E insomma alla fine dobbiamo ringraziare la Kanzlerin se — non per i 20mila morti in un mese, ma per l’accoda di paglia tipica del Belpaese — sotto queste feste non arriveranno lassismi sollazzismi e populidiotismi del Kaiser. Grazie Angela, nel senso di Merkel, ma anche di Piero: che per aver detto di voler fare il vaccino si è visto simpaticamente augurato a morte dal solito webestiame ovino bovino e sub-suino. Persone lontane, diverse, ma vicine nell’essere controcorrente rispetto alle cronache tutte conto corrente e ristori che non ristorano ristorevasori croniche e marziane. Un’obiezione di scienza e coscienza, che ha impedito o bloccato la solita abiezione d’incoscienza. Gli scienziati, le regole, gli appelli? Servono solo se e fin quando sono funzionali ai magheggi con soldi sorrisi e sondaggi che devono restare passabili o non brutti se non proprio belli. Ai giochini di bassa lega per tenere bassa la Lega di Salvini. Ché siccome fa schifo in tutto, a noi per stargli davanti non deve fare schifo niente. Salvinizzarsi e salvare l’economia prima di salvarsi dall’epidemia — epperforza, a che serve evitare un’altra ondata e il suo prodromo, se non posso salvarmi la culatella propagandando pro domo mea? Pensare che magari colla cremazione a randa, col camposanto come unico campo in attivo del settore viaggi solo andata, alla lunga non ci sia mercificazione che tenga e commercializzazione che renda? Ma non ci si deve nemmeno pensare! The Shop Must Go On! Molto prima che cittadini, le persone sono consumatori: devono poter guadagnare e spendere, fottersene degli altri e splendere, altrimenti ti puniscono in quanto votanti scoglionati e consumati elettori. Eccolo il piano il pensiero e il progetto, l’encefalogrammatura piatta d’una politica che impiatta ma non impatta: che tutta insieme non arriva all’etto. Roba piccola, misera, micidiale quanto micragnosa, che tira fuori il peggio da ogni persona che inizia a vedere ogni altra persona come una cosa. Da dittatore sudamericano, da signore centrafricano dello sterminio — peggio, un infrocio fra Boris Johnson l’assessore alla Sanità da galera Gallera e un amministratore di condominio. Politicamente politicante, opportunisticamente statistica, sideralmente distante dallo statismo con un’etica. Qualche serrata in meno, qualche vittima in più, ma exit voto e resurrexit poll che per un attimo smettono di andare giù — per un po’, almeno. Eccola la matematica nella nostra classe politica di sostegno. Mai avuto dei Churchill, mai più visto un Cavour, ma questi Richelieu della mutua dove non si capisce un’asl e un’acca Churchill credono sia una marca di sigaro e Cavour lo conoscono solo perché si chiama così il corso (di sopravvivenza al sottogoverno) dove vanno a fare lo struscio e lo sfascio.
E Conte è il perfetto esponente di questo ceto trasformista che, trasforma trasforma, resta sempre uguale sul posto e sulla ruota del potere e del pavone: ma più come un criceto centometrista.
Essì perché in epoca Covid ante-Angela e anti-precauzione come stupida fregola, preoccupato di salvare capra tavoli e poltrone, il Pettinante del Consiglio — venendo improvvisamente da destra: salviniana, sovranista, sovranamente ignorantista — sembrava aver dato precedenza alla vigilia e al cenone anziché alla vita delle persone. Ha temuto di essere il Grinch che ci ruba il pacchettino, non avendo imparato la lezione e l’infezione del non averci negato e annegato col mojito il meneito il pattino col drink e il cocomero in clinch. Ferragosto a dicembre o Natale ad agosto, l’idea era quella, a prezzo fesso ma a ogni costo: liberi tutti, let’s quit again, molliamo i pazzi da legare e chissene dei cazzi da cacare. Nel caso non bastasse e in attesa della lotteria degli scontrini, c’eravamo portati avanti con lo schiatta&vinci da schiattamorti aka becchini; con la Loculeria Italia che distribuisce lustrini e lumini, ché tanto poi a gennaio ci avrebbero pensato — anzi, inondato (cit. Giuseppi in versione Trump ma in versione drunk) — i vaccini. E se qualcuno avesse avuto qualche remora a uscire, dai a uscire non il cash ma il cashback: tutti in giro a comprare di tutto mentre l’articolo best-seller sono ancora le bare, un attirare lo shopping a campare, un crashback tipo rompiamo il porcellino che poi spacchiamo col vaccino da cui sarebbe stato difficile tornare. Un consumismo consumato tipo delitto, mentre girato l’angolo o il corner Apple c’è chi piange senza poter vedere un suo caro morto in chissà quale letto. Che arguzia, che delicatezza, che machievelleria mascalzonandreottiana che delizia. Un simpaticissimo Nightmare Before Christmas, sognato da Conte che improvvisamente si era sognato chissà come d’ingraziarsi e ingrassarsi coi novax-sìdux i negaziosalvinisti e i nazimenefottisti da X Mas; che comunque, col cazzo che lo votano o l’avrebbero votato: in compenso spiazzando scompensando e scazzando i buonsensisti che, tappandosi in casa e tappandosi tutto dal naso a ogni buco a caso, l’avevano supportato o almeno sopportato pur non essendo Giuseppisti manco per il cazzo. Sin dal tardo ottobre si capiva che era presto, che la luce non si vedeva, che nel tunnel c’era ancora buio pesto? Ma se dentro ci passava il Frecciarossa del consenso della Feccia Anti-Zona Rossa bisognava prenderlo alla cieca e al volo per non prenderla in culo, poi non contava il resto. Mors tua, Voto a Mia. Saggezza latina, solo un po' più merdidionale che salentina.
