venerdì 8 ottobre 2021

FARE BENE È DELITTO

Possiamo giurarvelo, avevamo tutto pronto. Titolo, tema, svolgimento e finale senza novità né sconvolgimento — la solita Italia chiamò, il solito Papaluto rispose: invariato inviperito e invalidante anziché no. La solita satira palese che taglia le gambe, per un paese che fa cadere le braccia. Il Belpaese del Contrario, con i Briatore i Borghi e i Montesano a guidare i comitati pirotecnico-scientifici: ma in compenso coi botti da orbi e le botte d’audience da orbe terracqueo di medici che si sentono come dei Magnifici Dé Medici politico-social-mediatici. Il tutto riassumibile e  (in)curabile con Furbastrazeneca, nel senso dell’unico vaccino veramente obbligatorio persino in E. D. (Era Draghi) col furbo sgamato e ammanicato per quanto sgrammaticato che si fotte la crana e del resto chissenefreca. Saggezza popolare rafforzata dall’immunizzazione generale. Un vaccino per il vate porcino. Non per contrastarlo, eh, per sopportarlo e magari subito imitarlo. Anche, e più che mai, in epocalissima epoca dei Draghi in Economia, in Politica, in Europa e nel Mondo: che ce lo invidia, che ci s’ingrifa, che potendo ce lo tromberebbe via. Fra quinte ondate e terze dosi, un’unica somministrazione per chi di unica ha solamente la sopportazione — che non funziona e non può più bastare, in certi casi. Basta adirarsi e adontarsi, qui bisogna proprio adattarsi e adeguarsi. Anche coll’aiuto della nostra scienza medica, mai scissa dalla nostra incoscienza sociale mitica e merdica. Una punturina per chi proprio non riesce a farsi una pera anti-para, per questa Italia che sposta sempre un po' più in là il punto di non ritorno dalla rovina. Per chi non sa farsi gli anticorpi sociali e gli affari (meglio se sporchi) suoi mentre — colla copertura istituzionale e spaziale del Governator Professor Nonché Patrio Salvator — ovunque è grasso che cola per il crasso che cova, per l’ignoranza credula e crapula che comanda colla clava, per l’asino che vola. Insomma. Il consueto pezzo d’ottimismo per un mai desueto pezzo di Paese e di merda, che nel suo caldo e fumante orridismo non cambia mai: se non in quello che non serve, se non in peggio, se non in quello che serve a peggiorare ancora l’andazzo per cui chi si accoda e si asserve bene sennò peggio per lui. Un comandamento Terga Omnes, che fa sentire la sua legge alla faccia e alle chiappe di tutti — politici megafoni e microcefali, filosofi-virologi, epidemiostorici medievali e mediatici, mazzolurlatori universali e aspecifici con brevetto di sciatori chimici. Il tutto sovrinteso sottovalutato o frainteso da un governo sempre in ritardo, non sempre in buonafede e quasi mai in buona compagnia; contornato e comprovato da questo clima da Cacciari Alle Streghe e Invasioni Barberiche anti- e fantascientifiche in cui professori di levatura diventano di leva e assoldati di sventura per l’ultimo talksciocco fratello di taglia della Giorgia Meloni Cripto-Hitleriana o della Lega (ex) Capitana e forse Giorgettiana. Oltretutto nel bel mezzo del più brutto intermezzo dell’esecutivo modello executive by Draghi — nel guado e nel guano fin qui, colla sua maggioranza a stragrande maggioranza di statisti alla Drupi e teppisti alla Drughi — che ogni giorno fa un mezzo GreenPass avanti e sul resto tre passi indietro. Guidato da un Guido Tersilli appena appena più decente preparato e decoroso. Un medico pietoso che fa la piega purulenta, o forse una piaga di medico della mutua che su certe cose la fa lunga e pure lenta. Un medico dei pazzi alla Scarpetta, che a tratti e a trattative coi suoi ras di partito e di quartiere (anche se col loro lottare senza quartiere e ora senza guretto social rischiano di restare pure senza partito: vero Capitan La Bestia?) sembra un pazzo