martedì 21 luglio 2015

I VISAGISTI DELL'ANTIMAFIA

Più facile trovare l’accordo coi Khomeinisti non ravveduti di Teheran che coi Komunisti corretti di Tsipras, la Germania più ayatollah dell’Iran, Usa e resto del mondo che disinnescano il pericolo nucleare mentre in Europa non riusciamo a far saltare per aria le puttanate atomiche della Merkel e degli altri rigoristi-opportunisti sul debito greco. Tollerenza che guarda caso fa rima con intelligenza, di là; austerità che mica per caso fa rima con stupidità e avidità, di qua. Le palle quadrate di Obama per provare a tendere la mano al nemico contro i cavoletti e i cazzi amari di Bruxelles, che a tendere la mano a un paese amico nemmeno ci prova: al massimo tendergli una corda per impiccarsi in amicizia. Il mondo cerca la pace sulle testate atomiche, l’Europa va a cercarsi la guerra fra poveri per quattro testate di minchia termonucleari…

Insomma, avete capito quale sarebbe l’antifona: l’antitesi del nostro tradizionale repertorio papalutesco. Quale sarebbe stata, meglio. Dite la verità, era o non era bello, un pezzo così? Un Papaluto cazzuto e internescional, che praticamente si scrive da solo e si commenta da sé. Un blog che per una volta non è il solito blob d’inquisiti coi requisiti per Palazzo Chigi da premier ma pure per Palazzo di Giustizia da cliente premium. Una cosa diversa dal solito, dai soliti. Un articolo di ampio respiro internazionale, anziché  la solita agenzia Asma sull’Italia col fiato troppo corto e le mani sempre troppo lunghe…

E invece. Noi avremmo voluto, ma invece… Niente asma, c’è un’altra emergenza sanitaria che toglie il respiro. Roba urgente, cogente: ma soprattutto indecente. C’è un signore che, partito come simbolo dell’antimafia, adesso gli è partito l’embolo che l’antimafia è solo lui. Un sindaco coraggioso da tremarella (e non solo perché era lì a Gela…) diventato un governatore antimafioso da ridarella. Un tipo passato dall’opera buffa all’operetta tragica all’operato tragicomico. Che non merita nemmeno disprezzo: merita il prezzo del biglietto dello spettacolo che ha messo su. Che meriterebbe di andare sotto i ferri della sanità e del sistema di mafiosità che ha finito di spolpare la Sicilia coi suoi compari, dando in pasto alla stampa nomi buoni da sgranocchiare con un Campari. Nominativi-aperitivi al disastro, apericenni di fuffa eppoi di truffa a ogni cambio di giunta demenziale e semestrale. Vip, ex viceprocuratori, magistrati, scienziati, imparentati famosi e disgraziati famosissimi. Battiato, poi Zichichi, poi Borsellino, e domani magari Zorro, Bono degli U2, Batman, Briga di Amici per acchiappare i gggiovani, Gonzalo de Il Segreto per rastrellare il consenso fra le vecchie… Trentanove assessori cambiati in trentanove mesi, la lotta alla mafia per spot, la Caccia al Nome per sport, la cacciata della vecchia Nomenklatura politico-mafiosa manco per sogno, l’accordo con essa per professione e per passione Rosario, basta, dopo tre anni e tremila giunte mettiamoci una Crocetta sopra e diciamolo: metterla sul tuo nome, alle elezioni, è stata una cazzata.

