E
all’estrazione del Lotti sulla ruota del Nazareno uscì il numero d’avanspettacolo
e d’avanzo di galera del Minzolini salvo. Che dire? Una mano lava l’altra, una
mala leva l’altra: dalla merda. Scambio di favori, di favoritismi, d’ostaggi e
di pestaggi — alla legge, alla decenza, a un minimo di forma e di apparenza
democratica. Tu salvi il mio ieri, io il tuo oggi, il mio e il tuo saranno i
nostri domani. Malaffare fatto, affare-patto di governo solido ma non solare,
conveniente e in futuro da rifare. Non subito, senza fretta e senza troppo
rumore per questo grande Nulla. Ma un Nulla di governo, un buco non nero ma blu
autoblindato e ministeriale, un mare morto in cui nuota la Balena Bianca che
quando mai è stata Stato e più viva...
Ah
sì perché — nel caso non si fosse capito — il monte(Paschi)premi in palio è
questo. E chi non lo capisce vince uno skypass a vita per venire giù dalla
montagna del sapone. Nazareno never dies,
Nazareno never lies. Il Nazareno che non muore mai, che non mente, e chi
certe cose non le vede è solo un bugiardo o un demente. Achab è morto, alleluja
per Moby Diccì. Dare una botta alla magistratura, farsi una botta di vita e di
vitamina C(af), un pippotto di cocaffina
per rimettere in piedi e su su bella dura una bella Renzubblica Berlusconiana
duratura. Un programma discutibile, ma che per il momento non si può vedere:
tipo Parliamone Sabato. Il governo
Gentiloni, le Riforme, la manovra correttiva, la sorte collettiva? Cazzate! La
dignità del Parlamento, la difesa delle sue prerogative? Solo fumo — e balle
sul fumus persecutionis — negli
occhi, per non farci vedere l’arrosto. Di carne di porco e d’una stagione già bruciata
nella politica dei due forni. Bella spregiudicata, con dentro tanta gente, che
magari finirà con tanta bella gente dentro o pregiudicata. Un neocentrismo a
cui spalancare le braccia e le porte, per poi trovarsi con un paleoandreottismo
che rientra dalla finestra — e che esce solo all’ora d’aria. Dopo quella del
Cinghialone, la stagione del cinghialino bianco all’ingrasso: quella del
Rottamattore, del finto giovane e del rottamatore per finta, del fanfarone
fanfanian-blairiano in ritardo e in differita. Insomma quella di Renzi, Mister Velocemente da Nessuna Parte, che in
trenta mesi ha fatto quello che manco Silvione in trent’anni. Increscioso caso
giovanile di dimissio praecox — una
sveltina da 80 euro, senza manco eiaculatio. Ascesa, caduta, discesa libera
nello slalom speciale e gigante fra le merde lì da vedere e lì lì per pestare.
Un’esperienza di governo e di partito, di sgoverno e di spartito suonato brutto
nonché di brutto, con — e Consip — tutti i crismi del disastro, della crisi
d’identità, con dentro una crasi fra Craxi Giolitti e Crispi, cioè il peggio
del peggio della politica italiota coll’affarismo-clientelismo nel DNA.
Strategia
d’altissimo doposcuola, da diploma Radioeletrizzante, coll’apoteosi di laurea
in Scienze Politiche Esoteriche e Occulte della Scissione. La solita nemesi,
l’usuale necrosi per la sinistra sempre meno futura e sempre più moritura. Che
— visto chi colpisce nella vicenda, chi si colpisce a vicenda — sarebbe anche
tragicamente divertente; ma — visto che non colpisce affatto loro, ma i più
deboli senza santi né Babbi o Nababbi Boschi/Renzi in paradiso fiscale che
nessuno difende — è solo cosmicomicamente disperante. Un faida fra falliti che
si credono faine, fra capi capetti e capponi di Renzo o anti-Renzi che si
credono volpi nel pollaio. Una delusione, una tristezza, un’autoillusione.