che fa il medico e ci fa pure la scarpetta: che in troppe occasioni sembra un medico da pazzi veri e dei passi falsi, mentre lo strano e stranito Strapaese stranamente aspetta. L’abituale falsa partenza, e ancor più spesso la farsa in partenza eppoi lungo il percorso di qualsiasi provvedimento, dal più importante al più scarso. Dall’annosa vecchia e dannosa riforma della Giustizia al nuovo Catasto, ogni esito fausto o non del tutto funesto è preceduto da qualche proposito catastrofico o nefasto. Sentiero sempre accidentato, improvvisato e incasinato da sembrare accidentale: che magari lo fosse, ma accidenti se non è un casino più causale che casuale. E la ragione è che questo governo c’ha il caos organizzato e calcolato come ragione sociale. Perché The Professor Dragons fa il british, ma oramai c’ha addosso il rito da gessato Andreottiano fetish abbinato al ritmo jazzato Dukellingtoniano, giusto mischiato profumato e muschiato con un po' di business english. Mario un po' ci è e un po' ci fa, ma tutto fa colabrodo finchè la baracca va. Improvvisando, ma oramai per nulla improvvisato, the Doc Draghi cambia le note a spartito, si attacca e aggiusta gli avverbi, non potendo cambiare le note e ignote spese di partito aggiorna e si aggiusta i proverbi. Miliardi che vanno, miliardi che vengono, miliardi del Recovery che arrivano ma che senza uno straccio di controllo e riforma dei canali di spesa (non) si sa bene in pancia a chi andranno? Un po' vittima, un po' carnefice, il Nostro Re Mida non trasforma in oro tutto quello che tocca: ma prova a rivenderci come oro colato e già calcolato tutto quello che esce dalla sua bocca, o da quella di qualcuno dei Re Merda che lui si tiene come oracolo e orefice… Chiariamoci su questo. Su certe cose non lo vediamo particolarmente di buon occhio, non lo loderemo e ringrazieremo a profusione a prescindere e a processione in saecula saeculorum, ma con l’altro occhio il problema atavico e il latino maccheronico lo sappiamo — beati monoculi in terra caecorum. Il meglio che c’abbiamo — non che c’è… — è questo e questo ci teniamo, ma non esageriamo. Stai a vedere che un paese capace di litigare su tutto, dalla A alla Z al Ddl Zan, ora lo dobbiamo tenere unito su Marione che è un Churchill corretto Batman! Chi lo vuole ancora a Palazzo Chigi, chi al Quirinale, noi a prescindere dal Palazzo di residenza riteniamo Draghi una Riserva della nostra Repubblica sempre in riserva: ma qualche riserva ce la teniamo, di qualunque natura sia o sarà la sua Presidenza. Perché il Dottor Marione certe volte fa tenerezza, certe altre mette tristezza, ma il più delle volte di recente nelle sue ricette sembra metterci meno scienza che malizia; subappalti, ambiente, sanità, sblocco dei licenziamenti questione morale e legalità: in tantissimi casi la sua prescrizione ha dato Cartabia(anca) a leggi furbofile criminogene o turbo-mafiogene come quelle sulla prescrizione. Oltretutto in un quadro etico-politico chiaro come uno cubista, dal tratto netto e definito come nella migliore scuola trasformista, bello come un quadro in salotto fatto non da Picasso ma da un elettricista. Dai che avete afferrato il concetto — fa quello fuori dai giochi, ma il Professor Dottor sembra già abbastanza ferrato sul giochetto. Colla scusa di fare quello che può, non chiede quasi scusa quando deve assecondare quello che non deve o non si può. Di certo non fa il furbo, forse vorrebbe farsi più furbo, nel frattempo (in)volontariamente è quello che più fa per il furbo. E quindi, col suo governo perdona tutti da figliol Prodigo e vaccina tutti in quanto prodigo di Figliuolo, l’unica è rendere obbligatoria l’inoculazione che ci aiuta a guardare — se non a guardarci — all’opera e all’operetta i sempiterni lorsignori dell’incula-Nazione.  