Volenteroso, speranzoso, apparentemente ansioso di cambiare, all’inizio. Fumoso ozioso e persino odioso nella sua presunzione d’aver cambiato tutto nonostante tutti che lo minaccino, alla fine. Fine che purtroppo non si vede. Perché il peggio non ne ha mai. Perché Crocetta, tragicamente, non molla. Perché Crocetta, comicamente, è una specie di Tiramolla degli scandali, dei fallimenti, degli scandali fallimentari e degli scandalosi fallimenti del suo governo. Anzi: governi. Perché lui così reagisce a ogni nuova botta in testa o in capo alla sua giunta: ne fa un’altra, ne fa un altro. Un’altra testa che cade, un altro capo nominato al suo posto evvia che si ricomincia. Si posa il polverone, ma resta il fumo. Meglio, il fumetto Crocetta che se la tira e non molla. Se la tira tipo Cavour, per non mollare la poltrona che per certi pezzi di fetenti è garanzia di caviar. Un sistema che ha collaudato lui personalmente, e che personalmente ha disgustato noi: figuriamoci i i siciliani. Una legalità di facciata, una faccia nascosta e legata alle peggiori carnizzerie del potere. Ultima ma non ultima, temiamo la vicenda dell’Assessore alla Salute Lucia Borsellino. Scelta per il curriculum, sì, ma solo per le prime due righe: dove dice Borsellino e figlia di Paolo. Messa lì a lottare con un sistema più grande di lei, mentre Crocetta trafficava e le sparlava alle spalle con merde anche più grandi di lui. Squallido, triste quasi come il finale. La Borsellino che lascia l’Assessorato alla Salute perché a un certo punto ha dovuto scegliere o l’assessorato o la salute e Crocetta che magari si prepara a scegliere qualche altro nome che lascia contenti i Visagisti dell’antimafia. Sì, avete capito. Quella della legalità come trucco, cosmesi, imbiancatura dei sepolcri delle vittime colla cipria da culo del potere. Il miglior commento a riguardo è stato del fratello di Lucia, Manfredi Borsellino: Mia sorella ha portato la croce. E pure portato acqua a Crocetta, purtroppo. E che purtroppo bis è pronto a fare il casting bis o tris con qualcun altro. Certo, dopo aver bruciato o sputtanato quasi tutti i cognomi antimafiosamente in, potrebbe anche chiamarsi out da questo giochino al massacro dei parenti di massacrati illustri. Ma non è da lui. Piuttosto che chiamarsi fuori, starà già chiamando dentro e fuori Sicilia per sapere se il cugino, il nipotino, l’imbianchino di uno qualsiasi degli Impastato, dei Falcone, dei Chinnici possa essere interessato a un posto al tavolo verde, possa essere chiamato all-in in questo indecente strip-poker da potere in mutande.

Perché Crocetta non può e non vuole fermarsi. ‘Sto Rosario dobbiamo sgranarcelo e beccarcelo tutto. Troppe cambiali firmate in bianco, per cambiare ‘sta pagina nera. Avrà finito i parenti famosi, ma i serpenti merdosi che si è messo in casa (tipo Tutino, il medico del bel personale di Crocetta che augurava alla figlia di Borsellino la fine del padre…) non hanno finito con lui. E allora si andrà avanti con ulteriori riscossioni e indecenze. Ma non senza ripercussioni e conseguenze. Quest’anno alla commemorazione delle Agende Rosse per Paolo Borsellino c’era più gente sul palco che sotto; più autorità, giornalisti e turisti dell’antimafia venuti da fuori che palermitani. La lotta alla criminalità è abulica, burocratica, opportunistica, prammatica, anemica, senza carne e sangue: un paradosso, visto tutto quello che è costata. Una vergogna senza scuse, secondo noi. Siamo adulti, la giustificazione per le nostre assenze non ce la firmano più né i genitori né gli impostori. Secondo noi l’incapacità di qualcuno non può essere l’alibi di nessuno. A tenerci a casa sono la nostra indolenza, la nostra indifferenza, la nostra convenienza non certo l’indecenza o l’insipienza di un politico. Chiarito questo, per noi Crocetta è davvero il peggio senza fine. Fine che almeno giustifichi il mezzo disastro della Sicilia, che lui ha trasformato in disastro intero…  Le Asl che ne ammazzano più dell’Isis, il disagio che cresce più veloce del deficit, le strade che crollano, i clientelismi che s’impennano, i cantieri che non chiudono ma in compenso chiudono in galera i responsabili dei cantieri. Abbiamo trasmesso le Giunte Crocetta, con tanto di riassunto delle porcate precedenti. Peggiori di quelle dei Cuffaro e dei Lombardo. Perché un mafioso vero è meglio di un antimafioso finto; perché uno alimenta la delinquenza ma l’altro soffoca la speranza. A vederlo mentre cerca attenuanti nel nulla e poteri forti tramanti nel buio, la Sicilia non è che non creda più in Crocetta: a torto o a ragione, non crede più a se stessa.