Quando Matteo è soltanto il degno allievo d’indegni maestri — che, ingiustamente
quanto tardivamente, non lo riconoscono. E sono ridicoli, risibili, maldestri
quanto pedestri. Ma come, hanno fatto di tutto per ritrovarselo lì, e adesso se
lo perdono come niente?! Renzi infatti altri non è che il loro tronchetto
dell’incapacità, il trichechetto dell’infelicità che bello ciccio e salciccio
salta in culo agli ortolani dalemianbersaniani, i primi a saltare e straparlare
sul carro dei blairiani; ad aprire tutti contenti alla Terza Via: e a trovarsi
chiusi fuori dalla ditta, scontenti in mezzo a una via, fatti fuori dal
dittatore tutto chiacchiere e distintivo ufficiale del club dei bla-blairiani. Oltretutto
coll’arrapante prospettiva — dopo esserne rimasti fottuti — di restarci anche
al governo, non più grandi amici ma piccoli alleati. Una scemata, una
sceneggiata, un’oscena pantomima nella sinistra oramai scemante e scimunita. Un
casino degli orrori, una casa degli errori in cui davvero non si sa chi o cosa
scegliere, se più piangere o ridere. La Cosa Rossa è diventata solo una cosa di
potere, di rancore, un covo di vip e di vipere. E il peggio è che se lo merita.
Perché se non semini niente, se semini il tuo elettorato tenendolo a distanza,
se molli la politica vera per fare happening Fondazioni ed eventi, ovvio che
poi raccogli solo gggiovani vecchi in tempesta: ormonale di tweet, di jobs act,
di buffoni a buffet, di blob di blog, di scorregge fritte ma vendute per grandi
e rivoluzionari venti. La verità è che la sinistra che negli anni Settanta guardava
a Berliguer e Allende ma poi si vedeva Happy Days, Renzie se lo merita. Né ha
l’autorità morale o la forza politica per far appendere il chiodo al chiodo a
Matteo Fonzarelli. Pro o contro, ex pro oggi contro o viceversa: i D’Alema, i
Veltroni, i Fassino, i Bersani sono eredi indegni, che andrebbero presi non a
esempio, ma a Sberlinguer in faccia. Anziani, ansimanti, alienati e alienanti
signori che della tradizione hanno tradito tutto — a partire dalla questione
morale — tranne il togliattismo, la doppia morale, la lotta politica solo come
questione personale e umorale. Statisti inconcludenti, stalinisti pentiti
imbranati e pure supponenti. Il Massimo — o il Walter, il Piero, il Pierluigi… —
del minimo. E chi oggi è contrario a Renzi non ha tutti i torti, tranne quello
enorme d’essergli stato uguale: d’aver voluto per lui e solo per lui il tortone
politico-elettorale. Per poi farci niente, per farci affari comodi e più o meno
porci, e niente più. Proprio come lui, il Matteo Matto per il Potere per il
potere — cioè come un podere al quadrato, da dividere nel suo orticello dove
cresce e comanda solo il Giglio Magico a tutto tondo. Uguali e contrariati dal
Verdino Renxi che ha tutti i torti, ma si pappa la torta del consenso perché
secondo la base ha una ragione all’altezza — è un ex lupetto logorroico un po’
cresciuto e troppo pasciuto, sarà un Lupin incallito, ma è sempre meglio del
solito vecchio volpone: del Massimone-Marpione D’Alema ingrigito, imbelvito e
rincoglionito. Insomma. Che l’abbia subita o suscitata, agevolata o solo accettata,
per Renzi questo Mdp (Massimo D’Alema
Power?) — dopo il referendum e l’Italicum come doppio colpo di mano fallito
— è un colpo di culo e di poker servito. Via la zavorra della sinistra che si
crede nipotina di Berlinguer e figlia di Mazinga, che si sente troppo furba
figa e Zorra? Evviva, evvia a peso morto sull’unica soluzione, sulla sola
ri-unione che lo può lasciare vivo — oltretutto col vivissimo apprezzamento
della Nostra Giornalistica Intelligenza, che ‘sta cosa del Neocentrismo
Democratico la trova troppo troppo ganza. Da slurp, questo slum di peones alla
Razzi — ma meno simpatici — che diventano ago in vena della bilancia della
nostra Repubblica in retromarcia e in coma coi cazzi!
