Dice che in medio stat virtus, ma chissà com’è da un po' in mezzo ci sta solo e sempre il virus: forse perché in troppi hanno fatto il dito medio a ogni tipo di virtù che non sia sapersi fare i cazzi propri perché tanto il Covid io lo liscio te lo lascio e te lo becchi solo tu.
Dice che non sono vietate prudenza, intelligenza, scienza coscienza e decenza: sono solo sconsigliate e sospese perché per carità (e caro balneabilità) non poteva essere vietata l’estate, almeno secondo il ministro della Salute (senza) Speranza.
Dice che Musumeci in Sicilia ha espulso con un editto di suo pugno (e pugnetta) tutti i migranti: anche se non può per legge è lo stesso una soddisfazione, ché mica solo gl’italiani del nord hanno diritto a sgovernatori incompetenti razzi-fascisti e mega-ignoranti.
Dice che in Sardegna a livello di villaggi-contagi-conteggi vacanze siamo al top del top, colla lista Vip che sta diventando la lista Rip: non per niente Briatore si sta attrezzando e il Billionaire — passando dal Bellini al Becchini, ma mantenendo sempre tariffari da stronzi e strozzini — si chiamerà Le Beau Cimetière.
Dice lo Zangrillo sparlante — il medico incurante di Berlusconi, che infatti è messo coi controcoglioni — che non solo i malati e i morti di Covid sono pochi: ma il peggio è che al Sant’Arraffaele — foraggiato festeggiato e formaggiato dal sistema sorcio-sanitario lombardo oramai sgamato e sputtanato — ‘sti pezzenti di terapia intensiva costano tanto, spendono zero e rendono anche meno.
Dice che i gestori delle discoteche, dopo aver trasformato i loro locali in virusodromi dove il Corona corre e fa l’apericena coi prodromi della carneficina, hanno pure provato a ricorrere al Tar — bocciati: noi proporremmo di ricorrere al Tir, spianare tutto e dove c’era l’erba e l’mdma fare una città: studi, che però magari non sforni solo youporner (terza)media-manager e cyber-ciuccità.
Dice Zaia che, siccome ha lavorato nelle discoteche per pagarsi gli studi, non bisogna demonizzare le discoteche: dimostrando che i suoi scarsi studi pagano il troppo lavoro nelle discoteche.
Dicono Salvini e Santanché che è assurdo prendersela coi ragazzi — infatti bisogna prendersela coi quarantenni malportati e i milfoni malvissuti che invitano a non portare la mascherina e a (s)ballare apertamente e abusivamente dalla sera alla mattina.
A suo tempo (cupo), Mattarella ha detto che stando uniti e rispettando le regole potevamo farcela: per questo da quando l’Italia non è stata più gli Stati Clausurizzati e Uniti le regole non le ha rispettate nessuno, e le possibilità di farci evitare il bis di lockdown sono sempre più lock e sempre più in down. Del resto, che t’aspetti da chi anziché dare l’esempio e fare direttive ti fa lo scempio e si fa i dispetti? Politici che fanno i virologi, virologi che fanno gli opinionisti isterici e (poi) i candidati politici, presidi e dirigenti scolastici che mentre il ministro Prezzemazzolina è dappertutto a dire niente sui presidi sanitari e igienici prendono ordini e cazziatoni da presidenti di regione incoscienti iposcolarizzati e iperpropagandistici... Bello, no?
Il quadro della situazione è così chiaro comprensibile e consolante, che sembra cubista: non da discoteca, più tipo Guernica.
Uno Stato e un governo costretti ad aprire tavole calde — ma molto cool — per il virus perché ci sono troppe pressioni da sopportare, troppe burocratizzazioni da smontare, troppe casse disintegrazioni da annientare, troppe disfunzioni erariali ereditarie ed erettili da raddrizzare: insomma troppe bocche da fuoco e da falò da tappare e/o da sfamare. In Italia deve funzionare tutto come niente fosse, perché per il resto non funziona niente, a parte il senno del poi che riempie i letti i tg e le fosse; fra le tutte le trasmissioni d’informazione funziona solo la trasmissione del Corona: perché — sistema centrale, locale, civico o cerebrale — da noi funziona sempre che mai niente funziona. E quindi il bene pubblico — per una manifesta incapacità di pubblico demanio e dominio — viene sacrificato per il bene del privato: che non è la vita o la salute, ma sono la gnagna il guadagno la vacanza e la lagnanza a vita. Questo governo che c’imprigiona, questo governo che c’affama, questo governo che c’impedisce di fare le vacanze-studio (epidemiologico) e la seratona!
