lunedì 15 giugno 2015

STOPSTATION




E insomma, per tirarsi su Renzi quanto prima dovrà fare come in Liguria: per una bella Elezione come si deve, trovarsi un Viagla di cinesi cammellati alle primarie… Per il suo P(2)d le cose si fanno agre, in effetti. Le mance elettorali scarseggiano, le mele marce abbondano, le marce di quelli coi maroni pieni da scambiare per gufi che godono come ricci minacciano la serenità del nostro iPremier quasi più della possibile smarronata dell’iWatch sul mercato. Situazione spinosa, per Renzi, che hai voglia di spin doctor bravo o della mutua. Altroché partita a Playstation mentre aspetta i risultati: una battuta d’arresto alla StopStation dopo che sono arrivati. Fortuna che fra una retata e una cazzata, della tranvata del Partito della Nazione che a momenti non tira manco in Regione Toscana non si parla più. Addirittura Matteo il Buono (a che?) all’indomani del successone ha preso tweet e burattini social ed è partito: in mimetica e in Medioriente, per distinguersi dai coglioni che a Roma sparano precentuali fittizie o tangentizie. Come partito prendiamo piede, andiamo bene, ci prendiamo un avvocato, andiamo ancora a piede libero…  Il Pd contuso e felice canta vittoria, ma soprattutto canta Salvatore (Buzzi) e loro tremano. La verità è che dell’ex Piccì aspirante Diccì giusto quella è rimasta l’aspirazione. Tutte le arie che si dà, in cambio delle mazzette che si prende. Perché voti quelli pochini. E solo in cambio d’indagati e quattrini. O accetta i De Luca e i Buzzi o a ‘sto mitico Partito Nuovo e Vincente je fanno li bozzi, come dicono a Roma. Ma eseguono meglio in Veneto. Un esempio su tutti, anzi sotto.

Il Veneto. La Russia di ogni segretario della sinistra sin dagli anni Novanta, ecco cos’è stata questa terra in cui La Russa è un pericoloso attivista progressista. Gente per cui uno come Flavio Tosi (condannato per istigazione all’odio razziale) fuori dall’asse Verde-Nero Salvini-CasaPound-Nazisti dell’Illinois e dell’Illy de Trieste, diventa un sospetto Khmer Rosso senza manco più un voto. Gente arcigna e furba, che non si lascia derubare da nessuno: tranne da tutti quelli col Leon che Magna el Teron e Gabba el Polenton come bandiera. Evasori fiscali ed etilisti finanziari cronici, fan di Del Debbio e del Valdobbiadene, che amano il grappino e il pogromino fatti come una volta: democristiani convertiti tutti al demagogismo evangelico, una distesa di terra dalla scelte secche e prosecche, un Texas con meno radicali ma più radicchio. Solo che nel Texas i democratici americani se lo sognano non di vincere, anche solo di provarci. Tempo, soldi e terra persa. I democratici italiani invece no, quelli Renziani peggio. Sognano incubi per gli avversari, incubano inculate per i loro candidati. Anni e anni a mandare avanti Berluschini e Berluscloni, senza capire che fra l’originale e la copia quelli giustamente prendono l’originale. E, della copia, quella più conforme: possibilmente colla felpa come uniforme e la ruspa come uniformatrice sociale. Il Verdone militare Matteo Salvini anziché il Matteo amicone di Verdini, per capirci. Ovvio per molti, ma non per tutti: non per il Prosecco Carpené Disinvolti, il Rottamattore che vuole imparare le bollicine del Business Friendly ai bottai e ai bottatori di negri che su quello nascono già imparati. Lui è moderno, fico, attuale, anticonfindustriale, amico degl’imprenditori e bastonatore dei contestatori e allora vedete come voteranno la mia candidata, signorimiei… Eccome no! S’è visto. Un bellissimo funerale, anche se le urne erano tutte di Zaia. Alla prescelta Moretti giusto un Nanni Moretti di commento: con questi candidati e dirigenti non vinceremo mai. Lady Dislike ferma al palo e scioccata come fosse la serranda dell’estetista chiusa, il Pd di Mr Tweet Tweet Urrà inchiodato alle percentuali degli ultimi 20 anni. Sempre quelle, solo aggravate dal fatto che ai ragazzi in verde sono state fatte vergognose concessioni formali, se non sostanziali. Difficile leccargli il culo, a questi, mentre ti bastonano. Molto cerone per nulla, comunque. Nel partito dalle mani lunghe non solo la destra non sa cosa fa la sinistra, ma la finta sinistra non sa vincere nemmeno quando fa la destra meglio dell’originale...

