Il tempo di
far posare il polverone di pipponi e ipocrisie, ed ecco che si levano le
obiezioni al riguardo e gli avvoltoi in volo. Va bene l’orrore e tutto, ma un
po’ se la sono cercata… Tutti Charlie? Ma nessuno è Charlie, in realtà. A parte
quelli di Charlie, che lo sanno da mo’, come sapevano d’essere un giornale
vicino alla chiusura. Più detrattori che lettori; più abbonati alle lacrime di
coccodrillo del poi che abbonati e basta, prima. Sanno e sapevano che sono
soli, e hanno il coraggio di esserlo, e (come hanno fatto nel primo editoriale
dopo la strage) avranno sempre l’intelligenza di separare il grano dal loglio,
di ringraziare la solidarietà vera e sfanculare quella tarocca e pelosa. E
grassa. Tipo quella del nostro
panzone barbuto che invita a impiccare il loro
panzone barbuto. Al Baghdadi contro Osama Big Ben Ferrarah — il famoso
scontro di Adiposità, insomma. Il solito tentativo becero e squallido
d’irreggimentazione culturale, in buona ma pessima sostanza. Il consueto
giocare sporco al derby monoteista da tripla, alla guerra santa, alla puttanata
sacrosanta. Mettiamoci le magliette e meniamo — ma prima stringiamo le maglie
della censura, dell’autocensura. Nella storia dell’uomo il sangue chiama sangue
da sempre — anche se oggi lo chiama su Skype. Pugnalare a spada tratta quello
che fingi di difendere, proteggere la libertà di pensiero come la proteggerebbe
un magnaccia: sei mia, circoli quando lo dico io.
Eccolo, il
senso della vita di merda che fanno quelli che opinano Viva la libertà d’opinione ma... Col pretesto di onorare la matita
spezzata, spezzare la schiena al dissenso, alla satira, al dileggio come
diritto e addirittura come valore fondante della nostra società. L’Occidente di
cui tutti si riempiono la bocca quando in realtà dovrebbero sciacquarsela prima
di parlarne, è questo. Illuminista, razionalista, laico e tollerante. Un mondo
in cui l’unico modo per avere
rispetto per tutti è non averne per nessuno: questo è il meraviglioso paradosso
della nostra democrazia, inattaccabile fino a quando nessuno lo sarà davvero.
Il codice civile e penale, e al massimo il buono o il cattivo gusto. Stop. Né
se, né ma né altro limite o dogma. I guerrafondai della libertà di parola non
convincono: la satira è disarmante e disarmata, mettete fiori nei vostri
cannoni eppoi accendeteveli, strafatti di violenza che non siete altro. Quelli
che vogliono difendere Voltaire colla rivoltella, gli sparano dritto in mezzo
agli occhi. E lo sanno, lo sanno eccome. L’intento chiarissimo è trasformarci
nel Nemico che dovremmo combattere. Vincere il terrorismo islamico lasciando
vincere il terrore qui da noi, non farsi ammazzare dal fascioislamismo per
morire cristianofascisti. Ritornare a essere una Teocrazia in guerra per non
essere una Teocrazia guerriera. Eccola qui, l’ideuzza di questa specie di Front
National internazionale, una compatta schiera di figuri che non ci vuole
sottomessi al Califfato: perché ci vuole sottomessi al loro papato tutto dio e
mammona degl’idioti sempre incinta. Dalla Le Pen che si fa l’happy hour di
sangue satirico fresco urlando che ci vuole la Le Pen capitale, ai romanzetti
fintamente osceni e veramente scemi alla Houellebecq, il grado di vigliaccheria
opportunismo o impudicizia politico-commerciale varia. Ma l’intento no. Dai
preti pazzi ai mullah dislessici agli atei devoti al supplì lisergico, il piano
non cambia. Sia che per te il Califfo sia un sogno del medioevo o un motorino
della Rizzato degli anni 80, l’idea è quella d’una retromarcia trionfale a Mori
contro Cristiani. Allora guai a spezzare il Fronte Nazionale internazionale, la
nostalgia per i bei tempi di dio, patria e famiglia: magari mafiosa. E, chissà
come mai, scrivendo la parolina magica — simsalaBinnu Provenzano! — ci viene in mente l’Italia. Che rispetto alla Francia è Oltralpe,
e anche oltre ogni limite d’immaginazione e decenza.