Insomma, voi che inspiegabilmente ancora ci leggete e ci reggete il genere che avevamo in mente e già in pagina di sicuro l’avete capito — pacato, distaccato, cento per certo Papaluto.

Una cosina generale ma non generica sull’Italia, i suoi casini, il suo Vox Populi NoVax Day che urla forte e chiaro dai cretini; cattiva, ma buona per questi tempi grami: almeno per noi, che non abbiamo il tempo i tempi e i modi moderati comici e leggerini d’un Gramellini. Noi c’incazziamo pesante quando c’incazziamo, e più pesante ancora quando scriviamo: ecco perché non scriveremo mai sul Corriere, che del resto per non saper scrivere già non leggiamo... Figurarsi quando arrivano due notizie così, per cui abbiamo cestinato un pezzo che non poteva essere più cestinabile di così. 


Mimmo Lucano condannato a 13 anni e due mesi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; Mancino, Mori Dell’Utri e compagnia (non) cantante davanti ai magistrati assolti con pieno merito per aver favorito favoreggiato e caldeggiato la definitva mafizzazzione dello Stato a mezzo trattativa manco tanto clandestina. Uno trattato da presunto colpevole, e un trattato su come torcere ed estorcere a fatti e misfatti acclarati più d’un bisunto innocente eccellente e addirittura commendevole. Abbinata fortina, che in confronto sembra una delicata sfogliatina di kamut anche la merda di mammut, persino abbinata alla peperonata di nonna Concetta e corretta colla nitroglicerina. Magari quella delle stragi di mafia che ancora fumano, mentre in Italia siccome non si fanno più le stragi non si fa più neppure antimafia: mentre invece alla Procura e al Tribunale di Locri davvero non si sa che cazzo si fumano.

Questo lo stato dell’arte di uno Stato senza parte — e che infatti ne ha sempre due (doppie e doppiogiochiste) in commedia e in processi che lo sarebbero se non riguardassero la nostra farsesca insanguinata e insensata tragedia.   

Chi ha trattato colla mafia — ma per il Bene dello Stato, eh, che infatti non è mai stato così bene: anche se bene sotto sequestro dei boss delle torte di potere da spartire e sfamare… — e lo ha anche ammesso, assolto e quasi applaudito; chi non ha ammesso che il Bene dell’accoglienza venisse dopo assurde leggi dello Stato di alterazione mentale e legislativa dell’allora Ministro dell’Internamento, condannato. La prima è un’autoassoluzione politica di un sistema, la seconda è la condanna di una politica di accoglienza che non poteva averne una buona dal sistema. In un procedimento si è distrutto l’imputato al di là dei reati e delle prove, nell’altro si sono distrutti gl’inquirenti e le prove per arrivare a una sentenza di secondo grado e di altissimo autogradimento. Pieno proscioglimento con pienissimo scialamento. Lo Stato non può processare e condannare se stesso, ma può scatenare tribuni e tribunali del popolo per inchiodare al banco degl’imputati e dei ripetenti chi non vuole imparare che nella vita personale e politica uno deve pensare solo a se stesso. Il perseguimento del Bene comune dev’essere perseguito: per legge e fuorilegge dello Stato, col crimine organizzato con una certa magistratura per farti passare da criminale organizzatissimo e predace, con pene fuori dalla grazia di dio e del comune — ma non del comune di Riace. 

Ma meglio così, meglio che il peggio si mischi al meglio in modo che non potrebbe risultare e risaltare peggio di così. Un uomo onesto condannato e sputtanato, un carnevale di Reo con a fare festa i disonest’uomini del Doppio Stato e fargli la festa l’ominicchio del Vangelo del Beghino e dello Spietato. Oportet ut scandala eveniant: è opportuno che gli scandali avvengano, diceva nell’apposito testo aziendale di Matteo un Nazareno Clandestino che sarebbe stato aiutato da Mimmo — e motosilurato dal Matteo che c’ha assistenti e paraguru che negli scandali annegano.

Meglio Lucano vittima dell’ingiustizia, che i suoi nemici amiconi di vittimisti eccellenti della giustizia. Peggio della legalità di facciata, solo l’illegalità più leguleia accarezzagarbugli e sfacciata; peggio della cazzata della giustizia a orologeria, solo questa crociata dell’ingiustizia col timer puntato sull’ora della vendetta contro un’esperienza scomoda che doveva essere spazzata via. 


