lunedì 25 aprile 2022

L'ANPI DI GENIO

Quelli che quell’egoista dell’Ucraina si deve arrendere o spicciarsi a farsi massacrare, altrimenti da noi la benzina arriva a tre euro; quelli che Putin deve vincere presto, e il mondo se ne deve convincere pure prima, perché anche se sta perdendo alla fine è invincibile e quindi le sanzioni contro di lui sono roba da neuro; quelli che una guerra d’invasione fra le più barbare fratricide e tragiche non lo è così tanto se risali agli scazzi fra Caino e Abele, fra Bugo e Morgan, fra Di Maio e l’italiano: senza contare le invasioni barbariche e le guerre puniche; quelli che tutti gli Ucraini sono nazisti invasati e invadibili perché c’è il battaglione Azov, e quindi aspettiamoci un’applauditissima e appropriatissima operazione speciale e senz’anestesia del Dottor Vladimir anche qui in Italia, dove ci cresciamo battaglioni di nazifasci impuniti nelle caserme e candidati alle urne. Quelli che E allora il Kurdistan, il Centrafrica e la Palestina? Perché è sempre tempo di Benaltrismo aa Matriciana ubriaco de Noantrismo Internazionalista de Palestrina… 
Insomma. Fra i complessini dei Complessisti e i ragli asinini sparati senza complessi dalle gang-bang bang dei complottisti, ne abbiamo sentite delle belle e ascoltate di balle. Poche idee, ma confuse; oppure porche idee, confondenti corrive e colluse. Da chef Rubio che affetta competenza e porchetta nei suoi discorsi, ai salottini antiamericani a tema Siamo Mica Nato Ieri chez Canfora Vauro e D’Orsi; dai cartoni animati da paraculismo e paraputinismo tipo Masha e Orsini, ai cartonati coglioni e clonati di parà putinisti e culisti degli altri piazzati fissi e fessi in tv a fare colore e calore rossobruni; dal Daikin a 25 gradi che guai, ai Maneskin che guai a non volere zitti buoni e a 90 con Putin, la verità — e non nel senso della cover sovranista-leninista maccartista-stalinista e pornosoft della Pravda diretta da Belpietro verso sempre nuove soglie di trucità ducità e atroce cretinità — è che il coraggio della resistenza ucraina non va giù. O non va giù bene come il continuo oltraggio dell’invasione russa. Nei migliori dei casi, e nei peggiori dei cosi, la causa Ucraina non riscuote nessuna fortuna né scuote coscienza alcuna. Il suo stupro morale e militare, etico pratico ed etnico? Pur essendo un paese di conformisti e corporativisti, è col lupo anziché con l’agnello che hanno scelto di stare i più pecoroni fra i nostri opinionisti politici e opportunisti. Poi bisogna distinguere. A certi brutti ceffi l’Ucraina non sta nel cuore perché la Russia gli sta nel conto in banca: però a certi ceffi buffi e nostalgici dei Baffi l’Ucraina non può stare a cuore perché chi è contro la Russa Ex Urss gli sta sul culo gratis, e con prestazioni e prese di posizioni del tutto gratuite. E quindi. L’impressione forte è che, fossimo nell’Ucraina, non ci aspetteremmo grandi difese da quest’Italia; ma a fare impressione forte è che, fossimo l’Ucraina, da questi signori non avremmo difese resistenza — e tantomeno Resistenza — all’invasione dell’Italia. Assegno in bianco e si batte bandiera bianca, cuore che batte per il nazi-stalinista Putin perché nessuno batte la bandiera rossa. Il catalogo dei venduti a peso e dei comprati gratis a tara mentale e ideologica, è questo. Dalla sinistra Né Né che si schifa ed è divisa alla destra ultrà e alé alé che fa schifo tutta unita anche quando è divisa, sembra non ci sia differenza fra aggressore e aggredito, fra giusto e sbagliato, fra ragione e torto, fra chi vuole sbaragliare e uccidere e chi cerca di non essere sbaragliato o morto. Fatto o misfatto sta che la Resistenza ucraina da noi non incontra, o incontra una bella resistenza; e si scontra con la Resistenza meno bella. Quella politicizzata, burocratizzata, politburocratizzata. Quella ideologica e nostalgica del presidente dell’Anpi di Genio, che guarda alla trave nell’occhio della Nato senza vedere il Pagliarulo nell’occhio