Quand’invece — duro da credere, ma duro solo per un duro di comprendonio da ammettere - questo governo contro il Covid non ha fatto peggio di altri nel mondo, in alcuni casi ha fatto molto meglio e persino da apripista: solo che a un certo punto ha tirato a campare e ha allentato la presa (di coscienza, di posizione, di corrente di pensiero d’un certo rigore), sapendo che è sempre meglio che tirare le cuoia come da dettato andreottiano poltronaro e immobilista. E quindi rieccoci nella palude in cui Conte e i suoi fanno melina o velina di propaganda, comunque gran fumo e piccolo cabotaggio; mentre l’opposizione — quella ufficiale, quella ufficiosa, quella renzista grandecentrista e (im)prenditoriale — cerca il colpo grosso la grossa colpa o il piccolo sabotaggio. Roba trita, trista, triturapalle che la metà basta.
E dire che per qualche tempo e per qualche bell’esempio sembrava potesse cambiare tutto, in meglio e sul serio: ma ‘st’illusione virale è durata giusto qualche mese, il tempo di tornare in noi a noi e al nostro paese sempre grave e mai serio. L’Italia che profuma di oleandri e di perché (cit. Mino Reitano) è il paese per quello che è: quello che poi nei suoi olezzanti meandri non profuma mai un granché; che c’ha storie e persone che altrove uno si sogna, favole belle che ti viene voglia di credere pure a Babbo Natale a Belpietro e alla cicogna: ma poi è solo zucchero a velo e al vento sulla venustà delle nostra vergogna, acqua di rose e di bellissime cose sulla acqua di fogna. Se vuoi capire il nostro ilarotragico paese hai sbagliato calabrese — non ti serve Italia cantata e decantata di Mino Reitano, ma l’Italia demente deforme e depredata vivisezionata a morte e immortalata a vita dal quasi anagramma e quasi compaesano Rino Gaetano. Superpensioni, cieli mare e auto blu, estati tutte supersorrisi canzoni e cazzoni tv: parole perfette, basta aggiornare un po' la musica, ed è sempre nun te reggae(ton) più…
Ebbé, dopo ‘st’inizio tutto male niente male, voi Papalutisti com’è che (e)state? Siete sopravvissuti, siete contusi felici e contenti che la hit dell’inverno è anche eccome la shit dell’estate? E che, dopo la sindrome da lockdown, via il lock sono rimasti solo i giorgi melongoloidi colla sindrome di Down (nel senso di giù la mascherina, la guardia, la maschera, quel minimo di filtro fra realtà/responsabilità e filiera propagandista e pro-negazionista fascio-bufalina)? Che a Pasqua magari siamo scampati alla scampagnata clandestina con carbonella carbonara, sì, ma solo per ritrovarci inculati dall’inalienabile diritto del dritto che in vacanza (con tanto di bonus-buon-per-il-virus…) deve farsi il risotto e il soffocotto alla marinara?
Voi non sappiamo, ma noi tutto bene — nel senso che tutto bene un cazzo, tutto pene nel senso sia del Beccaria che del cazzo. 'Na galera, un prurito, 'na gonorrea. Non per niente, eccovi ‘sto sfogo cutaneo di domande a pelle e a palle dopo essere stati zitti a costo di farci venire l’orchite e le bolle…
E come mai, poi? Lo ammettiamo, per una volta siamo rimasti senza (male) parole: per un attimo bello (brutto?) lungo abbiamo sperato (temuto?) che il nostro pessimismo cosmico restasse disoccupato in quanto ottimo esempio d’inutile e pessimo polemismo comico.
Ma i nostri dubbi ottimisti sono diventati dubbio ottimismo nello spazio d’un mattino, d’un break pubblicitario nel dibattito fra un matto uno in malafede e un cretino.