Leggere
per credere, prego; dalla Meli Milfona del Renzismo in su, è tutto un su lasciate stare Matteo, prego! Una
corte salivogena e dei (falsi) miracoli — una lecchina fumogena tutt’attorno, a
lavoro per evitargli ostacoli. A parlare di Scissione, a frignare di Renzi
poverino, a sghignazzare di Pierluigi e Massimo riuniti al Cremlino — tutto,
pur di non parlare dell’unione di fatto e di misfatto, di questo spirito di
rivalsa e di Reunion. Di un gruppo di morti più morti dei Beatles, solo molto
più probabile: anche se come storia di fantasmi è più simile a Beetlejuice Spiritello Porcello. Un film
vecchiotto ma che fa sempre ridere: ché almeno ci consoliamo della malaria che
tira, portata e infettata da ‘sto venticello. Che non è calunnia — è calumet
della pace, una tirata di salute fra chi comunque non si è mai fatto la guerra.
Ogni boccata una porcata, una maialata a Manitù, un’invocazione-ingroppatone di
gruppo al Grande Spirito di Giulio Belzebù!
Spirito
— poi — al massimo spiritello. Spiritello Porcellum, come abbiamo detto: peggio
ancora Italicum, tanto peggio tanto meglio qualunque legge proporzionale (allo
schifo imperante, ma almeno maggioritario…) che non sia una revisione
aggiornata e adattata del Mattarellum. Quand’invece, dopo il referendum, questo
si sarebbe dovuto fare. Legge elettorale e subito ad elezioni. E invece,
erezioni: gare a chi ce l’ha più lungo, scissioni, rissoni, nessuno che muove
un dito o batte ciglio, tutti a battere difendere e ribattere sul Magico e
Immarcescibile Giglio. E questo è il risultato, ‘sta bella solfa, un cacando
Rossiniano fino all’acme e all’altro giorno. Una colossale presa per il
sederino, per la Severino, per il culto dell’impunità e della legalità presa
per carta da culo.
Del
resto. Tangentopoli ha 25 anni ma è una creaturina, una vecchiaccia-bambina, è
come non ci fosse mai stata. Una neonata, una mai nata, e contemporaneamente
una cosa vecchia e abortita. E aborrita, soprattutto. Dal richiamo della
foresta pietrificata — Dedipietrizzata,
come diceva una volta la cricca Craxiana oggi VerdinoRenxiana — che ha ululato
di gioia in aula al Senato e in faccia a un paese stremato. La macchina del
tempo e del fango, la DeLorean dello schifo e dell’impunità guidata da questi Caf
Doc di Ritorno al Futuro ma passato come un guaio — che meraviglia! Solo un po’
peggio, solo un po’ molto: perché quest’ammucchiatona oggi non soltanto ha
margini di riuscita, ma a differenza di vent’anni fa è ben vista come argine al populismo anche dall’intellighenzia
de sinistra più in vista, anche se
più cieca e più fallita. Stampubblica, Pronto
SoccorSera, Il Sola24 ore: tutti a tifare, sotto sotto, per una soluzione
sotto banco, sopra la testa dell’elettore e parecchio sotto ogni decenza. Dopo
Augusto, riabilitiamo/riesumiamo Silvio: e, dopo le elezioni, vai d’accordo e
d’amore per un augusto governo Renzusconi. Chi una volta tifava per le procure
adesso tutto in una volta scopre che le procure hanno il tifo, sono appestate,
pericolose, amminchiate colla corruzione. Che, per carità, è un problema: ma
combatterla non è la soluzione. Meglio ignorarla, introiettarla, indorarla: come
una pillola, o un suppostone di governo di coalizione; meglio ancora un ridente
governissimo a 24 carati e a 48 denti cariati, un governo di coalizione da
Tiffany. Perché — tanto per cambiare — nel paese del trasformismo c’è tanto da
cambiare: purché sia solo un cambiare maglia, idea, campo. Restando però sempre
in quello psichiatrico. Un ragionamento che non fa una piega — ma ne prende una
di convenienza sfacciata, di tasca e di pancia fino a diventare un ragionieramento. Un calcolo alla buona —
facile da fare — e nemmeno doloroso alla cistifellea. Siccome non puoi
sconfiggerli, fatteli amici; siccome hai debiti di banca o di riconoscenza ad