Tragicommedia nella tragicommedia, la gestione della vicenda da parte di chi appoggia in Regione il Rosario più comico di Fiorello. Il Pd, ovverosia un partito perso dietro alle cazzate: per partito preso. Che non nomina mai la legalità, che nomina solo inquisiti, che cambia le leggi pur di poterlo fare (l’ultima è alla Cassa Depositi e Prestiti: pur di piazzare come Amministratore Delegato Fabio Gallia, il più indicato in quanto indagato per la truffa dei derivati Bnl, il governo ha preventivamente cambiato lo Statuto. Fatta la legge trovato l’inganno? Bei tempi, oggi si disfa la legge pur di trovare l’ingannatore…). Un partito peggio che allo sbando: quasi al bando fra chi ha ancora determinati valori non bancari. Il presunto partito della sinistra moderna che schifa quella antica, il partito che è stato di Pio La Torre (a proposito, ha parenti interessati a bei posti terrazzatissimi e liberi subito in giunta regionale?) ed oggi è modernamente diventato dei Pijo tutto, come dimo ne la Capitale che alla mafia siciliana mo’ je fa li bozzi, co’ Buzzi! Brutta storia, pessimo romanzo popolare. Da Orgoglio e Pregiudizio all’orgoglio per il pregiudicato. Il partito di Berlinguer della questione morale adesso è questo di Renzi, che coll’immorale questione delle promesse e delle mance elettorali governa, riforma, deforma il Paese senza mai essere stato eletto o scelto da da nessuno. Se non da Giorgio Napolitano, il suo mandante a volto scoperto. Che ha piazzato lui al governo e Lo Voi alla procura di Palermo, prima di lasciare. Che ha lasciato un cumulo di macerie e un mucchietto di cenere dove prima c’era l’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia e le intercettazioni fra Mancino e Quirinale. Che ha lasciato un deserto sulla lotta alla criminalità e lo ha chiamato pacificazione fra politica e magistratura. Il tutto fra misteri, accuse, veleni, mestatori politici e pestatori mediatici. Roba che, se questa è la pace, che cazzo aspettiamo a rifare subito una guerra?! Nella Palermo revival manca giusto una bomba che lisci di poco il procuratore Di Matteo e qualcuno che dica come per Falcone all’Addaura che la bomba se l’è messa da solo. Tutto uguale, come una volta, ma un po’ peggio. Tutto uguale, come una volta, ma una differenza c’è. Fosse ancora vivo, Falcone se la metterebbe da solo, la bomba. E, pur di non vedere lo Statomafia che fa vita sociale o la Mafiastato in piena vitalità societaria, l’autoattentato non lo fallirebbe. Per non sbagliarsi, non sbaglierebbe. Si suiciderebbe lui, per non vedere l’Italia che si suicida.

La Grecia in bancarotta da anni è la Grecia corrotta da decenni. La Germania spocchiosa e danarosa è la Germania virtuosa. La Germania non avrà molti amici, la Grecia fin troppi amici degli amici. Mafie, mafiette, pastette, pandette a favore di ammanicati e assatanati di denaro pubblico. E così non vai avanti, anche se la tua Storia inizia prima e meglio di Cristo… Hai voglia di Partenone, se poi c’hai il Pappone come monumento e memento nazionale. La civiltà passa dalla legalità, le civiltà senza legalità passano come piscio sul cemento. L’Italia non sarà mai la Germania di domani: non sia mai essere come la Grecia di oggi. Ma, con questi chiari di luna, se non saremo mai l’una potremmo ben presto essere l’altra. Cambiare, cambiare in fretta: o iniziare a farla nel vaso o imparare a farla all’ombra, ché con questo caldo il piscio sul cemento non dura niente.