Poi passata (per forza, per finta, per legge: di mercato) l’emergenza, per fortuna tutto è tornato all’anormalità — nell’istante stesso in cui anziché appendersi alla minaccia della multa o della denuncia, ci siamo appellati al senso d’irresponsabilità: che modestamente da noi è molta, e trova sempre Salvini e simil-cretini che le leccano il culo e le grattano la pancia. A noi non ci salvi la vita manco colla sedia elettrica, a noi ci piace se ci salvi(ni) la serata con qualche polemica o puttanata sempre nuova ed eclettica; l’unica legge per noi è sempre fesso chi (osserva la) legge. Ché mica la devi osservare, se puoi dalla legge ti devi guardare. L’Italia è questa, idiota piegata e piagata dalla sua ossessione di non passare da fessa, ma per (s)fortuna la nostra scrittura come la nostra struttura resta: incazzata, ossessa, bastian e baston contraria, indefessa o forse indicibilmente fessa: comunque ostinata ostentata e contraria, sempre la stessa.
E quindi avanti, per molti (d)anni a venire. Fin quando l’Italia resta così, noi restiamo cosà. Ma non appena diventasse cosà, tranquilli: non la vorremmo così, perché vogliamo rompere (a)i coglioni e non schiodare di qua.
Quindi tutto bene, tutto apposto: abusiviness as usual, si fa quel che si può e non quel che si deve, si fa quel che non si deve perché si può: agosto, maglia stretta mia non ti conosco; solo canotta e canotto, e chi avanza dubbi è uno iettatore uno sfigato o un tipo losco. Guidati da negazionisti e riaperturisti che si fanno scudo talleri e scudi coi turisti, siamo andati al macello — di gente in strada, di prossimi e possibili terapizzati intensivi in corsia dove un respiratore se lo trovi ti costa come fosse marca Prada. Colla simpatica novità youth-friendly che, smaltiti quelli di novant’anni, a entrare in privé e in lista rip saranno quelli degli anni novanta. Figo, no? Ma l’estate è quasi finita e goduta, oramai: omissione compiuta e quel che sarà, che sarà mai? C’è tutto l’autunno, per tornare all’inverno del nostro scontento e del nostro sconcerto, quando non si trovava né un reparto né un cimitero aperto. Tanto. Nel frattempo e nel frastuono del bel tempo ci siamo scordati tutto, in Italia non è successo niente, in un mese di ferie ci siamo dimenticati quasi tre mesi di paure isterie e paranoie: ma anche di cose belle, importanti, serie.
Però però però. Siamo mica gli unici ad aver avuto la curiosità di vedere se si muore prima d’epidemia o d’economia, se è valsa la pena svuotare i reparti Covid per riempire di Covidiots i beach party.Mica soltanto in Italia il virus è stato dichiarato debellato per legge — di Borsa, di business, d’entertainment, di mercato — e pazienza se si tratta d’un mercato delle vacche, delle bufale, della pelle di persone che — povere, anziane, senza Tesla né Tik Tok — servono da simpatiche cavie e valgono quanto vecchie cacche.
Mica siamo solo noi, che andiamo forte cogli evviva troppo presto e ci svegliamo con il mal di testa da male della protesta. Non siamo gli unici del Ricasco Rossi fan club, a voler una vita e una ricaduta piena di guai. E Trump? E Bolsonaro? E quel coglione di Boris Johnson che ha chiamato il figlio Willbur ma in onore della sanità pubblica che l’ha salvato (anche se lui non voleva salvarla…) avrebbe dovuto chiamarlo Welfare? E tutta l’Asia — Minore e no — che nei contagi è tornata tutta Maggiore anziché no?