affliggerti, fatteli piacere pure se sono amici degli amici. Se il termometro
dice 40 di febbre, digli di non rompere. Anzi rompilo che ti passa, o
quantomeno non ti scassa. Eccola, la ricetta da medico della mutua — l’unico
consigliato per l’Italia che non muta. Nel paese sfiduciato, sfilacciato, sfilettato
e sfiancato dalla crisi (finanziaria e nervosa) non solo stravince la
corruzione — secondo questi signori editorialisti strabici e stratosferici, convince
parecchio la rassegnazione. Facendo finta che sia buon senso, e il realismo-berlusrenzismo
politico una buona forma di governo della stagnazione. Fra Grillo e Salvini, un
Renzusconi da calma piatta ed encefalogramma di più sarebbe il male minore… Che
in Italia però è sempre il male migliore, quello con cui credi di tirare a
campare: eppoi ti ritiri ad accampare scuse sul fatto che forse, sì, abbiamo
sbagliato a dargli fiducia ma per carità, eravamo in buonafede e buonissima
compagnia. E si sa, da noi le compagnie sono tutto: malcostume, magno gaudio…
Però
questo m’illumino di Minzo in spregio a tutto — questo atto fondativo e
affondativo di un’istituzione della Repubblica by Chiquita — almeno un pregio
ce l’ha, dopotutto: mette in (cattiva) luce il disegno. Goffo, da bambini
accaldati e manco tanto svegli, coi colori e i calori a (bruttissima) cera. Il
Pd — secondo certi scienziati erede di un partito comunista mai pienamente
democratico — colla scissione degli sciancati e palindromi Dp diventa un bel
partito Democristianocratico. Al centro del sistema neoproporzionale, della
palude totale, dove con tre partiti al 30% un Alfano con ben il 2,8 può
diventare Principe Ranocchio e sasso nella Stagnazione Nazionale. Lui e quelli
come lui. Sanguisughe che ciucciano voti qua e là, che pongono veti e prendono i
posti per fondelli e le Poste per i fratelli, ma che diventano santi e martiri
della Governabilità. Si preparano tempi così: cupi, da vampiri, da fare i conti
NcDracula cogli Alfani a pecora che diventano (Maurizio) Lupi. Non per niente
l’Ncd s’è sciolto — forse perché qualcuno l’ha lasciato fuori dalla cripta fino
all’alba... — e si ritorna a parlare di giustizia a orologeria: però di marca
Rolex, recapitato al figlio del ministro per la brillante laurea in ingegneria.
Ovvio
che in natura e tantomeno in politica l’Ottimo non si può avere perché non esiste
— ma che esista solo il Pessimo, e che oltretutto uno non possa manco averlo in
odio… Se si vuole più bene a papà o a mammà non si chiede, ma almeno si
chiederebbe di non dover volere più male minore al pappone o alla mammana.
Invece
no, pare che non si possa: appare tragico, ma toccherà scegliere fra una di
queste posse. Insomma, tolta la scelta resta solo l’imbarazzo. L’alternativa è
o la Prima Repubblica, o prima della Repubblica; o la Demagogocrazia cristiana
a palle mosce, che abbiamo detto, o la Ducecrazia Musso e Mouseliniana a
braccio teso su mouse e moschetto. Con Beppenito Grullosini che dal balcone di
piazza Venezia al listone di Genova piazza ragionieri Fantocci come se non
fosse un’abuso ma solo un’inezia. Circo e circostanza elettorale che danno grande
esempio di democrazia digitale, ma semplificata, ridotta a un solo dito —
medio, in culo, l’uno che vale l’ano di tutti quelli che non ci stanno.
Beppenito mette e caccia chi dice o disdice lui, e per chi alle comunarie
clicca per gli altri ciccia e cazzi suoi. La democrazia ha delle regole, Beppe
è il garante delle regole, quindi lui è la democrazia. SilloGrillismo
aristotelico, autentico e autenticamente Egocratico. Un po’ Casaleggio e
associati, un po’ Casapound appena appena più puliti.
E
quindi. Ricapitolando, la nostra scelta — ridendo e scherzando — ecco su chi
dovrebbe cadere, e non ricadere addosso solo con una botta di sedere; ecco a
voi — e ahinoi — su chi staremmo ricedendo, ricapitombolando, ri-capitolando
alle prossime elezioni.
