, ora e per sempre e fino all’ora della vostra morte amen! Il Natale che per per me è tutto l’anno, il Natale del passato che non passa, che non è mai passato, che da casa mia a lasciare regali regalíe e favori è sempre passato!”
Lì noi facciamo una faccia da memorial Sandro Bondi, solo un pò meno sveglia.
“Ah, e le catene allora…”
“Ma guai a chi me le tocca!!! Le catene televisive, patrimoniali e patriarcali sono mie, anche se anzi, proprio perchè sono criminali. Patrimonio del Paese, l’ha detto D’Alema in visita e in versione D’Alemoni prima che coll’inciucio come un qualsiasi ciuccio me lo levassi dai coglioni…”
“Ma allora, altroché bei tempi andati…”
“Ma andati dove? Sempre qui, sempre gli stessi… Ad andare semmai sono le aziende: bene e mica a puttane come il padrone, ma purtroppo ad un altro padrone… Quel cazzo di francese, non sia mai!”
E tutto ci è improvvisamente chiaro come l’abbronzatura di Carlo Conti o un ragionamento di Cacciari. Nero lampadato, buio pesto.
“Presidente, non per vantarmi ma non ho capito una mazza… Lei perché sta qua?”
“Per dirti che è Natale, che non devi essere egoista, miope, mai più comunista, semmai renzista… Per spronarti, per stalkerarti, per spingerti a batterti anziché istigarti a battere come mio solito…”
“Sì, ma per cosa?”
“Ma per l’italianità: per Tina Cipollari, per Amici, per Uomini e Donne e Uomini e Uomini, per il Trono che quest’anno c’ha persino i froci, per un minuto de Il Segreto e cinque di pubblicità!”
“…”
“Ti sembra poco?”
“No, mi sembra suo… ”
“Eccerto, ovvio! Va bene non essere anti-renziani, ottimi i neo-gentiloniani, ma qui si tratta di essere cretini o marziani, altroché marxiani… Non dico il Capitale o i tarocchi, ma almeno leggere sui giornali dei miei obiettivi politici più tarocchi delle arance di Sicilia… Sai che me fotte delle Riforme o della legge elettorale? Qua c’abbiamo me e i miei 5 cuccioli Mediaset da salvare…”
A ‘sto punto Silvione s’illumina, e c’illumina:
“Ancora non capisci? Fin quando i francesi da Bnl a Parmalat (che gli ho regalato io al governo) ci mangiano vivi ok, ma se il francese mi vuole mangiare con Vivendi… Guai! L’Azienda Italia prima di tutto, meglio ancora se è partito-azienda Forza Italia. Eppoi. Meglio un Silvio bollito com’è, che il perfido e infido Bollorè, no?!”
E finalmente! Che squillino le trombate, che si trombino le squillo, abbiamo un annuncio da fare. Anche se più che l’Arcangelo Gabriele, Silvione aspirante Roccone Siffredi oramai sembra quello che è: un arciricoverato al San Raffaele. Ma lo stesso fa un zompo per espletare la funzione:
“Annunciazione! Annunciazione! Stanotte Gesù è Betlemme che nasce, ma è un Nazareno che non rinasce: perché non è mai morto!!! Quella semmai è l’Italia… Ma io tanto c’ho casa Montecarlo e alle Bermuda…”
E’ Natale, però noi siamo contenti come una Pasqua. Con rettoscopia…
“Io gli voto tutto quello che posso, basta che il governo si vota tutto a salvarmi quello che voglio. Bello, no?”
“Stupendo, mi viene il vomito… Anzi no. Me la faccio sotto dalla contentezza. Anzi, spiace se vado a fare schizzetto?”
“Ma come non capisci, non gioisci, non mi cachi, te ne vai e pisci?! Sotto l’albero io ho trovato quello della cuccagna, e tu forse forse l’ipertrofia prostatica benigna…”
Come risposta, un assolo di sciacquone anziché solo letizia di zampogne e campane.

