Insomma, voi che inspiegabilmente ancora ci leggete e ci reggete il genere che avevamo in mente e già in pagina di sicuro l’avete capito — pacato, distaccato, cento per certo Papaluto.
Una cosina generale ma non generica sull’Italia, i suoi casini, il suo Vox Populi NoVax Day che urla forte e chiaro dai cretini; cattiva, ma buona per questi tempi grami: almeno per noi, che non abbiamo il tempo i tempi e i modi moderati comici e leggerini d’un Gramellini. Noi c’incazziamo pesante quando c’incazziamo, e più pesante ancora quando scriviamo: ecco perché non scriveremo mai sul Corriere, che del resto per non saper scrivere già non leggiamo... Figurarsi quando arrivano due notizie così, per cui abbiamo cestinato un pezzo che non poteva essere più cestinabile di così.
Mimmo Lucano condannato a 13 anni e due mesi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; Mancino, Mori Dell’Utri e compagnia (non) cantante davanti ai magistrati assolti con pieno merito per aver favorito favoreggiato e caldeggiato la definitva mafizzazzione dello Stato a mezzo trattativa manco tanto clandestina. Uno trattato da presunto colpevole, e un trattato su come torcere ed estorcere a fatti e misfatti acclarati più d’un bisunto innocente eccellente e addirittura commendevole. Abbinata fortina, che in confronto sembra una delicata sfogliatina di kamut anche la merda di mammut, persino abbinata alla peperonata di nonna Concetta e corretta colla nitroglicerina. Magari quella delle stragi di mafia che ancora fumano, mentre in Italia siccome non si fanno più le stragi non si fa più neppure antimafia: mentre invece alla Procura e al Tribunale di Locri davvero non si sa che cazzo si fumano.
Questo lo stato dell’arte di uno Stato senza parte — e che infatti ne ha sempre due (doppie e doppiogiochiste) in commedia e in processi che lo sarebbero se non riguardassero la nostra farsesca insanguinata e insensata tragedia.
Chi ha trattato colla mafia — ma per il Bene dello Stato, eh, che infatti non è mai stato così bene: anche se bene sotto sequestro dei boss delle torte di potere da spartire e sfamare… — e lo ha anche ammesso, assolto e quasi applaudito; chi non ha ammesso che il Bene dell’accoglienza venisse dopo assurde leggi dello Stato di alterazione mentale e legislativa dell’allora Ministro dell’Internamento, condannato. La prima è un’autoassoluzione politica di un sistema, la seconda è la condanna di una politica di accoglienza che non poteva averne una buona dal sistema. In un procedimento si è distrutto l’imputato al di là dei reati e delle prove, nell’altro si sono distrutti gl’inquirenti e le prove per arrivare a una sentenza di secondo grado e di altissimo autogradimento. Pieno proscioglimento con pienissimo scialamento. Lo Stato non può processare e condannare se stesso, ma può scatenare tribuni e tribunali del popolo per inchiodare al banco degl’imputati e dei ripetenti chi non vuole imparare che nella vita personale e politica uno deve pensare solo a se stesso. Il perseguimento del Bene comune dev’essere perseguito: per legge e fuorilegge dello Stato, col crimine organizzato con una certa magistratura per farti passare da criminale organizzatissimo e predace, con pene fuori dalla grazia di dio e del comune — ma non del comune di Riace.
Ma meglio così, meglio che il peggio si mischi al meglio in modo che non potrebbe risultare e risaltare peggio di così. Un uomo onesto condannato e sputtanato, un carnevale di Reo con a fare festa i disonest’uomini del Doppio Stato e fargli la festa l’ominicchio del Vangelo del Beghino e dello Spietato. Oportet ut scandala eveniant: è opportuno che gli scandali avvengano, diceva nell’apposito testo aziendale di Matteo un Nazareno Clandestino che sarebbe stato aiutato da Mimmo — e motosilurato dal Matteo che c’ha assistenti e paraguru che negli scandali annegano.
Meglio Lucano vittima dell’ingiustizia, che i suoi nemici amiconi di vittimisti eccellenti della giustizia. Peggio della legalità di facciata, solo l’illegalità più leguleia accarezzagarbugli e sfacciata; peggio della cazzata della giustizia a orologeria, solo questa crociata dell’ingiustizia col timer puntato sull’ora della vendetta contro un’esperienza scomoda che doveva essere spazzata via.