E i richiami della scienza e alla prudenza? Ma da quell’orecchio non ci sentiva più un cacchio, specie capendo che poteva costargli un occhio della zucca e — da presidente Cenerentolo, con troppi padrini e Giggini a fare le fatte e fotti-madrine — non poter andare o mandare più in giro in cocchio. Ascoltava la poltrona che traballava, Conte la tremozzarella in carrozza colla fidanzatardona menefottomodella, col sottopoltrona che vieppiù gli scottava. Del resto se senti col culo, poi è ovvio logico e conseguente che sentenzi a cazzo.
Quindi — di Conteguenza e per magia — lungimiranza lungi da me, contiguità colla mogia poco maga e più che altro moscia prudenza pussa via! Ecco il comitato tecnico scientifico che s’arresta s’arrizza e s’allinea a coorte dei miracooli degli oboli e degli oracoli, e coi vari Locatelli Miozzo e Johnny Rezza diventa roba da scienziatume politico parecchio affine alla mollezza o alla mondezza di razza. Un Comitato Cencelli, un estrazione del lottizzato che — fra i tira e molla del Piddì, il morto a galla del Movimento che fu e i pen(oso)ultimatum di Italia Viva La Faccia Che Non Abbiamo Più — smista a cazzo ma come un pazzo e per tutti bianchi Natali e zononi gialli. Provvedimenti che sono stati rammollimenti, rincoglionimenti, sbragamenti livello pro. Subito salutati come vittoria come la Madonna e con Salvini Regina da quei pezzenti di Zaia e cenciodestri assortiti che da partigiani della libertà contro la dittatura sanitaria — vista la malaparata, la malafede della loro parascientifica e parabolica cazzata — poi però si sono messi a strillare alla zona rossa sacrosanta subito: perché, se come provvedimento non serve a evitare la tris pandemica, è sempre buona a tirare la volata al galoppo e al galoppino della propaganda politica. Il solito gioco delle parti basse in stragicommedia. La solita, preistorica, atavica, trita nevrotica e scazzofrenica furbizia Neandertitalica. Pulcinella cannibali, Pantalone che non pagano ma fanno pagare e restano impagabili, maschere e mascherine ffp2 di Carnevale antropofaghe impunite e irresistibili.
Meglio curare che prevenire, meglio assumere consulenti d’immagine e provvedimenti da populistica popolarità, che assumersi responsabilità.
Uno scenario, un oscenario da ossario, a cui — da inguaribili Papalutottimisti quali siamo — eravamo già preparati. Per cui eravamo già pronti col colpo in canna e alla domanda cunna: a non stupirci per nulla dello stupore a tutta per la Via Trucis dello shopping affollata che — e chi se lo poteva immaginare? — a gennaio aveva portato alla terza ondata.
Invece, perfortuna, niente. Oddio, fortuna. Diciamo Fortuna Dusseldorf. Merito della BundesLega giocata dai cittadini tedeschi che — anche aiutati dai nostri virologi in trasferta che per fare gli originali i controinformatori gli anticoformisti vanno fare gli ospiti e il gioco dei nazinegazionisti: tutto il Gismondo è Belpase… — si sono messi a giocare alla Capitano (non sempre) in maschera coi suoi soldatini; che si sono rivelati responsabili e autodisciplinati come e peggio di quegl’italiani che si credono furboni ma sono solo furbeschi e cioè coglioni feat. Salvini-Sgarbi-Meloni. E quindi danke amici crucchi e lockdown per tutti, in stile Totò e Peppino reclusi a Berlino. Ma sempre meglio di niente, sempre meglio del niente nel discorso del Presidente Peppino che ci fa un po' toh toh e un po' Totò mentre diffonde il dietrofront colla faccia da ahime(rkel) Tapino.