Finita? Macché. Che uno pensa vabbé, un sogno di merda lo cancelli con un bisogno di piscia. Adesso a nanna, e a fanculo Babbo e in caso pure Mamma Natale. E invece dal cielo arriva una cosa che non è manna. E’ uno che si crede superman, oltreché la supermanna. E’ un uccello padulo, è un aereo di Stato? Massì, è proprio lui: è super Matteo, anche se in versione Clark Renz. Trombato, post-tranvato elettorale, sfrattato ma per niente sciupato. Pasciuto, invece. Pare uno che si è dimesso per davvero, ma non è per niente dimesso anzi, proprio bello grasso. Visto il puntone vita verrebbe da chiamarlo il Largo di (Jim) Messina, dal nome del geniale ed economico stratega ammericà da 400mila euri che gli ha fatto stravincere alla grande il referendum… Chissà, forse gli ha suggerito pure l’ultimo spin d’immagine, l’ultimo storytelling in versione rosa shopping lui, l’ex Presidente Massaio e Massaro che fa spesa, fila, pane e formaggetta pecorina. Che poi è anche un pò come deve sentirsi. Ma l’importante è che non si veda ma Lui sì, no? E infatti. Non si vede, si sente solo aria di restaurazione. Di inversione a U, di esclamazione del tipo Uh, ma davvero c’avevate creduto che lasciavo la politica? Le famose promesse da toy-boy scout, da ragazzo-oggetto della politica polinculante… Dal carrierone al carrello passando per l’amicone Carrai, la storia è sempre la stessa: che alla fine paghiamo noi.
E noi del Papaluto che ce lo vediamo lì in versione Barabba Natale, ladrone gentilometto che ruba l’occhio, che te lo strizza assieme alle spalle alle palle col latte al ginocchio, Rottamattore per finta, scippatore d’emozioni che ti strappa un sorriso e ti straccia più in basso la paghiamo di più. E così impariamo a mangiare pesante la sera. Fattaccio sta che ce lo troviamo là in salotto; tragico ma logico,per quanto matrioschesco. Dal grande al piccolino, il berluschino che viene fuori da Berlusconi, sebbene colle tettine e senza miliardi e televisioni.
“Sono qui per il mio Babbo, quello dei miei che dice che non credi e non capisci…”
“Prego?!”
“Essì, perché io di babbi ce n’ho due, anche se non fo il compleanno stanotte e non fo nemmeno il paragone, sennò Travglio e il Fatto dicono che mi son montato la testa…”
Sempre finto modesto e finto simpatico, il Bargiglio Magico del nostro galletto Valdarno Vallespluga. Che riprende il suo indovina chi-cchirichì…
“Sì il mio babbo, ma non quello che non è stato mai inquisito… Ah ma che indizio di merda, ce l’ho indagati tutt’e due! Insomma, quello per adesso meno imbarazzante, quello putativo e anche un po’ più sputtanativo…”
“E minchia Mattè, che ci vuole a dirlo? Berlus”
“Nooo! Niente nomi, siamo in una fase delicata e non ci dobbiamo fare accorgere…”
“Di che, dell’inciucio bis e bisunto dal Signore?”
“Ah, te dici che si vede, che si capisce? Che l’unica che non l’ha capito né intravisto o previsto è il cuore di mamma-milf della Meli sul Corriere? Sai, adesso che persino Marione Calabresi sulla mia Renzubblica mi sta un po’ pisciando senza cacarmi più molto…”
“Guarda che Silvione è appena venuto a dirmelo di persona, mica serve MaryLeaks per sapere della cosa che nasce dalla cosa... il Bambinello è nato, il Nazareno tanto bello è rinato, e forse adesso vi accordate su una la legge elettorale…”
“Fermo, non dirlo, anche se c’ho già il nome e l’hashtag: #Bambinellum! Ganza, questa, la devo dire alla Giannini che adesso è l’unica che non ha niente da fare… Gli altri miei li ho lasciati tutti al governo, con Gentiloni a fare la guardia. Svizzera, con tutti quei buchi di bilancio! Ganzissima pure questa!”
“Bellissima, bellissima… Un pò meno starti a sentire mentre non sento più le gambe dal freddo e le palle dalle freddure… Quindi se permetti, io vado a letto…”
“Ma a letto cosa? Ma hai letto, cosa si dice? La situazione è drammatica! Il mio Pd è la speranza ultima a morire, ma con Speranza che è il primo a volersi candidare… Te l’immagini, con Speranza ultimi a morire dal ridere?! Son sempre il segretario del partiro di maggioranza relativa relativa al nostro fallimento al governo e comunque no, te lo proibisco… Non sono più presidente, ma qui sono il fantasma del Natale presente (ganzerrima anche questa: stanotte sono in forma, anche se l’Agnese dice di no…)!”
Classica pausa di scena, ed espressione scema.
“Dice Silvio che non credi a questo Nazareno, che non credi più che è Natale e non si soffre più? Ma io ti dico che questo è il Natale presente, ed è di più. E’ il Carnevale, hai presente?”
“…”
“No? Ma davvero? Qui ci si maschera, si fa finta, ci si spara gli ultimi fuochi prima del mercoledì delle ceneri dei titoli di stato e dei risparmi bruciati in borsa!!! Facciamo entrare i clown, i pagliacci, prima che dai bancomat non escano più i soldi e inizino a volare gli stracci! Non capisci davvero? L’Italia non ha bisogno di un buon governo, ma di un curatore fallimentare decente! Io sono stato e in uno stato: pietoso lì apposta. E Gentiloni uguale identico, in tutti i sensi. O se vuoi governare davvero ti tieni Poletti, che tranne il figlio sovvenzionatissimo vuole tutti i giovani fuori dai piedi così c’è più spazio per pranzi e cene con Buzzi e i Casamonica? Uno così Ministro del lavoro, uno da voulez vous voucher coi lavoratori ridotti che manco i vucumprà, che tutti gli dicono dimettiti ma lui niente, perché l’unico lavoro che sa difendere è il suo?! Se uno davvero vuole fare un governo e non della promozione, si tiene in casa Miss Autopromozione, la Maria Elena trombata al referendum più che una pornostar al lavoro e giustamente passata da Ministro delle Riforme a soprasegretario del governo Gentilonenstein deforme, fatto coi pezzi di cadaveri del mio?! Ci metti Lotti allo Sport, estratto su tutte le ruote come indagato di mestiere e mica per sport?!”
“No infatti, ti volevo chiedere…”
“Ma cosa vuoi chiedere, qui c’è solo da far finta di ridere, fare la parte, mentre fra di noi facciamo le parti e quel pò che resta ce lo cominciamo a dividere… Tu per esempio, un pò di azioni Mps? Roba buona, c’abbiamo fatto carne di porco che in confronto la cinta senese è un piatto vegano…”
“No grazie, meglio cenere e carbone…”
“Seee, col cazzo! Con quello che costa il carbone, e quello che costerà se quello che viene dopo di me adesso vince e ci fa uscire dall’euro…”
“Perché, non abbiamo finito?”
“Macché, per te stanotte no: e per l’Italia la notte manco… Voglio vederli quando arrivano, quelli che noi siamo i poteri forti! Magari! Qua non è rimasto niente, a parte poteri deboli soprattutto di portafoglio, di stomaco, di testa, praticamente pezzenti, vanitosi vomitosi e psicolabili… Ora scusami, devo comparire a una seduta spiritica di Denis: per il piano di Rinascita Democratica dell’Italia, evochiamo tutt’insieme Licio Gelli, il Caf e il Barone Ashura, hai visto mai… tante volte funziona!!!”
Un puff senza manco i lingotti dentro, secondo il benamato e ben imbottito Poggiolini Style e svanisce, più veloce della luce e delle sue promesse.

E’ Finita? Ma manco per sogno, anche se lo è…. Grazie allo spoiler di Matteone, ad andare a letto nnemo ci proviamo: e ci prepariamo a chi si prepara allo spoils system, a raccogliere plebiscito e spoglie alla prima elezione. Sarà che siamo un po’ fuori di testa, ma un po’ per il freddo un po’ per la fretta, un po’ per esasperazione e parecchio per disperazione e soprattutto per sveltire la situazione proprio l’invochiamo.
Vieni, vieni, Sacro Bloggo Natale!
Palesati Ex Spiritoso Spirito del Natale Futuro!
Tu scendi dalle 5 stelle, o Re del cielo con tutte le scie chimiche!!!
Ci aspettavamo il botto più grosso, un casino peggiore delgi altri due. E invece. Quello si manifesta in casa, ma mica come quando si manifesta in piazza…
Come avrebbe detto lui… Una roba pazzesca!!! Niente fanculo, zero raudi, tric trac e botte a muro. Solo un muto che per di più soffre e la fa la botta, e  fa tutto d’un botto il pesce in barile.
Beppone è già qua, zitto in un angolo, che ci porta il futuro. Fresco fresco, anzi freezzato. Immobile, non un gesto, tipo un gesso, manco una parola. Rispettoso della tradizione di Dickens, o luttuoso per i suoi maghi dell’autodissoluzione tristissima alla David Copperfield che da Roma a Livorno a Parma non c’è più un grillino ridens? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che stranamente non parla, che Beppe dei tre di stanotte è l’unico che sembra un fantasma. Di se stesso, anche se il fisico resta lo stesso. Cioè un physique du role più che altro è da vecchio della pubblicità del Tonno Insuperabile. Pancione, barbone, magone così. Grosso, Fortissimo. Del resto. Era partito che le istituzioni doveva aprirle come scatolette di tonno: e se ne ritrova inscatolato come un tonto insuperabile, infilzato come un tordo più imbottibile che imbattibile. Inchieste, proteste, scismi, scazzi uno spettacolo talmente sconcertante, che infatti Roma a Capodanno rimane sconcertata persino in piazza a mezzanotte… Niente musica, maestro! Avanti così, ma ‘sto futuro a 5 stelle sembra sempre più radioso e invitante come 5 eurostar in faccia. Fra un pò di Raggi sentiremo parlare, sì, ma solo nel senso di Rebibbia o Regina Coeli? E lui, Beppe, da soggetto diventerà oggetto dei suoi monologhi? E per i suoi sempre più presi dai dialoghi colla magistratura, più pizzicati al telefono con certa spazzatura dovrà ripetere la battuta da San Remo a San Vittore? Da Bettino al Grillino riciclare contro se stesso la barzelletta “Sì ma se qui sono tutti 5stelle, allora a chi dicono che tutti rubano?”
Noi non lo sappiamo, ma Beppe sì. Almeno così sembra, visto che adesso nella penombra di un’alba poco chiara ci indica una rotta, una mappa scritta: verso il futuro. Finalmente qualcosa di certo, stabile e stabilito per guidarci. Ohhh, così si fa. Perché non è che solo perche sei Movimento poi non riesci a mettere un punto fermo… Quindi, Beppe si vince e ok: e dove si va, che si fa? Lui si prepara a rispondere, tanto la mappa ce l’ha. Peccato che poi la guarda, sospira, e ci mima un fantastico Andate a trascorrere un Natale lieto e sereno (oppure è Andate e prenderlo in culo e buttatevi sotto un treno: chi può dirlo?). Il fatto è che la cartina essendo a cura dell’Istituto Geografico Dibba-DiMaio-DeAgostini è buona sì e no per una canna. E, dalla sua faccia, a noi giusto una canna resta. Quella del gas. Che si forma quando Beppe scompare, in una nuvola di fumo di palle che girano. Così noi non sapremo mai se il Movimento dal governo ci indicava il futuro, il Cile o forse il Venezuela: oppure, com’è più probabile, qualche improbabilissimo ma fidatissimo amico d’amici e d’avanzi di galera.