E quando vince, allora? Quando i candidati non sono Renziani. Felici e vincenti, purché Matteo-Repellenti. O sei Renziano o sei governatore, diciamo. O sei la trombata Paita che riesce a far vincere Toti alias il Gabibbo Bianco, o sei l’eletto Rossi che non convince tanti astenuti ma almeno vince con ideali degni del nome, del colore, del cognome. Essere Rossi non basta, in tutti i sensi. Chiaro però che essere un amministratore con un passato alle spalle anziché un’assessora con solo una faccia da culo davanti e un marito in mezzo ai magheggi del Porto di Genova, aiuta. Appendice e appendicite del Burlandismo impalmata dal Renzismo, la signora Appalta ha prima ignorato la sinistra eppoi l’ha accusata d’averla fatta perdere: questi fantasmi… E a proposito di Eduardo, poi ci sono le storie di fantasmi meridionali che non fanno ridere. Al Sud il Pd perde anche quando vince. Qui il problema non sono gl’impresentabili: sono gl’imprescindibili, a tutti i livelli.

Fra De Luca ed Emiliano, fra Puglia e Campania non corre solo la Basilicata: anche una navata di differenze di condotta politica, di trascorsi pubblici e privati, di comportamenti personali. A Salerno la questione non è fra De Luca e la legge Severino: è proprio De Luca che si crede un principe Sanseverino al di sopra di ogni legge, sospetto, parlamento eletto. Lui c’ha voti, voi non siete un cazzo. Anche Emiliano c’ha voti, ma non c’è un cazzo: a parte le cozze pelose come un paio di consiglieri nelle liste collegate, l’approccio è un altro. Ma l’accrocco resta. Il ducetto, dove lo metto? Buono o cattivo, l’Imprescindibile lo è innanzitutto come nodo di questo partito incravattato e leggero. Basta una corrente di tessere, e se lo porta via. O se lo portano via, magari in mancette o in manette. Modello di partito che accetta volentieri di perdere ogni identità, pur di vincere ogni indennità e ogni appalto. Da Rotary a Grattary Club, con sempre più astenuti (anche in Emilia) e sempre più trattenuti (specialmente in Procura). ‘Sto partito liquido in realtà è un partito sciolto come neve pippata dalle Sóle romane che lo comandano a bacchetta. Anzi, a stecca.

La meraviglia in tutto ciò è che Renzi ha un antidoto sensazionale a se stesso: cioè l’anti-antimateria oscura dell’opposizione. E per farvi capire com’è la situazione, quest’è l’immagine più semplice che c’è venuta… Renzi dev’essere il governo, perché gli altri non possono essere un’opposizione così. Così divisa, incazzosa e fumosa, poco pratica e troppo teorica. Parliamo di opposizione democratica e progressista, mica demagogica e ruspista. Quindi dal quadro leviamo Salvini, che col suo vecchio puparo diventato pupazzo Maroni gioca a togliere i fondi ai comuni che ospitano profughi sul territorio della Lombardia tanto prendere fondi per fondelli, distrarre milioni mentre distraggono i coglioni colle loro trovate è una qualifica professionale, per i ragazzi della scuola parificata Belsito. Occupiamoci dei vari Occupy, Civati, Sel, Cinque Stelle di Grillo(?) e Quattro Gatti (?) di Landini. L’Anti-antimateria oscura del Renzismo: troppo oscura come logica politica, troppo chiara come vocazione autolesionista. Prendete la Liguria, che tutti questi qui di fatto non hanno voluto prendersi. Quando con una semplice, ovvia, banale alleanza… Mai, pazzi, anatema! E siamo al tema, oltreché all’anatema. Se il Vincere pur di perdere l’anima di Renzi è un dramma, il perdere pur di non darla vinta a chi dice basta piccoli calcoli e grandi divisioni sul nulla è proprio all’anima de li mortacci di tutti questi. Intendiamoci, confrontiamoci, non confondiamoci. Non è coi mischioni e i paroloni che si risolve qualcosa. Bisogna distinguere. A noi quella di don Milani sulle mani pulite che non servono a niente in tasca, ha sempre convinto fino a un certo punto: perché sporcarsele è un conto, macchiarsele è un altro. Ma qui l’impressione è che davvero ciascuno le tenga in tasca perché tirarle fuori è un pigliarsela in saccoccia. Troooppo scomodo. Dalla Liguria in avanti, vincere senza governare sembra il massimo del culo. E del paraculo, anche.

Dal reddito di cittadinanza alle mille battaglie sui diritti civili dove anche l’Irlanda dei referendum e la Spagna dell’Inquisizione hanno superato la Repubblica Vaticaliana, ci sarebbe spazio per battaglie non facili, ma di semplice comprensione. Di democrazia, non di demagogia. La possibilità di capirsi su temi fondamentali, per costruire accordi politici con cui forse un Paese no ma iniziare a governare diversamente una Regione sì. Ed ecco che scatta l’anti-antimateria grigia ma più scema della materia oscura Renzi. Che dice una cosa brutta votatemi perché altrimenti chi ma più brutt’ancora perché vera.  Almeno fino a quando chi ha i voti (Movimento 5 Stelle) li terrà in frigo pur di non perderne qualcuno per strada o per una buona causa, ma impopolare; e finché chi i voti non ce li ha ma avrebbe qualche ragione (Landini e simili) si difende dai mascalzoni di governo coi i vari Scalzone, Piperno e Negri: la cui sola presenza ai convegni porta voti ai Negri da bruciare di Salvini e CasaPound. Chi ha il pane non i denti o idee, chi avrebbe qualche idea spezza il pane col caviale radical chic e scaduto da mo’ degli ex di Godere Operaio…