Tutto vero, tutto nero, tutto il mondo è paese, ma non basta tutto il mondo per arrivare al Belpaese. Tutto il pianeta è ammalato, tutto il globo dibatte, ma solo nel paese del nostro stivale si proclama l’apericena a nonno morto come diritto conculcato degno di sommosse, d'un moto del mojito compreso di lotte: possibilmente a bordo del tuo yacht, lasciando a imbottigliarsi e infettarsi gli sfigati strainfettati che per andare in vacanza prendono il ferribotte. Certo adesso si dice, si media e si dice che si rimedia, si tratta si proclama eppoi si ritratta. Si fa o si finge di, si finge o si fa come se, fatto sta che. Se tutto va male — cioè bene all’influenza degl’influencer: malattia invalidante per cui, a differenza del Covid, non c’è speranza di vaccino… — come su Scazzi a Parte avremo avuto discoteche aperte e richiuse con scuole chiuse emmai riaperte. Il tutto per la gioia dei gggiovani che fanno scuola agli adulti sul fatto che se non ci sono le discoteche loro col cazzo che fanno scuola. E che volete, i movimenti giovanili d’oggi sono questo: pane Sardine e Greta, panel social e nutella, ma poi al massimo fanno lo sciopero della fama anziché della fame che mica sono o sanno chi era Pannella. Genitori e figli, tutti sulla stessa barca — il Titanic, alias il Pandemic — perché coi loro figli i genitori sono stati un po' coglioni e un po' conigli, un po' avari o assai somari di consigli. Ora l’impressione è che si sia chiusa la stalla quando oramai sono scappati i buoi — e che sul demence-floor ci sono rimasti solo cocci e ciucci di bottiglia di champagne o pampero, asinini asintomatici e spritz-boy; proprio vero, tutto l’immondo è Belpaese: non per niente Sgarbi Porro e Briatore ce li abbiamo solo noi.
E bastasse. Fosse solo una questione di tarati deficienti e tangenti, saremmo salvati.
Corruzione a sfare e a parte (vero, presidente-parente Fontana?) a far riflettere è la coazione a ripetere e a sfinire. Ad esempio. Trent’anni fa Gherardo Colombo scoperchiava Tangentopoli a partire dal Pio Albergo Trivulzio per conto della Procura di Milano: trent’anni dopo deve sforacchiare il velo d’omertà sulla Cognatopoli alla Regione e sulla Necropoli alla Baggina su procura del comune di Milano. Il problema non è il virus che torna, è il vulnus che resta: nel nostro tessuto politico, sociale, cerebrale: il tumor panico proprio nella nostra testa.
Coma prima più di prima, insomma.
Essì che — lo ripetiamo, lo ribadiamo, non ci riprendiamo e non ci rassegniamo — per un momento è sembrato che davvero potesse cambiare qualcosa, forse addirittura tutto, ma stavolta mica per non cambiare niente come nelle hit dei Tommasi paradisi o nei desinit dei Tomasi di Lampedusa. Per un istante è sembrato che in un istante un anestesista fosse più importante d’un trequartista, che un buon medico fosse meglio del meglio spin doctor, che la sanità pubblica non fosse solo una questione di supervoracità privata appaltabile a qualche triste tri-tangentista: insomma che si potesse davvero cambiare l’agenda politica, anziché scambiarla per quella eco-unfriendly che ti regala la banca a Natale in vera finta pelle e tanta tanta plastica.
Non per niente nel periodo in cui siamo rimasti silenziosi, ansiosi, speranzosi (speranziosi?) davvero abbiamo creduto che davanti a un problema serio, tragico, si potesse diventare più seri senza diventare tragici. E’ successo il contrario. La situazione è grave, ma noi flaianamente non facciamo i seri ma solo fottipianginamente i tragici. O isterici o indefferenti, senza mezze misure: vogliamo la soluzione ma non vogliamo mascherine chiusure e contromisure; incoscienti, piagnoni, arroganti: vorremmo fare come la Svezia, i calcolatori cinico-freddi e nordici: solo che lì nessuno versa lacrime di coccodrillo o di pecora o di prefica perché l’immunità di gregge è fallita, mentre il virus è ancora lì e i morti sono tanti.