Finito così, a congelare: colla curiosità e l’insoddisfazione di sapere come va a finire. Anzi no, quanto va a finire. Male. Perché il nostro incubo di Natale in fondo era solo un sogno, e finisce qui: ma il vostro sogno di qualcuno che vi viene a salvare continua, e finirà sempre con l’incubo di qualcuno che ci viene a comandare. E quindi? Tanto per cambiare e per quanto cessi le nostre cacate dobbiamo sbrigarcele (e non scaricarcele l’un l’altro) da noi stessi. Basta ragionare col meno peggio, che poi è sempre il meglio peggio; cerchiamo di essere noi, i meno peggio. Di pagare le multe lì nel cruscotto, che non sono poche; di portare un sacchetto per le cacche del cane davanti al portone del vicino a Caminia, che sono molte che manco le multe… Cerchiamo di essere migliori, non pretendiamo che solo gli altri siano “i” migliori mentre noi e nostri possiamo restare ciucci ignoranti e piangifottitori. Per tante cose le colpa è nostra, per tante colpe le mafiette di governo sono anche cosa nostra. Se nostro figlio di seconda media in testa c’ha solo la figa le seghe e la segatura, al massimo usiamo lui come sacco, anziché il professore che ce lo boccia come punching ball. Guardiamoci e nel caso, sputiamoci allo specchio. Non specchiamoci nei nostri sfregi, spicciamoci e spicchiamo coi nostri pregi. Anche se per trovarli oramai non basta manco Chi l’ha Visto feat. i commissari Montalbano e Rex.
Nell’anno in cui per colpa di quei bastardi dell’Isis e di quei segugi di razza dei tedeschi dobbiamo difendere persino quell’inculata pazzesca dei mercatini di Natale, ecco cosa vi possiamo augurare. State bene, fra noi in quanto cittadini cerchiamo di stare meglio, eppoi siccome non vogliamo ignorare il lavoro di autodistruzione dell’Umanità né rubare il mestiere a Bergoglio…
Natale con i tuoi, che fino a Pasqua che cazzo ne sai?!

Buonanotte anche di Natale  e buona fortuna.



lunedì 5 dicembre 2016

E' STATO BULLO, FINCHE' E' DURATO...

La Costituzione per l’Italia non si tocca, Renzi per la sua carriera può toccarsi. E forse s’è già toccato troppo, assieme a tutti quelli che si facevano seghe e gli portavano sfighe sul prossimo successone. E che sono rimasti ciechi, e adesso a Renzi arriva sì il prossimo: ma successore. Forse un suo clone, forse un suo paggio, forse Giggino dei Grillini, forse un Salvini: forse addirittura peggio. #Ciaone Matteo, è stato bullo finché è durato… Già stanotte a un certo punto aveva meno amici di un pedofilo cannibale su Facebook. Amiconi e giornaloni l’hanno scaricato subito, e con lui sono rimaste solo le Milfone del Corriere, per cui è sempre il tempo delle Meli. Lacrimucce, commozione, amore finito. Madre Teresa, coraggio. E lui che le sussurra: Non credevo mi odiassero così tanto e che fai Matté, ti sottovaluti proprio all’ultimo?! Ha fallito. Hanno fallito sia il regalo che il ricatto, con relativa crisi di governo e di rigetto. E adesso siamo in una situazione senza né capo né coda, ma sempre meglio che col capetto e relativi servi-clientes in coda. Le questioni più gravi restano tutte, tranne una cosina trascurabile, proprio robetta: la Costituzione e la democrazia l’hanno sfangata, non le ha infangate nessuno per fare cassetta. Basta piccoli Schifani fiorentini, avvocatesse e massoni aretini, pitreisti del partito della Nazione bianchi rossi e Verdini. Bene, anzi benissimo. E adesso avanti, anche se sembra d’andare sempre più indietro, che vada malissimo. Mattarella avrà da lavorare, si dovrà svegliare, forse dovrà addirittura parlare? E pazienza. Era già scritto, lo abbiamo già scritto: sarà difficile, ma non importa. La malapolitica bulletta, autoritaria, fottipiangente Lacrime Napolitane non è riuscita a dare la colpa alla Costituzione antifascista per i propri fallimenti antistorici, anti-decenza, anti-logica di un governo che sia anche solo lontanamente progressista. Giustizia e Libertà, e scusate e se è poco. La Costituzione è salva, e noi siamo più leggeri, più contenti, più liberi anche di sbagliare, di fare cacare più di prima. Mettere mano alla Carta in questo modo manomettendola era mettere mano alla carta scottex senza manco scalfire, ha voglia Scalfari a dire, il merdone. E infatti i problemi sono ancora tutti lì, dove sarebbero rimasti anche colla vittoria del sì. Punto e a capo, col vantaggio d’aver messo a punto un infallibile trattamento anti-capetto. Almeno per adesso, l’Uomo Sola al comando non tira più né pacchi né alle urne.