Intendiamoci, noi siamo incazzati ma non delusi. Altrochè Greta e riscaldamento globale — c’è tutt’altro clima, tutt’altro ambiente, da non turbare e da rispettare. Grazie alla sopraffina sensibilità istituzionale dei giudici di Locri noi lo capiamo, che la situazione comico-politica era più che mai emotiva ed esplosiva: dopo lo scandalo Morisi — che sulla Bestia da soma da coca e da monta che guida la Lega è più o meno una sentenza — a Salvini una sentenza scandalo sullo strano animale calabro-Lucano hai voglia se serviva. Specie sotto elezioni. Non foss’altro che per giustificare a posteriori — e apprò del suo posteriore — il mezzo golpe elettorale ‘ndranghetoleghista con cui a Riace e a suo tempo lo ha rimpiazzato con un ex capo dei vigili amico dei capi, degli amici degli amici del Capitano, infatti ineleggibile e pregiudicato. Perchè sì, fra Salvini e Meloni c'è di mezzo il mare della Lobby Nera: ma è folclore, nostalgia, simpatia: cioè apologia di fascismo e reato, ma facciamo che il reato è l'apologia dell'antifascismo dell'antimafia e di Lucano e che per adesso è lui che deve andare in galera... 

Intendiamoci un altro po': incazzati a mille sì, ma illusi anche solo uno zero virgola, no. Tantomeno all’indomani dell’andata al voto che per la Calabria è l’ennesima andata a vuoto, noi non crediamo che Mimmo Lucano sia uno stinco di santino elettorale. Candidato o no, votato oppure no, non è candidabile o votato a essere il Candido per eccellenza o il Candore per elezione. E’ un uomo che come tutti gli uomini può sbagliare, e che probabilmente lo ha fatto; è stato un sindaco che come tutti i sindaci per poter governare (grazie a leggi capestro e burocrazie-canaglia da impiastro) deve sbagliare, e che non avendo scelta né paura quasi sicuramente lo ha fatto. Perché così funziona, nella Cosa Pubblica e Nostra che disfunziona. Tutta burocrazia concepita per i potenti, tutta una baronia di mini-potentati incompetenti ingordi corrotti e prepotenti, in tutto per tutto e tutto per una barocrazia concupita da bari barattieri tangentari e loro conniventi. Una macchina malamministrativa in panne, che se solo provi a rimetterla in moto parte solo per non lasciarti né in pace né indenne. Perché la verità, alla base di questa grande ipocrisia, è questa: a livello locale è un atto un attimo e un amen trovarsi ad amministrare non in nome ma malgrado la legge dello Stato, e così sia. In Italia i sindaci spesso e volentieri sono costretti a forzare la mano, a puntare i piedi, a farsi puntare da sgherri e tirapiedi; a prendersi rischi e responsabilità ben oltre la propria carica — a rischiare molto più della propria diaria, a fare il proprio dovere infrangendolo e magari rischiando la carica di tritolo e/o l’ora d’aria. E più piccolo è il comune, più grande la possibilità di beccarsi un avviso di garanzia: per la mensa dell’asilo tu sindaco puoi finire sotto inchiesta, laddove Lui ministro per dare asilo alla solita (im)mensa dei poveri malaffaristi giustamente ha la garanzia di un avviso d’intitolazione d’una piazza d’armi di marmi o di spaccio a grande richiesta... Penalmente, un primo cittadino vale e rischia più d’un primo ministro. Dal migliore al peggiore, dal più colpevole al più innocente, visti i vincoli e i mezzi dei loro enti, gli amministratori sono tutti dei mezzi eroi: anche quando si lanciano in carriere da mezzi delinquenti. Perché almeno si lanciano senza paracadute, parafulmine parastatale o post-trombatura elettorale, insomma rischiando e raschiando in proprio ma senza paraculate. Se fanno bene, bene: se fanno male, si fanno male. E questo vale per tutti i sindaci, in tutt’Italia, per tutte le sfumature fra stinco di santo e trancio di mammasantissima. Tranne nella provincia di Reggio, si capisce, dove non c’è limite crimine e discrimine al peggio. Dove le mezze misure (anche cautelari) non valgono, dove mezzi delinquenti non ce ne sono: in piena zona grigia da colletto bianco a disposizione o ad apposita elezione del primo malacarne sul posto o sottomano, tutti criminali interi e illibati tranne il delinquente con sentenza dello Stato Mimmo Lucano. L’unico, il solo, il sordido uomo del dolo. Che ha speculato, comesso peculato e forse pure abigeato, bigamia sodomia negrofilia e ogni genere di reato — oltretutto senza neppure essersi arricchito, parola di disonore di chi l’ha indagato processato e condannato. Gli piacciono le negre anziché le mazzette?! Amministrare bene anziché arricchire assai e presto?! Uno scemo completo, uno che passa da colletto bianco sporco anche se non ha mai messo un completo, uno che non persegue l’interesse personale e non asseconda quello criminale: uno che solo per questo dalle parti di Locri altroché la gogna la vergogna e galera, meriterebbe la pena capitale.