La verità è che il Covid è la scartina al tornasole di come ‘sto paese è scarso, di quanto se la gioca male, di come e quanto fuori dall’emergenza più di tanto non vale: torna sempre a quello che è, al fatto che a tutti i costi (altrui) vuole fare quello che vuole. Mentre la politica politicante, pluriniente, polinsignificante — dopo un attimo di pericoloso sbandamento — sta tornando a fare quel che suole, che un po' ci duole, ma alla fine se ci fa comodo poco ce ne cale. La mitica mistica degl’italiani brava gente non attacca: semmai è l’italiano bravo agente — patogeno, patetico, patologico — che qualcosa te l’attacca. Ad esempio il pippone sullo Stato o assente o pressante, sul governo che fa troppo o non fa niente: l’unica certezza è che er cittadino poverino è solo, ignaro, sempre innocente; anche se io non metto apposta la mascherina, se i miei figli escono la sera e tornano la mattina eppoi fanno secca nonnina, anche questo è colpa di Conte. E trovo sempre qualcuno pronto a darmi ragione, a farmi l’applausone, a darmi una demagogia irresponsabile e una demagogobugia spargi-paura in cambio d’una democrazia un minimo responsabile e matura.
Abbiamo un'opposizione sovranista e superinstagrammista, con un governo non di sinistra ma social-ista: insomma una politica che tutt'intera non vale mezza tacca e non capisce un'acca. Che segue e non guida, che non segue né un filo logico né altro che non sia un filone demenzial-demagogico, che non capisce in senso filologico; che guida solo nel balletto triste dell’offrire pretesti e facili assoluzioni a chi protesta reclamando immediatamente difficili/istantanee/impossibili soluzioni. Che avanti alla cieca o alla filorussa, sondando e assecondando i pessimi umori e le cattive abitudini del paese — perché che il Paese sia meglio della propria politica è un’illusione, pure piuttosto palese. Dove va il mare va la marina, il branco segue la rabbia canina, dove va ‘sto paese alle vongole lì la politica allo scoglio(namento) quattro stagioni s’incammina: e quindi vai di andamento (maci)lento, marcio dentro, marcindietro e arcilento. Un passo avanti, tre indietro, mille sul posto nel ballo del potere tra pseudosinistra cenciodestra e merdocentro storico e cronico. A tutti livelli, in tutti i cessi e i recessi del potere, dalle tazze ai bidet ai lavelli di tutti i gabinetti di guerra in guerra fra loro e in questione: boss e travet, i capoccia e i sottopancia, governo maggioranza e opposizione. Per dire, per capirci, per capire: non se ne azzeccano due di seguito manco a morire. Si fa o si propone una cosa buona, e subito si fa o si propone una cazzata: altrimenti nell’ambiente nessuno si fida ti si fila o ti perdona…
Qualche esempio, senza fare nomi e cognomi: non per rispetto né per timore, ma solo perché nella piccineria generale servirebbero come a distinguere fra nani e gnomi
Con più fortuna che merito, si è miraculosamente riusciti ad abbattere la carica virale? Per compensare bisogna subito farla risalire, senza tralasciare di far impennare la polemica bullo/nullo-politica e lo scaricabarile.
Si tira su tutti orgogliosi il nuovo Ponte di Genova? Immediatamente tutti orgoglioni — siccome se non puoi passare sopra ai problemi di governo, puoi volarci sotto — si butta giù l’idea di buttare qualche miliardo da Ricoveri Fund giù nel Tunnel dello Stretto: un'idea per niente da ricovero e nuova nuova, pratica terra terra e tangibile come una supernova.
Tutti d'accordo, persino i colleghi, che i nostri disonorevoli e assonatori sono deficitari o proprio deficienti rari? Certo! Ma anziché fare voto di aumentarne la qualità, si fa un referendum e si va al voto per ridurre la quantità dei parlamentari... Un pò come se per ridurre i ciucci in classe tu riducessi gli alunni, anziché insegnare meglio anche ai più cunni.
Ma sinceramente le soluzioni originali si sprecano. Tutti gli schieramenti hanno pensate e ripensamenti che spaccano, soggetti candidati e progetti che sbracano. Il governo ha un problema? C'è un problema di governo: discutiamo h24 come cambiarlo, ché il problema vero nessuno sa una o 24 acca di come affrontarlo.