E adesso? Adesso c’è, c’era già, ci sarà da capire, teorizzare, strologare. Elezioni subito, legge elettorale e di bilancio prima, qualche questione concreta, prima o poi… Ognuno dirà la sua, cercando ovviamente di tirarla dalla propria. Politica politicante, quella che piace e fa campare giornalisti, parlamentari, giornalisti parlamentari. Per il disagio, le disparità vere brucianti e urgenti c’è sempre tempo, no? Beh, come l’Italia ha scritto circa 19 milioni di volte sulla scheda… NO!
Un suggerimento abbastanza chiaro, una rabbia forte, ma il nostro ceto politico, il nostro ceppo di muffe burocratico-lobbistico? E’ chiaro: è tardo forte. Oltra a questo scazzo d’orgoglio occorreranno altri segnali, forse, ma non di fumo. Quello ce lo mettono loro. Probabilmente a certa gente abbiamo fatto #Ciaone, basta con gentaglia tipo i Rondolino e i Carbone, i gerarchi renziani che sono guappi di cartone, quelli che spariscono dopo lo scoppolone. Ma a certe questioni diciamo solo arrivederci: al prossimo appuntamento elettorale, al primo peggioramento vario ed eventuale. La corruzione galoppante, il paese stagnante, il malaffare inchiappettante; la meglio gioventù migrante, la sicurezza, la paura che cresce sempre di più per la disperazione immigrante. Quante belle cose, tutte nostre, e quante belle collaborazioni colle floride e fetide Cose Nostre. La scelta è vasta, la gamma nefasta, e non crediate che con questo  voto o altro cento sia scomparsa la Casta. La disoccupazione, la giustizia sociale, il degrado culturale e umano quasi più grave di quello urbano. Problemi gravi, da cui non si esce con un Vaffa o con un Dibba o con un capo colle palle se ne esce colla testa, sulle spalle. Con persone responsabili, coerenti e conseguenti nei comportamenti. In pratica, se ne esce come noi del Papaluto potremmo uscire con Kate Upton: colla speranza, colla fantasia, sperando in una botta di culo di carestia o di miracolosa arrapanza…

E visto che siamo in tema di fantasie impossibili, noi ci lanciamo. Raccontando  secondo noi, che in testa c’abbiamo i problemi quali sono i problemi in testa all’agenda di un ideale e provvidenziale governo. Semplice: non far più succedere cose come quelle che andiamo a raccontare qui sotto, da questo pezzo d’Italia che va sempre più sotto.
Con una premessa, che vale come una promessa. La Liberazione ha avuto come coronamento la Costituzione, ma questa Costituzione non rappresenta la liberazione da quello che siamo. Con tutti i nostri pregi e i nostri sfregi, i nostri difetti e il nostro essergli indifferenti, ritenendoci indistruttibili se non perfetti. Invece la colpa non è solo e sempre del governo disgraziato non foss’altro perché i digraziati che hanno scelto quel governo, questi governi, spesso siamo noi. Che non vogliano sapere, non vogliamo ascoltare, non vogliamo proprio sentire storie come questa.
Perché cosa rimane, dopo tutte queste belle storie sul referendum? La solita storia brutta, il Paese s’incazza e s’inganna ad libitum. La brutta scoria dal solito mucchio di macerie civili, congerie concettuali, macellerie istituzionali. Dopo domenica si torna al solito Paese che molti raccontano come se fosse sempre domenica; che si vorrebbe normale quindi normato e che chissà come i soliti mignotti manco tanto ignoti cercano di rendere normalizzato. Anche se già adesso è bello anormale, ipernormato, anestetizzato. Troppe leggi ignorate, troppi maneggi e troppe magate. Assente, rassegnato, indifferente. Sordomuto eppure petulante, logorroico, origliante; cieco e sordo, almeno quanto occhiuto, pettegolo, tutto social e in fregola. Sempre per cazzate, ché nelle cose serie il Paese Reale non ci s’impegola. E allora tocca a noi, che scriviamo e viviamo qui a Poipolo, il paese dell’Irreale. E allora, noi del Papaluto che cazzo vogliamo? Il solito, grazie. Con tanto pepe e poco ghiaccio nelle vene, dirvi l’ennesima cosa (Nostra) che ci fa incazzare e come viene, viene…