Pettinatissimo, contritissimo, Contissimo. E per cosa? Per l’ex governo della fermezza che ora è solo uno sgoverno diviso e fermo che imbarazza, per l’inesecutivo che dall’economia alla pandemia è balcanizzato e paralizzato, per il paese pluricommissariato unico da Arcuri — l’amico Mico ma maggiorato che sembra Manuela — sempre più disorientato e plurincazzato? Mannò, che andate a pensare! Conte chiede scusa perché ci fa il pacco sui pacchetti e il panettone, perché guasta la feste dei regalini dei nonnini e dei bambini, tutto contrito ce le trita perché ci fa perdere un po' di vita notturna pur di salvare qualche vita umana… Quando si dice avere chiari i compiti, le priorità, le proprie responsabilità. Chiedere scusa dei propri doveri, perdono perché in tempo di guerra non si può fare a piacere e a piaceri, vergognarsi di dirlo farlo e impedirlo quand’invece se ne dovrebbe andare fieri. Non che non fanno per noi asinelli e buoi i discorsi lacrime e sangue, visto lo spirito e il debito da troppi ciucci tarallucci e vino nel presepe per sempre che mai si estingue.
Intendiamoci, poi. Conte è solo la punta dell’iceberg su cui ci schiantiamo tutti noi. I meriti vanno equamente — quaqquaraqquamente, ricordando Sciascia e ‘sta compagnia contante di gente che raddoppia (le balle i balletti e i belletti) e non lascia — divisi. Ci sono dentro tutti, nell’essere fuori dalla realtà. E peggio del governo e della sua coalizione, c’è solo quella cos(c)a che sarebbe l’opposizione. Gentaglia che marcia (su Roma) su tutto, che in media non collabora e corrobora le peggiori opinioni su nessun dossier e asset: tranne quando Silvione li costringe a votare lo scostamento di bilancio in cambio della legge anti-spostamento in Vivendi di Mediaset. Perché il vaccino per il covid l’abbiamo trovato, ma contro il vaccamercato più marcito tradizionale e sfacciato manco l’abbiamo cercato. Perché siamo così: perché in fondo ci nuoce, ma più in fondo ancora ci piace — essere così, essere approfittati sperando un giorno d’approfittare, e nella speranza della complice loscanza farselo fare così.
Quindi avanti, anche perché in giro per il mondo e per l’Europa non è che abbiano assi nella manica tutti quanti: per non parlare del gradasso che Oltremanica hanno dimesso dall’ospedale dismesso come deficiente totale e quindi smesso di trattare con i guanti.
Quindi nell’attesa di capire che cazzo ha combinato o ci ha taciuto sul crownvirus Sboronis Johnson — clown che non c’ha più né vis né virus, meglio noto negli ambienti come la zappa sui piedi inglese — becchiamoci la solita zuppa di Belpaese. Ben rappresentata dalla cabina di regia che — per evitare la cabina e la cesina elettorale — diventa norcineria e nanologia spartitocratica ma spacciata per statismo alto altissimo purissimo formato Gigantografia.
Prendi i soldi (e in caso di crisi mollane un po' a Renzi) e scampa, insomma.
Questo lo stato (della commedia) dell’arte. Che va male, ma che col male ci poteva andare peggio.
Tirando un cazzotto al muro, ma tirando un sospir(it)o di sollievo perché con una botta di culo abbiamo tirato la briglia al mulo. Facendogli cambiare, non si dice idea o direzione, ma almeno sfumatura d’egotismo sempre grigio da grigia e da umorismo nero — sì — ma con più nuances e discrezione di pensiero.
Mica poco, mica roba da niente, con tutto quello che è successo. Basti pensare che dopo aver fatto la jihad salva-skilift per le vacanze cerebrali di Natale, ora sono gli stessi albergatori ad ammettere che l’apertura delle piste prima di fine gennaio sarebbe roba da open bara delle piste innevate non a Cortina: ma da cannoni giamaicolombiani caricati a cocaina. Che, appena qualche giorno prima del ravvedimento sulle Svaccanze di Natale, abbiamo avuto la scesa in piazza dei maestri di sci — prontamente sostenuti da fondamentali categorie produttive come personal shopper, personal trainer, dog sitter ma soprattutto personal thinker… Un’oceanica e minchionamente ciclopica manifestazione dei veri maitre a penser di questo paese maestro del fai (da) te che io penso a me.
Capiamoci, adesso: nessuno può buttargli la croce il peso a monte e il culo a valle, addosso.