Intendiamoci, noi siamo incazzati ma non delusi. Altrochè Greta e riscaldamento globale — c’è tutt’altro clima, tutt’altro ambiente, da non turbare e da rispettare. Grazie alla sopraffina sensibilità istituzionale dei giudici di Locri noi lo capiamo, che la situazione comico-politica era più che mai emotiva ed esplosiva: dopo lo scandalo Morisi — che sulla Bestia da soma da coca e da monta che guida la Lega è più o meno una sentenza — a Salvini una sentenza scandalo sullo strano animale calabro-Lucano hai voglia se serviva. Specie sotto elezioni. Non foss’altro che per giustificare a posteriori — e apprò del suo posteriore — il mezzo golpe elettorale ‘ndranghetoleghista con cui a Riace e a suo tempo lo ha rimpiazzato con un ex capo dei vigili amico dei capi, degli amici degli amici del Capitano, infatti ineleggibile e pregiudicato. Perchè sì, fra Salvini e Meloni c'è di mezzo il mare della Lobby Nera: ma è folclore, nostalgia, simpatia: cioè apologia di fascismo e reato, ma facciamo che il reato è l'apologia dell'antifascismo dell'antimafia e di Lucano e che per adesso è lui che deve andare in galera...
Intendiamoci un altro po': incazzati a mille sì, ma illusi anche solo uno zero virgola, no. Tantomeno all’indomani dell’andata al voto che per la Calabria è l’ennesima andata a vuoto, noi non crediamo che Mimmo Lucano sia uno stinco di santino elettorale. Candidato o no, votato oppure no, non è candidabile o votato a essere il Candido per eccellenza o il Candore per elezione. E’ un uomo che come tutti gli uomini può sbagliare, e che probabilmente lo ha fatto; è stato un sindaco che come tutti i sindaci per poter governare (grazie a leggi capestro e burocrazie-canaglia da impiastro) deve sbagliare, e che non avendo scelta né paura quasi sicuramente lo ha fatto. Perché così funziona, nella Cosa Pubblica e Nostra che disfunziona. Tutta burocrazia concepita per i potenti, tutta una baronia di mini-potentati incompetenti ingordi corrotti e prepotenti, in tutto per tutto e tutto per una barocrazia concupita da bari barattieri tangentari e loro conniventi. Una macchina malamministrativa in panne, che se solo provi a rimetterla in moto parte solo per non lasciarti né in pace né indenne. Perché la verità, alla base di questa grande ipocrisia, è questa: a livello locale è un atto un attimo e un amen trovarsi ad amministrare non in nome ma malgrado la legge dello Stato, e così sia. In Italia i sindaci spesso e volentieri sono costretti a forzare la mano, a puntare i piedi, a farsi puntare da sgherri e tirapiedi; a prendersi rischi e responsabilità ben oltre la propria carica — a rischiare molto più della propria diaria, a fare il proprio dovere infrangendolo e magari rischiando la carica di tritolo e/o l’ora d’aria. E più piccolo è il comune, più grande la possibilità di beccarsi un avviso di garanzia: per la mensa dell’asilo tu sindaco puoi finire sotto inchiesta, laddove Lui ministro per dare asilo alla solita (im)mensa dei poveri malaffaristi giustamente ha la garanzia di un avviso d’intitolazione d’una piazza d’armi di marmi o di spaccio a grande richiesta... Penalmente, un primo cittadino vale e rischia più d’un primo ministro. Dal migliore al peggiore, dal più colpevole al più innocente, visti i vincoli e i mezzi dei loro enti, gli amministratori sono tutti dei mezzi eroi: anche quando si lanciano in carriere da mezzi delinquenti. Perché almeno si lanciano senza paracadute, parafulmine parastatale o post-trombatura elettorale, insomma rischiando e raschiando in proprio ma senza paraculate. Se fanno bene, bene: se fanno male, si fanno male. E questo vale per tutti i sindaci, in tutt’Italia, per tutte le sfumature fra stinco di santo e trancio di mammasantissima. Tranne nella provincia di Reggio, si capisce, dove non c’è limite crimine e discrimine al peggio. Dove le mezze misure (anche cautelari) non valgono, dove mezzi delinquenti non ce ne sono: in piena zona grigia da colletto bianco a disposizione o ad apposita elezione del primo malacarne sul posto o sottomano, tutti criminali interi e illibati tranne il delinquente con sentenza dello Stato Mimmo Lucano. L’unico, il solo, il sordido uomo del dolo. Che ha speculato, comesso peculato e forse pure abigeato, bigamia sodomia negrofilia e ogni genere di reato — oltretutto senza neppure essersi arricchito, parola di disonore di chi l’ha indagato processato e condannato. Gli piacciono le negre anziché le mazzette?! Amministrare bene anziché arricchire assai e presto?! Uno scemo completo, uno che passa da colletto bianco sporco anche se non ha mai messo un completo, uno che non persegue l’interesse personale e non asseconda quello criminale: uno che solo per questo dalle parti di Locri altroché la gogna la vergogna e galera, meriterebbe la pena capitale.