Vincenzo Agostino (nella foto: dei due anziani, lui è quello senza scorta ma non senza dignità..) non taglia la barba da 27 anni, da quando il 5 agosto 1989 a Carini suo figlio Nino con la moglie incinta di 5 mesi furono trucidati sulla porta di casa. Nino era un poliziotto, e ai suoi funerali c’erano anche Falcone e Borsellino: altri due illustri trucidati nella Hall of Shame delle vergogne d’Italia. Un paese che santifica eppoi dimentica, che vergogna non ne ha, e ancor meno bisogno o amor di verità. Ammazzato così, come un cane. Senza pietà e senza ragione. Ma che è successo a Nino? Pista passionale, vecchio, e vedi di fartela bastare, di fartela passare. Ma Vincenzo Agostino ha detto no, ha smesso di tagliare la barba e ha cominciato a fare domande. Iniziando da una: perché Falcone ai funerali di Nino ha detto A quel ragazzo devo la vita? E perché poi senza, Nino Agostino, Falcone e Borsellino quella vita l’hanno persa? E perché sui tre luoghi dei tre delitti Carini, Capaci e via D’Amelio c’era sempre un uomo, tale signor Carlo o Faccia di Mostro? Uno dei servizi segreti italiani, ma anche dei mafiosi: dei servizi mica tanto segreti ai mafiosi. Uno che ha saputo sparare e tacere, forse torturare, che ha fatto sparire l’agenda rossa di Borsellino e visto sciogliere nell’acido Santino Di Matteo. Uno che sa tanto, che non dice niente, che vive tranquillo e neppure latitante. Uno insomma che lavorava per i mandanti e gli esplodenti delle stragi del ’92. Uno contro cui lavorava Nino Agostino, che però (anche se il padre non lo sapeva) lavorava sempre per i servizi segreti e per lo Stato. Ma quello buono, non quello da niente di buono, quello dei Faccia di Mostro buoni a premere il grilletto, a sciogliere nell’acido un bimbetto, a organizzare e godersi la bomba che esplode in Via D’Amelio o sotto un viadotto. Nino indagava, non indugiava, chiedeva e rompeva sul primo attentato a Falcone. Quello fallito, quello che si disse di era fatto da solo, che come si dissero i mafiosi andando a vuoto fece perdere solo un sacco di tempo. Quattro anni persi, ma Nino Agostino li ha pagati cogl’interessi. Quattro, cinque, sei colpi. I bossoli a terra, i boss e i loro complici al settimo cielo. E il padre mai a rassegnarsi, disposto a tutto pur di trovare qualcuno che s’interessi. Attilio Bolzoni di Repubblica, prima; la Procura della Repubblica di Palermo, poi. Che individuano sullo Jonio catanzarese un rifiuto tossico che levati, altroché fusti radioattivi delle Iene. Un bel fusto di fatti misteriosi, tossici, sanguinosi. Giovanni Aiello è Faccia di Mostro? Vincenzo Agostino lo riconosce subito nel confronto all’americana c’è il filmato, lo fa e si sente male, e se guardandolo non vi commuove vuol dire che avete visto troppa televisione Defilippiana…
Succedeva nel febbraio scorso. Un testimone oculare riconosce l’autore di un delitto. Di molti, delitti. Un pezzo di storia e di merda che va a posto. Anche fosse uno scippatore di cioccolatini anziché un comparuccio d’assassini e uno squagliatore di bambini, la prassi sarebbe fare il processo. Metterlo alla sbarra, togliere ogni dubbio. Colpevole o innocente. E invece del processo di prassi, rifanno il processo di Kafka. Lasciamo stare, lasciamo cadere le accuse, marcire la speranza. Perché forse Giovanni Aiello non è Faccia di Mostro, peccato che la procura chieda: non si faccia il processo, non è compito nostro. Capito? Chiedere il non luogo a procedere, e tutto perché l’Italia è un luogo in cui certe cose non devono procedere. E ben altre, devono precedere la Giustizia, la Libertà, la Verità. Ci sono gli equilibri, le leggi di bilancio prima di quelle dei tribunali, la governabilità… Accertamento della verità? Stuzzicamento dell’omertà, delle vergogne, delle complicità? Per carità! Nessuno tocchi Caino, e va bene; ma nessuno chieda neppure a Giovanni Aiello, di discolparsi dall’accusa d’essere Faccia di Mostro o Caino. Superiori interessi complessivi d’indagine. Questo hanno spiegato non spiegando gl’inquirenti; linguaggio fumoso, buono come il latinorum che fotteva gl’ignoranti. Che forse salca delinquenti. E che significa, poi? E che significa, per noi?
Che queste cose succedono perché i magistrati dell’inchiesta sono renziani? Ovviamente no. Ma magari perché sono cittadini italiani, come tutti noi non sono eroi ma sono umani. Risentono del clima, sentono e risentono i suggerimenti. Ma chi cazzo te la fa fare. Il filone è su un binario morto pure tu vuoi farti trovare vicino a qualche binario, morto?! Ma davvero per Nino Agostino vuoi fare la fine di Santino Di Matteo sciolto nell’acido  o di Nino Di Matteo, il pm della Trattativa Stato Mafia, cane sciolto e squagliato nell’indifferenza? Naturale, comprensibile, persino giusto, lasciare nelle segrete stanze le pretese di giustizia. Solo che Nino Di Matteo innaturalmente, incomprensibilmente,  ha avuto il coraggio di non lasciar cadere le pubbliche istanze di giustizia. Di chiedere ragione persino a Lacrime Napolitano in carica, della carica esplosiva piazzata sotto le fondamente della Repubblica. Di Nicola Mancino, di Loris D’Ambrosio: morti veri o carcasse politiche che portano nella tomba i segreti su certi morti, su certi atti, su certe anime morte. Giorgione da Borbone, bonta e maestà sua, ha risposto non ricordo: eppoi ha detto questa non me la scordo. Sentendosi oltraggiato, ha chiesto al Csm che il responsabile fosse se non pestato almeno un appestato. E infatti. La mafia vuole ucciderlo, lo Stato non vuole proteggerlo: vuole trasferirlo, lo vuole tutelato. O forse solo isolato. Storia già sentita, di solito prima di sentire un boato… Nessuno vuol sapere più niente di Nino Di Matteo, come di Nino Agostino: almeno fin quando qualcuno a volto coperto o sfigurato non gli fa il funerale di Stato-Mafia, e noi ci facciamo il piantino. Non c’entra niente, col Referendum, eppure c’entra tutto. E’ con uomini così, che l’Italia che non cambia mai può cambiare per sempre: partendo dalle idee, dagli esempi, più che dagli ominicchi che per calcolo politico spaccano un paese già a pezzi su un No o su un Sì. Tanto per concludere, tanto per cominciare a cambiare: Nino Di Matteo al referendum ha votato No. E noi all’Italia che dopo il voto vuol votare le spalle anche alla verità, diciamo ancora e sempre no.



giovedì 1 dicembre 2016

DICHIARAZIONE DI VUOTO

Poche idee, zero ideali, ma in compenso tutti confusi: con bassi e crassi intenti politico-elettorali. Un treno da prendere al volo possibilmente in faccia. Un’occasione che passa una volta sola ma cogli scarponi chiodati sul cadavere dell’Italia nata dalla Liberazione e dalla Resistenza. Cambiare è bene, cambiare in meglio è meglio, cambiare tanto per cambiare è puro tanto peggio tanto meglio. E per noi del Papaluto potrebbe anche finire qua.
Ma siccome una mezza idea sul disastro e mezzo che ci propongono ce la siamo già fatta, per il 4 dicembre abbiamo il nostro personale quesito: fa più ridere per non piangere il sistema che usano (le regole di tutti scritte da uno, però eletto da nessuno) oppure fanno più piangere dal ridere le balle che impiegano per darcela a bere, ad approvare, ad abboccare? L’elenco è lungo, la risata è grassa, il trucco è vecchio che manco quello di una vecchia vaiassa. Gente da mandare a cacare, mandando più gente possibile a votare. Ovviamente, convintamente, semplicemente No. Però però però. Di questi tempi escrementizi il buonumore non è mai abbastanza, e allora vediamo lo stesso di ricapitolare: rivediamo i motivi per cui dovremmo lo stesso capitolare.
Innanzitutto, le minacce. Bisogna dire Sì: altrimenti arriva Al Baghdadi con Al Sisi, l’Italia esce dall’Euro, magari entra nell’Isis… Eppoi, si sa, con il No i mercati impazziscono, i risparmiatori impoveriscono, le banche falliscono. Insomma, va tutto a monte ma non dei Paschi, ché tra Siena e Arezzo anche senza il No con questi abbiamo già dato. Anzi preso: in culo e ai risparmiatori, ma guai a chiedere conto (corrente) alla riformatrice Boschi o a uno dei suoi genitori. Ma che c’entra, che c’entra? Questa Riforma è l’ultima spiaggia, altrimenti arriva la pioggia di sangue, di cavallette, di Grillo. La Boschi-Verdini è una porcheria per certo ma per certi (non tanto) piccoli porcellini una porcheria assicurata è una porcata rassicurante… L’incertezza, ecco, il dramma è soprattutto l’incertezza: in nome della quale dovremmo vidimare senza vomitare questa tragicommedia di riforma: anche, soprattutto se è una schifezza.
Roba ambiziosa nelle intenzioni, pasticciata pretestuosa e pericolosa negl’intenti di certi zozzoni. Velocizzare velocizzare! Vuoi mettere che bello andare di male in peggio, ma andarci velocissimo?! Vuoi mettere che male ma che bello, farselo mettere proprio lì l’ombrello? Modernizzare modernizzare! Negli Usa la Costituzione è lì da 250 anni e non la getta nessuno, ma gli americani che capiscono: gli piace più il Colosseo o le quattro pietre del Bernini, anziché un bel quartiere nuovo di villini o magari i 47 articoli della Costituzione demoliti da Verdini! Basta titubare, bisogna cambiare: bisogna tubare come colombi con chi vuole spennarci come polli, depennarci da urne ed exit poll, dematitarci del lapis del seggio con cui mettergli sopra una lapide. Un cambio di passo? Piuttosto una cambiale a qualche ladro di passo. Cambiare marcia anche se è solo cambiare di marcio. Da un’inefficienza all’altra. Scopa nuova non scopa meglio, ma fin quando non ti accorgi dell’imbroglio… Hai già detto sì, lo voglio! Proprio necessario, imprescindibile, irrinunciabile. Come il Matteo con relativo Vangelo. Anzi, Bibbia. O diluvio di consensi, di consen-sì senza manco una protesta, o il Diluvio e basta. O forse no. Dipende dal giorno. Se è quello in cui personalizza tutto attizzato il referendum, oppure quello in cui spersonalizza e si calma perché i suoi Carrai e burattinai gli danno il valium. Se perdo vado, anzi resto, anzi c’è il governo tecnico o forse le trombe di Gerico. Prego Italia, vuol ballare con me? Grazie, preferisco di no, non scambio il fango per paté… Grazie, prego, prego grazie scusi tornerò! Si sente l’Imperatore Adriano, ma nell’aria più che altro sembra di sentire Celentano. Sarà per i suoi 24mila baci di Giuda con Verdini, ma il Montato si sente in cuffia il Molleggiato. Figo, rock, chiarissimo caso di Sopravvalutescion. Marx è morto, ma se io non mi sento tanto bene al referendum la sinistra europea e mondiale è morta pure. Perchè da rottamare per finta a delirare sul serio è un attimo. Referendum perduto, progressismo uguale. Le grandi conquiste della sinistra italiana dalla Bolognina alla pecorina, da riformista a renzista a catastrofista.