Ma davvero possiamo pretendere continenza dagli scienziati della cristiania, quando sembra non valere a niente la competenza di cristiani che dopo una vita di studi sembrano improvvisare su ‘sta cazza di pandemia? Dichiarazioni, smentite, ribattute e merdoni: se i professori si accapigliano sputtanano e de-accademizzano come vecchie ciabatte, che pretendiamo dai maestri di bellavita e bellafiga che allacciano scarponi? Ma che c’aspettiamo dagl’insegnanti slalomisti che non schivano il ridicolo, quando nemmeno i docenti specialisti schifano il polemico più specioso pernicioso e minuscolo pur di uscire e riuscire pienamente (di sé) nei titoli in maiuscolo? Mesi e mesi a dire e ribadire che solo il vaccino ci può salvare, e quando arriva quasi quasi da ridire — per il gusto del pelo nel nuovo, di non far passare il bacillo dalla cruna e dalla cura dell’ago della siringa, forse per il giusto palo nel culo quanto un paiolo causa vanità da sedicente e seducente virologo di Mazinga — e che è proprio dal vaccino che ci si deve salvare.
Del resto, ogni testo o discorso da noi appare suona e ti saluta e sona come predica da prefica o pretesto. Al di là dei discorsi edificanti e abusati, abbondanti abusivi e autocondonati, è oramai evidente e avvilente come dalla pandemia usciremo peggiori di quando ci siamo entrati: più cattivi, più ignoranti, più sospettosi incazzati e superstiziosi, ancora più altro- e quindi autodistruttivi.
Popoli di Crisanti profeti e speculatori. Pochi cazzi e molti pazzi, il paese è questo. Quindi vai a dire tutto, il contrario di tutto, ma guai a contraddire il tutti contro tutti: il mi si salvi che io può, si salvi me e solo me che gli altri non si può, che va sempre contro e in culo emmai incontro all’interesse di tutti.
Tanto per dire, tanto per farvi capire che il nostro non è solo un maledire la sorte o un dire male alla morte.
Non fosse successo quello che è (in)successo, che sappiamo ma volentieri scordiamo, che ci scordiamo per finta ma mica nascondiamo, il mood più martellante e ascoltato di Mahmood — già visto nelle play-list dei soliti trash-talk show — sarebbe stato Chi vuole rubarci il Natale?
Ecco… Noi, siccome ci girano tipo un quadrielica Honda, giriamo la domanda.
Se il Natale dev’essere quello dei negazionisti che inseguono le ambulanze e pestano i medici che secondo loro appestano le loro vaghe e coprofaghe scienze;
se, iper-reazione uguale contraria e contrariante, dev’essere quello dei medici che non voglio vaccinarsi perché sulle controindicazioni se ne sa poco e se ne sentono tante;
se dev’essere quello dei Guzzini gonzi e aguzzini della Confifindustria — don Rodrigo che poi si scoprono don Abbondio: co(vi)dardi che non hanno neppure il coraggio di tenere il punto di non ritorno delle loro azioni obiezioni e abiezioni con reazioni — per cui la gente è stanca e impaziente e parecchio, e quindi puttana liberi tutti e se pazienza se muore qualche paziente vecchio;
o di quel Coccia neuroparlamentare della Lega (e di chi sennò?) che ha chiesto precedenza alla vaccinazione dei lombardi che producono più dei laziali — e in effetti sulla produzione di vittime e di contagi perché le fabbriche non dovevano chiudere non hanno rivali, né scuse: soprattutto grazie all’illuminata classe digerente locale e ‘ndranghetizzata che ai centri di ricovero e cerebrali preferisce i centri commerciali;
o se dev’essere la sagra della della bontà a comando e a commando per cui devi rompere e irrompere perché il calendario dice 25 dicembre e ti dice di braccare abbrancare e abbracciare il nonno — mentre non cacarlo è la festa comandata dell’indifferenza per il resto dell’anno — noi il vostro Natale modello spider e superspreader che non è il nostro Natale modello ve lo lasciamo. Cogli sportelli aperti e le chiavi al quadro, che se lo rubino mentre la tesi che valga qualcosa rubarlo va a ruba: specie fra chi colle idiotosincrasie dei più bulli ladri e imbecilli ci tuba, giusto per avere chiaro tondo e immondo il quadro. Chiavi in mano, e schiavi in mano e ai piedi dell’imbecille più in perché più inumano. Molti così, ma non tutti, ed è a tutti voi che vogliamo rivolgere il nostro augurio a panza piena e ciglio asciutto: e scusate se, visto che in questo periodo dalla colazione alla cena è sempre ora di pranzo, più delle lacrime ci scappa qualche rutto. Buona notte, buona fortuna o almeno una sfortuna un po' meno cattiva , e buon non Natale di festa e umanità a tutti quelli che non ci stanno a farsi la festa facendo le feste alla disumanità.