Lucano unico candidato impresentabile per legge, in una regione in cui un impresentabile è sempre candidato per legge del più forte, del più furbo, del più affidabile proprio perché fuori o appena appena dentro la legge. Bello, no? Tanto che alla regionali ha vinto chi si sapeva — e, in certi ambienti che contano i miliioni perché non contano i valori se non quelli nei valigioni, si voleva — avrebbe vinto al cento per cento, e chi ha torto è colpevole perché ha preso solo il due per cento. Via il perdente, via il dolore: che efficienza, che sicurezza, che garanzia, la giuria dell’elezione popolare! Tolte di mezzo le braccia rubate all’agra cultura della campagna elettorale, restano le teste: di cazzo come la nostra, che continuano a pensare, a costo di pensare male. E al costo elevatissimo del Bene che però non vale nulla, se in cambio ti danno un voto di scarto di scambio e di sfregio in più nel malloppo elettorale. Sì dai, tolta di mezzuccio la politica che non vale niente, parliamo della società che la esprime: che vale ancora meno, a dispetto di quello che crede la gente comune o di cui s’illude l’insopportabile e luogocomunissima ggente.
Al di là delle discussioni prettamente politiche e prontamente polemiche, la questione evidentemente non è Mimmo Lucano. Lo è sempre più il sempre più disperante che disperato territorio mafioso arreso e compiaciuto che lo ha condannato, espulso, esiliato bollato e cartabollato: come un corpo estraneo, colpevole, colpevole perché estraneo a certe logiche imperanti, a certe realtà barbariche affaristiche e deliranti, a certe logistiche drogate e narcotrafficanti. Come minimo un illuso, un inutile idiota, come uno confuso come pochi ma in compenso alla fine colluso come tutti gli altri. Un patrimonio umano politico e sociale lapidato e dilapidato, da prendere a sassate e non certo a esempio. L’ennesimo Fato sprecato, l’ennesimo fanalino di coda a cui non si può lasciar fare il faro, l’ennesimo destino nel cestino perché né cinico né baro. I bonzi di Riace hanno dato fuoco all’eretico: i monaci da guardia e diavoli custodi del Nirvana della mafia che fa anche l’antimafia mentre tutti fanno silenzio, hanno dato il benservito e il benbruciato al Lucano Bruno che crede in un mondo meno chiuso e in un modo di campare di merda e di mediocrità meno ermetico. Come successo con Monsignor Bregantini anni fa, che si era permesso di schierare la sua diocesi a favore degli ultimi anziché del dio di Santa Padrina Chiesa che colle cosche guai ad avere nervi tesi o affari bloccati e sospesi. Il territorio ultraomertoso ed extraitaliano dei Gianluca Congiusta e dei Franco Fortugno, dei testimoni di mafia e dei presidenti di Consiglio Regionale che si raccolgono morti e facili dall’asfalto alla prima falciata: senza conseguenze che non siano di facciata, e buone giusto per falsissimi funerali d’istituzioni prima assenti e ora inutilmente presenti in parata. Poi, certo, c’è sempre il senno e il cacasenno del poi: che caca il cazzo giusto qualche secondo a un sonno della coscienza che non deve finire mai. Quindi forse anche adesso sorgeranno o risorgeranno i soliti Ammazzateci e Condannateci tutti, i movimenti fatti da fermo per far fare carrieretta a qualcuno che cura il cancro coi begli slogan e i belletti: e che puntualmente finisce in chemio in coma e in processione sciacquascocienza dai Bruno Vespa e dai Giletti.