E queste sono solo le minacce. La parte divertente. Coi renziani in stile Adam Kadmon che in concorrenza colle scie chimiche e lisergiche nel cielo pentastellato ti mettono in guardia e nell’urna i rettiliani. Roba da oggi le comiche, domani le isteriche; cosette poco serie, da cabarettista al governo ma tra poco si spera in ferie. Poi però ci sono le promesse che meno sono serie e più sono gravi; che più sono ragguardevoli e più sono spregevoli; che più sono senzazionali più sono irreali, irriguardose, illusorie, quasi criminali. Vota sì e a Catanzaro Taranto o Marano ti curano bene come all’estero o anche solo a Milano: un sì, e il miglior medico al sud non è più il dottor Ryanair o Trenitalia, con un biglietto di treno e da visita per Milano Centrale o Parigi Bercy. Un voto che non è neppure sulla pelle dei malati è farsi direttamente le borse di voti in pelle di malato. Anzi in palle, sul malato. Bugie, chiacchiere chiamatele come volete, sempre dolci cazzate di questo atroce Carnevale sono. Palle in canna, secondo i meglio costituzioRenzisti da mettere sparate pure in Carta. C’è tutto. Più soldi, più salute, più scuole: forse persino un po’ più di figa, che quella sempre ci vuole; basta ingiustizie, basta burocrazia, e soprattutto basta cellulite e calvizie; no alla casta, sì alla tua asta più lunga e più tosta. Il regalino al pensionato settantenne, la mancetta al neodiplomato diciottenne, dopo tre anni persino l’aumento al metalmeccanico-nemico Fiom: e con tanto di accordo solenne! Mancano solo i 3 semplici trucchi per dimagrire colla dieta della Sacher che i medici non vogliono dirti, e i 3 segreti dei pornodivi per indurirti. Ma solo perché i conservatori, gli antistorici, i sindacati e la vecchia sinistra nostalgica vendicativa e poltronara non gli hanno lasciato tempo. Venghino signori venghino al circolo politico Barnum, votino Sì-signori votino al circo del Referendum! 
Guarigioni dal cancro e persino dal diabete, guarnigioni d’infermieri funzionari e senatori che lasciano il segno anziché lasciare segnato da pagare a noi e manco a rate, il tutto con guarnizioni di sorrisoni top e no stop: un po’ marca Durbans un po’ col marchio dell’ebete in chiodo e jeans. Promesse elettorali, buone giusto per chi ha buone premesse di minorazioni neurocerebrali. Lo sappiamo tutti, anche se fingiamo d’accalorarci tutti mentre ci pregano di accalcarci tutti alle urne domenica prossima. Basta un , no? No, invece, così basta con Matteo lo stalker del Sì… Livello bassissimo. Troppo, persino per l’Italia dove il peggio non ha mai fine: anzi è un fine, e comunque non è mai un intoppo. Una fattoria di fattori meno umani che animali. Bulletti Vallespluga o Valdarno di là, Grillo sparlanti di scrofe urlanti con maiali alla si (o No) Salvini chi può, di qua. Eppoi tutti appesi all’ultimo sondaggio, ai reporter da riporto, al giornalismo d’accatto se non da accattonaggio. Avanti il Sì, avanti il No? Ma tutti indietro, e indietro tutta! Vada come vada è sempre roba da Vade Retro. Ma c’è di buono che fra una settimana sarà tutto materiale per la letterina a Babbo Natale anziché per la schedina referendaria o la tabellina da calcolo elettorale a babbo morto. Molto rancore per nulla, comunque. Troppo spendersi a destra e a mancia senza risultato qualunque esso sia. Cambiando in peggio la Costituzione non cambia in meglio l’Italia; se non si cambia la Costituzione non è che non si possa cambiare in meglio l’Italia. I problemi sono altri, il problema siamo noi per primi, noi come cittadini, non sempre gli altri. 
Non è scassando i termometri che passa la febbre, non è rompendo gli specchi che risolvi, che eviti di guardarti in faccia, che possiamo evitare di guardare alla nostra feccia. L’Italia ha le febbre alta, la fede nelle istituzioni bassa ma il problema non è la Costituzione, la cura non è cambiare la Costituzione formale o materiale: il guaio è non riuscire a cambiare la nostra costituzione innata, di una comunità che sembra una San Patrignano allargata, solo formale e intossicata, fatta come una pigna di cattivo materiale. Umano, politico, culturale, alla fine sempre clientelare. Opportunismo, clientelismo, leguleismo più che legalità, paralisi familismo e paraculismo in tutta omertà, impunità, disparità. Non è che li puoi cambiare per legge, né la legge fondamentale può cambiare per far finta d’aver cambiato le nostre cattive abitudini, le nostre male attitudini, le nostre pessime fondamenta. La riforma migliore non può nulla contro un degrado umano e istituzionale nella sua forma peggiore. Figuriamoci questa, che vuole riscrivere qualcosa scritto dalla parte migliore del Paese: perché glielo ha prescritto la parte peggiore dello Strapaese. Vecchi arnesi, nuovi parvenu valdarnesi, poco liberi docenti pure poco decenti, vip, nip, il regista sovvenzionato e battuto alla cineasta degli assegnoni ministeriali; massoni, magliari, ministri tedeschi e gran maestri loschi, finanzieri, fanfaniani e ballerine, verdiniani colle ballerine, ex macellari rifatti a banchiere, rassicuranti ex ras craxiani che vogliono piazzare azioni culoni e mogliere. Signori e signori, il comitato d’affari per il Sì! L’inquisita di cozze, l’impepata canaglia, quelli che chiamano gli altri accozzaglia… Il presepe col bue che dà del cornuto all’asinello.
No perché, No: perché alla fine conta anche chi le fa e le giudica, le cose. Ad Armani fai fare i calzoni, ma mica al forno; a Giovanni Rana e Farinetti gli gnocchi, vista l’età e viva il viagra forse qualche gnocca, ma mica di fare i giovinetti; a Dolce e Gabbana non chiedergli di fare né gli gnocchi né gli etero, ché a loro piace il calzone con dentro il raviolo, e farsi bei giovinetti… Beati loro, ma non è che se mi parlano di neurochirurgia io mi scolo quelle parole come oro.
Un fatto di competenze, di preferenze per il filone la costituzione o il cazzo, che da noi inevitabilmente diventano competenze da culo e giudizi a cazzo.  
La Costituzione è fuori moda l’ha deciso questo bel comitato di saggi, espertissimo in tacco 12 per sfilatone da gran serata o in anni 6 di reclusione per associazione segreta. La Costituzione è vecchia e brutta e te la rifà quel bell’uomo giovane di Denis, te lo dice Sergio, che da 20 anni fa la sempre nuovissima e bellissima Punto. Basterebbe questo, bastano questi, per dire che un Sì non basta. Che con ‘sto Sì, ‘ste Punto, st’imbroglioni Tipo, a ‘sto Punto con ‘ste pippe mentali e industriali a motore anche basta. Da Briatore a Sorrentino alla neolaureata a quarant’anni Lorenzin, tutta gente che di Costituzione ne mastica. Peccato che poi la sputa assieme ai loro giudizi. Testimonial credibili mai importuni e simpatici, che ti si attaccano al citofono al pretesto e al televisore a tutte le ore Testimonial di Geova, ecco. Marchionne dice che questa riforma deve vincere perché fa vincere l’Italia. E se lo dice lui che sia di vincere (chiedete alla Ferrari, diventata leggermente meno famosa e più sgasata dello spumante…) sia di Italia (vive in Svizzera e ha portato l’ex Fiat in Olanda per le tasse e in America per i trans di Lapo..) se ne intende, bisogna credergli. Come del resto a tutto il piccolo coro del Renzino d’oro, dell’oro Zecchino di questi che intonano e intascano oro. Non avendo argomenti, tirano fuori nomi belli luccicanti. E allora mettiamola su questo piano anche se sembra il piano di Rinascita Democratica di Gelli...