Lucano unico candidato impresentabile per legge, in una regione in cui un impresentabile è sempre candidato per legge del più forte, del più furbo, del più affidabile proprio perché fuori o appena appena dentro la legge. Bello, no? Tanto che alla regionali ha vinto chi si sapeva — e, in certi ambienti che contano i miliioni perché non contano i valori se non quelli nei valigioni, si voleva — avrebbe vinto al cento per cento, e chi ha torto è colpevole perché ha preso solo il due per cento. Via il perdente, via il dolore: che efficienza, che sicurezza, che garanzia, la giuria dell’elezione popolare! Tolte di mezzo le braccia rubate all’agra cultura della campagna elettorale, restano le teste: di cazzo come la nostra, che continuano a pensare, a costo di pensare male. E al costo elevatissimo del Bene che però non vale nulla, se in cambio ti danno un voto di scarto di scambio e di sfregio in più nel malloppo elettorale. Sì dai, tolta di mezzuccio la politica che non vale niente, parliamo della società che la esprime: che vale ancora meno, a dispetto di quello che crede la gente comune o di cui s’illude l’insopportabile e luogocomunissima ggente.   


Al di là delle discussioni prettamente politiche e prontamente polemiche, la questione evidentemente non è Mimmo Lucano. Lo è sempre più il sempre più disperante che disperato territorio mafioso arreso e compiaciuto che lo ha condannato, espulso, esiliato bollato e cartabollato: come un corpo estraneo, colpevole, colpevole perché estraneo a certe logiche imperanti, a certe realtà barbariche affaristiche e deliranti, a certe logistiche drogate e narcotrafficanti. Come minimo un illuso, un inutile idiota, come uno confuso come pochi ma in compenso alla fine colluso come tutti gli altri. Un patrimonio umano politico e sociale lapidato e dilapidato, da prendere a sassate e non certo a esempio. L’ennesimo Fato sprecato, l’ennesimo fanalino di coda a cui non si può lasciar fare il faro, l’ennesimo destino nel cestino perché né cinico né baro. I bonzi di Riace hanno dato fuoco all’eretico: i monaci da guardia e diavoli custodi del Nirvana della mafia che fa anche l’antimafia mentre tutti fanno silenzio, hanno dato il benservito e il benbruciato al Lucano Bruno che crede in un mondo meno chiuso e in un modo di campare di merda e di mediocrità meno ermetico. Come successo con Monsignor Bregantini anni fa, che si era permesso di schierare la sua diocesi a favore degli ultimi anziché del dio di Santa Padrina Chiesa che colle cosche guai ad avere nervi tesi o affari bloccati e sospesi. Il territorio ultraomertoso ed extraitaliano dei Gianluca Congiusta e dei Franco Fortugno, dei testimoni di mafia e dei presidenti di Consiglio Regionale che si raccolgono morti e facili dall’asfalto alla prima falciata: senza conseguenze che non siano di facciata, e buone giusto per falsissimi funerali d’istituzioni prima assenti e ora inutilmente presenti in parata. Poi, certo, c’è sempre il senno e il cacasenno del poi: che caca il cazzo giusto qualche secondo a un sonno della coscienza che non deve finire mai. Quindi forse anche adesso sorgeranno o risorgeranno i soliti Ammazzateci e Condannateci tutti, i movimenti fatti da fermo per far fare carrieretta a qualcuno che cura il cancro coi begli slogan e i belletti: e che puntualmente finisce in chemio in coma e in processione sciacquascocienza dai Bruno Vespa e dai Giletti.