O
i Fantozzi e Fantocci alla Raggi, o il Razzifascismo Ruspante e Sparante di
Salvini, o il Bargiglio Magico del gallissimo trio Renzusconi-Verdini. Un rosario
di scelte che pare un rosaio da sciolte: dove accucciarsi con scheda e matita,
con vari cespugli d’ortica o di Tabacci-Pisapia con cui dopo darsi una pulita.
Bello, no? In prospettiva un discreto governo di cacca, e allora godiamoci
quello di plastica — o angioplastica, visto che appena nominato per l’emozione
o l’angoscione a momenti gli parte la pompa — di politica tarocca, del discreto
e quasi invisibile Gentiloni. Un governo più che di scopo: di scopa e di
ramazza, che non sporca, che raccoglie i cocci e i cazzi amari di chi viene
prima, di chi sbanda e sbanca Etruria per non averci capito una mazza.
E
anche noi, non ci capiamo; non ci risolviamo, non decidiamo: ‘sto governo che
vuole dare il Daspo preventivo ai senzatetto e agl’immigrati imbrattatori, ma
il cinque esortativo con un 100mila forfettario ai senzavergogna export ed
evasori; che è solo sforamenti di conti sballati, fallimenti e sfollamenti di
terremotati; che non riesce a pagare i bonus-mamma, perché ancora deve ripagare
il bonus-malus babbo Renzi; ‘sto governo, ci domandiamo e non ci decidiamo, è
più inutile o più dannoso? Bella domanda, da brutta risposta.
Ma
questo è il Papaluto; e noi non diciamo/domandiamo/decidiamo solo questo. Il
piove governo ladro non è per noi: il governo ladro piove ma non dal cielo, e al
massimo risale dal cesso che siamo (anche) noi. Ohhh sì. Dal paese che segue
fedelmente il suo bel Piano Regolatore, fighissimiticamente il suo Rigopiano
demolitore.
Già
dimenticato? Dopo due mesi di teatrino dell’orrido e di tivù-indegnità sul
dolore, di militari-eroi da Ballando
colle Stellette, di coppie di fidanzatini diventati amori vip dalla
teleferica al televoto pronti per l’Isola
dei Nevosi, svergognate esibizioni da Tu
sì que Franes… Ecco, si scopre che l’hotel lì non ci poteva stare. Ma che —
all’italiana, alla kamikaze — si era riusciti a farcelo stare. Aggirando l’apposita
commissione di controllo. E rispondendo — quando c’è la frana e tu telefoni per
segnalarlo — che è uno scherzo, ché la mamma degl’imbecilli è sempre incinta. Perché
a noi in Italia c’ammazzano quelli intelligenti. Noi, il paese più furbo del
Terzo Mondo: in cui si muore ancora di maltempo o di protezione incivile.
Perché da noi, e da sempre, malfunziona così.
Per
la stessa regola plumbea per cui negli ospedali da manicomio i malati stanno a
terra da Palermo ad Acerra, mentre medici e infermieri assenteisti sono sulla
terra — rossa, del tennis. Per lo stesso principio fondante e affondante la
nostra Repubblica lì nel nostro Senato. C’è una regola, c’è un controllo, c’è
una remora? E a che serve? Ingombra, ci sta sulle palle e ci stanca l’amico l’elettore
o il parente, non ci fa comodo anzi e ci fa ombra. Via tutto allora, alla
malora tutto: che sia il cartellino, il controllo, o la legge Severino. Avanti
gli evasori di carriera, gli escursori in orario di lavoro, gli eversori che
come carriera hanno il non aver mai fatto un lavoro. E’ il discorso della
febbre — rompiamo il termometro, e per misurarci la febbre in culo poi ci
mettiamo un ombrello…
That’s Italy, That’s Ammore: for Incivility!
Ma
quali regole, padroni mattoni e pistoloni a casa nostra: di noi tutti padri di
famiglia tanto buoni, e lì fuori dalla porta tutti gli altri mostri! Calma e
sangue freddo, ché il nostro Karma non è ammazzare a sangue bollente. A meno
che non lo siamo anche noi, tutti gli altri non sono mostri. Perché — come
ricorda il noto politologo e filosofo della Scienza del Lifting Umberto Tozzi —
Gli Altri Siamo Noi. Mostri? Dopo
tutta questa ubriacatura di bugie inopportunismo politico e violenza, ai
postumi l’arduo post-sbronza…