Fortunatamente
da noi il problema della libertà di satira non si pone dai tempi dell’editto
bulgaro: brillantemente risolto nel fantastico mondo di Sofia, e nel modo di
Silvio. A casa chi fa casino, ecciao. Colpiscine 4 per educarne 40000: e per
sempre. Da allora la satira in Italia sono le parolacce della Littizzetto,
qualcosina di Crozza, True Detective ridoppiato in ternano e gli stronzi che
s’insultano su twitter. La parolaccia per la parolaccia, la barzelletta per gli
scemi, il ridere che sotto la risata niente. Non un’idea, non una critica, non
un ragionato o irridente dissenso. Neanche un pelo nell’uovo kinder della
nostra società con più latte alle ginocchia e meno cacacazzi all’opera sui giornali
e in tv. Politica? Sesso? Religione? Morte? Ma se davvero qualcuno in Italia
provasse di nuovo a toccare ruvido questi argomenti impropri (quindi
esattamente propri della satira…), mica verrebbe fucilato da pezzi di merda
tipo i fratelli Kouachi — a falciarlo ci penserebbero i gemelli Siamesi del Nazareno,
gl’integralisti del Conformismo Unico, i chierichetti delle loro santità
Bergoglio e Napolitano. I fan del nostro simpatico Fanatic Club, che mettono
sullo stesso piano l’invasione abusiva e criminale dell’Iraq con l’omicidio di
giornalisti inermi, che alle due cooperanti che portano medicine in Siria
preferiscono i due marò che hanno portato morti a mitragliate in India. Viva il
pensiero uniforme, viva il pensiero in uniforme. Perfettamente rappresentato
dall’Ayatollah cattostaliniano Giorgio, che ha impeccabilmente espresso il suo
cordoglio nell’ossequiosa formula baciapilatesca Viva la libertà ma; e soprattutto da papa Diego Maradona Bergoglio,
pibe de oro della sinistra clericomunista, che a momenti quasi lo vede come il
PontefiChe Guevara. Fortuna che proprio lui ha spiegato a cosa gli serve quel
pugno chiuso — Non si uccide in nome di
dio, ma se insulti mia madre te ne arriva uno… No, parla come Maradona ma i
metodi sembrano più alla Montero. Una piña
per ogni vigna disegnata e sgradita — e in culo al papato Giovanneo. Andate a casa, e
date un cazzotto ai vostri cretini di disegnatori: e dite che è del papa! Ci sa, cari compagni e prossimamente compagnucci della
parrocchietta, che il comandante Bergoglio è quello che è sempre stato e
saranno i suoi colleghi: un imbonitore dell’aldilà, un piazzista del Folletto e
del paradiso, un venditore di fumo d’incenso.
Meglio così.
Anzi, molto meglio così. Ricordarsi chi hai di fronte è solo un bene. Un clero
che, a prescindere per chi lavori, è come il Clear: uno shampoo di belle parole
con uno slogan che resta in testa più della schiuma. What’s Laicità? Sono i soliti, alla fine e ai fini della loro
ingerenza anche nelle vite di chi non crede, di chi non gli crede. I soliti
spacciatori dell’oppio dei popoli, che non dovrebbero avere nessuna voce in
capitolo se non presso i loro fedeli. E che invece dettano legge e sharia
proprio in fatto di politica, sesso, religione e morte. Guardacaso gli stessi
ambiti dell’odiatissima satira non all’italiana, della non satira secondo gli
standard italiani. Ossia quelli per cui bisogna appecoronarsi appresso anche a
questa bella uscita del capo di Vaticamorra, fare l’ennesima marchetta a questa
drag queen in gonna di 80 anni che vuole simpaticamente
scazzottare le facce da schiaffi della satira. Bene, bravo, bis, l’intervento
del papa è una mano santa! I limiti ci vogliono, e a ripensarci forse ci
volevano pure più fascine sotto il culo di Giordano Bruno a Campo dé Fiori! In
fondo dare un pugno simpatico non è dare una coltellata — chiaro che
ci sono le sfumature, chiaro che la nostra madre chiesa è come tutte le mamme:
scassaminchia, ma per troppo affetto! Peccato che, se mamma sta al posto suo, è
perché qualcuno ce l’ha fatta stare. Se ci sono le sfumature oggi è perché ieri
ci sono state le affumicature d’innocenti, di pensatori fatti passare per
streghe e mostri d’eresia; perché c’è chi ha lottato e pagato col sangue per
liberare la mente dell’uomo dalle panzane per cui un qualche cazzo di dio
piange se ti fai una sega o una salsiccia di maiale; perché c’è chi ancora
lotta e lotterà, e paga e pagherà col sangue per essere l’odiata minoranza che
riscatta la maggioranza belante e bellicosa. La piccola parte che riscatta
l’intera massa, la lucina illuminista che da sola può spegnere questo orrendo
oscurantismo illuminato.
Sarà che per
noi gli unici testi sacri sono quelli di Woody Allen, ma crediamo fermamente
che le religioni siano soltanto club in concorrenza fra loro. Concorrenza anche
cruenta. Se le religioni sono tutte per la pace e la fratellanza, chissà come
mai la Terra Santa — una striscia di sabbia dove le religioni e i messia s’ingorgano
peggio che sulla Salerno-Reggio ad agosto — è il punto più insanguinato del pianeta… Essere laici significa
essere anche laidi contro questi mistificatori. Essere osceni contro ogni
messinscena miracolistica, essere erotomani da far vedere i sorci verdi e le
sorche pelose ai teomani che vedono solo peccati, essere sfacciati e insistenti
e disturbanti nello schierare i pompini contro i beghini. Non avere nessun
limite, pur di difendere il sacro limite della dissacrazione. Libertà di culto?
Prima il culto della libertà. Libertà non di religione: dalla religione. Fino a
quando ci sarà un dio in mezzo alle palle, non avremo mai rispetto e pace in
mezzo agli uomini. Più dialogare meno bombardare. Meglio disegnare vignette
sconce che pornografiche mappe militari. Tocca scegliere, e questa tocca in
profondità. Soprattutto noi, che questa libertà rischiamo di perderla. O
l’Ebracristianislamesimo che alza muri lacrime e sangue, o la laicità che ne
ride. O siamo credenti o siamo liberi. O siamo in un modo o siamo in un altro.
O siamo così o siamo Charlie. Davvero, però.