del ciclone di merdoni e cazzate, che dà una mano di calce da sepolcro imbiancato alla bandiera della pace e una a Putin e alla sua guerra d’invasione atroce, che parla e straparla di mostruosità in Ucraina da indagare e approfondire: come se le fosse comuni non fossero già abbastanza profonde, come se le impronte digitali e cingolate di Putin sugli stupri e le stragi non fossero abbastanza provate orribili e probanti, come se sulle imprese di un criminale di pace e di guerra patentato non si dovesse solo sdegnarsi e tacere — acqua in Bucha, ecco l’atteggiamento più decente da tenere. E invece il Gianfranco tiratore spara grosso, gratuito, grasso e crasso come uno che sul campo non è stato decorato: e se per questo manco diplomato. Eppure lo stesso discetta e distingue scuro e sicuro che c’è Resistenza e Resistenza, che quella Ucraina bah, con la faccia tosta e la competenza frolla di uno che l’unica resistenza che ha visto è stata ai corsi per la Radio Elettra… Dai, chiudiamola qua. Sia la querelle che la carriera del Pagliarulo. Il compagno presidente — sommerso di critiche e sepolto da un cazziatone d’accompagno del Presidente: Mattarella — l’ha detta fuori dal tempo e l’ha fatta fuori dal vaso. Sbugiardato da tutti nella sua stessa associazione, si arrampica sugli specchietti sinottici pseudo-pacifisti e filorussi da anziano e incontinente soviet-cong, adesso prova a recuperare e persino a contrattaccare (complotto, barbarie nel dibattito, cameriere c’è una Mosca nel piatto!) ma è praticamente sicuro che l’unica cosa che potrà presiedere in futuro sarà un chiosco di gagliardetti palloncini e pannoloni. Dall’Anpi all’Inps, e anche in fretta. Incidente archiviato, e incidentato da archiviare. Laddove l’incidente di percorso mentale e politico è aver nominato ai vertici dell’Anpi un vecchio residuato cossuttiano, un avanzo di purga staliniana, uno yankee go home da Krusciov a gogo che beve solo spuma sputnik chinotto e dolci Euchessine paleosovietiche a dirotto: un piccolo fan di quell’Armandone che quando Berlinguer diceva di sentirsi più sicuro sotto l’ombrello della Nato, lui alla Nato e a Berlinguer faceva il gesto dell’ombrello. Vecchie ruggini, anziani tic e prurigini, spompi ruggiti che sono i vagiti d’antichi ideologismi e vecchi rincoglioniti. Sarebbe finita qui, se non fosse che quando si tratta del 25 Aprile e della Resistenza c’è sempre chi dice che non finisce qui. Dalla soubrette bancarottiera Falliberto di Savoia alla brigata Folgore d’idiozia con lampi d’infamità dei vari Borgonovo e Veneziani, è il solito bestiario da circo Fogni che attacca e approfitta, che nella e della sua stessa merda sguazza shignazza e sgavazza: quelli che dicono che sarebbe ora di rottamare l’Anpi, troppo violenta e politicizzata, magari con l’aiuto immacolato non violento apolitico e disinteressato di qualche No Vax e Sì Dux già devastatore della Cgil colla scusa della manifestazione di piazza.
Su questa voglia di sporcizia, di bassezza, di notte in cui tutte le divise sono nere, è bene fare pulizia giustizia e chiarezza. Come del resto ha già fatto Albertina Soliani, vicepresidente facente funzioni di correttrice di bozze grezze e svarioni, che ha già detto che l’Associazione custode della Resistenza Italiana riconosce e si riconosce nella Resistenza Ucraina che non cede. Con grande soddisfazione e sollievo di chi dell’Anpi è ammiratore sostenitore e tesserato — compresi noi del Papaluto. E volete che un’associazione che ha resisitito all’avere noi come iscritti, non tenesse botta alle cazzate del suo presidente e non tenesse testa al giù botte raudi e rutti dei soliti pirotecnici ratti?! E infatti. La solita allergia stagionale al 25 Aprile è stata respinta senza perdite di tempo — solo spreco di fiato. Anche quest’anno sarà la festa di chi ha combattuto per la Libertà: di tutti, anche di chi sta con chi la Libertà al tempo l’ha combattuta e oggi la dà per scontata e sopravvalutata.