La verità è un’altra, basta raccontarsi favole — nere finché si vuole, ma pur sempre favole e quindi mica vere. Soltanto questione di storia criminale, di stretta e angusta geografia locale? Qui la storia è una favola senza etica e morale, e la geografia è sulla mappa politica: grande almeno quanto la grandissima mappina che è la politica nazionale. La verità è che la Locride è molto più d’una semplice eccezione, d’una plaga che è solo una piaga e una Tebaide senza pietà verità e redenzione. E’ un progetto già mezzo realizzato di Paese mezzo marcito e mezzo mafiosizzato, è I’Italia futura: che emana puzzo d’omertà e d’impostura, d’impestata corruzione e collusione da Messicanizzazione da narco e anarco-Repubblica, d’impunita e anzi locupletata fognatura. Un territorio in cui lo Stato è al servizio delle mafie, in cui lo Stato è Mafia perché si è arreso venduto e colluso senza condizioni né bisogno di trattativa. E i suoi organi tumorali sono tacitamente al servizio del Meta-Stato, tatticamente a lavoro per il Mafia-Stato, della Metastasi senza neppure che i Mori e i Mancino del caso diventino dei casi clinico-giornalistici nella persissima lotta fra Stato e Antistato oramai padrone cronico vincente e metastatizzato. Non serve urlare ai politici e agli ufficiali corrotti, quando zitti zitti in loco i politici spesso sono boss ufficiosi appena appena corretti. Qui il pesce non puzza dalla testa, ma è dal capintesta locale che devi prendere ordini e persino il pesce, e guai a te se senti puzza. Sistema criminale? Qui se non ci pensa il criminale — dandoti un lavoro o con un lavoretto di tritolo — non c’è nessuno che ti sistema. Compri un chilo di pane, affetti il companatico o affitti un appartamento, fai un mutuo o una tac? Taaac… Passi dalla ‘ndrangheta, che si è fatta istituzione, mercato, chiesa scuola e ospedale. E naturalmente procura e tribunale. Che a Locri sono una specie di self-service delle cosche, di fucile a pompa di benzina che eroga inchieste-burla e condanne-bara h24 e calibro 9. Ai cittadini onesti e (per ora…) superstiti della Locride lo Stato renderebbe un servizio migliore se al posto di quel Palazzo ci mettesse delle aiuole fiorite dove portare a pisciare il cane, anziché tenere un piedi e ai piedi delle cosche un palazzo di tagliole forbite dove da guardia senza accordo col ladro non c’è più neppure un cane. L’apparente e abbacinante abbaglio giudiziario su Lucano è da leggersi in quest’ottica: politico-criminale, onni-prepotente e omertosa, bulla brulla braille e patoncologica. Il cieco ha accecato chi vede, lo zoppo ha storpiato chi cammina, e nel frattempo dio non vede e provvede perché anche a lui e al suo clan arriva il pezzo di pizzo fresco ogni mattina. E quindi Mimmo Lucano è un’ingiustizia giusta, una partita truccata e chiusa, una diagnosi sbagliata ma un’operazione riuscita e opportuna: lo ‘Ndranghetismo di Stato e di Governo ha espulso questo malato che si credeva parte lesa e addirittura sana. E invece era lui l’ictus che faceva chiudere la vena ‘ndranghetista, in questa altrimenti idillica Calabria d’Utopia e d’ischemia che campa felice morendo nel suo grumo razzifascista. Nella malasanità della Giustizia alla Locrese e all’Italiota è il tumore — trattato con ogni cura, ma nessuna terapia — a decidere chi è la malattia. Dopo questa condanna insana e manicomiale — ma intimidatoria da manuale — a bruciapelo come una raffica di mitra e bruciaculo come una granata d’emorroide a grappolo sparato a bazooka, nessun altro oserà rischiare di andare sotto questo tipo di Processo Kafkiano e Kalashnikoviano: che ti passa in giudicato e addosso, che ti asfalta svelto e liscio senza manco prendere una svista una multa o una buca.

Beccaria? Pussa via! Tutto è bene quel che non finisce bene, per chi è fuori dal giro e dal girone dei Dritti e delle Pene! 

Non per niente da noi si dice: fare bene è delitto, e da oggi — figata delle figate, del processo e del Progresso — lo dicono unanimemente anche giurisprudenza e diritto. Così una terra che prima non si vergognava di vantare criminali che lasciava impuniti, ora può vantarsi senza vergogna degli uomini probi e coraggiosi che bolla come innocenti criminali incalliti. Erano le ultime della notte della Ragione e della Regione, amici del Papaluto: e anche con questi chiari mannari di luna, come sempre buona eterna mezzanotte a mezzogiorno a tutti e buona fortuna.  


Mimmo Lucano in un simpaticissimo e coraggiosissimo Fottomontaggio di Tv Morisi e Cazzoni