In tutto questo poi c’è Civati. Il SuperPippo che, per far sapere d’averne fatto parte, ha lasciato il Pd. Meglio tardi che mai, meglio ex della Ditta che giocare a Combatti il Dittatore per finta tipo Bersani, Cuperlo, D’Alema, compagnucci cantanti e tristezza crescente. Fatto sta che adesso Civati è libero, fuori, in esplorazione. Abili mosse di marketing politico in corso per lui, mondo difficile ma vita intensa e callidità a momenti. Furbissimo, dopo aver visto che effetto faceva andare in giro facendosi chiamare Tzivatis per un pò, ha cambiato idea e dieta all’indomani del Feta Default di Syriza. Basta yogurt, il ragazzo non è più un Neo-feta della politica. Altra linea calorica, altra alimentazione di sogni. Nel suo personale Mediterraneo va di nuovo in onda la Spagna. Guerrilla Tortilla, per lui, un soffritto d’Obama all’amatriciana: ma ripassato alla castigliana, prima. Insomma, nel forno del 21 giugno presenterà una cosa che si fa chiamare E’ Possibile. Del resto, è estate: la stagione degli amori culinari, per questa sinistra coi culi in terra per la depressione. Perché lavorare, quando poi sognare? Partiamo e viaggiamo, come nello spot del cornetto cuore di canna del gas sponsorizzato Cremonini: quello dell’hamburger con cui far viaggiare il colesterolo dell’illusione, ma anche della Vespa che scorreggia come il cervello truccato di ‘sti qua. Oh sì, Yes We Can che Podemos cambiare alimentazione ai nostri sogni eolici pieni d’arie: E’ Possibile. Anzi forse pure giusto. Che sia necessario o minimamente utile, invece…

I problemi del lavoro si risolvono così, nella sinistra d’Italia: con un lavoretto estero sulle cover. Che sì e no orecchiamo, figurarsi capirle. Noio volevam savuar l’indiriss della sinistra moderna  Latinamerica, un classico del tempo di crisi. Iglesias, classico bis. Ma Iglesias di Podemos o di Bailamos? C’è tempo. Per fare, per capire, per scegliere, per tutto: tranne che per governare con qualche criterio diverso dalle lotte di potere, o dagl’impotenti in lotta. Nel frattempo, in Spagna Pueden de Verdad. Nel mentre, in Spagna i grilli non parlanti ma facenti accordi col Psoe (dopo averlo ferocemente attaccato in campagna elettorale) vanno al governo di grossi centri e cambiano davvero le politiche reali. A Barcellona come a Madrid si fanno nuove giunte, nuovi piani di governo con nuove persone. Si fanno cose, non cover o comizi.


Da noi, invece, indietro così. Praticità zero, prolissità mille. Orizzonti di Boria il solito film, diciamo. Neocentrismo di qua, veterodivisionismo di là. O alla Renzi si schifa ogni possibilità di accordo colla sinistra: anche quando i risultati, come nel caso dell’elezione di Mattarella, sono oro rispetto all’incenso di regimetto e all’incetta di disastri lievitati col pane degli Angelini Alfano. Oppure alla anti-Renzi si schifa ogni possibilità di accordo serio a sinistra: anche quando, dalle Regioni al Parlamento, con un minimo di coordinamento politico e psicomotorio si potrebbero dare due salutari calci nel culo al governo. Invece, niente. Invece, nessuno. Nessuno che serva a niente. Un governo inutile che serve soltanto a logiche indecifrabili o disprezzabili; un’opposizione che non serve manco quelle, manco a se stessa. Che non corregge il governo, che non incoraggia il Paese. Quello che sta alla fine resta preso in mezzo, con una rabbia e un’astensionismo che crescono. Dalle stelle viste colla botta delle Regionali allo stallo del dopo tranvata, l’allisciatina di pelo elettorale potrebbe non far perdere il vizio a Matteo. Anzi, fino a quando Loro sono peggio di me tiene, tocca tenerci lui al comando e al joystick. Di modo e d’immondo tale che, ripreso dallo scoppolone a StopStation, Renzi possa salvare e riprendere colla partita a RePlayStation fino al 2018 e oltre… Altroché Game Over: Gain Over The Top, per lui. E per lo Stop ripassare al prossimo giro elettorale. Con questi esponenti della sinistra autolesionista, l’autostoppista Renzi uno che se lo carica fino in centro lo troverà sempre. E un posto dove infilare il pollicione alzato, pure. Con quanta strada ancora c’è da fare amerai il finale ma solo se sei il Ducetto Algida.