Resta l’argomento più spinoso, più grave e serio, ma impiegato reso e difeso nel modo più specioso peloso e pretestuoso. Rimane il tema della pace. Che — come ha dovuto ricordare il presidente Mattarella al presidente di un’associazione di combattenti… —  spesso non si ottiene e non si difende senza armi e senza guerra. A meno che non sia la pace degli schiavi, dei vinti e degl’indifferenti, dei servi felici contenti e ignavi. Tutto il contrario della pace degli uomini liberi e uguali, della pace venuta con la Resistenza, della Costituzione Antifascista figlia della guerra di Liberazione. Quella che l’Anpi dei Pagliarulo cita a metà ed equivoca o manipola per intero nel manifesto per il 25 Aprile di quest’anno — sì è vero, l’Italia ripudia la guerra, ma manca la parte: come mezzo di offesa. Quindi il senso è che l’Italia ripudia la guerra ma anche di più chi la guerra non la ripudia, anzi la impiega ci gode ci guadagna e ci tripudia. Perché l’Italia migliore, quella partigiana e antifascista, la guerra alla guerra l’ha combattuta e vinta. In un momento in cui la decisione più giusta non lo sembrava affatto. Perché la decisione più giusta e scomoda, spesso, ha l’inconveniente di sembrarlo a tutti nel momento più comodo e sbagliato: quando è stata già presa, quando è giusta giusto una settantina d’anni dopo e col senno del poi. Sul momento, proprio come oggi, non lo sai. Non crediate. Anche nel ‘43 c’erano i nonni di Orsini che dicevano che sotto il fascismo mica si stava male; che la lotta partigiana avrebbe solo inferocito ulteriormente la belva nazifascista (come se fosse stato possibile, o ce ne fosse stato bisogno…); che opporsi anziché arrendersi sarebbe costato inutilmente altri lutti e altri morti; che conveniva mediare, lenire, vivere pregando l’invasore di non morire; c’era già chi obiettava che — Usa o Urss — combattere coll’appoggio straniero ci avrebbe solo soggiogato a questa o quella potenza: si è deciso ugualmente di fare, di decidere, di rifare l’Italia e di fare la Resistenza. Al di là dei dubbi legittimi, dei prezzi tremendi, dei consigli interessati e dei conigli disinteressati a tutto tranne al quanto guadagno e quanto mi prendi. Oggi come allora lo spirito con cui leggere i fatti dev’essere quello di uno grandissimo a scrivere. Lo spirito d’uno spirito grande, d’uno scrittore grandissimo dalla coscienza morale immacolata, di un’onesta intellettuale immensa quanto tormentata. Taccuino in una mano e tabacco e mitra nell’altra, 100 anni fa nasceva e 70 anni fa combatteva fumava e scriveva Beppe Fenoglio. Uno che la lotta partigiana l’ha fatta come molti, ma l’ha scritta e descritta come nessuno: come una lotta difficile, piena di contraddizioni e di errori, ma fondamentalmente giusta nel suo combattere la granitica coerenza della dittatura dell’oppressione e degli orrori. Una lotta iniziata coi comunisti, proseguita fra i liberali e approdata fra i monarchici, per concludere il suo percorso fra i socialisti e socialdemocratici: perché si può cambiare idea, ma mai l’idea di libertà. Che va difesa dai suoi nemici, che troppo spesso si dichiarano suoi difensori e amici. I nazisti volevano liberare l’Italia, proprio come Putin vuole liberare l’Ucraina dai nazisti: un massacro della libertà in nome della libertà, ma più che altro della libertà di massacro. Ci sarà e ci dovrà essere il tempo dei negoziati e della pace, ma la resa senza condizioni alla violenza non è e non sarà mai negoziabile. Meglio una guerra scomoda combattuta per procura, che una guerra giusta non combattuta per paura. Perché ci sono guerre e guerre, ma la pace è una sola: libera e cristallina anziché leonina, vera sincera e democratica, dove tutti i cittadini sono uguali e sperabilmente tutti diversi dai fan della repubblica putinitaliana per cui il 25 Aprile è nata una puttana. Tanti auguri oggi per la tua festa della Liberazione, Italia: e un augurio perché tu abbia già domani la festa della tua Liberazione, Ucraina.