Come cantava l’amaro Ramazzotti, una Tetra Promessa: siccome la situazione è grave ma non seria né Serra, è grama ma non Gramellini, questo corsivo non in corsivo non sarà un veloce corsino di sopravvivenza pensosa penosa e fighetta, né un elzeviro da dolce Euchessina o da zia Elviretta. Sarà che siamo scarsoni e scassacazzi, ma qui la storia sarà che c’impuntiamo e ci purghiamo seri da ridere, comici da piangere .
Innanzitutto dobbiamo subito scusarci, per un’esagerazione e per una mancanza. Troppo ottimismo e pochissimo fosforo, nell’ultimo Papaluto. Se ricordate — e se ricordate vuol dire che avete più memoria di noi — l’ultima volta avevamo auspicato una collaborazione su cose fattibili e concrete a quei malfattoni e inconcludenti di Pd e Cinquestelle. Tipo una legge elettorale che non piace a nessuno, non risolve niente e interessa anche meno, per l’appunto. Quindi le nostre scuse — accettate in toto o da accettate in fronte che siano. Troppo speranzosi parlando del bene dell’Italia e dell’italiano medio, poco memoriosi parlando male uno spagnolo sotto media. Avremmo dovuto ricordare che bisogna stare attenti a cosa si desidera, perché potrebbe avverarsi…
E infatti. Vista com’è andata, l’unica è un vaffa al partito di Renzi e di Beppe Vaffa solo andata. Dopo la fattiva e disfattiva schifezza sul tedesco all’italiana — sketch nel fango tragicomico e improvvisato da Americano a Roma — noi diciamo sorry e ce la filiamo all’inglese. Ma con un bel me ne frego alla mussoliniana che da noi non solo non è più reato, ma che da apologia sta diventando teologia pratica e Vangelo: anche di Matteo, Salvini o Renzi è uguale: ché Salvini è Renzi, un unicum tutto uguale. Solo che nella sinistratissima ex sinistra le uscite del Cattivissimo Matteo di Milano provocano sdegno e richieste di ricovero al FatebeneFratelli (d’Italia), e quelle del Buonissimo Me di Rignano un’uscita con maxi-lancio alla Vespa, ma non dalla finestra: da Feltrinelli. E se questo è il quadro, non si può morire tondi e non morire demorenziani; e se l’editore di Sostiene Pereira e del dottor Zivago sostiene questo tizio vago con ricette da medico della mutua e da galera, (dis)fate come cazzo volete: noi almeno c’abbiamo provato.
Nello scorso post — diventato quasi subito un post-traumatico — secondo logica emergenziale ed eccezionale chiedevamo che Pd e Cinquestelle si mettessero assieme in uno strano ma non infruttifero né impossibile animale: un ircocervo, una chimera; loro invece, secondo zoologia veramente eccezziunale, hanno dato vita a un cevvo di muntagna o a un puccello di scugliera: che alle amministrative ha ridato il via e la vita all’ometto di Porto Cervo, a Silvio il Maialo Micratore avanzo d’olgettina guantanamera…
Porcata elettorale a tre saltata — e meno male… — elezioni amministrative pure: in bocca a Silvione. Che dell’aperta porcata è stato parte attiva, ma ha stranamente e sagacemente tenuto la bocca chiusa: lasciando fare quella più sporca più cattiva e più attiva — quindi passiva: d’inculata — ai due della pecorana dalla chiappa larga. Renzi e Grillo si fanno la guerra, lui si fa Genova Verona e Pistoia, tutto il cucuzzaro di Grillo senza candidati e la Toscana di Re Matteo senza più Rignano e senza