Parliamo di persone. Fra De Gasperi e De Luca? Fra Terracini e Verdini? Fra La Pira e un Marcello Pera?
Parliamo di associazioni. Fra l’ANPI e l’ANP2? E fra Libera e la Schiva Schiava d’Amor Paterno per le banche Maria €lena Boschi? Parliamo, parliamone: parliamo parliamo, ma di che cazzo stiamo parlando?!
Di uno Zagrebelsky che vale come uno Zagor dei tipi più loschi, come Alfieri il sindaco di Agropoli che parla come lo zio della cresima con addosso troppo whisky?!
Di Prodi, che la riforma gli fa sì schifo ma per dispetto vota sì solo perché D’Alema l’eterno nemico del Faid Club   non può fargli più schifo di così?
Parliamo, parliamo: ma perfavore non parliamo di Riforma Utile al Paese.
Tipo l’Italicum, la legge elettorale più bella del mondo, che in un attimo è stato messo da parte e dichiarato immondo, una questioncella da affrontare dopo il referendum? Tipo il Senato abolito, magari come le province: in cui solo il voto democratico diretto, è abolito, e il fotti fotti che prima vinceva adesso stravince? O i 47 articoli della Costituzione cambiata come ha cambiato l’Italia l’abrogazione dell’articolo 18, che stranamente non ha significato l’abrogazione del precariato né il licenziamento in tronco della disoccupazione?
Ma per carità, anche di patria, lasciamo stare: ci sarebbe da lasciare anche solo la nostra, che fa pietà. La discussione è solo un depistaggio politico, un pestaggio istituzionale e mediatico. Corruzione, ingiustizia sociale, inefficienza, evasione a mille e zero istruzione. In Italia ci sono problemi urgenti, scottanti, addirittura brucianti. Ma la casa, non la Carta, brucia. E mentre la casa brucia tu spegni l’incendio o accendi l’incenso? Pensi a spostare i pilastri, a rifare le fondamenta, a legislare impiastri? Vedi il fuoco e chiami i pompieri, rispondi agli allarmi sociali, o aspetti gl’ingegneri istituzionali? Attegiamento pazzesco, patteggiamento col farsesco. Tutta una farsa, una falsa partenza, una farsa di discussione in partenza.
La verità è che in Italia parliamo, ma come si parla in Italia, per come lo diceva Sciascia senza verità. Fingendo di parlare del merito, quando il merito è solo un pretesto: per non parlare delle cose importanti, dell’eventuale demerito nelle cose sovra e sottostanti, anche disturbanti insomma, del Contesto. Proprio quello di Sciascia, quello sepolto ma sempre vivo e non morto come lui, di quello che adesso si tralascia. Invece noi vogliamo tralasciare tutto il resto, non il resto di tutto il chiacchiericcio. Per chiederci non se votare Sì o No (ché questo se non siete svelti di testa come Di Maio in storia e geografia, dovreste averlo capito…) e neppure perché votare No (per le ragioni Di Maio e di prima). Ma per chi, votare no. Che non è quello che se ancora lo fate state pensando.
Vogliamo essere giusti, ci piacerebbe essere veri, o almeno vorremmo provare a essere sinceri. Quindi lasciamo stare l’Ipernominato sin qui, l’infoiato e infognato sull’Arno e sin qui in una Riforma non sua. Perchè sul Renzerendum l’accusa di personalizzazione c’è, ci sta, ed è giusta. E’ solo la persona, che è sbagliata. Trattasi infatti di ReGiorgerendum. Il mandante del Matteo infestante ma non più tanto giulivo e festante è lui. Questa lagna della Riforma è tutta di Lacrime Napolitano. Il Presidente e Fottipiangente Emerito. A tirare i fili, a tirarci il pacco. Sempre lui. Il capintesta con in capo abbastanza cervello più di Matteo, Mattarella o qualunque altra testa di legno massello. Che ha deciso di decidere che le sorti della Repubblica sono decise; che l’Italia delle Resistenza è nata e deve morire con lui; che ha perso le speranze per la democrazia rappresentativa, anche questo è un fatto che è meglio non far sapere all’Italia; che forse ha nostalgia dell’amato e ammirato patto di Varsavia. E allora ecco che i cammellati di Stallio Renzi sono per lui i cingolati di Stalin a Budapest. L’atto di forza di non coraggio che serve. Per pettinare il paese in direzione del pelo, del Pil, del cchiù pilu pé tutti. Basta con tutta questa democrazia parlamentare, facciamone una piu’ agile, con una sola camera: però di commercio locale, di mercato delle vacche, vaccomerciale. L’Italia è oramai una democrazia matura, che in quanto tale ha bisogno di un’oligarchia che la guidi più che matura proprio marcia, una cosa putiniana, da democratura.
La Riforma è tutta merito di Giorgione; la Deforma, nel demerito, è tutta di Napolitano di Borbone. Scritta di suo pugno chiuso di vecchio Stalinista anti-Berlinguer diventato neo-Renzista. Che da ragazzo aveva come idolo Josif, e che da vecchio sarebbe l’idolo di The Donald. Perché non vede, non crede che la democrazia abbia troppi problemi anzi  il problema è solo uno: troppa democrazia. Accorpiamo, snelliamo per finta, sventriamo per sempre. Togliamo il potere al popolo, diamolo ai populisti, non ascoltiamo quanti chiedono un repulisti mentre tutt’attorno già sentiamo il fascio sul collo di xenofobi, idrofobi e cani rabbiosi lepenisti. E la ricetta in attesa dell’odio di ricino è la dolce Elenina. La cagatina di riforma Bosco-Verdina. Non affrontiamo i problemi reali, incartiamoli costituzionali, facciamo un pacchetto legge in carta costituzionale da regali. E qui siamo al punto. Dolente, ma forse anche dirimente. Pertini diceva A Brigante, brigante e mezzo. Questi Verdini, questi sbertini, questi che hanno pure il coraggio di tirare per la bara i partigiani e Pertini, dicono: siamo una brigata intrigante, in tutto e su tutto brigante, pur di non levarci di mezzo. Anche ad appaltare l’Italia ai più bassi figuri, ai meglio sfacciati, ai più acuti appetiti. E la famosa camera delle autonomie piena di amministratori inquisiti ma immuni, eletti solo dalle camere penali che cos’è, se non l’esemplificazione del concetto, la pianificazione della Qualunque nelle Istituzioni, la puttanificazione dell’Italia appaltata ai Cetto?! La Riforma in sostanza è questa. Non più l’uomo forte, ma l’elettorato più debole, in balia e in fila dall’ometto più forte a chiacchiere. Ma pure a fatti, misfatti, cene e banchetti. A offrire in cambio di un Sì fritture di paranza, per un bacino alla francese o all’agropolese grosso così di voti forniture e appalti alle paranze degli uomini di panza e sparanza. Cazzu cazzu