Il Conte 2 è ritenuto troppo lontano dal popolo, troppo debole e tenuto su solo dal potere, nato e cementato da una manovra parlamentare? Non buttiamoci giù, buttiamo giù lui, facciamo un bel Draghi (numero) 1 a prescindere e a trascendere, con un bel manovrone di palazzo facciamolo presidente e papa senza manco passare da cardinale: si sa che la gente impazzisce, per un ex banchiere centrale; da Comunione e Liberazione all'Arcicaccia a Calenda con Azione, tutti dentro e tutti fuori di testa per questa ideona altamente democratica che spalanca le porte a Salvini Meloni boys e Nazisti dell'Illinois alla prossima tornata elettorale...
Sempre così, il tono di voce muscolare d'un paese che si dibatte da orbi. Si blatera, si complotta, ci si mena e ci se la mena da mane a sera: ma guai a chi obietta o si estranea dalla lotta...
Nonostante i frugali olandesi che cosa si sono fumati non lo sappiamo (o forse sì: il solito prezzemolo afgano mischiato a un ragionierismo da populismo monetarista e sovrano…) abbiamo ottenuto tanto compresa la possibilità del salvastati? Discutiamone, parliamo, votiamo, decidiamo: capiamo se possiamo uscirne devastati o salvaguardati. Ma quando mai. Senza neppure lambire il fondo in quanto tale, ecco che tocchiamo il fondo — metaforico, patrimoniale, editoriale; eccovi un inguaiatissimo e conguagliatissimo conglomerato politico-giornalistico-economico BerluskElkaniano che — da Sallusti a Molinati ai Renziani, da Stampubblica a Bettini alla Cuccarini — per il salvastati vuole un governissimo griffato e ingrifato SuperSanto Mario Draghi per spendersi il nome e comprarsi una legge salva amici denari e potentati.
Perché da noi non si approva una legge che serva alle persone, ma che asserva e sfami le clientele che nell'urna e davanti alla porta ti fanno il pienone. Ma se non sei cretino trovi anche il modo di fare la cresta prima che gli elettori ti facciano la festa: perchè da noi con qualunque legge si trova il danno l'inganno e il guadagno, e per il resto è fesso chi (e)legge. Che sia buona o cattiva, si trova il modo di spremerla coi bonus o colle cattive — anche nel senso delle scuse più penose, risibili, schifose.
Colpa del commercialista che mi ha ipnotizzato a mia insaputa, l'ho preso per mia mamma morta tre anni fa, l'ho dato in beneficienza al mio yacht o mignott club...
Fai una legge perché tutti quelli che ne hanno bisogno abbiano 600 euro? Si scopre che è colpa della legge se i 600 euro li richiede e se l’imberta — e guai se gli si fanno domande di sorta — proprio chi la legge l’ha votata ma non ha né vergogna né bisogno. Se puoi farlo, devi: a ogni seduta, vota mangia e bevi. Se non c'è responsabilità penale, non sussiste problema d'opportunità o responsabilità personale.
E hai voglia ad andare avanti: ma d’andare avanti con ‘ste schifezze, chi c’ha voglia?Un florilegio da potata urgente, che spazia dalla puttanata semplice al sacrilegio flagrante. Piccole miserie, grandi angherie, piccole e grandi cleptomanie. Questo ci tocca, con questi che nessuno li tocca.
Quand’invece i temi sarebbero tanti e tanto diversi da questi, dai patemi d’uomini d'impotenza senile o ignoranza giovanile che non guardano più in là degli ultimi sondaggi, dei possibili scrocchi strapuntini percentuali e saccheggi, delle ultime interviste in cui si protestano onesti o delle ultimissime nequizie che parlano d’amici dei nemici agli arresti.
Come spiega Spillover — un libro molto noto venduto e citato, quindi poco letto e capito — il nostro sistema di sviluppo nuoce all'uomo come al resto della flora e alla fauna, alla (non troppo) lunga distrugge noi le foreste e il pianeta, ma in compenso piace un casino alle Sars all'Ebola e al Corona. Non bastasse, il libro anticipa che questa pandemia non sarà né un caso né un casino isolato: se deforesti e disturbi il virus a casa sua, poi te lo ritrovi a casa tua. Covid 19 avrà i suoi fratelli, dal ’20 in poi forse pure più frequenti contagiosi e coltelli. E per fronteggiarli agli Stati non basterà promettere i soliti ospedali medici e infermieri, o non mantenere più i più solidi speculatori arraffatori e caca-cacciabombardieri. Andrà ripensato tutto il sistema salute/prevenzione/vaccinazione a livello mondiale; anche e soprattutto perché così com’è l’Oms più che all’alta medicina fa pensare alle M&Ms: tutto bocconcini e strapuntini politicamente colorati, molto emeriti e spesso pochissimo meritati, più lottizzato della Rai e con più raccomandati e negati d’una azienda municipale.