La verità è un’altra, basta raccontarsi favole — nere finché si vuole, ma pur sempre favole e quindi mica vere. Soltanto questione di storia criminale, di stretta e angusta geografia locale? Qui la storia è una favola senza etica e morale, e la geografia è sulla mappa politica: grande almeno quanto la grandissima mappina che è la politica nazionale. La verità è che la Locride è molto più d’una semplice eccezione, d’una plaga che è solo una piaga e una Tebaide senza pietà verità e redenzione. E’ un progetto già mezzo realizzato di Paese mezzo marcito e mezzo mafiosizzato, è I’Italia futura: che emana puzzo d’omertà e d’impostura, d’impestata corruzione e collusione da Messicanizzazione da narco e anarco-Repubblica, d’impunita e anzi locupletata fognatura. Un territorio in cui lo Stato è al servizio delle mafie, in cui lo Stato è Mafia perché si è arreso venduto e colluso senza condizioni né bisogno di trattativa. E i suoi organi tumorali sono tacitamente al servizio del Meta-Stato, tatticamente a lavoro per il Mafia-Stato, della Metastasi senza neppure che i Mori e i Mancino del caso diventino dei casi clinico-giornalistici nella persissima lotta fra Stato e Antistato oramai padrone cronico vincente e metastatizzato. Non serve urlare ai politici e agli ufficiali corrotti, quando zitti zitti in loco i politici spesso sono boss ufficiosi appena appena corretti. Qui il pesce non puzza dalla testa, ma è dal capintesta locale che devi prendere ordini e persino il pesce, e guai a te se senti puzza. Sistema criminale? Qui se non ci pensa il criminale — dandoti un lavoro o con un lavoretto di tritolo — non c’è nessuno che ti sistema. Compri un chilo di pane, affetti il companatico o affitti un appartamento, fai un mutuo o una tac? Taaac… Passi dalla ‘ndrangheta, che si è fatta istituzione, mercato, chiesa scuola e ospedale. E naturalmente procura e tribunale. Che a Locri sono una specie di self-service delle cosche, di fucile a pompa di benzina che eroga inchieste-burla e condanne-bara h24 e calibro 9. Ai cittadini onesti e (per ora…) superstiti della Locride lo Stato renderebbe un servizio migliore se al posto di quel Palazzo ci mettesse delle aiuole fiorite dove portare a pisciare il cane, anziché tenere un piedi e ai piedi delle cosche un palazzo di tagliole forbite dove da guardia senza accordo col ladro non c’è più neppure un cane. L’apparente e abbacinante abbaglio giudiziario su Lucano è da leggersi in quest’ottica: politico-criminale, onni-prepotente e omertosa, bulla brulla braille e patoncologica. Il cieco ha accecato chi vede, lo zoppo ha storpiato chi cammina, e nel frattempo dio non vede e provvede perché anche a lui e al suo clan arriva il pezzo di pizzo fresco ogni mattina. E quindi Mimmo Lucano è un’ingiustizia giusta, una partita truccata e chiusa, una diagnosi sbagliata ma un’operazione riuscita e opportuna: lo ‘Ndranghetismo di Stato e di Governo ha espulso questo malato che si credeva parte lesa e addirittura sana. E invece era lui l’ictus che faceva chiudere la vena ‘ndranghetista, in questa altrimenti idillica Calabria d’Utopia e d’ischemia che campa felice morendo nel suo grumo razzifascista. Nella malasanità della Giustizia alla Locrese e all’Italiota è il tumore — trattato con ogni cura, ma nessuna terapia — a decidere chi è la malattia. Dopo questa condanna insana e manicomiale — ma intimidatoria da manuale — a bruciapelo come una raffica di mitra e bruciaculo come una granata d’emorroide a grappolo sparato a bazooka, nessun altro oserà rischiare di andare sotto questo tipo di Processo Kafkiano e Kalashnikoviano: che ti passa in giudicato e addosso, che ti asfalta svelto e liscio senza manco prendere una svista una multa o una buca.
Beccaria? Pussa via! Tutto è bene quel che non finisce bene, per chi è fuori dal giro e dal girone dei Dritti e delle Pene!
Non per niente da noi si dice: fare bene è delitto, e da oggi — figata delle figate, del processo e del Progresso — lo dicono unanimemente anche giurisprudenza e diritto. Così una terra che prima non si vergognava di vantare criminali che lasciava impuniti, ora può vantarsi senza vergogna degli uomini probi e coraggiosi che bolla come innocenti criminali incalliti. Erano le ultime della notte della Ragione e della Regione, amici del Papaluto: e anche con questi chiari mannari di luna, come sempre buona eterna mezzanotte a mezzogiorno a tutti e buona fortuna.
![]() |
Mimmo Lucano in un simpaticissimo e coraggiosissimo Fottomontaggio di Tv Morisi e Cazzoni |