Terra. Tutto grazie alla lungiminchianza dei due grandi leader che — mentre fanno a gara a chi ce l’ha più lungo: il naso, più che il coso — nelle città candidano gente invotabile e/o in Parlamento votano robetta facilmente vomitabile. Cazzate una dietro l’altra, un cazzone che corre dietro l’altro e tutt’e due oggi appresso a Salvini, domani a Macron, e sempre appresso a Mago Silvion. Che ha fatto scuola di prestigio a tutti. Discorsi facili, rimedi in genere più falsi dei falsi invalidi in spider, fruscianti promesse striscianti: retrattili, da rettili, impossibili e inattuabili. E Beppeo Grenzillo, appresso. Come un solo uomo ma l’un contro l’altro armato di ars mazzolatoria e supercazzolatoria, entrambi a provare ambi terni e tombole sulla ruota della Fortuna di Arcore. Risultato? Schizofrenia canaglia, nostalgia della Canaglia, alla copia e alla coppia la gente ha preferito l’originale. Silvione, col suo inscalfibile e inspegabile 15-18%. Chi prova a toccarlo, muore: d’invidia, perché troie a manetta, troiai alla toscana e cannoni alla siciliana da manette, ma lui là resta. Sempre lì, sempre lì lì ma mai davvero a terra, che se la ride anche se forse è una paresi, che in tempo di diritti da riconoscere in parlamento potrebbe chiedere il copyright e lo Ius Silvi, visto questo fottìo d’imitatori finti-detrattori che certi trucchi — ci provano — ma non li hanno ancora appresi. E finiscono puntualmente appesi, da coglioni e per i coglioni che sono.
Quindi? Fra i due deliranti, il terzo ma primo su piazza, gode. E loro invece eccoli là, ogni giorno, ad arrabbiarsi, a barare, a copiarsi, ad abborracciare e ad arrabbattarsi su falsi problemi e ancor più false soluzioni: a fare le cose giuste nel modo sbagliato, a dire le più sbagliate in quello sbagliatissimo. Il tutto mentre il Paese fa finta di no ma sa di sì, e gli sa che sì: a settembre-ottobre ci sarà da ballare sull’abisso della manovra bis il solito cha-cha-cha della finanziaria da 50 miliardi e rotti — come i coglioni di noi non da meno, come le nostre ossa, come il nostro set di palle smashate dalla nuova e urgente e inevitabile tassa.
Insomma, questo è il posto e questo era il post. Insomma, affezionati e disturbati Papalutisti, un pezzo in linea cogli altri. Poi però sono arrivati altri, pezzi: non in linea ma in cemento, in calce ma non al foglio, di balcone anziché di blog, della e dalla solita cronica morte annunciata. Anzi, Annunziata. La Torre di livello di guardia che manco quella dei testimoni di Geova è più coglioneggiata e inascoltata. Una palazzina da 4 famiglie e una decina di morti: pericolante, crollata e copincollata a quelle di Amatrice dell’anno scorso, dell’Aquila di dieci anni fa, dell’Iripinia e del Belice di quarant’anni fa, di Messina di quasi cento. Dell’Italia che muore di malasanità, di malapolitica, anche e sempre di mala edificabilità: ma che — bene o mala — così ci campa. Cent’anni, e da secoli. La solita storia, la solida storia di grandi terremoti, piccoli abusi, piccole grandi tragedie evitabilmente inevitabili. L’amico sola che ti sistema il solaio, la mafia delle spa e delle mansarde vista mare vista la mazzetta versata, l’ennesima promessa di riforma anti-sismica disertata o aggirata.