Solo che Albanese sul set fa finta, De Luca e Alfieri in voti percentuali fanno sul settanta-ottanta. E facendo ridere fanno sul serio: fanno anni di governo, fanno danni sul serio che manco la grandine d’inverno. Come dappertutto, come il terremoto nel centro Italia, l’ennesima prova del centro incosciente e immoto di potere in Italia. Scuole appena ristrutturate che crollano, palazzi che di antisismico certificato hanno solo le mazzette, fondi destinati alla prevenzione stornati per feste sagre stornelli e canzonette. Dal Belice all’Irpinia alla scuole di San Giuliano di Puglia, al prossimo lucroso sisma su cui far scattare le mandibole e la quadriglia delle malversazioni: a tutte le prossime date di questo fantastico tour nazionale dell’incoscienza, della delinquenza, delle spartizioni. Amministratori ammazzatori? locali sparsi, plurieletti, mai scarsi di voti in tutta Italia. Nell’Italia tutta in mano a Vice-Re minori ma in do ut des maggiore del consenso clientelare, affarista, votoscambista. Non tutti sono così, chiaro; ma ci basta pensare a certi Napoleone napoletani calabresi o anche valtellinesi del consenso, da farci dire tutti tutti no, ma Bonaparte…
La peggior classe dirigente locale di tutti i tempi che deve diventare digerente nazionale, di tutti noi. Con tanto d’indennità, immunità, indegnità parlamentare. Ecco per dire, noi Sergio Pirozzi il sindaco di Amatrice che denuncia Charlie Hebdo per le vignette anziché denunciare le complicità e le atrocità in cambio di mazzette abbiamo il sentore che senatore anti o a-democraticamente eletto non lo vogliamo. Roba da matti, da mattoni, pensata da massoni e promossa da chi è facile s’imBoschi milioni. Niente Foratini all’Amatriciana o Fritturoni Mesti alla Salernitana per noi: che colla nostra penna all’Arrabbiata non contiamo né cantiamo, ma portiamo la croce. Sul No. Sul Nostro avvenire, convinti e fiduciosi che il peggio debba ancora venire. In ogni caso, con ogni genere di casino, che il futuro sia renzista salviniano o grillino. Comunque sebbene non ovunque, né per chiunque oscuro, nebuloso, massofasciomafioso. Verrà, ma non senza Resistenza. Verrà, ma senza la nostra acquiescienza. Verrà: magari per qualche Cosa Nostra eventuale e varia, ma mai per qualche colpa nostra consapevole e volontaria. E non ci faremo sviare, distrarre, svilire, disgustare da chi oggi le fa da scudo anche se non da oggi la Costituzione gli fa schifo. Da chi la difende per calcolo senza nemmeno saper fare di conto, solo qualche orecchiato e interessato racconto, da chi l’incensa ma poi l’ignora. Meglio votare giusto con Forza Nuova, che votare giusto per interesse o rassegnazione la nuova forza di (sotto)governo. Ben sapendo chi siamo, sapendo bene dove siamo. Italia, Land of Quattro: Cantoni. Gente che gioca a nascondino, a buttarla in vacca, a non restare con in mano il cerino. Chi oggi si sputa addosso veleno, domani firmerà un nuovo Nazareno. E se il sol dell’avvenire grillino è quello che fa vedere i suoi primi Raggi a Roma, nella notte pentastellata di vittoria e della Repubblica le stelle saranno molte meno di 5: e anche più false delle firme di Palermo. Ma non importa, se noi avremo ancora la Carta (anziché la Casta) costituzionale. A maggior ragione: avremo fatto bene a non accettare il minimo torto, alla Costituzione. Quello che hanno scritto i padri andrà benissimo per i figli specie in confronto a quello che hanno scritto certi nostri figli o nonni di… Matteo, Silvione, Re Giorgio da Borbone. Spendetevi, scannatevi, sbattetevi su fronti diversi eppoi, oppure, eppure alleatevi, ché siete gli stessi. Ma noi pure siamo sempre gli stessi diversi da voi, Berlusconi o berluschini sempre pronti all’attacco dei Berluscloni. Tipo questa riforma, gemella diversa, versione light bio lefty da mercato delle vacche iniquo e speculare a di quella di Silvio del 2005. A cui noi infatti abbiamo già detto no una volta a cui noi diremmo e diremo no mille volte. Preparate altri colpi di mano o addirittura seminuovi colpi di Nano, per domani. Ma per oggi e per sempre, a un tentativo come il vostro, noi avremo da rispondere coll’esclamativo che sentiamo forte chiaro  e nostro No! Eccola, la nostra dichiarazione di vuoto. Dopo cui forse non verrà niente di buono, ma questo no è già qualcosa di buono, e comunque meglio di niente. Del vostro, niente: da dire, da offrire, da non potersi soffrire.