La salute dell’uomo mai slegata a quella del pianeta non è una puttanata o una gretinata: le deforestazione intensiva porta più virus, che ci portano alla congestione della terapia intensiva: una migliore gestione (e non indiscriminata ingestione, con incriminata digestione...) delle risorse erariali naturali e cerebrali è un dovere, oltreché un diritto per una coscienza politica che — se proprio non vuole essere di sinistra e progressista — almeno può provare a fare la moderna e rinnovatrice/risanatrice progressiva, no? Certo! Beato o beota chi ci crede — tipo noi Papalutisti, che non accettiamo che il popolo sia bue, ma non c'attacchiamo al carro buoi dei troppi Scialapopulisti.
Hai voglia a sollevare dubbi e questioni, quando qui il gioco è alzare qualche voto e sollevare polveroni. Che volete che siano i problemi globali o le questioni etico-morali, davanti alle essenziali ed esiziali elezioni comunali e regionali?!
Il nostro mondo cambia, ma il nostro modo non cambia. Possiamo ucciderci da soli, ma furbi come polli come siamo, chi ci deve ammazzare?! La bomba nucleare, un’appaiata di guerre mondiale, il reggaeton diventato virale: la nostra più grande invenzione di sopravvivenza — la stupidità — è sopravvissuta e superproliferata in tutto questo, figuratevi se la tocca o l'intacca qualcosa di più proriamente virale (ma probabilmente meno pernicioso) del reggaeton...
Insomma, siamo e saremo questo. Resilienti, recidivi, vivi anche se deficienti. Se ci può consolare abbiamo fatto di peggio; anche se ci può sconsolare, difficilmente faremo di meglio.
Anche dalla tragedia peggiore, l’uomo è uscito o riuscito migliore. Questo fino a oggi, fino alle signore permalose o ai Sabini Cassese che se gli chiedi di tirare su la mascherina o di mettere giù qualche giurisprudenzialità cretina ti rispondono che li oltraggi. Per assurdo che sia, colla pandemia tutti noi abbiamo avuto un’occasione da non perdere — ma tranquilli, avanti così sarà l’occasione a perdere tutti quanti noi, amen ave John Lennon e lascia che sia.
Nel frattempo l’estate sta finendo, il tempo per fare in tempo pure, ma noi vamos a la playa e del resto ce ne stiamo fottendo. Ma fin quando è così e ci va bene, va bene così. Se c’ho la gnocca, manco l'App-ocalisse sullo smartphone mi tocca; se c’ho la Dreher fresca in frigo, di Kyoto Krauss Dostoevskij e Schopenhauer me ne frego. Mojito e patata: eccolo lo spirito del tempo, l’attuale visione del pelo e del mondo che ci siamo data.
Non saranno gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Krauss, ma anche in questi la grande madre della disumana stupidità è talmente spinta e incinta che funzionerebbero pure il salto della quaglia o l’Ogino-Knaus…
Ma tant'è, se siamo ancora (preterintenzionalmente) qua, vuol dire che tanto troppo non è.
E quindi, come direbbe Karl Krauss se fosse vivo vegetale e calabrese anziché morto e viennese, futtiti e futtitivinda: fottiamo e fottiamocene, che qua è festa e si brinda. Anche se magari è un funeral party in stile Louisiana in cui fai festona col bar e la tua bara aperti... Bene lo stesso, tanto noi qui col mischione di misfatti abbiamo fatto. Come diciamo sempre, buona notte e buona fortuna, al limite buona fottuta. E Krauss per Krauss, vi concediamo con un gute nacht und viel glück: vi auguriamo good night and good luck: ora però vivamente vi consigliamo via, schnell, raus, eventualmente good fuck.
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