E allora abbiamo capito: che non la capiremo, che non ci rassegneremo o rassereneremo mai, ma l’Italia è questa. L’Italia della ricostruzione e della rottamazione sempre finta, fatta coi piedi o a pied-a-terre in deroga o in prestito dell’amico Carrai di turno. L'Italia che smotta, che da ‘sto turno traffichino e infame non smonta, che anche morta è sempre mignotta, che va indietro perché va giù, quella incorreggibile e invariabile se non di piano sregolatore che qui casca l’asilo o l’asino, che va sottoterra ma tanto è sempre la stessa; perché vuole essere così: bella bellissima, ma che si trucca la faccia, le feccia e le carte da cessa. Costruisce male, ricostruisce e riconosce il male l’errore e l'orrore, eppoi il rifà uguali, un secondo un sisma o una sciagura dopo. Parafrasando il noto studio dei paesaggisti Elii e le Storie tese et all: tanta voglia di ricominciare a ricrollare, abusivaaaa…
In senso senso lato, a partire dal senza senso laterizio. Dal piccolo capisci il grande, dal condominio franato il concetto figurato. Ricadere negli stessi crolli, ricostruire sugli stessi sbagli — eppoi stupirsi, e addolorarsi, che è più facile che cambiare, attrezzarsi e responsabilizzarsi. Il condominio Italia cade a pezzi, il condomino che ride di Fantozzi perché spera di essere — sente, di essere! — il furbone Calboni se ne fotte dei nostri — e persino dei suoi! — pezzi di carta e di carne morta. E allora, avanti così. Fuor di metafora e in soprintendenza; in parlamento in catasto e a catafascio: Italia bene o male amico in Comune, mezzo condono e mezzo gaudio. Poi ci pensiamo, ci piangiamo sempre dopo. C’è tempo per soffermarsi sul caso, ci sono i Tempo per soffiarsi il caso. Proprio un modus operandie omittendi. Non fare, tanto che fa?! A giugno berciare e svenarsi per rabberciare qualcosa che a settembre è destinato a crollare: per poi dimenticarsene e scialapopolarsi di promesse impossibili e infattibili al prossimo irritabilissimo ciclo elettoral-mestruale. Siamo così, ci piace così, si giace così: anche se noi ci diamo pace così così… Niente di nuovo e tutto d’abusivo, sotto il sole e lo Ius Sola del diritto-dovere di raccontarci cazzate e seppellire i bambini morti per le nostre furbissime ragazzate.
Per la nuova-vecchia Italia bella e bellicosa, rancorosa e operosa, eterni livori in corso, amnesie astî e astici in bella vista mare: di guai, di debiti, di atti attori e misfatti mai abbastanza indebiti. Per rinfrescarci la memoria e rifrascarci la midolla, una piccola antologia lombrosiana. Qualche fior da fiore al volo, un fritto mesto di fiori di zecca dello stato dell’arte di mariuolo.
Su Consip e banche Renzi non ha colpe, che invece sono tutte di chi indaga e ne parla, di Woodcock e di Lillo (o di Greg, visto che non c’è niente da ridere e loro due sono specialisti del genere..); il numero 3 del Sisde a Palermo aiutava la mafia ma non sapeva come: e con questo bel verdetto della Cazzazione è Contrada spianata al pregiudicato Dell’Utri Marcello libero e bello e magari pure ministro del prossimo Renzusconi; nel frattempo in parlamento non si riesce ad approvare il codice antimafia perché potrebbe essere troppo efficace anche sulla corruzione, ma si approva una legge sulla Tortura da reato di Tortuca fatto apposta per salvare capra, cavoli, carabinieri polizia e tutti i pestatori pirata. Evvia così, a costruire sulla sabbia e gl’insabbiamenti i prossimi crolli da zona grigia e crolletti bianchi.
Circo e circostanza Orfei che non sarebbero né una novità né un problema. Anzi, avere sempre casini o un Casini nella nostra storia passata e recente, ci ha aiutato. Anzi, ci aiutava. Al genere di denuncia dell’Italia degenere l’arte, la letteratura — anche quella di nomenklatura — non rinuncia. Anzi: non rinunciava. Senza capoclan e capoclaque così in Italia non avremmo avuto capolavori come Il Giorno della Civetta e Le Mani sulla Città. Il dramma semmai è che, a parità di problema, la supposta (da un chilo) classe pensante e dirigente da culo e non da oggi mette mano all’omertà di sistema. Tutti allineati e coperti da omissis e Matteo gratias appresso al burino-burattino-barattino Renzocchio e a Maria Elena la sua fata Tarocchina. A proposito e a conferma, qualcuno ha poi visto l’annunciatissima querela a De Bortoli per le documentatissime e circostanziate accuse sulla manbassa magna-magna massonica di Etruria? No, ma qui da noi passa tutto in cantiere e in cavalleria. Agile misfatto a mano in calcestruzzo sotto la sabbia, come la testa di chi c’ha il villino condonato al Forte, legge e ammira ancora ammirato Fortebraccio, ma dà manforte e pensiero debole all’invincibile A-Ufo-Robot, al Renzo Missile scroccone da mille gabole.
Belle teste nelle bulle e capaci mani dei rapaci di tutto renziani, e tutto per paura degl’incapaci da nulla dei grillini. Timore per cui va bene tutto, tumore per curare il quale per Renzi su tutto fa niente. Persino gl’immigrati allora non è un dovere accoglierli, ed è giusto aiutarli a casa loro — anche perché le nostre ci cascano addosso…
E avanti così, e da Scalfari giù-giù a Scalfarotto il centro(commerciale)sinistra è tutto un glu-glu ad affogare, a svendere, a soffocare vent’anni di lotte per la verità e legalità, a ingiuriare anche da morte persone e personalità come Zagrebesky e Rodotà. E i colleghi, gli ex compagni, gl’intellettuali impegnati principalmente nel fotti e piagni? Tutti zitti, muti e iscritti a Lotta Contigua: a questo sistemino di poteruccio del quartierino. Dove c’erano i movimenti oggi c’è la stasi, o la comica Stasi da Staino&Ciccio&Anzaldi Renziana; dove c’erano i contestatori da posizioni di centrosinistra, oggi ci sono i testimonial e fiancheggiatori causa elargizioni di questa scempio-sinistra. Dei girotondi restano sì e no gli zero tondi, i bui fondi, i silenzi, i se e i ma per dire ancora un altro sì a Renzi… Del ceto medio riflessivo è rimasto quasi solo il riflesso condizionato e conservativo: a salvarsi il culo, le apparenze, le sostanze. La classe intellettuale d'irritanti ripetenti e possidenti non ha più niente da dire, non vuole avere più niente a che fare collo spendersi, lo scoprirsi, il dare — perché confusa o peggio collusa: perché a torto a ragione o a provvigione senza questi ha tutto da rischiare e da perdere, avendo già avuto tutto quello da prendere.
E noi? Ve l’abbiamo detto. La Morte Annunziata a Torre ci guarda, e noi ci sentiamo testimoni da Torre di Guardia: impotenti e coglioneggiati, disturbanti e disturbati che neanche quelli di Geova.
Ma non credete: anche se non crediamo, noi dal citofono la domenica mattina e pure 24/7 col cazzo che scolliamo. Ci sgoliamo, blogghiamo e ma non sloggiamo Non c’azzarderemo mai più a chiedere collaborazione sensata, non ci sogneremo mai più di sperare in una mercanteggiare delle vaccate fra sensali meno disperata — questo di sicuro. Ma lo stesso a questa Italia diciamo con forza no, pur sapendo che la maggioranza minorata silenziata e per nulla schifiltosa dirà sì a Forza Renzitalia. Di male in peggio, da Rignano all’oltraggio dell'Arcore di Trionfo e di Silvio il Tronfio pur di evitare Casaleggio, tutto torna: soprattutto i tornaconti. Ma magari i tornaconteggi elettorali no. E allora — mentre tutto scorre come dice Epicuro e tutto crolla come non dice l’Assessore o il Ministro scuola A Voi Non Conviene E Io Non Me Curo — prepariamoci a vedere questa bella partita di (presa in) giro che è già al calcinaccio d’inizio. Buon divertimento, occhio alla testa e felice sgarrupamento che ci costa un occhio della testa.